“Vuoi tu, Sabrina, prendere il qui presente Gianfranco come tuo sposo e promettere di amarlo, rispettarlo ed essergli fedele, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, finché morte non vi separi?”.Sabrina fu presa da un momento di incertezza. Solo un misero “sì” la divideva ora dal sogno della sua vita, un “sì” che l’avrebbe finalmente liberata da tutti i suoi problemi. Non sarebbe più stata una povera figlia di contadini di provincia, ma niente di meno che la signora Abbieni. La sua casa non sarebbe più stata una cascina di campagna dove vivevano anche le famiglie degli zii, ma un palazzo ottocentesco durante la settimana e una villa seicentesca nei fine-settimana. Le sue giornate non sarebbero più passate nel duro lavoro dei campi e di casa, ma nel lusso e nelle comodità.C’era un prezzo da pagare per tutto questo: vivere con uomo che non amava. Gianfranco Abbieni era sì uno degli industriali più facoltosi della regione e probabilmente dell’intera Italia ma non poteva dirsi l’uomo dei sogni per una giovane. Sposato in gioventù per volere dei genitori, il classico matrimonio di convenienza, era rimasto vedovo da qualche anno. Aveva ora raggiunto la cinquantina e l’età cominciava a farsi sentire: il suo fisico un tempo non atletico ma comunque sportivo, aveva ceduto mettendo su una certa pancetta mentre le lunghe ore di lavoro stressante gli avevano provocato la caduta dei capelli. Non era mai stato un uomo attraente e con il passare degli anni lo era diventato ancor meno. Sabrina se ne rendeva conto ma nonostante tutto era caduta fra le sue braccia per il prestigioso del suo nome.Gianfranco si girò a guardarla: era bellissima con quel suo sguardo perso nel vuoto, emozionato e pensieroso, la pelle del viso liscia e perfetta. Sentì il suo cuore battere all’impazzata, proprio come la prima volta che l’aveva vista. Era successo tutto un tardo pomeriggio di maggio di tre anni prima, quando si era recato in campagna per visionare un vasto appezzamento di terreno da acquistare. Aveva sbagliato strada e si era ritrovato nell’aia di una cascina di contadini con la sua auto di grossa cilindrata: dalla porta erano uscite stupite alcune donne insieme alle figlie. Dopo le spiegazioni, dal momento che tutti gli uomini erano a lavorare nei campi, proprio Sabrina li accompagnò al terreno in vendita. Gianfranco restò estasiato da quella fresca ragazza di diciotto anni che era seduta al suo fianco e, mentre guidava, cercava di agganciare un minimo di conversazione, ma lei rispondeva a monosillabi, arrossendo per la timidezza.”Come ti chiami?”.”Sabrina”.”E quanti anni hai?”.”Diciotto”.”Vai a scuola?”.”No, ho finito dopo la terza media. Aiuto a casa”.”Ti piacerebbe fare qualcosa di diverso, andare a lavorare?”.”Non so”.Arrivato all’appuntamento si offrì comunque di accompagnarla indietro ma lei, abituata com’era alla vita dura dei campi, rifiutò tornandosene tranquillamente a piedi. Da quel momento Gianfranco decise che l’avrebbe a tutti i costi conquistata: dopo l’acquisto del terreno diede un gran pranzo nella sua nuova cascina invitando tutta la famiglia di lei, che del resto erano gli unici vicini. Non ci volle molto perché i suoi genitori e i suoi zii si sentissero in debito ricambiando la cosa: i rapporti fra le famiglie furono da subito cordiali, anche perché lui aveva sempre celato e mai ostentato la sua ricchezza, comportandosi proprio come loro. Del resto era quella la sua stessa origine, i suoi non erano che contadini in seguito arricchitisi grazie anche alla genialità e allo spirito d’affari del loro figlio.Dopo un anno che si conoscevano lui le offrì quel posto di lavoro che da tanto conservava apposta per lei: il parere del padre, ormai conquistato dall’uomo così affabile, non poteva che essere positivo. Così cominciò a lavorare come segretaria: era una ragazza sveglia e non ci volle molto a imparare bene il lavoro. Ogni mattina lui passava a prenderla alle sette, andavano in città e la riportava a casa alle sei. Nonostante la sua ricchezza non aveva mai smesso di lavorare, era una cosa che gli piaceva, anche solo gestire direttamente i suoi tanti affari senza far ricorso a dirigenti vari. Così per un’oretta all’andata e per un’altra ora al ritorno erano soli in auto e cominciarono a conoscersi. Gianfranco era già innamorata di lei dalla prima volta, ci vollero quattro mesi perché riuscisse a far breccia nel suo cuore.Sabrina non sapeva cosa gli succedeva in quel periodo, era la prima volta che si innamorava. Fu una cotta adolescenziale, che durò un anno, forse un anno e mezzo, poi cominciò a guardare la realtà in maniera diversa. In quel periodo, grazie al lavoro, aprì gli occhi sul mondo, un mondo non più fatto solamente dei campi intorno a casa sua, ma quello più caotico e vario di una città. Il fidanzamento con Gianfranco divenne fin da subito ufficiale, lui glielo disse subito che ci teneva a fare le cose per bene e ciò gli fece guadagnare ulteriore stima agli occhi del padre di lei. Sabrina non ebbe mai il coraggio di esternare questi suoi dubbi, così ora si ritrovava vestita di bianco sull’altare della piccola chiesa del paese più vicino alla sua cascina.”Sì, lo voglio” rispose dopo pochi secondi che le erano sembrati un’eternità. Non poteva far altro, pronunciò quelle parole immediatamente dopo che il pensiero dello scandalo che un suo estremo rifiuto avrebbe causato.Andarono a festeggiare in cascina, come i suoi di lei aveva tutt’al più sognato dato il rango dello sposo, che però non disdegnò certo la cosa, memore delle sue umili origini. Dalla parte di lui c’erano solo i genitori e qualche parente stretto, non aveva certo voluto un matrimonio in grande stile. I giornali dell’indomani non poterono che andare in stampa con un titolo in formato ridotto rispetto a quanto sperato proprio per la mancanza di notizie e soprattutto di fotografie.Era notte fonda quando gli sposi si scambiarono l’ultimo bacio davanti a tutto il parentado e salirono in macchina. Mentre guidava verso la loro nuova casa, la cascina di Gianfranco, Sabrina lo guardò. Sarebbe mai riuscita ad amarlo ancora come un tempo? Probabilmente non con la stessa intensità, ma sicuramente si sarebbe costretta ad amarlo. Ora stava andando in contro alla sua prima notte di nozze con una certa paura: sapeva cosa sarebbe successo, non le erano ignoti i fatti del mondo. La sorella maggiore, già sposata, aveva saputo essere molto più esauriente della madre.”Vedrai ti piacerà. Fare l’amore è una cosa stupenda, non c’è nient’altro di simile”.”Mamma ha detto che mi farà male” obiettò lei.”Forse. E solo le prime volte. Ti uscirà probabilmente del sangue ma non preoccuparti, è del tutto normale. Cerca di rilassarti e di goderti quelle sensazioni, è sicuro che ti piacerà, piace a tutti!”.Le cugine erano state invece ben più spigliate: “Ma come, non l’avete mai fatto?”.Sabrina a quelle parole rimase stupita: “No, sapete benissimo che è peccato prima del matrimonio”.”Ma sì, sono tutte storie che raccontano i preti perché non vogliono che la gente si diverta”.”Volete dire che voi…””Sì, Sabry, proprio così, e non solo noi, ma quasi tutte le ragazze del paese. Tranne ovviamente quelle bigotte come te!”.Era rimasta sconvolta dalla rivelazione ma subito le si insinuò la curiosità e, vista l’atmosfera confidenziale, andò oltre con le domande: “E… come è stato?”.”Be’, dipende dal ragazzo. Se è un pivellino e non ci sa fare, venire è un problema, se invece lui è un uomo vero è qualcosa di straordinario. Godi e non vorresti mai smettere di farlo…”.”Ma come siete riuscite a farlo senza che gli zii siano venuti a saperlo?”.Le due cugine risero. “Guarda che il sabato sera usciamo con le amiche. Ed è facile riuscire ad appartarsi con qualche ragazzo”.”Ma dove andate a farlo?”.”Qui in giro, nei campi. A volte nel fienile lungo il fiume. E se lui ha la macchina, non c’è problema. Però è scomodo”.Sabrina non aveva chiesto di più per paura di passare ancora una volta per bigotta. Però iniziava a farsi strada in lei una certa eccitazione unitamente alla voglia di sperimentare quelle cose. Si ripromise che una volta sposata avrebbe chiesto a Gianfranco di andare a far l’amore nei campi oppure nel fienile. O sulla sua macchina, molto più ospitale delle Cinquecento in cui lo facevano le sue cugine così spregiudicate.Proprio quel colloquio le tornò alla mente mentre andavano nella loro casa e le venne la voglia improvvisa di far l’amore lì, in macchina. La paura era scomparsa in un attimo lasciando strana al desiderio, un desiderio molto più forte di quando, di nascosto, si toccava fra le gambe furtivamente sotto le lenzuola, smettendo subito per il timore di essere scoperta dalle sorelle che dormivano nella sua stessa stanza. Come avrebbe potuto comunicargli quel suo desiderio? No, non poteva, chissà cosa avrebbe pensato lui se gli avesse offerto squallidamente la sua verginità in un auto! Era giusto che, come voleva la tradizione, consumassero il loro matrimonio nel letto nuziale.Lui si girò un attimo sorridendole, gli occhi gli luccicavano: si vedeva chiaramente quanto l’amasse. Lei ne fu commossa e turbata per varie ragioni. Si chiese se anche lei l’amasse ancora come la prima volta, ma l’interrogativo fu spazzato via rapidamente dal desiderio di sperimentare quelle sensazioni sconosciute che il sesso riservava loro.”Come stai?” le chiese lui premuroso, tornando a guardare la strada illuminata soltanto dai fari dell’automobile.La domanda la prese in contropiede, ma cercò di essere più sincera possibile: “Sono felice, ma stanca… È stata una giornata indimenticabile. Ora…”.”Ora?” incalzò lui. Non sembrava preoccupato dalla risposta di lei. Probabilmente, si disse, lui era tanto innamorato da comprendere anche un suo rifiuto.”Ora ho solo voglia di andare a letto con te…” disse tutto d’un fiato.”Anch’io amore. È da quando siamo usciti dalla chiesa che ti desidero…ho voglia di stringerti a me, dolcemente, baciarti, toccarti, farti gemere e sospirare di piacere…”.La sua calda voce sensuale la eccitò ulteriormente, sentiva una sensazione nuova fra le cosce, le era già capitato di eccitarsi ma non al punto di bagnare le mutandine.”Anch’io desidero tutto questo, al punto che vorrei che fermasti la macchina e che lo facessimo qui…” si lasciò sfuggire, subito pentendosene. Chissà cosa avrebbe detto ora lui!Gianfranco invece non sembrò per nulla arrabbiato, anzi, sorrise compiaciuto dalle parole della moglie.”Anch’io, cara, ma forse è il caso di aspettare ancora qualche minuto…” rispose guardandola dolcemente. Infatti non passarono più di cinque minuti che arrivarono nell’aia della cascina di Gianfranco, la loro casa, che trovarono con grande sorpresa bordata di bianco con una grande scritta “W gli sposi”. Sorrisero abbracciandosi una volta spenta l’auto, poi lui si affrettò a scendere per andarle galantemente ad aprire la portiera. Sabrina si ritrovò qualche secondo dopo fra le braccia di lui, sollevata da terra: lo fissò sorpresa e lesse in lui tutto il loro amore. Come nella migliore delle favole lui stava portandola nella loro nuova casa tenendola fra le braccia! Le sembrava di essere la protagonista di una favola, una favola che desiderava non finisse mai.Aprire la porta comportò qualche difficoltà, ma alla fine riuscirono ad entrare nella loro nuova abitazione ed ad accendere la luce. Con qualche sforzo, Gianfranco non era certo alleatissimo, riuscì a portarla al piano superiore e ad appoggiarla delicatamente sul bel letto matrimoniale.”Vuoi che spenga la luce?” chiese lui premuroso ben comprendendo che avrebbe potuto sentirsi in imbarazzo, data la sua inesperienza e timidezza.”No, lasciala accesa. Voglio vederti…” osò dire lei arrossendo immediatamente ma in modo leggero. E infatti fu proprio così, non gli staccò gli occhi di dosso mentre si sfilava l’elegante giacca e la camicia candida che ripose ordinatamente. Un attimo dopo rimaneva a torso nudo con addosso i soli occhi di lei che si compiaceva di quel folto pelo che lo ricopriva.Andò a sedersi sul materasso al suo fianco, chinandosi per baciarla: Sabrina rispose prontamente, andando a cercare con le mani il suo petto villoso e godendo del lieve contatto dei suoi polpastrelli sui peli di lui. Per contraccambiare Gianfranco le passò dolcemente la mano sul suo seno, arrivando a sfiorare sotto il corpetto il capezzolo eretto: la carezza intima, che solitamente metteva sul chi va là Sabrina, ottenne stavolta l’effetto contrario sottolineato da un lungo sospiro con cui interruppe il bacio.”Togliti anche i calzoni” mormorò lei desiderando di vederlo nudo e sottintendendo ben altro. Gianfranco però si limitò ad alzarsi e a seguire la sua richiesta alla lettera, temendo di andare oltre il suo senso del pudore se si fosse denudato immediatamente: conosceva la sua timidezza ed era deciso a procedere gradualmente e con lentezza. Tuttavia, anche rimanendo con i boxer addosso, la sua erezione era ben visibile nonostante non fosse affatto un superdotato. Cercò di celarla alla sua vista andando a sdraiarsi dietro di lei dopo che si era girata su un fianco, salendo dall’altra parte del letto. Le spostò i lunghi capelli lisci e neri per baciarla delicatamente sul collo facendosi via via più vicino alla sua schiena: sapeva quanto gradisse quei baci lievi e sensuali, spesso era lei stessa a chiedergli di essere baciata sul collo. Fin da subito si abbandonò al suo tocco inarcando la schiena per i brividi di piacere e, senza quasi accorgersene, si ritrovò ancor più bagnata fra le gambe.Grazie a quelle inebrianti lusinghe poté farsi un po’ più audace andando a carezzarle la schiena in tutta la sua interezza, da dove l’abito bianco lasciava parzialmente scoperte le spalle, fin dove spuntavano le stuzzicanti rotondità dei suoi fianchi e del suo sedere. Si negò a lungo il tocco sulle sue natiche, indugiando invece sulla schiena e sul reggiseno che sentiva chiaramente attraverso il tessuto leggero. Ci giocò a lungo col gancio, fingendo di volerlo aprire ma senza mai la necessaria convinzione, e la cosa finì per stuzzicare anche lei che attendeva il momento in cui lui l’avrebbe spogliata. Ma questo non arrivava, e se da prima l’attesa le provocava anche una certa paura, sotto le sue carezze ammalianti questa via via si dileguò lasciando spazio ad altre emozioni fino al desiderio di essere nuda fra le sue braccia. Si ritrovò così, con grande sorpresa di lei e forse anche di lui, ad implorare: “Spogliami, ti prego…”.A quel punto le mani di Gianfranco furono rapidissime a sbottonare i minuscoli ed infiniti bottoncini che richiudevano l’abito sulla schiena, che nel frattempo veniva rivelata un centimetro alla volta. A Sabrina le dita di lui che percorrevano la sua pelle nuda parvero tizzoni infuocati, ne desiderava il tocco su tutta se stessa.Quando casualmente il pene eretto di lui, ancora stretto all’interno dei boxer, la sfiorò appena sul sedere ebbe un momento di disorientamento totale. Le ci volle poco meno di un secondo a capire cos’era stato e ne rimase stupefatto per la consistenza e la durezza, poi si sciolse per l’eccitazione lasciando che il lago che aveva fra le cosce fluisse a infradiciarle completamente le eleganti mutandine di pizzo. Lo desiderava, lo desiderava follemente, come mai aveva desiderato qualcosa in vita sua: in quel momento l’unica cosa che la interessasse era che quell’uomo che era appena diventato suo marito la spogliasse completamente ed entrasse in lei con quella cosa.Sentiva che la stava spogliando e cercò di aiutarlo in qualche modo muovendosi però in modo scomposto e disorientato, finendo quasi per intralciarlo. Dopo alcuni secondi in cui non capì assolutamente nulla per l’estasi di quel contatto fortuito, si ritrovò nuda a letta, con la sola biancheria e l’abito nuziale abbandonato davanti a lei, a penzoloni metà sul materasso e metà a terra. Per un istante si sentì nuda ed indifesa, quasi imbarazzata, ma il disagio presto passò sentendo di nuovo le sue labbra appoggiarsi al suo collo e farsi strada verso la sua guancia. Poteva ora distinguere le sue mani armeggiare con la chiusura del reggiseno, che un attimo dopo era allentato: ora era slacciato. Già altre volte lei gli aveva concesso quel tocco ma mai le era sembrato così bello. Sentiva le dita infilarsi sotto le spalline ed abbassarle lentamente sulle sue braccia, le coppe in pizzo staccarsi dai suoi seni: fu con movimenti lenti e delicati che si ritrovò a seno nudo, ma lui non osò subito toccarla là. Eppure Sabrina bramava il suo tocco, i capezzoli urlavano d’eccitazione tesi come non mai: passarono lentissimi minuti in cui le mani di lui e le sue dita prendevano confidenza in maniera esasperatamente lenta col suo corpo e le sode rotondità dei suoi seni appuntiti. Quando finalmente i polpastrelli le sfiorarono le brune punte dei capezzoli non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire degli acuti gridolini di piacere. All’udire questi gemiti imploranti Gianfranco perse per un attimo il controllo e strinse fra le mani i suoi magnifici seni spingendo il suo cazzo contro le splendide natiche che lo chiamavano in modo irresistibile. Lo fece in maniera istintiva, pentendosene subito nel timore di averla forzata nel lento e delicato processo di avvicinamento rapporto sessuale. Stava quasi per pronunciarle le sue scuse all’orecchio quando invece si accorse che ansimava cercando di nascondere la cosa: non poteva immaginare che la sua reazione le aveva procurato sensazioni mai provate prima, un incredibile tuffo al cuore che ora batteva all’impazzata dopo un momento di vuoto e una stilettata di vago piacere fra le gambe.Comunque, col pensiero di essere troppo precipitoso, ritrasse il bacino pur desiderando di strofinarsi su di lei e prese a carezzarle il seno in maniera ben più delicata e seducente, con lenti e misurati tocchi delle sue dita esperte, ignorando volutamente i capezzoli per lunghi tratti per concederle infine la delizia dello stimolo delle punte sensibili.Sapeva di dover essere lento il più possibile, in modo da stuzzicare in lei gradualmente il desiderio, cosa così difficile da provocare in una vergine timida e ritrosa come la sua Sabry. Eppure non seppe resistere tanto come si era prefissato, la smania di possederla, di poter finalmente fare l’amore con quella ragazza che ormai per lui era diventa un’ossessione fu più forte e dovette cedervi. Mentre una mano continuava a stimolarle i capezzoli sensibili, che le provocavano sensazioni piacevoli ma monche, ardeva infatti di avere qualcosa di più; con l’altra mano scese sui fianchi fin dove incontrò il pizzo delle mutandine bianche. Le dita lo sfiorarono delicatamente passando sul retro ai glutei tondi e sodi: come avrebbe voluto passarle sulla pelle vellutata, insinuarsi nel solco fra essi, arrivando a sfiorare la sua rosellina… A quel pensiero si fermò e il suo cazzo in erezione ebbe un sussulto: già sognava giochi proibiti con lei che chissà se mai gli sarebbe stati concessi. Eppure era sicuro che, agendo con abilità, avrebbe potuto fare cadere in lei anche tabù così forti, magari anche facendo leva sulla sua ingenuità convincendola che si trattava invece di cose normali fra marito e moglie.Per non rischiare di infilarsi davvero sotto le mutandine ricercando il suo buchetto posteriore passò le dita sul davanti, andando a toccare il pizzo che celava il suo triangolo segoso. Con sua grandissima sorpresa lo trovò abbondantemente bagnato, e sempre più mentre scendeva verso il centro del suo piacere. Senza parole le dita di lui la carezzarono là in basso, non più così delicatamente ma con una certa decisione: le mutandine erano completamente fradice al punto da incollarsi al suo corpo.Nello stesso istante l’orgasmo la sconvolse per la prima volta nella sua vita: il tocco delle dita di lui era veramente troppo. Non riuscì a trattenersi in nessun modo, forse nemmeno lo voleva, e si abbandonò a quelle sensazioni improvvise e scioccanti, intense come nessun altra mai provata fino ad allora. Urlò, urlò in maniera selvaggia e inaspettata, sorprendendolo ancora.La sua vagina sembrava emanare calore e piacere, non riusciva a crederci, ma era proprio così: nonostante tutto era rimasta completamente lucida e pensò che se quello era fare l’amore, non avrebbe più potuto farne a meno. Con il respiro roco e affannoso, riuscì a trovare delle parole:”È fantastico, incredibile… Non avevo mai provato niente del genere…”.Gianfranco era nel frattempo rimasto a bocca aperta, con le dita appoggiate in mezzo alle sue gambe completamente bagnate dei suoi abbondanti succhi. Faticava a capacitarsi che quello che era successo fosse vero, ma superata l’iniziale sorpresa si ritrovò più eccitato di prima. Una cosa analoga era successa alla giovane moglie, per nulla appagata dal primo, inaspettato orgasmo della sua vita, desiderava quel contatto più intimo e sicuramente ancor più piacevole che l’istinto e l’esperienza gli dicevano esistere. E l’attesa si faceva in ogni momento più disperata, al punto tale che pensava che presto si sarebbe strappata di dosso le mutandine e gli sarebbe saltata addosso, cercando il suo sesso con disperazione.”Girati, mettiti di schiena” le disse dolcemente Gianfranco, ma con una certe decisione e fretta. Lei ubbidì all’istante, smaniosa di vivere quello che stava capitando in quegli istanti il primo possibile. Lo vide salire su di lei, il suo volto a pochi centimetri dal suo, il corpo abbondante e villoso che sembrava sul punto di abbattersi sul suo. E le sembrò estremamente virile ed eccitante, bello come non mai; tutti i dubbi sull’amore verso di lui le vennero meno in un solo istante. Sì, lo amava. E lo desiderava come niente altro al mondo. Avrebbe voluto essere completamente nuda fra le sue braccia e fare l’amore con lui per delle ore. Però invece indossava ancora le mutandine e le calze. Ringraziò mentalmente la zia che saggiamente le aveva fatto indossare le mutandine sopra il reggicalze: sul momento lei non aveva compreso il perché di tale decisione che le era sembrata invece bizzarra e anche un po’ peccaminosa. Ora invece sarebbe stato un supplizio dover togliersi anche il reggicalze e le calze per poter finalmente fare l’amore con lui.Gianfranco abbassò il bacino andando ad appoggiare i fianchi sui suoi, sentì il suo cazzo duro contro il suo pube: lo strofinò lentamente, più volte, esasperandola quasi. Come poteva perder tempo così quando lei non agognava altro che la penetrasse?Nonostante lei fosse chiaramente fuori di sé per l’eccitazione Gianfranco aveva deciso di procedere comunque con una certa cautela, per cui continuò per un po’ con quel lieve ma elettrizzante contatto. Con sua grande sorpresa fu proprio Sabrina a infilargli le mani sotto i boxer cercando maldestramente di abbassarglieli: il piacere la aveva disinibita come mai le era successo prima. Fermandosi un attimo sopra di lei Gianfranco si abbassò l’indumento fino alle caviglie e riprese a strofinarsi, stavolta direttamente, sulle sue mutandine fradice.”Amore, è venuto il momento…” le sussurrò lentamente e con voce sensuale all’orecchio. “Sei pronta?” le chiese retoricamente: era così evidente che non attendeva altro.”Sì, lo voglio, subito!” rispose Sabrina ansimando.Lui iniziò ad armeggiare con il reggicalze, ma prima che potesse riuscire ad aprire nemmeno un gancetto lei protestò vivacemente: “Ti prego, lascia stare, toglimi solamente le mutandine!”. In quel momento riaprì gli occhi che aveva precedentemente chiuso per le intense sensazioni che la pervadeva e si accorse della sua incertezza. Fu presa dallo sconforto: perché non la spogliava finalmente e non faceva l’amore con lei? Ormai non riusciva a resistere oltre, perché aspettava ancora?Finalmente lui si mosse e le tolse quell’ultimo indumento mentre le sue gambe erano ancora fasciate dal velo bianco delle calze: appoggiò dolcemente il cazzo sul suo pube e si distese dolcemente sopra di lei. La baciò dolcemente sulle labbra, le carezzò la fronte sudata e le sussurrò: “Sabry, ora entrerò in te… sentirai del dolore, come vorrei non farti del male…”.”Non importa, fai presto, non ce la faccio più ad aspettare!” rispose lei smaniante.Gianfranco non poteva credere che lo desiderasse realmente tanto, lei di solito così ritrosa nei confronti del sesso, che aveva sempre voluto attendere la prima notte di nozze per farlo, che mai si era abbandonata al suo tocco prima. Il suo cazzo presto trovò quella fessura che era stata fino allora proibita anche alle sue dita, se non per qualche tocco rubato di sorpresa: scivolò lentamente all’interno con facilità, lubrificata com’era, finché non trovò il velo della sua verginità. Sapeva chiaramente cosa stava per accadere, mentre Sabrina sotto di lui era quasi del tutto ignara: le prese il viso fra le mani e dolcemente lo baciò, rammaricandosi sinceramente del dolore che avrebbe provato. Poi spinse con il maggior riguardo possibile.Sabrina si sentiva in delirio appena la penetrò, lo maledì per essersi fermato quando invece sapeva di voler qualcosa in più: prima del nirvana fu però trapassata da una fitta di dolore, un dolore intenso e improvviso, che passò quasi subito. Poi di nuovo il piacere l’abbracciò completamente, un piccolo spasmo d’orgasmo.Teso come non mai, completamente dentro di lei, tremante per l’emozione Gianfranco le chiese mentre stentava a trattenersi dal muoversi: “Come va?”.Passarono un paio di secondi in cui non seppe come riuscì a stare immobile sopra quel corpo meraviglioso e disponibile sotto di lui, un paio di secondi in cui la mente di Sabrina vorticò cercando di comprendere il senso di quelle parole fra le mille emozioni che la percorrevano: “Non avevo mai provato qualcosa del genere… è fantastico!!”.Rassicurato da quelle parole di fuoco Gianfranco prese a muoversi lentamente dentro di lei facendole urlare del piacere ogni fascio di nervi. Parimenti il suo cazzo, avvolto nella sua calda e umida vagina raccoglieva all’improvviso quel godimento tanto a lungo trattenuto: l’eccitazione, l’attesa, la sua inattesa voglia avevano a tal punto stimolato Gianfranco che non poteva durare a lungo e presto se ne rese conto. Mentre stava andando via via perdendo la lucidità, ne ebbe un barlume residuo per rammaricarsi di non poter far godere la sua Sabry. Che, dal canto suo, era letteralmente sconvolta da quella nuovissima presenza dentro di lei che a ogni minimo movimento le regalava un godimento inaudito. La sua asta dura a ogni lieve sfregamento del suo sensibile clitoride la faceva gemere piano per quella fitta di piacere che le regalava.Avrebbe voluto continuare così per sempre, non fermarsi mai, ma dentro di lei l’istinto le diceva che doveva provare quelle sensazioni così conturbanti al punto da farle perdere il controllo di sé che aveva già provato prima, quando l’aveva toccata attraverso le mutandine. Quel pensiero la ravvivò d’un tratto e cercò di far di tutto per avvicinarsi il prima possibile a quello che lei ancora non conosceva come orgasmo. Il suo bacino danzò sotto di lui dapprima lentamente, in maniera scomposta che comunque le fece aumentare il piacere e sobbalzare il cuore; presto però riuscì a sincronizzare i suoi movimento con gli affondi lenti e profondi di lui.Appena se ne rese conto Gianfranco pensò di impazzire: la sua giovane mogliettina vergine che all’improvviso si dimostrava così disinibita alla ricerca del piacere e che così bene rispondeva nel fare l’amore ai suoi affondi! Accelerò gradualmente il ritmo dell’amplesso ormai incapace di resistere oltre; ma la sua cavalcata verso quell’orgasmo così magistralmente atteso fu accompagnata e perciò velocizzata dai movimenti di lei.A Sabrina pareva di vivere un sogno quando si rese conto che il suo cazzo volava rapidamente dentro e fuori di lei, infuocandole la vagina di godimento che ormai s’era fatto irresistibile. Le successe d’un tratto, senza che se ne rendesse conto e senza poter prevederlo: nuovamente il piacere le esplodeva dentro il corpo, l’orgasmo si diffondeva dalla sua fighetta a tutto il corpo rapendole la mente. Urlò, sconvolta dal piacere intensissimo, una, due, tre volte, senza posa. Ogni volta che il piacere sembrava affievolirsi e lei riprendere consapevolezza di se stessa, ecco che tornava una fitta intensa che la riportava a quel dolce oblio con urlo che le nasceva in gola.Gianfranco stava scivolando velocemente dentro il suo scrigno così fradicio di umori da non opporre nessuna resistenza ai suoi movimenti nonostante fosse stretto come solo quello di una vergine può essere. Avrebbe resistito ancora parecchi secondi se non l’avesse vista e udita in preda al suo orgasmo, se la sua vagina non si fosse stretta intorno al suo cazzo eretto e lucido in maniera irresistibile, se le sue mani proprio in quel momento non si fossero strette attorno ai suoi giovani e vellutati seni dai capezzoli appuntiti. Sentì lo sperma sfuggirgli all’improvviso dal glande spruzzando dentro di lei e si abbandonò all’orgasmo con sorpresa, accompagnando gli abbondanti schizzi con scarti decisi dei fianchi fatti in maniera assolutamente istintiva. Come a Sabrina anche a lui il piacere, così intenso ed esplosivo, aveva fatto perdere completamente la testa.L’orgasmo per lui fu talmente violento che all’ultimo sussulto il suo cazzo scivolò fuori dalla sua madida vagina cosicché l’ultimo dei tanti spruzzi finì sul ventre di lei, ancora semi-incosciente per il suo. Finì anche lui disteso sul materasso, al fianco di lei, boccheggiando per riprendere fiato mentre il cuore batteva ancora a mille mentre il suo membro si erigeva sul suo ventre ancora duro. Dopo qualche minuto di riposo trovò la forza per deporle un dolce bacio a fior di labbra e a sussurrarle qualcosa che avesse il barlume di un senso:”Grazie, amore, è stato indimenticabile”.”Lo è stato anche per me…” seppe solamente ribattere lei. Ci vollero parecchi minuti perché entrambi potessero riprendersi in po’, poi si sollevarono leggermente e iniziarono a parlarsi senza però mai smettere di baciarsi.”Credevo di non smettere più di venire, mi sembrava impossibile riuscire a farlo così a lungo. Sono addirittura scivolato fuori ad un certo punto”.Sabrina si guardò il ventre sul quale ancora luccicavano le gocce del suo liquido seminale. Non voleva apparire sciocca sebbene dei dubbi la attanagliassero, provò a porre la domanda nel modo meno ingenuo le riuscisse: “Ma è questo il seme, allora?”. Intanto toccò quelle gocce biancastre con le dita.”Sì amore, è lo sperma, il liquido della vita. A qualche donna piace riceverlo in bocca e inghiottirlo”.Sabrina, curiosa di natura, non poté trattenersi dal portarsi le dita alla bocca e leccare il residuo di quelle gocce: aveva un sapore amarognolo, acre, nel complesso non forte ma comunque un po’ sgradevole.Non si accorse dello sguardo fisso di Gianfranco, stupefatto da quel gesto, ma che un attimo dopo si affrettò a chiederle: “Ti piace?”.”No, non molto…”.”Ti piacerebbe riceverne direttamente in bocca?”.”Non so, oggi no, magari un’altra volta” rispose vagamente senza pensare cosa implicavano le sue parole. “Mi piacerebbe invece fare di nuovo l’amore, è una cosa fantastica!” chiese sognante. 1975″Ti piacerebbe andare in Africa?”.”Cosa??” rispose lei di rimando stupefatto.”Ti ho chiesto se ti piacerebbe passare le nostre vacanze insieme in Africa” ripropose la domanda lui calmo.”Se mi piacerebbe? Ma è fantastico!” controbatté Sabrina abbracciandolo e stringendolo a sé mentre le sue labbra depositavano un gran bacio sulle sue.Così erano partiti da Milano per l’Africa, in un caldo pomeriggio di settembre. ***Il safari nella loro prima vacanza africana non poteva certo mancare. Partirono la mattina all’alba dall’albergo a bordo di una grossa jeep che li avrebbe portati lungo piste tortuose nella savana. Ad accompagnarli c’erano due guide di Nairobi, Aigbo e Kala, alti keniani dal cranio rasato e dalla carnagione nerissima: erano entrambi nati sugli altopiani e conoscevano la zona come i loro antenati sebbene da tempo vivessero nella capitale dopo gli studi.Sabrina era rannicchiata nel sedile posteriore, fra sonno e veglia, incapace di prender sonno per gli scossoni dati dalla strada accidentata, quando il motore cominciò a borbottare in maniera strana e a fumare dopo qualche secondo. Il denso fumo nero non lasciava presumere niente di buono: Aigbo fermò immediatamente il fuoristrada e aspettarono che il motore si raffreddasse. Anche dopo più di mezz’ora, al momento di aprire il cofano, ne uscì un’ampia vampata di fumo.Gianfranco sembrava molto preoccupato dal fatto del guasto e ciò non fece altro che accrescere il terrore di Sabrina, già attanagliata dalla paura di ritrovarsi soli in mezzo a quella selvaggia savana. Più tranquilli sembravano invece i due keniani, in fondo erano a casa a loro, nel loro ambiente naturale, e per di più sapevano che un’altra spedizione li seguiva a meno di due ore di distanza. Parlando in inglese spiegarono la cosa a Gianfranco, che si mostrò subito rasserenato e che cercò immediatamente di consolare la moglie, e subito Aigbo si offrì di mettersi in marcia. Chiese all’italiano di unirsi a lui nella marcia, portando con sé una buona provvista d’acqua: non lo disse, ma la sua condizione di negro non gli avrebbe dato credibilità di fronte all’altra spedizione, era necessario che un bianco almeno lo accompagnasse.Kala e Sabrina nel frattempo si accamparono all’ombra di un albero isolato, distante poche decine di metri dalla jeep, armandosi di pazienza per attendere i soccorsi. Nel suo modesto italiano Kala cercò in tutti i modi di rassicurare la ragazza ma sembrava non riuscirvi affatto, lei sembrava attanagliata dal terrore di trovarsi in quella terra selvaggia.Kala provò ad avanzare un altro argomento: “Signora, non preoccuparsi, qui vive molta gente buona. Mia gente vive qui vicino, questa terra non solitaria”.Sabrina in un attacco di panico si gettò con le braccia su di lui, stringendo il corpo al suo. “Ti prego, portami dalla tua gente, non riesco a resistere qui sola nella savana!”. I suoi bei seni, contenuti nella leggera camicetta, erano stretti contro il torace del giovane negro il cui corpo presto reagì in una possente erezione. Lui cercò di celare il suo disagio ma nella posizione in cui erano non poté fare a meno che le sfiorasse la coscia.Lei non se ne curò affatto, ma continuò nella sua sequela disperata: “Ti prego, portami dalla tua tribù, dal tuo villaggio! Voglio vedere altre persone, non resisto qui da sola!”.”Okay signora” disse lui semplicemente guardandola con i suoi occhi inespressivi.Si avviarono insieme sotto il sole cocente, Sabrina nel panico non si era minimamente preoccupata di chiedere quanto distasse il suo accampamento, solo dopo un bel po’ che camminavano le si insinuò il dubbio che fosse più lontano di quello che sperasse e che non riuscisse ad arrivarci.”Siamo arrivati?” chiese.”Dietro quella montagna” indicò Kala: davanti a loro c’erano delle rocce che s’innalzavano dalla pianura per qualche decina di metri. Dopo mezz’ora le avevano aggirate e si trovarono di fronte a un raggruppamento di alberi più fitti di quelli lì intorno. Proprio vicino a questo raggruppamento c’era un piccolo villaggio di capanne di paglia, in tutto una decina.Le cose per Aigbo e Gianfranco non andarono invece tanto bene come agli altri due loro compagni di viaggio. In realtà la jeep con l’altra compagnia di turisti impegnata nel safari si era allontanata dalla pista battuta per volere del capo comitiva per provare a visitare un angolo più selvaggio della savana. I due compagni di viaggio se ne accorsero dopo più di due ore di cammino sotto il sole, dopo le quali Gianfranco, meno forte fisicamente e molto più avanti con gli anni del ben più esperto accompagnatore africano. A malincuore dovettero concedersi una lunga pausa per riprendere le forze sotto la fiacca ombra di uno degli alberi che si erigevano dalla pianura, maledicendo di essere stati tanto avventati da lasciare la radio a casa: sarebbe stato così facile allora chiamare soccorso!Dopo aver dato fondo alle loro scarse provviste ripartirono con scarsa fiducia: Gianfranco si affidava completamente alla sua guida che lo guardava con occhio truce. Ormai, col passare delle ore, era diventato per lui solamente un peso e per di più, qualsiasi scelta avrebbe operato di lì in avanti, questa gli avrebbe comportato conseguenze negative. A meno che non ci fosse una felice e rapida conclusione a quella disavventura.Come nei film western, all’improvviso arrivarono i nostri alzando un polverone all’orizzonte e al suono non della tromba ma di un potente motore. Provenivano da una pista secondaria che loro avevano lasciato da parte quella mattina: Aigbo ma soprattutto Gianfranco si sbracciarono con tutte le loro forze per riuscire a farsi notare e ad attirare l’attenzione. Non fu difficile per l’autista individuarli nel piatto altopiano e meno di dieci minuti dopo erano già avviati in direzione del primo villaggio insieme ai loro nuovi compagni di viaggio. Si trattava di una coppia di tedeschi in vacanza come loro: Gianfranco vedendoli non poté fare a meno di pensare a lui e a Sabrina in un mesto sorriso. Herr Klaus era un cicciotto e bassetto bavarese, così atipico rispetto ai dettami della razza ariana dell’uomo alto, biondo e dagli occhi azzurri, molto colto da come ebbe occasione di scoprire, ormai ben oltre la sessantina e perciò una decina di anni più vecchio di lui. Christine era invece il prototipo della ragazza tedesca: vent’anni appena, alta un metro e ottanta, lunghi e fluenti capelli biondi, occhi di un grigio-azzurro glaciale, le allegre guance arrossate dal sole coperte di lentiggini e soprattutto, Gianfranco lo aveva notato tentando di distogliere gli occhi ma con un improvviso vuoto allo stomaco, un seno incredibile. La sua curva abbondante risaltava sulla camicetta beige e faceva capolino dalla scollatura, appena un bottone aperto sul suo meraviglioso decolté.Presto Gianfranco e Herr Klaus iniziarono a intrattenere un discorso piuttosto colto nel perfetto italiano che anche il tedesco parlava, per cui Christine rimase in disparte sul sedile posteriore, dall’altra parte rispetto a dov’era seduto Gianfranco. Il suo sguardo però continuava a cadere più o meno involontariamente sulle lunghe e tornite cosce della ragazza che s’allungavano dai suoi pantaloncini in tinta con la camicetta.Rialzando gli occhi per l’ennesima volta trovò quelli di lei insieme al suo sorriso: maliziosamente Christine si sbottonò la camicetta sul seno finché non fu completamente in vista il profondo solco che separava le sue grandi mammelle. Un minuto dopo costatò che fra le gambe di Gianfranco era spuntato d’un tratto un certo inconfondibile rigonfio e ne valutò le dimensioni con occhio critico.Kala fu onorato di comunicare alla sua ospite che quello si trattava di un gran giorno per il suo villaggio: il figlio del vecchio capo aveva raggiunto l’età adulta e lo aveva dimostrato con l’ancestrale prova, ora avrebbe preso il posto che fino ad allora era di suo padre e prima ancora dei suoi antenati. Quella sera ci sarebbe stato l’inizio della grande festa in suo onore, che si sarebbe protratta fino al plenilunio di lì a cinque giorni.Avere un ospite un tempo non era certamente di gradimento, ma ormai anche la loro tribù aveva subito l’influsso del mondo occidentale che nel corso degli anni era diventato sempre più pressante al punto che pochissime tribù potevano dirsi completamente immuni da esso. Poter ospitare una donna bianca, per di più così bella, era diventato invece ora un privilegio che fece molto piacere anche al giovane capo che volle conoscerla di persona prima che iniziassero i festeggiamenti. Quando il giovane le fu davanti Sabrina non poté fare a meno di fissare quel corpo possente e d’ebano, lucido, con i muscoli scolpiti, un minuscolo gonnellino a celare il suo sesso. Era molto più alto di lei nonostante la sua giovane età: poteva attribuirgli ventidue o ventitré anni ma sapeva, lo aveva scoperto in quei giorni, di com’era difficile indovinare la loro età. Sicuramente sembrava più maturo di quanto in realtà non fosse: se quella era la sua festa per diventare adulto poteva averne sui diciotto.Restò affascinata da quel corpo muscolo e dall’eleganza con cui lo muoveva, dal suo sguardo fiero che ebbe un attimo di sussulto nel guardarla. Non conosceva gli usi delle tribù di indigeni, si chiese se mai avesse sperimentato il caldo corpo di una donna e i piaceri del sesso. La sua mente iniziò a fantasticare all’improvviso, dimenticando la paura di essere dispersa in mezzo alla savana lontana chilometri e chilometri dalla civiltà: e se nella sua festa di elevazione a capo tribù ci fosse stata anche la sua iniziazione sessuale? E se la fortunata a fargli compiere quel salto fosse stata proprio lei? Si bagnò rapidamente immaginando quel nerbo di carne nero, lungo e duro, che la penetrava, per la prima volta nella vita di lui, e la stantuffava vigorosamente.Presto il sole cominciò a tramontare e, mentre le prime scintille scaturivano dalle pietre focaie sulle sterpaglie che presto sarebbero diventate fuoco, Sabrina si abbandonò alla magia dei canti rituali che s’innalzavano accompagnati da rudimentali tamburi. Abilmente alimentato nonostante la scarsità di legna, il fuoco s’innalzò in breve tempo illuminando appena i volti attorno a quel cerchio all’interno del quale, di tanto in tanto, si svolgevano danze agitate con svolazzi dei costumi rituali riccamente addobbati. Il cibo cominciò a girare, un cibo strano a cui lei non era abituata e che portò alla bocca solo per non offendere quella gente, ma lo fece con molta diffidenza. Non capì di cosa si trattava, ma sicuramente era qualcosa di gradevole che divorò famelicamente, insieme a della carne, si chiese se era d’antilope o di quale altro animale della savana, non ci teneva a saperlo. L’acqua passava di mano in mano su una rudimentale coppa, certamente non potevano conoscere i piaceri del vino: non ne beveva spesso, ma le piaceva sorseggiarlo nei pasti più lauti che lei e Gianfranco si concedevano.Mentre la conversazione fra i due uomini continuava su argomenti più o meno futili ma comunque di un certo interesse scientifico, Gianfranco e Christine continuarono a flirtare in silenzio, fra le sue provocanti e sensuali pose. Si lisciava la camicetta lungo le forme decise del suo seno, sbirciava all’interno di essa alzandone i bordi come a controllare che le sue giunoniche tette non fossero scappate, si carezzava le gambe dalle cosce ai polpacci con tocchi lievi e tentatori, si sistemava i calzoncini, passava le mani fra i suoi fluenti capelli, facendoli a tratti ricadere sulle spalle, unendoli in una coda di cavallo, raccogliendoseli sulla nuca.Ormai il tramonto rosseggiava a occidente, mancava meno di un’ora per arrivare al primo villaggio in cui avrebbe potuto dare l’allarme. Herr Klaus ormai era soddisfatto della conversazione col nuovo amico e desiderava riposare un po’: “Mi scusi, signor Abbieni, per me è stata una giornata dura e poi non sono più un ragazzino. Le dispiace se mi permetto di concedermi un pisolino?”.”Per niente, è stato fin troppo gentile nei miei confronti Herr Klaus, faccia pure” rispose cortese Gianfranco, notando che anche Aigbo, seduto nel piccolo bagagliaio, dormiva della grossa.Herr Klaus si sistemò così sul sedile e chiuse gli occhi, meno di cinque minuti dopo si sentiva già il suo leggero ma costante ronfare. Proprio in questo periodo di tempo Christine fece qualcosa che lasciò di sasso Gianfranco e che al tempo stesso gli fece avere una delle più poderose erezioni della sua vita. Stava sempre semidistesa sul sedile, ma la sua mano destra si era infilata sotto i pantaloncini movendosi in maniera inequivocabile. Appena notò il suo sguardo gli sorrise maliziosa, tolse la mano e si protese verso di lui: in quel movimento la camicetta si aprì rivelandogli per buona parte il suo seno prosperoso, mentre le sue dita passavano sotto il naso di Gianfranco. Egli aspirò l’inconfondibile fragranza di donna eccitata, ma solo per pochi secondi: la mano della giovane ragazza scese fra le sue labbra aperte per lo stupore offrendo alla sua bocca i suoi succhi segreti. Gianfranco s’affrettò a far sibilare la lingua sulle sue dita, raccogliendo l’umore che vi era depositato con un istantaneo guizzo al pene e alla bocca dello stomaco.Christine riportò le mani sul suo corpo, toccandosi i seni procaci e scivolando poi lentamente fra le sue gambe. Solo allora lui si rese conto che le sagome dei suoi grossi capezzoli spiccavano sulla leggera camicetta e si rese conto che non portava il reggiseno: lei si limitò a sorridere al suo sguardo inebetito mentre si accarezzava attraverso la stoffa dei pantaloni. Li sbottonò con lentezza, rivelando le mutandine di pizzo bianco: le sue mani andarono anche sotto queste, abbassandole un po’ perché i suoi movimenti fossero agevolati. Un ciuffetto dell’abbondante pelo pubico biondo fece capolino mentre lei riprendeva a masturbarsi con sapienza.”Vuoi che lo faccia io?” gli sussurrò a voce più bassa possibile Gianfranco con quel minimo di tedesco scolastico che aveva appreso durante i suoi studi.”Ma parli tedesco?” chiese Christine fermandosi all’istante sorpresa.”Un po’. Ma non molto”.Lei riprese a sorridere e si sbottonò completamente i pantaloncini abbassandoseli alle ginocchia insieme ai pantaloncini. Di fronte a lui gli si parò il suo abbondante e folto triangolo biondo con la luccicante fessura della sua micetta. Superato l’iniziale momento di estasi, Gianfranco trovò la lucidità per chiedere: “Ma se lui si sveglia?”.”Impossibile, ha il sonno molto pesante” lo rassicurò lei.”E l’autista?”.”Lui non vede e non sente niente” gli disse facendogli l’occhiolino. Probabilmente, pensò Gianfranco, anche a lui era riservata alla fine una porzione dello splendido pasto che stava ammirando.Si buttò con la testa su quello scrigno delizioso con tutta la dedizione di cui era capace: baciò dapprima quel folto pelo e poi le sue labbra umide, per dedicarsi con abile lavoro di lingua al suo sesso solo in seguito. Christine gemette piano, evidentemente gradiva quella pratica. Lo lasciò continuare a lungo tenendolo appoggiato con le mani su di sé, carezzandogli i capelli della nuca. Lui vagava con la lingua nella sua fessura, arrivava a lambire il clitoride duro come una piccola bacca, la passava sulle sue labbra. In tanti anni aveva acquisito una certa abilità in quella pratica e presto Christine se ne accorse e ne fu sorpresa: cercava più che altro un diversivo in una situazione stuzzicante e di pericolo, non sperava lontanamente in tanta abilità da parte sua nel sesso orale. Certamente non era bello né affascinante ma ad attrarla era stata più la trasgressione e il momento insolito, con la vicinanza di suo marito e il pericolo di essere scoperti, che l’uomo che aveva fra le sue gambe di cui però ora non poteva che dirsi soddisfatta. Avvertiva chiaramente l’orgasmo avvicinarsi a passi inarrestabili e quasi per il timore che lui si fermasse lo strinse contro di sé con le mani ancor più forte.La lingua di Gianfranco continuò a insinuarsi nella sua vagina e a ritrarsi lambendo ogni volta il suo sensibile ed infuocato clitoride, ogni volta regalandole fremiti di piacere che infine andarono a fondersi e amplificarsi nell’estasi dei sensi. Christine chiuse gli occhi e ansimò cercando di reprimere l’urlo che le nasceva in gola: dalla sua bocca spalancata uscì un roco mugolio sempre più rapido mentre l’orgasmo la prendeva con lunghi sussulti di piacere.Quando li riaprì si ritrovò riversa sul sedile, col sedere scivolata fino al bordo, le gambe aperte e un dolce pizzicore fra le gambe: guardò lui, seduto al suo fianco che la guardava perplesso, senza ancora ben capire quello che gli era appena successo. Christine invece lo comprendeva bene, proprio lì aveva voluto arrivare e ora si sentiva quanto meno in dovere di ricambiarlo con la stessa moneta, se lo meritava per come aveva saputo abilmente portarla a quell’orgasmo che da tanto tempo suo marito non riusciva più a regalarle.Si risistemò i pantaloncini e le mutandine sotto i suoi occhi sempre fuori dalle orbite, poi si chinò in avanti verso di lui che si abbandonò, emozionato ma già più rilassato, contro lo schienale. Fissandolo negli occhi con il suo sguardo apparentemente ingenuo le sue dita armeggiarono con la chiusura dei suoi pantaloni in maniera esasperatamente lenta: aprì il bottone, fece scendere la lampo, sfiorò l’erezione con le sole nocche delle dita, poi la carezzò con i polpastrelli e solo allora gli concesse la stretta del suo palmo attraverso il tessuto. La mano sinistra intanto si infilò lentamente sotto l’elastico dei suoi boxer e, dopo mille tentennamenti, l’abbassò lasciando guizzare fuori l’asta. Christine lo valutò rapidamente con occhio clinico: pur avendo solo vent’anni, prima di sposarsi con Herr Klaus aveva fatto man bassa di giovanotti al suo paese e acquisito così una certa esperienza sull’argomento. Non si trattava certo di un cazzo ragguardevole, tutt’altro, una quindicina di centimetri scarsa, nemmeno poi così grosso, ma sapeva di come fossero spesso ininfluenti le dimensioni. C’era un ragazzo con cui faceva l’amore a sedici anni, un certo Günther, non l’aveva più lungo di dodici centimetri, spesso si era divertita a misurarglielo maliziosamente con un righello, ma come la faceva urlare nei campi intorno al suo paese quando facevano l’amore!Ricordando quel suo giovane amore le sue dita danzarono sapientemente sulla sua asta dura, percorrendola dalla base e più giù, dalla sacca dei suoi testicoli racchiusi fra l’elastico dei boxer e il suo pene, fino a poco sotto il suo glande gonfio. Lo evitò a lungo, pazientemente e in modo sistematico, rischiandolo di farlo impazzire e far scattare in lui la molla che l’avrebbe fatta riversare sul sedile aprendole di forza le gambe cercando la sua fighetta ancora calda. Fortunatamente riuscì a trattenersi in quell’istinto animalesco e non tardò molto che le dita di lei arrivarono a toccarlo anche là: Christine bevve avidamente il gemito lieve che uscì dalle sue labbra socchiuse.A quel punto si decise a concedergli di più, stringendogli le dita agili ed esperte intorno alla sua asta e cominciando a maneggiarlo come faceva le prime volte che si appartava nel parco della sua città con un ragazzo. Gianfranco sospirò a quel tocco leggero e danzante, non avrebbe mai immaginato di eccitarsi tanto solo per una così leggera stimolazione: sentiva lo sperma salirgli all’interno del cazzo pronto a fuoriuscire violentemente se solo lei l’avesse stimolato in maniera più decisa. Gli sembrava di essere tornato un ragazzino alle prime armi, e invece era se non un navigato almeno un esperto uomo di mezz’età.Fu come se lei gli avesse letto nel pensiero: i suoi occhi lo fissarono per qualche istante, amicò alzando le sopraciglie in maniera sensuale e poi si passò la lingua sulle labbra lasciando presagire chissà quali meraviglie. Lui spalancò gli occhi esterrefatto mentre Christine sbottonava altri due bottoni della sua già ben aperta camicetta e, scostandone i lembi, gli mostrò le sue tettone tonde e sode sormontate dai grossi capezzoli chiari ed eretti.Non gli concesse a lungo quella visione da sogno del suo seno giunonico degno di una diva poiché dopo pochi istanti lei si piegò in avanti su di lui: fu un momento da capogiro per Gianfranco quello in cui avvertì la punta della lingua della ragazza guizzare rapida sul suo glande dalla pelle tesa. Fu rapidissimo e molto intenso, lui non fece nemmeno tempo a rendersene conto che già la sua lingua sfrecciava di nuovo, più volte: Gianfranco era talmente eccitato da quell’improvvisa situazione che cominciò a venirle in bocca. Christine accolse con sorpresa il suo primo fiotto, così come il secondo: lasciò poi scorrere il suo pene duro pulsante che riversava il seme denso lungo il suo mento fin giù fra i suoi grossi seni dove gocciolò a lungo sussultando.Gianfranco si sorprese di come era riuscito a spegnerlo l’urlo di piacere prima ancora che gli uscisse dalla gola: forse mai aveva provato qualcosa del genere in intensità e sconvolgimento, un orgasmo rapidissimo per come era giunto ma sicuramente fra i migliori della sua vita. Guardò quella splendida ragazza che teneva le mani sui suoi fianchi e lo sguardo alzati a lui mentre il suo cazzo ancora semiduro era adagiata sui suoi seni bagnati dallo sperma che le aveva schizzato addosso. Christine sorrise con la solita malizia e si ripulì una goccia che iniziava a scenderle dal mento col dorso della mano, poi, senza cercare di fare nulla di più per risistemarsi, si richiuse la camicetta riabbottonandosela con calma. Infine glielo riprese in mano e si abbassò ancora a prenderglielo fra le labbra, leccandogli via con cura ogni residuo di sperma, poi lo riaffilò alla protezione dei suoi calzoni richiudendo la lampo.Le danze continuarono per qualche ora nella notte, finché la luna piena non fu alta sull’orizzonte. Eppure la forza delle loro voci non si era calmata affatto, il ritmare dei tamburi era ora più violento che mai: Sabrina pensò che ormai la festa fosse arrivata al culmine e si aspettava qualcosa di straordinario. L’evento accadde, non nel tono stupefacente che lei si immaginava, ma comunque in maniera sorprendente: all’improvviso nel mezzo del cerchio fece la sua comparsa una figura femminile che si muoveva sinuosamente al ritmo indiavolato dei tamburi, scattando felina intorno al fuoco ora leggermente più basso e meno luminoso che in precedenza. Quasi subito Sabrina si rese conto della nudità di quella giovane ragazza d’ebano dai lunghi capelli ricci che le ricadevano svolazzando sulle spalle, i suoi seni giovani e tondi sobbalzavano stuzzicanti, anche i suoi glutei rilucevano al tenue fuoco completamente nudi: il gonnellino di paglia le ricopriva a malapena i riccioli neri e folti del suo pube.Sabrina, pur non essendo mai stata per nulla attirata da una donna, non poté che costatarne la straordinaria bellezza, l’armonia e la perfezione di quel corpo dalle caviglie fine, le braccia esili, le cosce tornite, la vita stretta. Indubbiamente era una delle più belle ragazze che avesse mai visto, una bellezza particolare ed estremamente sensuale che le accese un certo desiderio fra le gambe, data anche l’atmosfera erotica che non solo la danza, ma anche la musica, aveva creato. Non si era mai eccitata guardando una ragazza, tanto meno una ragazza nuda che si dimenava al ritmo di una musica tribale, ma non riuscì a far altro che costatarlo e stupirsene: eppure sentiva di desiderare il tocco e il corpo di uomo.”Chi è quella?” chiese a Kala che era seduto al suo fianco e osservava interessato la scena accompagnandola col canto della sua voce in una lingua a Sabrina incomprensibile.”Suo nome Kone, fidanzata di giovane capo. Questa è danza di amore: giovane capo diventa uomo e stanotte amore fra loro”.Nonostante la povertà di linguaggio del ragazzo Sabrina comprese che i due avrebbero fatto l’amore e si ritrovò nuovamente bagnata là sotto: c’erano mille ragioni perché lo fosse, dall’atmosfera alla sensazione di essere isolati nella desolata savana, alla profonda sensualità di quella danza, all’idea che i due giovani avrebbero finalmente dato fondo ai loro istinti in una lunga notte d’amore. Distrattamente si passò fra le gambe la punta delle dita carezzandosi delicatamente sull’inguine: una fitta di piacere partì dalla punta dei suoi polpastrelli diffondendosi nel suo corpo; dovette mordersi le labbra per l’emozione improvvisa. Non si rese conto che Kala la stava guardando ed aveva colto il suo gesto così intimo: la sua voce all’orecchio la fece sussultare.”Tu vuoi partecipare a notte di capo e Kone?” chiese semplicemente Kala.Sabrina lo guardò esterrefatta ed estremamente imbarazzata non solo perché la aveva scoperta nel toccarsi ma anche per l’invito così poco cauto. Quando si accorse del suo sguardo smarrito Kala capì che la tradizione della sua tribù era molto lontana da quella della gente occidentale di cui faceva parte anche la ragazza che gli stava davanti.”Grande onore per giovani amanti avere ospite in loro letto” continuò cercando di spiegare.”Ma no, Kala…” obiettò timidamente Sabrina.”Sì, signora, grande onore per capo dividere letto con ospite. Ospite è sacro!” disse con maggior forza il ragazzo mentre la musica e la danza si chetavano. Il silenzio calò sul cerchio, già qualcuno si stava allontanando in silenzio e con riguardo quando Kala si alzò in piedi e disse alcune frasi ad alta voce nella sua lingua. Tutti, anche chi ormai era già lontano qualche passo, si fermarono ad ascoltarlo senza osare muovere un muscolo. La sua voce era ferma e decisa, non vibrava d’emozione né tuttavia rivelava malumore o scontento, oppure sembrava il suo un tono di comando.Appena ebbe finito Kone si avvicinò a loro e tese la mano a Sabrina sorridendo, aiutandola a rialzarsi. Poco discosto il giovane che presto sarebbe stato capo di quella tribù li osservava sorridendo contento a braccia conserte, approvando chiaramente quanto stava facendo la ragazza sua futura sposa e amante di quella notte.Sabrina cedette alle evidenti insistenze dei due giovani e sotto lo sguardo compiacente dei vecchi della tribù li seguì all’interno di una capanna illuminata da una rudimentale lucerna. Guardò Kone e rimase ancora sorpresa dai suoi tratti dolci e sensuali, le curve perfette dei suoi giovani seni e dei suoi fianchi, i suoi fluenti capelli. Varcata la soglia lei e il ragazzo si baciarono sensualmente e subito l’uomo andò a baciare anche lei, stringendola fra le sue braccia possenti e cercando di iniziare a spogliarla. Sabrina si vede costretta a mostrare loro, così poco avvezzi agli abiti dalla foggia occidentale, come si dovesse aprire la sua camicetta sbottonando i primi bottoni. I due giovani keniani la imitarono subito molto curiosi e desiderosi di vedere il suo corpo nudo, ma rimasero sorpresi nel vedere quella strana fascia intorno ai suoi seni che era il reggiseno: la ragazza italiana si portò rapidamente le mani dietro la schiena slacciandoselo per poi sfilarselo. Appena fu nuda i due si fermarono ad ammirarne i seni a forma di pera dai capezzoli appuntiti ed eretti: fu lui ad allungare la mano a sfiorarglieli dolcemente con il sorriso da parte di Sabrina. Un minuto dopo era inginocchiato davanti a lei e aveva preso quel capezzolo fra le labbra succhiando con decisione, lo stesso aveva fatto anche la sua compagna al suo fianco: Sabrina non credeva a quello che stava succedendo, aveva due persone che la stavano accedendo di piacere leccandole le tette! Fare sesso con un uomo e una donna insieme sarebbe stata un’esperienza incredibile, eccezionale, come nessun’altra nella sua vita; qualcosa di incredibilmente eccitante e di trasgressivo. E per lei la trasgressione era stato fino a quel momento qualcosa di quasi completamente sconosciuto.Il sottile piacere che quello stuzzicante stimolo le regala la infiammò ancor più, per cui si aprì i pantaloncini iniziando a sfilarseli da sotto in qualche maniera: quando se ne accorse il ragazzo volle finire di spogliarla personalmente. Kone si spostò mentre lui, dopo averla baciata sul ventre piatto e sodo, abbassò le mutandine lentamente fissandole a occhi sbarrati il cespuglio di morbidi peli neri che le ricopriva il pube. La sua lingua guizzò rapida, all’improvviso, su quell’intrico leggero e lentamente scese verso il basso dove lei ormai cominciava a gocciolare sullo strato di stuoie che ricopriva completamente il pavimento della capanna. Finché lui la leccava fra le gambe facendola gemere sommessamente, l’altra ragazza l’abbracciò da dietro strofinandosi contro la sua schiena possente e bisbigliandogli parole sicuramente erotiche all’orecchio. Ad un certo punto lui si sollevò da Sabrina girandosi verso la promessa sposa e annuendo con un cenno del capo: Kone allora si rialzò e, guidandola nei movimenti, nonostante la completa incompatibilità di lingua, fece capire che volevano si mettesse a carponi. Sabrina ubbidì senza problemi e attese le loro mosse che non tardarono a giungere: Kone prese a sfiorarla là sotto fra le labbra con le dita, sfiorandola leggermente all’inizio, per poi arrivare a toccarle lievemente il clitoride e a penetrarla con le dita in maniera lenta e stuzzicante.Pochi secondi dopo il ragazzo si fece vicino a lei, mostrandole il pene svettante e duro: la giovane lo guardo con un attimo di sorpresa ma sorridendogli presto contenta e, pur continuando a toccare Sabrina, lo prese nell’altra mano. Palmo e dita si strinsero sulla lunga asta e cominciarono un movimento molto vicino alla masturbazione che già da tempo praticavano dal momento che la tradizione proibiva loro ogni rapporto sessuale fino a quel tanto atteso momento. Kone passava la sguardo la micetta gocciolante della ragazza al suo viso segnato da una smorfia di piacere al sesso lucido e al viso stupendo del suo ragazzo.Fu proprio lei a guidare quel sesso lungo come mai quella ragazza bianca ne aveva visti prima e proporzionalmente grosso alla fighetta di lei: sia Kone sia lui si sentivano estremamente onorati di poter dividere la loro prima notte d’amore e di passione con l’ospite di passaggio, per di più trattandosi di una bella ragazza bianca. Con una rapida mossa tirò indietro la pelle dal suo glande e lo appoggiò, completamente scoperchiato, fra le labbra luccicanti d’umori di lei: bastò che lui si muovesse appena con i fianchi per entrare in lei e cominciare a fare l’amore nel senso vero della parola per la prima volta nella sua vita. Non voleva né forzarla né farle male, ma sentì il suo possente nerbo di carne scivolarle dentro fino in fondo: era stretta ma accogliente come nient’altro al mondo, le sue passate esperienze erotiche erano niente rispetto a quella che si stava prefigurando fra lui e quella splendida ragazza bianca che Kala aveva portato al campo. Probabilmente apposta per lui per allietargli quel gran giorno.Si ritrasse da lei per tornare ad affondare nel suo meraviglioso scrigno e cercando di trovare la posizione più comoda dietro di lei, stando in ginocchio. Kone non li aveva abbandonati nemmeno in un momento così intimo ma ancora stava vicino a loro: lo baciò stando al suo fianco e mentre una mano gli carezzava il petto muscoloso e compatto l’altra era scesa a palpargli il culo sodo. Poi la sua mano sinistra passò dal suo petto al fianco di lei, carezzandolo lievemente mentre Sabrina cominciava a rispondere alle sue penetrazioni movendo timidamente il bacino incontro a quel grosso arnese che le sembrava stesse riempiendola come nient’altro al mondo avrebbe potuto fare. Ma in vita sua si era sentita tanto riempita e stimolata in vagina, il cazzo di Gianfranco al confronto le faceva il solletico appena. Gianfranco! Se ne ricordò all’improvviso in un attimo di panico e fu assalita da rimorsi e sensi di colpa… lo stava tradendo, per la prima volta in vita sua stava facendo sesso con un altro uomo dopo aver promesso di rinunciarvi! E non con uno dei tanti uomini che la corteggiavano o da cui si sentiva attratta, ma un ragazzo keniano nel bel mezzo della savana. Un ragazzo sicuramente più giovane di lei, che fino a poche ore prima non aveva mai neppure visto, e che ugualmente la stava facendo godere come mai le era successo prima, nemmeno in quella sconvolgente notte di nozze in cui aveva perso la verginità.Presto i suoi pensieri furono calamitati dal piacere che proprio quel giovane cazzo le stava regalando, mettendo per un po’ da parte Gianfranco e i suoi pur fievoli rimorsi che solo in seguito sarebbero riemersi vigorosi. In breve i loro corpi si muovevano all’unisono, lui la penetrava a un ritmo lento ma in maniera decisa e così rispondeva lei: con calma ma accentuando ogni singolo movimenti del suo bacino. Sentiva ogni nervo della sua vagina cantare di piacere dando nel complesso una straordinaria sinfonia completamente nuova, il suo clitoride a ogni tocco era solleticato magistralmente, regalandole brividi che la scuotevano.Kone abbandonò un attimo i due e si risistemò dietro di loro, inginocchiandosi alle spalle del ragazzo. Iniziò anche lei una danza di lussuria: strofinò il suo pube dall’ampio cespuglietto peloso sul sedere massiccio di lui che si muoveva ritmicamente, gli cinse il petto con le braccia baciandogli i possenti muscoli delle spalle e del collo. La sua lingua dardeggiò poi lungo tutta la sua schiena mentre si allontanava da lui retrocedendo: arrivò al solco fra le natiche nel quale si fece strada fino ad arrivare a toccare il suo buchetto. Indugiò un attimo a leccargli l’ano mentre sul suo volto si dipingeva un’espressione deliziata e il suo corpo affondava maggiormente in Sabrina.La giovane africana però non si soffermò a lungo e continuò con i suoi tocchi deliziosi, la lingua come un silenzioso serpente proseguì sul suo corpo fino ad arrivare ai coglioni titillanti per il movimento dei due e anche a loro dedicò qualche estasiante leccata. A questo punto era pronta per regalare loro il gran finale: si distese di schiena, rialzata con la testa poiché si puntava a terra con i gomiti. Il suo grazioso viso era proprio davanti ai loro sessi in movimento: Kone allungò la lingua a sfiorare l’asta del membro che entrava e usciva nella vagina di Sabrina, leccando via i suoi succhi. Giocherellò a lungo con il suo cazzo durissimo, poi si dedicò anche alla ragazza italiana, le stuzzicò le labbra fino a riuscire a entrare in lei con la punta della lingua.Sabrina si rese immediatamente conto di cosa stesse facendo Kone fin dal momento in cui aveva iniziato a leccare il cazzo al ragazzo e ne era rimasta stupefatta. Forse anche leggermente scandalizzata ma principalmente eccitata ancor più, se ciò era possibile nella sua situazione. Bastò che la sua lingua la toccasse la prima volta per cominciare a venire, un primo violento orgasmo che passò rapidamente. Ne seguì rapidamente un altro, altrettanto intenso e più lungo, quando quella lingua, continuando a toccarla, si era infilata dentro di lei insieme al cazzo del ragazzo. Quando finalmente giunse a lambirle la bocca turgida del clitoride esplose tutto quel piacere che ancora tratteneva dentro: vampate intensissime di godimento le si diffondevano da in mezzo le sue gambe al ventre, alle cosce, al sedere, a tutto il resto del corpo.Aveva gli occhi sbarrati sulla parete della capanna ma non vedeva null’altro che piacere e orgasmi: sentì lui distendersi sulla schiena di lei e aderire completamente al suo corpo e ciò la fece venire ancora mentre si rese conto che la sua voce stava urlando fortissimo. Voleva smettere, tacere, lottò qualche istante per farlo, ma non ci riuscì, per cui si abbandonò a quelle sensazioni mai provate prima.Ora Kone si era abbandonata sulla schiena e le sue mani erano andate a stringere i glutei muscolosi di lui, guidandolo nel movimento dei suoi affondi, cercando di regalare anche a lui un piacere indimenticabile la prima volta che faceva sesso con una donna. Il ragazzo però non desiderava affatto venire dentro Sabrina, ma, pur onorato della sua presenza e della sua disponibilità, voleva condividere il suo orgasmo con quella che sarebbe divenuta presto la sua sposa. Si ritrasse così da Sabrina e si ritrovò col cazzo proprio sopra di Kone, davanti alla sua bocca: non era però quello che aveva in mente. Si mise inginocchiato sopra di lei un po’ più indietro, con le ginocchia parte per parte dei suoi fianchi: non poté far niente altro perché subito le agili mani della ragazza circondarono il suo grosso cazzo bagnata dagli umori di Sabrina e lo carezzarono in maniera irresistibile mentre i loro sguardi innamorati si incrociavano. Il ragazzo schiuse le labbra cominciando ad ansimare e dalla punta del suo pene, da lì a pochi secondi, eruttò un primo schizzo di liquido biancastra. Il suo sperma fiottò violentemente e a lungo col sottofondo del suo gemito roco: il ventre e i seni di Kone furono ricoperti, qualche grossa goccia arrivò anche al suo viso, ai suoi capelli, e pure Sabrina avvertì la sensazione di bagnato in qualche parte sulle gambe.
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