CAPITOLO XVI – LA MADRECome previsto, Jennifer non ebbe problemi ad essere promossa alla fine dell’anno e Marie, come ricompensa, decise che avrebbero trascorso una lunga vacanza in Europa. Il grande interesse per l’arte e la cultura classica che la giovane aveva maturato sotto la ferma guida della sua tutrice era stato per la donna una fonte di grande soddisfazione. Marie era entusiasta dell’idea di far conoscere alla sua protetta tutte quelle opere d’arte e quei monumenti che aveva potuto vedere solo sui libri. Purtroppo però il viaggio oltre oceano aveva anche un’altra ragione. Sua madre aveva scoperto che Jennifer abitava ormai da tempo a casa sua e alla fine Marie aveva dovuto confessarle anche l’intenzione di adottare la ragazza. La madre, per nulla felice della decisione, aveva preteso che la figlia venisse al più presto a trovarla per ‘discutere della questione’. Marie sapeva bene cosa aspettarsi e sapeva che il fatto che Jennifer venisse insieme a lei non avrebbe certo migliorato la situazione. Più si avvicinava la data fatidica più Marie diveniva ombrosa, mentre Jennifer, pur non comprendendo la ragione del suo cattivo umore, faceva del suo meglio per rallegrarla.La donna aveva deciso di adottare ufficialmente Jennifer dopo lunghe riflessioni. Quando aveva chiesto alla giovane se le sarebbe piaciuto farsi adottare da lei, la ragazza era andata in estasi. Per Jennifer quella richiesta aveva l’equivalente di una proposta di matrimonio e lei era più che felice di accettarla. In realtà Marie voleva semplicemente creare un legame che consentisse loro di rimanere unite indipendentemente dall’esito del loro amore. La donna era consapevole di essere molto più che la partner di Jennifer. Era la sua guida, la sua consigliera. D’altro canto lei sentiva di amare Jennifer non solo come una compagna ma anche come una figlia o una sorellina. Se al primo amore potevano bastare le promesse al chiaro di luna, al secondo era necessario qualcosa di più. Qualcosa che potesse tenerle unite per sempre anche se la passione fosse venuta meno. Marie voleva che Jennifer si sentisse libera di rinunciare a lei come amante avendo la certezza di non perderla anche come amica e confidente. La donna aveva cercato di spiegare questo alla giovane che però aveva ostinatamente rifiutato l’idea che il loro amore potesse non durare in eterno.Quando sbarcarono in Francia, le due trovarono ad attenderle un’auto con chauffeur per accompagnarle nel lungo tragitto verso villa Foisson. Per buona parte del viaggio Marie rimase in silenzio a guardare distrattamente dal finestrino con l’aria crucciata. Jennifer, seduta accanto a lei sul sedile posteriore della vettura, decise di fare qualcosa per distrarla. Mise la mano sul ginocchio di lei e prese a carezzarlo spostandosi lentamente verso l’alto, sollevando la gonna, fino a raggiungere il delicato tessuto delle mutandine. In circostanze normali la donna avrebbe apprezzato l’iniziativa della giovane. La presenza dell’autista poi, avrebbe reso la cosa ancor più eccitante anche se quest’ultimo non era in grado di vedere ciò che accadeva al riparo del suo schienale. Questa volta però Marie non era dell’umore giusto. Più volte allontanò la mano della compagna che però ritornava sempre a sondarla. Alla fine decise che il modo migliore per tenere tranquilla Jennifer era un altro. Con una mano afferrò quella della ragazza per impedirle di andare oltre mentre con la destra iniziò a impartirle lo stesso trattamento che fino ad allora aveva subito. Come previsto la giovane cessò ogni iniziativa per potersi godere con tutta calma le carezze della tutrice. Col crescere del piacere Jennifer si accostò ancor di più a Marie posando la propria testa sulla spalla della donna e chiudendo gli occhi come se stesse cercando di riposare. Respirava profondamente, inalando il profumo della compagna che la intossicava come una droga. Al tempo stesso, come una gatta, strofinava vigorosamente la guancia contro la spalla della donna seguendo il ritmo sensuale del tocco di lei.Marie gettò uno sguardo sulla ragazza e non riuscì più a distoglierlo. Jennifer era semplicemente incantevole. Gli occhi socchiusi, il labbro inferiore stretto tra i denti per impedirsi di gemere, un rivolo di bava che dall’angolo della bocca scivolava attraverso la guancia finendo per macchiare il vestito della sua padrona. Marie sorrise. Era fortunata ad avere Jennifer. La piccola dolce Jennifer che ancora una volta le stava facendo dimenticare la sua infelicità. L’ancella devota, la docile schiava, pura come l’oro ma infinitamente più rara e preziosa."Perché non ti sdrai sulle mie ginocchia? Così starai più comoda …" sussurrò ad un tratto la donna facendo trasalire la giovane."Ma l’autista? Ci vedrà …" rispose con un fino di voce."Jennifer cara, perché non ti sdrai un po’ e cerchi di dormire? Ci vorrà ancoraparecchio prima di arrivare!" Marie aveva pronunciato queste parole ad alta voce in modo che potessero essere udite dallo chauffeur. Jennifer, dopo aver dato uno sguardo complice alla donna, si accucciò sul sedile con la testa in grembo alla compagna. Marie si tolse la giacca e la pose a mo’ di coperta sulle gambe della giovane proteggendo così da occhi indiscreti ciò che avveniva sotto di essa. Al riparo di quella barriera la sua mano sbottonò la gonna della ragazza per rendere più facile l’accesso al morbido scrigno. Per lunghi minuti carezzò il fiore profumato della giovane fino a quando le mutandine non furono completamente intrise di nettare soave. A quel punto con rapida decisione le sfilò per poi infilarle come un bavaglio in bocca a Jennifer. Così mentre il piacere della giovane cresceva, le sue urla si traducevano in una sempre maggiore stretta a quel morso improvvisato che come una mammella fatata rilasciava il suo succo.Mentre l’auto procedeva tranquilla il suo viaggio, le dita di Marie erano penetrate nella vagina di Jennifer prendendo a massaggiarla con vigore ma lentamente. La donna conosceva ormai perfettamente ogni recesso di quel tempio a lei consacrato così come l’effetto del suo tocco sulla sua giovane devota. Lentamente ma inesorabilmente il piacere cresceva. Il corpo della ragazza si contorceva nel tentativo di stimolare la negletta clitoride. Finalmente Marie liberò Jennifer del bavaglio che sostituì con due sue dita che si era premurata di ben inzuppare con il proprio miele. Contemporaneamente il suo pollice prese a stringere d’assedio la clitoride, percorrendo cerchi sempre più stretti. Quando l’orgasmo colpì la giovane le sue mascelle si serrarono con forza sulle dita di Marie che però, non volendo rovinare il piacere della compagna, sopportò stoicamente il dolore.Rimasero così per il resto del viaggio. La tutrice era talmente incantata dalla visione della sua piccolina che le sonnecchiava in grembo appagata e felice, che si accorse solo all’ultimo istante che la vettura aveva già imboccato il vialetto d’accesso alla villa. Destò Jennifer e le due cercarono in tutta fretta di rassettarsi al meglio. Scaricati i bagagli, l’autista ripartì per portare l’auto nella rimessa. All’improvviso Jennifer corse dietro la vettura sbracciandosi. Quando finalmente la macchina si fermò, la ragazza si tuffò tra i sedili posteriori per recuperare qualcosa che si mise in tasca facendo poi cenno allo chauffeur di proseguire liberamente. Tornata al fianco di Marie rispose al suo sguardo interrogatorio tirando appena fuori dalla tasca, sorridendo, le mutandine che aveva scordato sul fondo dell’automobile."Sei proprio incorreggibile, mia cara" disse Marie."Sì, però è stata lei a togliermele.""Ma sei tu quella che ha cominciato.""No, non è vero!""Sì, invece!""No!""Sì!""Noooo!""Sììììì!"Continuarono a battibeccare finché ormai entrate in casa non scoppiarono a ridere, finendo per abbracciarsi. Fortunatamente nessuno le vide.Salvo qualche convenevole iniziale con la madre di Marie, le due passarono il resto della giornata a sistemarsi nelle rispettive camere. Fu solo a cena che le tre si ritrovarono faccia a faccia. Jennifer era impressionata dalla somiglianza tra madre e figlia. Anche se decisamente più minuta di Marie, che doveva avere ereditato il suo fisico atletico dal padre, la donna sembrava una copia ingrigita e avvizzita della sua dea. In particolare anch’essa sembrava possedere una strana carica d’energia nervosa che le faceva saettare lo sguardo come se fosse perennemente intenta a incenerire qualcuno. Anche Marie possedeva quello sguardo ma la ragazza sapeva di potere tramutare la furia in passione e la passione in dolcezza. Forse anche la decana di casa Foisson avrebbe potuto trovare dell’affetto per lei. La cena fu silenziosa e formale. Jennifer concentrò tutti i suoi sforzi nel tenere un comportamento impeccabile mentre la vecchia la spiava e Marie spiava la vecchia. Terminata la cena, la madre invitò Jennifer ad andare in camera a riposare. La ragazza, stupita e un po’ delusa, si accomiatò dalle due donne. Era il momento che Marie aveva temuto di più."Allora si può sapere cosa ti è passato in mente?" esplose la vecchia."A cosa ti riferisci?""A cosa mi riferisco? A quella ragazzina! Perché diavolo te la sei presa incasa? E cos’è questa storia che vuoi adottarla? Sei forse impazzita?""È una ragazza in gamba e pensavo di aiutarla a …""Non dire idiozie! È solo una sgualdrinella! Una ragazza da marciapiedi che non avrei mai dovuto far entrare nella mia scuola!""Jennifer è una brava ragazza …""Ha portato la droga nel mio istituto!""Lei non c’entra niente con quella storia …""Se non fosse per lei non sarebbe successo nulla. E poi si può sapere perché la difendi tanto? All’inizio non volevi nemmeno ammetterla!""Allora non la conoscevo …""Sei la solita stupida! Non capisci che ti sta usando? Questa è la sua grandeoccasione! Due moine ed eccola che entra a far parte della nostra famiglia! Non ho fatto tanti sacrifici perché la prima puttanella che passa si prenda tutto ciò ho costruito. Ma perché mi è capitata una figlia così imbranata?"Marie continuò ad ascoltare in silenzio le invettive dell’altra. Le braccia conserte e le dita piantate nell’incavo dei gomiti nel tentativo di non perdere il controllo. La madre visto che quanto detto non sembrava suscitare reazioni decise di cambiare tattica e riprese a parlare con un tono dolce che la figlia sapeva falso."Ascolta, mia cara, io lo so perché ti stai comportando così …" "Sì?""Gli anni passano … tu ti senti sola … e così pensi di costruirti una famiglia.Ma questo è il modo sbagliato. Certo non che tu sia mai stata una gran bellezza e ormai hai anche una certa età ma non sei ancora da buttare. Con un po’ di impegno un uomo dovresti riuscire a trovarlo. Per esempio il professor Van Dorn ha sempre avuto una certa simpatia per te. Purtroppo non è cattolico ma è un uomo di specchiata moralità e molto religioso. Forse è un po’ avanti con gli anni ma in fondo non è che tu possa permetterti di fare tanto la schizzinosa …"La madre continuava a parlare ma Marie non l’ascoltava più. Il suo sguardo era perso tra le fiamme immaginarie del vicino caminetto. Il suo incubo si stava trasformando in realtà. I giorni successivi non furono migliori. La vecchia strega prendeva in ostaggio Jennifer per giornate intere trascinandosela dietro nelle sue varie attività. La ragazza faceva del suo meglio per compiacerla senza immaginare che ogni sera Marie doveva sopportare una lunga lamentazione sui difetti della giovane. La donna aveva da anni maturato una certa indifferenza alle critiche della madre. Adesso però che quelle parole erano rivolte all’oggetto del suo amore, queste tornavano a ferirla profondamente. Peggio ancora faceva poi il rimorso di non poter difendere l’amata. Una sera dopo l’ennesima lista d’insulti, Marie tornata in camera, si gettò sul letto a piangere. In quello stato non si accorse del prudente bussare di Jennifer e quando questa entrò nella stanza vide la donna ancora singhiozzante con la testa affondata nel cuscino. Per un po’ non dissero nulla. Jennifer doveva riprendersi dallo stupore e Marie riacquistare l’autocontrollo. Fu la tutrice la prima a rompere il silenzio."Ho avuto una discussione con mia madre …" disse rispondendo alla domanda che la giovane non aveva avuto il coraggio di farle."È per colpa mia?" chiese la ragazza realizzando per la prima volta ciò che stava accadendo. Marie fece cenno a Jennifer di sedersi accanto a sé e la baciò dolcemente."Non è per colpa tua ma è a causa tua."Jennifer chinò il capo, triste. Marie le prese le mani fra le sue e continuò."Non c’è ragione che tu ti senta in colpa. Io e mia madre non siamo mai andate molto d’accordo …""Ma sta soffrendo, non può negarlo.""Sì ma … se soffro vuole dire che sono viva e se sono viva è solo grazie alnostro amore.""Forse sarebbe più felice senza di me …""Non sarei viva senza di te. Mi sei necessaria come la luce del sole o l’aria.Senza i tuoi baci io …"Jennifer la baciò. A un bacio ne seguì un altro finché non si ritrovarono abbracciate a dirsi quanto avevano sofferto quei pochi giorni di astinenza forzata."So cosa ci vuole per tirarla su di morale" disse all’improvviso Jennifer."Cioè?""Prendermi a frustate fino a quando non le farà male il braccio! Cosa se no?""Sarebbe un vero piacere ma faremmo troppo rumore. Dobbiamo essere prudenti, mia cara!""Uffa! Ci sarà pure qualcosa con cui punirmi!" Detto questo Jennifer recuperò la valigia nella quale la tutrice conservava il suo campionario portatile di strumenti di tortura. Sotto gli occhi deliziati della donna prese a rovistarvi dentro con l’ardore di una bambina che scarta i regali la mattina di Natale. Mentre cercava qualcosa che la ispirasse si ritrovò tra le mani un astuccio che non aveva mai visto."È un regalo per te" disse la donna allo sguardo interrogativo della giovane."Aspettavo solo l’occasione giusta per dartelo. Pare che sia arrivata."Jennifer apri l’astuccio. Dentro vi era una sorta di grosso sigaro panciuto interamente costituito di metallo dorato. Vi era incisa la scritta ‘La mamma ama la sua bambina’. Jennifer sorridendo continuò a esaminare l’oggetto che era cavo all’interno e bucato alle estremità. Alla fine giunse alla conclusione che doveva essere un beccuccio per clisteri anche se non ne aveva mai visti di quel genere. Le bastò una sguardo per convincere la tutrice a farglielo provare immediatamente.Marie si mise subito all’opera. Le era venuta una magnifica idea sul come concludere la sessione e non vedeva l’ora di realizzarla. Somministrò a Jennifer un primo clistere di acqua e sapone e poi un secondo di sola acqua calda. Mentre tratteneva il liquido la ragazza scoprì che il beccuccio metallico, riscaldato dal contenuto del clistere, diffondeva una piacevole sensazione di calore nel suo ano dilatato. Quando anche la seconda somministrazione ebbe fine e Jennifer terminò di liberarsi la viscere, Marie decise che era venuto il momento per il gran finale. Ordinò alla ragazza di mettersi a carponi sul letto, con la testa poggiata sul cuscino. Con studiata lentezza riprese l’abituale procedura di lubrificazione per poi inserire due dita nello stretto passaggio posteriore. Masturbò quindi l’ano della giovane per alcuni minuti. Quando la ragazza prese a rispondere in maniera spudoratamente entusiasta a quel massaggio ritrasse le dita lasciando Jennifer a sospirare per il disappunto. Le dita furono però prontamente sostituite dal beccuccio dorato. Mugolando di piacere, la ragazza si voltò appena in tempo per vedere Marie che versava del vino nella sacca del clistere. Non avendo mai ricevuto un simile trattamento si chiese quale effetto avrebbe sortito ma evitò di fare domande, troppo eccitata per attendere oltre. Marie continuò per un po’ a versare il contenuto della bottiglia nel contenitore. Sapeva di non dover esagerare con il vino perché l’intestino avrebbe assorbito l’alcool in modo molto più efficiente dello stomaco. Purtroppo però le emozioni della serata e i bicchieri tracannati mentre Jennifer si svuotava dei clisteri precedenti avevano alterato le sue percezioni. Così finì per abbondare eccessivamente con il vino garantendo alla sua prediletta una sbornia colossale. Finiti i preparativi, la donna liberò la valvola e subito il clistere prese a inondare la ragazza. Marie teneva la sacca molto in basso facendo così fluire il liquido molto lentamente dentro la giovane. Al tempo stesso la donna si chinò dietro di lei cominciando a darle tanti piccoli baci sulle labbra socchiuse della vagina. Mentre il ventre di Jennifer si riempiva, la lingua della tutrice entrò nello scrigno della giovane saccheggiando voluttuosamente l’abbondante ambrosia che vi era custodita. Quando il clistere si fu svuotato Marie fece sdraiare Jennifer sulla schiena senza mai smettere di stuzzicarla. Dopo poco tempo la ragazza si rese conto che l’alcool stava facendo effetto. L’idea di ubriacarsi in quello strano modo la fecero scoppiare a ridere. Poi l’eccitazione ebbe la meglio e si gettò sulla compagna rivoltandola e infilando la propria testa tra le cosce di lei ricambiandola del trattamento ricevuto. Non ci volle molto perché la donna prendesse a fare altrettanto. Le due si mangiarono a vicenda, lentamente e senza fretta, come per meglio assaporare il piacere di nutrirsi l’una dell’altra. Il corpo di Jennifer era come un arco teso che si fletteva alle carezze che Marie le impartiva sui glutei, sulla schiena e sui fianchi. Il contorcersi per quei tocchi finiva per rendere la giovane ancor più consapevole dell’intruso dorato che era ancora nel suo ano. Più il piacere cresceva, più i suoi muscoli si sforzavano, più diveniva conscia di quella presenza. Mentre si abbandonava alla lingua della sua signora, la ragazza cominciò a contrarre l’ano attorno al piccolo fallo. Inebriata dal vino e dal piacere immaginò di essere sodomizzata da un vero pene. Non arrivò ad immaginare di fare l’amore con un uomo ma la sua fantasia le fece sognare che la sua padrona, per umiliarla o per darle piacere, l’avesse costretta a subire una simile intrusione. L’uomo non aveva volto. Era solo una massa indistinta di muscoli e soprattutto un fallo spropositatamente largo, l’unica cosa che lei potesse desiderare da lui. Nelle mente di Jennifer si dipinse la visione di quell’enorme palo caldo che si muoveva lento avanti e indietro nell’apertura inverosimilmente dilatata mentre la sua signora beveva avidamente il succo del suo piacere. Umiliata, violentata, sodomizzata, Jennifer non resse più ed esplose in un violento orgasmo. Mentre si riprendeva si strinse a Marie, turbata dall’avere fantasticato su di un uomo. Avrebbe voluto riposare tra i seni della compagna per esserne rassicurata ma anche se la tutrice desiderava altrettanto, la invitò ugualmente a tornare nella sua stanza per evitare che la mattina successiva fossero trovate nello stesso letto. Se la donna fosse stata più lucida si sarebbe accorta che Jennifer non era in grado di andarsene in giro da sola e l’avrebbe accompagnata. Dato però che anch’essa era un po’ alterata finì per lasciare a sé stessa la ragazza. Fu così che Jennifer si ritrovò a girovagare confusamente tra gli innumerevoli corridoi della casa. Nel suo vagabondare andò infine a sbattere contro un grosso vaso che precipitò al suolo finendo in mille pezzi. Destata da quel rumore una domestica si precipitò a vedere ciò che accadeva appena in tempo per scorgere la giovane, visibilmente ubriaca, che si allontanava barcollando dal luogo del delitto.Il giorno successivo cominciò normalmente ma a metà mattinata Marie fu convocata dalla madre nel suo salottino privato. Quando entrò la donna vide Jennifer piegata sulla scrivania nella posizione di chi sta per ricevere una punizione. La gonna era sollevata a scoprire le strette natiche protette solo da un paio di mutandine bianche. Sulla scrivania, accanto a lei, giaceva inquietante un lunga canna. Marie si guardò in giro per cercare la madre. La trovò seduta nella poltrona. Era immobile ma i sui occhi dardeggiavano cattivi mentre sulle labbra era disegnato un ghigno di trionfo e di scherno. Per Marie sapere che quell’espressione era del tutto simile a quella che essa stessa aveva tante volte adottato non la rendeva più facile da sopportare."Che significa questo?" chiese infine la donna."La tua protetta si è finalmente rivelata per quello che è realmente: una pocodi buono che non avrebbe mai dovuto mettere piede in casa nostra!""Ma si può sapere cosa è successo?""È successo che questa puttanella ieri notte si è ubriacata e poi se ne èandata tranquillamente in giro a combinare danni! Ha persino rotto un vaso antico! Per fortuna Colette l’ha vista e mi ha riferito tutto. Questa troietta pensava di poter prendere in giro me! Ma si è sbagliata di grosso! Ho subito capito che genere di persona fosse e adesso devi ammetterlo anche tu. Prima di rispedirla in America però dovrà essere punita e sarai tu a farlo. Trenta colpi di canna sono il minimo per quello che ha fatto. Avanti muoviti!""No! Non voglio …""Guarda che se non lo farai tu lo farò fare al giardiniere e considerando chenon è un esperto credo che dovrò dirgli di somministrare qualche decina di colpi in più …"Marie stava male. Non solo Jennifer stava per essere punita per colpa sua ma sarebbe stata lei stessa a farlo. La vecchia strega era consapevole che in questo modo avrebbe punito entrambe."Madame …"Marie si voltò verso la sua amata che si era alzata e voltata verso di lei."Madame" riprese la giovane "non si deve preoccupare per me. Merito di essere punita. La prego faccia quello che le chiede sua madre." Detto ciò Jennifer tornò ad assumere la posizione precedente preparandosi a ricevere i colpi. Senza dire un sillaba Marie prese la canna e iniziò meccanicamente a saggiarne il peso e il bilanciamento. La sua mente pensava però ad altro. Trenta colpi, per di più con la protezione delle mutandine, non erano in fondo molti. Jennifer era abituata a sopportare, anzi a supplicare, sevizie ben peggiori. Ma non era questo il punto. Aveva giurato a sé stessa che mai più avrebbe abusato della docilità della sua diletta. Come conciliare ciò con quanto stava per fare? Valeva così poco il suo amore da passare in seconda fila di fronte al timore o al vago dovere di obbedienza nei confronti di una madre gelida e distante?"Allora ti decidi o no? E bada di colpire come si deve altrimenti ti farò incominciare daccapo" irruppe la vecchia. Marie finalmente decise."No!" disse stringendo con forza lo strumento terribile."Cosa?!""Ho detto ‘no’. Non punirò Jennifer. Sono stata io a darle del vino quando èvenuta a trovarmi ieri sera. Lei non ha nessuna colpa.""Ma davvero?""Non mi importa che tu mi creda o no. Spetta comunque a me decidere se punire Jennifer. Tu non hai alcun diritto su di lei!""Come ti permetti di parlarmi in questo modo? Sei impazzita? Quella puttanella ti ha completamente plagiata ma non le permetterò di …""Stai zitta! Sarai pure mia madre ma non sai un bel niente di me. Ho sopportato per anni i tuoi insulti perché pensavo che fosse mio dovere o forse solo perché avevo paura di te ma non ti lascerò spargere il tuo fiele su Jennifer. A differenza di te lei è dolce e sensibile … e sa cosa significa amare qualcuno. Lei mi vuole bene e io ne voglio a lei … certamente molto più che a te quindi vedi di non metterti in mezzo!"La vecchia era così livida di rabbia che le ci volle parecchio per articolare qualcosa."Se è così che la pensi allora è meglio che tu te ne vada immediatamente via da questa casa!" disse infine."Non chiedo di meglio" rispose Marie afferrando Jennifer e trascinandola via con sé.Nel giro di un’ora entrambe erano su un taxi dirette verso un futuro incerto attraverso la campagna francese. Si tenevano per mano, in silenzio. Sapevano entrambe che quello che era successo segnava una nuova profondità nel loro amore. A questa consapevolezza si univa in Marie l’esaltazione per essersi finalmente liberata di un giogo oppressivo che l’aveva imprigionata per anni. Un giorno sarebbero forse arrivati i rimorsi ma ora c’era spazio solo per quella esaltante sensazione di libertà che non provava da troppo tempo.Da quel giorno fatidico Marie e la madre non si parlarono più per molti anni. Solo quando la madre si ammalò e dovette essere ricoverata per il male che da lì a poco l’avrebbe uccisa, le due si rincontrarono. Non parlarono mai di ciò che era accaduto ma mentre l’assisteva a Marie sembrò di notare negli occhi della donna un sincero affetto per lei e un sicuro perdono per ciò che era accaduto. Quando la madre morì Marie fu felice di riuscire a provare dolore.
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