Troia! L’ho considerato sempre un complimento fantastico, da quando me lo sono sentita dire per la prima volta dallo zio Ernesto. Avevo 18 anni e avevo fatto delle piccole esperienze con i miei compagni. Ero in vacanza dagli zii, al mare. Era un’estate caldissima e il pomeriggio preferivamo sonnecchiare, piuttosto che abbrustolirci al sole. Dopo pranzo, zio Ernesto ci lasciava in cucina a rassettare ed era il primo a raggiungere il letto. Io e zia Pina davamo una raddrizzata sommaria e facevamo altrettanto. Dormivamo nella stessa camera, gli zii non avevano figli allora e non avevano pensato di preparare una cameretta. A me andava bene così: gli zii erano uno schianto, tutti e due bellissimi, abbronzati poi sembravano dei semidei. Non avevano troppo pudore, anzi erano abbastanza liberi. Succedeva spesso che girassero nudi per casa, figuratevi se mettessero addosso qualcosa per dormire: non finirò mai di ringraziarli per questo. Ho imparato da loro ad apprezzare il mio corpo e a non aver paura di farlo apprezzare agli altri. Cominciai anch’io a muovermi nello stesso abbigliamento, che aveva anche il vantaggio di far stare un po’ più freschi. Quel mattino a mare lo zio era stato più gentile del solito. Si era prodigato in apprezzamenti sul mio corpo e sulla mia intelligenza, mi aveva convinto che nel due pezzi uno è di troppo e, magari, anche l’altro, non fosse per un legge bacchettona come quelli che pretendevano si rispettasse. Zia Pina non sapeva cosa fosse il Top “Mai usato” mi disse. Lo zio aveva voluto passarmi lui l’olio sulla schiena e poi anche sul seno, soffermandosi a decantare i miei seni: “Due splendide amarene su due pere grosse e sode”. Rientrammo, come al solito, poco dopo mezzogiorno, consumammo velocemente la caprese che zia Pina aveva preparato al mattino, prima di partire per il mare. Zio Ernesto si alzò “Vi aspetto di là, splendide creature!” “Vai anche tu – disse zia Pina – non c’è nulla da fare. Tolgo la tovaglia e vi raggiungo!” Nella penombra della camera, dove filtravano alcuni raggi di luce attraverso la persiana socchiusa, ammirai la nudità di zio Ernesto, steso sul letto. Mi fermai un attimo come in contemplazione: lo zio mi vide “Che fai lì impalata, non vai a letto? Dai vieni qui che ti coccolo un po’!” Mi avvicinai, mi liberai del pareo che indossavo e affiancai la mia nudità alla sua. Lasciai che il mio corpo lo cercasse, che lo scoprisse lentamente, centimetro dopo centimetro. Posai le mie labbra sul suo petto: “E’ il momento che giudichi io i tuoi seni, zio!” “Fa’ pure, spero li troverai interessanti.” Mordicchiai i capezzoli e li senti irrigidirsi sotto le mie labbra, girai con la lingua intorno all’areola, mentre con la mano andavo a trovare il suo sesso per trovarlo già teso, invitante. Si aprì la porta e zia Pina entrò, si avvicinò ad un cassetto, prese qualcosa e tornò di là. Ricominciai l’esplorazione di zio Ernesto: feci scivolare la mano sul suo sesso fino a raggiungere i testicoli, erano gonfi, promettevano sborra in quantità, ne avevo voglia. Si riaprì la porta. Zia Pina entrò, i nostri sguardi si incrociarono. Non ero imbarazzata, ero infastidita: la zia stava interrompendo un’esperienza fantastica. Ma il sorriso con il quale ricambio l’asprezza del mio sguardo fece sciogliere ogni mio timore e fece esplodere complicità e riconoscenza. La zia si avvicinò, mi accarezzo i capelli e con una spinta gentile e decisa avvicinò la mia testa a quel tesoro che accarezzavo da un po’. Lo presi in bocca e cominciai un pompino, così come sapevo farli, come li avevo fatti ai miei compagni. La zia mi fermò: “Piano, così lo fai arrivare subito e non godi ne te ne lui. Leccalo lentamente… Così… Prima la cappella… Brava…. Ora scendi lentamente lungo il filino… Sì, prendi in bocca i coglioni, così… Scendi fino al buco del culo. Mi raccomando, piano, con dolcezza. Vedi che è bello anche per te… Dagli la tua figa da leccare… Sta tranquilla non ti farà del male… Imparerai a godere e rimanere vergine finchè vorrai” Sentivo la testa ribollire: avevo una voglia pazzesca di godere e mi abbandonai a quei saggi consigli. Stavo imparando a godere del godimento che davo, era un’esperienza inebriante. Avrei voluto gridare agli zii tutta la mia riconoscenza, ma mi resi conto che il modo migliore di farlo era di dimostrare coi fatti quanto apprezzassi quello che stavano facendo per me. “Mi leccheresti la figa?” la domanda arrivò come uno schiocco di frusta, inattesa. Mi sembrava strano che una donna volesse piacere da un’altra. La guardai ed il suo sguardo dolce e deciso vinse l’ultimo dubbio. Lasciai il cazzo di zio Ernesto e mentre lui continuava a titillarmi il clitoride un po’ con le dita un po’ con la lingua, tuffai il capo tra le splendide coscie di zia Pina. Aveva una figa stupenda, con un folto ciuffo di peli sopra e completamente glabra intorno alle grandi labbra che erano gonfie ed invitanti. Cominciai a leccare con dolcezza e poi con un ritmo sempre più forte fino a che degli spruzzi caldi non mi investirono e non sentì finalmente la zia frenare i suoi spasmi voluttuosi e le sue grida. Lo zio fece altrettanto con la mia figa inesperta, ma bramosa ed ebbi il primo orgasmo della mia vita. Fu stupendo: avrei voluto ripetere quegli attimi all’infinito: “Quanto innaffi, signorina. Non riesco a bere tutto. Molto buono, mmmhhh!” Lo zio continuò a leccare fino a che non rimasi distesa, esausta, accanto alla zia. “Già, brave! E io?” lo zio reclamava la sua parte e ne aveva tutte le ragioni. La zia si avvicinò e riprese quel pompino che io avevo interrotto, si voltò verso di me e con uno sguardo mi invitò al banchetto. Partecipai volentieri: volevo far godere lo zio, volevo valutare il suo piacere, quel piacere di cui io ero parte. La zia mi lasciò ed andò a baciare il marito sulla bocca proprio mentre, sotto i miei colpi, lo zio esplodeva in una sborrata densa e copiosa che non riuscì ad ingoiare tutta subito. La divisi con la zia, che staccatasi dalle labbra del marito venne a cercare le mie, succhiando lo sperma che ancora avevo in bocca. “Sei proprio una splendida troia!” la voce dello zio richiamò la mia attenzione. Mi voltai, lo guardai felice “Grazie, zio! Sono contenta ti sia piaciuto, spero che continueremo.” Non ci fu risposta, ma l’abbraccio nel quale mi coinvolsero diceva molto più di qualsiasi parola. Imparai tantissime cose ancora da loro e fu con loro che l’anno dopo persi la mia verginità. In quel giorno di caldo e di mare ho deciso che nessuno mi avrebbe chiamato Troia senza uno sguardo soddisfatto e riconoscente negli occhi e ancora oggi quando ci vediamo con zio Ernesto e zia Pina provo una gioia immensa, specie quando Rico, mio marito, li ringrazia per quello che mi hanno insegnato, che naturalmente, però, dedico anche ad altri.
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