Per strada, mentre si allontanavano dall’accampamento degli zingari, Isabella cominciò a togliersi la parrucca e i baffi del travestimento, ma questo ritorno alla sua identità non poteva farle dimenticare nemmeno per un momento le sconvolgenti immagini che aveva appena lasciato. Grazia, prona con le terga sollevate e i membri degli zingari che in successione le penetravano l’ano. Isabella non aveva mai guardato dei video pornografici così quello non solo era il primo amplesso reale a cui assisteva, ma anche le prime immagini in assoluto che aveva visto di una penetrazione. Riandava con la mente all’immagine dei coglioni penduli di Miran che sbattevano oscenamente sulla vulva di Grazia mentre la verga con alterno moto entrava e usciva dal culo della sua amica. Ma soprattutto la piscia e il gesto vorace con cui la bocca dell’amica si era impadronita del pene avvizzito che stava mingendo. Non poteva essere la Grazia che conosceva, la Grazia che al ristorante mandava indietro un bicchiere perchè c’era un’ombra sulla superficie, la Grazia dalla pettinatura e dalle unghie impeccabili. La Grazia che non avrebbe mai indossato un capo spiegazzato. Come era possibile tutto ciò? Una risposta arrivò da Marco “Grazia, come te, è entrata nel giro delle emozioni forti. Non per tutti, ma per molti diventa come una droga, un po’ come chi è preso dal vizio del gioco..cerca sempre di più, non è mai soddisfatto. Ne esce, poi ne sente di nuovo il bisogno. A Grazia avevo fatto provare alcune situazioni molto intriganti..pensavo che le bastasse.. le avevo anche trovato un partner dominante che la portava in situazioni che la eccitavano moltissimo. Pare che non le sia bastato perchè si è fatta viva con me dicendo che ormai si sentiva coatta e aveva bisogno di sesso duro. Qui credo di aver sbagliato” “In cosa avresti sbagliato?” “Avevo pensato di metterla in una situazione veramente pesante e di costringerla a rinunciare, portarla a conoscere i propri limiti e a scoprire che vi sono prezzi troppo alti da pagare. Miran e i suoi uomini sono meno peggio di quello che puoi avere immaginato, avevo dato ordine di umiliarla in maniera estrema e farle provare vero dolore. Appena avessero valutato che era arrivata al limite dovevano fermarsi e chiamarmi. Invece Grazia ha subito ogni cosa che le hanno fatto o che le hanno chiesto di fare.. Ora sarà veramente un problema perchè può veramente diventare una coatta di certe esperienze” “E’ per questo che mi hai portato qui?” “Si, volevo che tu vedessi i rischi a cui vai incontro, che non sono rischi fisici, ma rischi psicologici.. puoi uscirne con cicatrici nell’animo che forse resteranno per sempre” “Ma tu chi sei?, cosa sei?” “Sono uno che si diverte a far uscire i demoni che vi sono nell’animo di alcune donne. A manipolarle, se vuoi. Non trovo grande soddisfazione nel sedurre, non sono un atleta del sesso. Non sono neppure un master che ha bisogno di una o più schiave. Sono, come ho detto, uno che fa uscire la vera natura di una donna. Mi diverte portarla al limite, anzi, oltre il limite. Ottengono sempre molto più di quello che chiedono..” Isabella rifletteva su quello che le era stato appena detto, da un lato cominciava a scoprire una natura che non consceva e che, come aveva appena visto, era propria anche di altre persone insospettabili come la sua amica Grazia, dall’altro, visto come si era ridotta Grazia aveva paura di incamminarsi lungo quella strada. D’altro canto aveva visto che dopo aver provate le forti emozioni dell’esperienza di 20 giorni prima ora il sesso normale sembrava non soddisfarla. Ma non era solo il sesso. Ormai sapeva che il bisogno di conoscere se stessa non sarebbe mai cessato. con Marco aveva alcune garanzie che da altri non avrebbe mai ottenuto, ma non era questo a farle decidere. Nel suo animo la decisione era già presa, ma tentò di governare il suo cedimento. “Se accettassi di andare avanti, cosa pensi di fare?” “Questa è una cosa che devi lasciare a me, che non sono disposto a discutere, puoi solo accettare dei blocchi generici che ti verranno enunciati preliminarmente, chiamiamoli scenari, ma una volta accettato si va fino in fondo, non si interrompe. E’ chiaro che se non accetti uno scenario l’esperienza finisce, e non ci vediamo più. Per parte mia posso garantirti che la tua immagine pubblica, relativamente alle persone che conosci, non verrà infangata; posso garantirti la sicurezza dal punto di vista fisico, per il resto, in questo momento, non pongo limiti” “Se andiamo avanti quale sarebbe il prossimo scenario ?” Marco sorrise. Un’altra preda si metteva nelle sua mani. “Hai provato l’anale, hai provato l’esibizione, seppure in forma non identificabile, pensavo che la prossima esperienza poteva essere sulla quantità. Ti farei scopare, anzi, stuprare, da un gruppo di persone” A questa proposta Isabella sentì che il sesso si inumidiva. “Andiamo avanti” fu la risposta. “Bene, venerdì alle 17 in zona industriale di …, mettiti qualcosa di poco valore che andiamo in fabbrica e puoi sporcarti” “Devo essere sexy?” “No, assolutamente, jeans e camicia da poco prezzo” – 0 – Marco l’aveva introdotta all’interno di una conceria. Non era mai stata in un ambiente del genere. Un fetore acido le prendeva le nari e la gola. Le fece camminare in un corrodoio tra cataste di materiale disgustoso alla cui superficie sembravano muoversi insetti. “Queste che vedi si chiamano pelli in trippa, hanno ancora la carne attaccata. Non mancano i vermi. Vengono conservate per mezzo del sale. Per prima cosa separano il sale secco con quel vaglio laggiù” e le indicò una griglia rotante cilindrica al cui interno rotolavano delle pelli simili a quelle che aveva appena visto “Poi, tolto il sale secco, le pelli vengono poste in quel bottale” e le indicò un enorme cilindro di legno che ruotava “lì il sale viene lavato con acqua, a questo punto le pelli vengono riversate sul pavimento e trasportate a quella macchina con una pala caricatrice” e le indicò, avvicinandosi, un mucchio di pelli viscide alto almeno mezzo metro presso cui lavorava un operaio di colore. “Qui le pelli vengono agganciate alla pinza di quel paranco e sollevate a quel pianale dove vengono inserite nella macchina che rasa la trippa lasciando libera la pelle” Si fermarono a 4 metri di distanza dall’operaio. Isabella vide che dall’alto scendevano le catene di due paranchi con delle pinze, l’operaio afferrava con la pinza una pelle fradicia che, alla chiusura della pinza veniva sollevata in alto dal paranco. Mentre la pelle veniva sollevata da questa colava una broda marrone sull’operaio sottostante che era protetto da una specie di cappuccio con mantella che lo faceva somigliare ad un frate. Quando la pelle era arrvata al pianale superiore altri due operai l’afferravano e la inserivano in una macchina lasciando libero il paranco che scendeva mentre l’operaio sottostante aveva, intanto, pinzato un’altra pelle. Isabella notò che il ciclo non durava più di cinque secondi “Un vero lavoro di merda” pensò. “Kabir!” chiamò Marco L’operaio li guardò sorrise, ma non fermò il proprio lavoro. “Questa è la donna.. Ci vediamo stasera.. Non lavatevi” “Certo Marco, come daccordo” E il sorriso divenne ancora più largo e si girò a guardare gli altri due operai che, pure, stavano sorridendo. Marco l’allontanò dalla lavorazione e dal rumore per sovrastare il quale aveva dovuto gridare. “Kabir e gli altri sono pakistani, hanno affttato un casale sulle colline, lontano da tutti. Una volta al mese, il giorno di paga, si mettono in cooperativa, chiamano una negra, 20 Euro l’uno e ci danno dentro. Tu stanotte sostituirai la negra. Ho promesso tre giri gratis per tutti” – 0 – “Quanti sono? ” chiese Isabella “Quanti bastano” fu la brusca risposta. Era ormai notte, avevano risalito le pendici della collina e ora ai loro piedi si stendeva la valle con il centro industriale. Avevano abbandonato la statale per inoltrarsi lungo uno sterrato buio, circondato da alte siepi. Ora erano nell’aia di una vecchia casa colonica, anche lì non vi erano lampioni, l’unica luce proveniva dalle finestre dell’abitazione dalla quale si sentivano giungere grida e risate. “Spogliati completamente e lascia qui gli abiti” Le ordinò Marco che scese accendendosi una sigaretta. Isabella obbedì pensando, ancora una volta, che era una pazzia. Quando fu nuda scese dalla macchina “Sono pronta” disse Marco la osservò e fece scattare il telecomando che chiudeva tutte le portiere della macchina. Isabella pensò che, ancora una volta, si era chiusa una porta alle spalle. Marco la prese per un polso e la condusse verso casa. Bussò alla porta e senza attendere risposta l’aprì e spinse avanti Isabella. La luce improvvisa l’abbaglio per un attimo, sentì risate e urla di approvazione, Marco la spinse avanti e si trovò al centro della vecchia cucina. L’abbagliamento stava passando e vide che nella stanza vi erano in piedi o seduti su un divano e una potrona, quattro maschi dalla pelle olivastra, dai capelli lunghi e lisci e dagli occhi nerissimi. Il puzzo dei corpi sudati e non lavati era tremendo. “Ecco la femmina che vi avevo promesso” disse Marco spingendola avanti “Che ne dite?” risate, urla di approvazione gli risposero. “Avanti.. fatti vedere, anzi fatti toccare” e la spinse avanti verso un uomo seduto su una bassa poltrona. Il maschio allungò una mano per toccerle il grembo ed Isabella istintivamente si ritrasse. “Avanti.. i signori devono controllare la merce..” disse Marco mettendole una mano sulle natiche e spingendola verso l’uomo che rise sguaiatamente. In seguito alla spinta era arrivata a portata di mano, sentì le dita salirle all’interno delle coscie, accarezzarle le grandi labbra, poi, improvvisamente e ferocemente, il medio le salì all’interno della vagina. Quello fu solo l’inizio. Accompagnata da Marco che la teneva per un braccio dovette sottoporsi all’ispezione di tutti gli uomini presenti che le palparono le tette, le strizzarono i capezzoli e si infilarono negli orifizi fra le sue gambe. La cosa non la eccitò minimamente, ma si sentì una vacca al mercato. Sebbene breve l’esame parve durare un tempo interminabile. “Bene” disse Marco “non siamo qui a perdere tempo, quello è il posto della monta” e le indicò un materasso per terra. Guidata dal suo accompagnatore vi si sedette sopra, Marco si frugò in tasca e le gettò accanto una manciata di preservativi “Meglio usare questi, le negre con cui scopano potrebbero avergli attaccato qualcosa” Isabella guardò i preservativi. Non è che non gli avesse mai usati nel rapporto, ma era sempre stato il maschio a provvedere e ad infilarseli, ora doveva fare proprio le funzioni di una puttana. Uno dei pakistani intanto si era levato camicia e pantaloni e si era avvicinato con il pene eretto, puntato verso di lei come una lancia. Guardò affascinata la cappella lucida e il bastone di carne che tra poco l’avrebbe penetrata. Si riscosse, prese un preservativo, ne strappò con i denti l’involucro e lo avvolse sul cazzo che le stava di fronte. Al tocco il pakistano rise e disse qualcosa in una lingua che non capì mentre con la mano si menava la base del pene. “Prendilo un po’ in bocca” le suggerì Marco, verrà più facile quando te lo metterà in figa. Obbedì vincendo il disgusto che le dava l’odore di quel corpo sudato e non lavato. Aveva riconosciuto nell’uomo Kabir, l’operaio che pinzava le pelli e sapeva da dove veniva l’odore che emanava. Succhiò per un minuto poi Kabir le fece cenno di distendersi, obbedì, aprì le gambe e venne penetrata. Anche l’ultimo dei quattro pakistani si ritrasse dal suo corpo, si erano succeduti su di lei montandola con cazzi duri che le avevano percosso le viscere più intime, gli aveva sentiti ansimare mentre la stringevano e con la bocca cercavano di baciarla, poi gli aveva sentiti venire e avvizzirsi dentro di lei. Marco le aveva ordinato di sfilare ogni volta i preservativi, stringerli in un elastico e collegarli a catena. Non aveva goduto, aveva l’utero indolenzito. Pensò che i rapporti successivi sarebbero stati peggio e che non le avrebbero dato alcun piacere. C’era poi il disgusto, che non l’aveva mai abbandonata, per quei corpi sudici il cui contatto le dava un senso di schifo. “Basta così” disse a Marco “Non ho più voglia di andare avanti!” Marco sorrise “Avevo detto che una volta iniziato non puoi più tirarti indietro. Guarda che non sei qui per divertirti, ma per soddisfare loro..Che a te piaccia o meno non ha alcuna importanza pensi che la negra si divertisse?, abbiamo detto che sei qui a sostituire la negra e la sostituirai fino in fondo. Ti avevo promesso una raffica di cazzi e te li prenderai tutti. .. Qui non sei la dottoressa Combi, dirigente d’azienda.. qui sei una troia che deve prendersi una dozzina di cazzi” la voce era diventata dura “Se non hai capito vediamo di stimolare il tuo entusiasmo” “Kabir” ordinò “tu e Mohar tenetela per le braccia, tu, passami la cinghia dei pantaloni” I due pakistani a cui aveva dato l’ordine si affrettarono ad eseguirlo prendendo l’esterefatta Isabella dal materasso, sollevandola in ginocchio con le braccia aperte trattenute dai due uomini. “Cosa vuoi farmi?” urlò Isabella “Sei impazzito?” “No, mia cara.. ora proverai l’obbedienza, non perchè a te piaccia, ma per evitare il dolore” “Noo, tu sei pazzo, facciamola finita, non voglio più! ..” Le obiezioni di Isabella furono interrotte dalla cinghia che si abbattè di traverso alle spalle. Urlò dal dolore. Altri due colpi in rapida successione le colpirono la schiena all’altezza delle reni e sulle natiche. Tentò di divincolarsi ma i due pakistani la tenevano ferma. Ebbe la visione dei loro cazzi ballolzolanti che si erano raddrizzati per l’eccitazione della fustigazione. “Ora ti striglierò la schiena per dieci volte” le disse Marco, e fu di parola. La cinghia si abbattè sulle sua pelle. Urlò, minacciò, implorò, ma fu inutile; per dieci volte provò il dolore bruciante delle frustate che si abbattevano sul suo corpo. Marco lasciò che la donna dopo le urla si sciogliesse nel pianto mentre i due pakistani la trattenevano eretta in ginocchio. Poi spiegò come si sarebbe proseguito. “La chinghia non rompe la pelle, al massimo dà dei lividi. Ma la pelle con questi lividi diviene ulteriormente sensibile, ora se ti colpisco di nuovo sentirai più male dell’inizio. Non è vero?” disse colpendola a tradimento tra le scapole “Sii, basta” fu l’urlo di risposta. “Bene, ora mi dirai che sei disposta, anzi che vuoi finire quello per cui sei venuta qui. Devi soddisfarli tutti altre due volte, come è affar tuo. .. Avanti, chiedimilo o ricomincio” Isabella piangendo avanzò l’oscena richiesta. “Benissimo .. però ricorda.. nel primo giro ti sei limitata a fare la carne morta, ora devi dimostrare di godere … devi avere tu l’iniziativa, devi essere una troia insaziabile altrimenti ricomincio” L’avevano posseduta tutti tre volte. Per tre di loro era riuscita a farli venire con la bocca mentre un’altro la montava da dietro. Si sentiva l’utero sfondato e la vagina bruciante. Per tutti aveva raccolto come chiesto da Marco i preservativi con l’elastico, ora formavano una oscena collana. Marco si avvicinò, prese la catena di profilattici, la fece alzare e gliela mise al collo, poi, a tradimento, le scattò un paio di foto.”Ora devi soddisfare me” le disse “Voglio che tu mi chieda di prenderti davanti a tutti. Devi mostrare ai miei amici che sono il tuo padrone. Voglio che tu mi dica che sei una puttana, che mi offri il culo perchè la tua figa è stata di tutti” Stordita, di fronte ad un pubblico che che l’aveva appena montata fino all’esaurimento e che ora la circondava con i cazzi molli e gocciolanti, si pose di fronte a Marco esibendosi e chiedendo quello che le aveva appena ordinato. Poi si pose carponi sul materasso, sollevò le natiche e lo prese in culo. Questa volta godette, veramente, senza limiti. Si accettano idee e suggerimenti per la continuazione.
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