Erano le cinque del pomeriggio. Sabrina aveva detto alla madre che sarebbe andata in giro per negozi in cerca di un nuovo jeans e si era chiusa la porta alle spalle. Antonio, il suo ragazzo – un compagno di classe più grande di lei di soli cinque mesi – era rimasto a dormire nella sua stanza. Al rientro da scuola (frequentavano l’ultimo anno del liceo) l’aveva accompagnata a casa e, come accadeva spesso, si era fermato a pranzare da loro. Solo che quel giorno erano rabbuiati. Finito di magiare, si erano chiusi in stanza e lei aveva cercato di tranquillizzarlo: “vedrai che una soluzione si trova.” Antonio non era dello stesso avviso: “se non gli porto 100 euro domani quello mi spezza un braccio… ed io non posso chiederli a mio padre. Se viene a sapere che scommetto ancora mi toglie la macchina.” Nemmeno lei aveva una somma simile. Erano rimasti in silenzio a lungo, distesi sul letto. Poi, la sua mano era scesa in cerca dei bottoni dei pantaloni. Se proprio non poteva aiutarlo, almeno lo avrebbe fatto rilassare un po’. Ed era riuscita nel suo intento. Augurandosi che la madre non decidesse di rinunciare al telefilm preferito, aveva infilato le dita sotto gli slip, afferrando il coso che conosceva da un po’ di tempo per liberarlo dagli indumenti. Antonio era rimasto in silenzio mentre lei lo aveva masturbato amorevolmente. Una mano saliva e scendeva lentamente, mentre le unghia dell’altra giocavano con la punta e con i testicoli. Poi, la bocca si era sostituita alle carezze sino a che non era stata invasa dal succo dolciastro. A Sabrina non piaceva. Non le era piaciuto sin dalla prima volta e – appena capiva che non ce n’era più – si staccava per sputarlo a terra o su una mano, ma quella volta lo aveva ingoiato. Stavano insieme da quando frequentavano il secondo liceo. Con Antonio c’erano stati il primo bacio e le prime scaramucce sessuali fatte di toccatine e di mani sotto i pullover ad accarezzarle il seno. Poi, aveva conosciuto l’orgasmo grazie alle mani del ragazzo, mentre le sue stringevano un organo maschile in erezione, muovendolo sino a farlo eiaculare. Alle mani si erano aggiunte le loro bocche e le loro lingue, ma non erano mai andati oltre. Dopo averlo ricomposto, gli era rimasta accanto rimuginando su come fare, mentre lui si assopiva. L’idea era scattata improvvisa come una lampadina accesa. Benché raccapricciante, le era sembrata ottima. Quante volte, incrociandole per la strada, aveva riso di loro col suo ragazzo e con i suoi amici? Ora, sarebbe stata la soluzione per le loro preoccupazioni. Si era cambiata ed era scesa. Giunta in strada, era salita sulla macchina di Antonio, una smart gialla, aveva avviato il motore e si era diretta verso la periferia. Lì sarebbe stato più facile. Venti minuti dopo le ultime case dell’abitato erano rimaste dietro di sè. Aveva percorso altri due chilometri prima di accostare la macchina. In quel tratto c’era un breve marciapiede, era perfetto! Dopo un sospiro lungo un minuto, era scesa allontanandosi di una decina di metri. Non aveva dovuto attendere troppo. Che cosa facesse una donna lì era fin troppo chiaro, anche se pochi, se non nessuno, avrebbero potuto capire che non era una professionista. La macchina, una rover, le si era fermata accanto. Il finestrino di destra era stato abbassato a metà ed un volto in penombra aveva fatto capolino. “Quanto?” Le mancava la voce e tremava come una foglia, ma l’amore verso il suo ragazzo le aveva dato la forza di rispondere. “100” “100? Sono troppi!” Che delusione. Ora sarebbe dovute rimanere ancora in quel posto con la paura di essere vista da qualcuno che la conosceva. Come mai non lo aveva pensato prima? “Quant…. Quanto vuole spendere?” “COSA??? Ma non è mai successa una cosa simile????” Con la penombra non riusciva a vedere bene il viso dell’uomo con cui stava contrattando. Era per amore – si diceva – e … doveva avere quei soldi. “Ehi! Dico a te! Che cazzo significa quanto voglio spendere? Non sarai mica malata?” “No! No! Io … io ho bisogno…” Per due minuti l’uomo era rimasto in silenzio, mantenendo la macchina col motore acceso. Lei era rimasta ferma a un metro dallo sportello di destra. Si sentiva un blocco di ghiaccio. “Uhmm! Guardandoti non mi sembri bisognosa di soldi. Com’è che batti? Ti droghi?” “Nooooooo!! Io… io… Insomma, vuole che salga, oppure no? Mi fa perdere gli altri. Se c’è lei non si ferma nessuno.” “Una battona che mi da del lei. Non c’è più mondo!! Cento euro non li ho, però. Sali per 50.” E le aveva aperto lo sportello. 50 Euro! Forse era quello il prezzo. Sarebbe dovuta rimanere più a lungo per trovare un altro che le desse la differenza di cui aveva bisogno il suo ragazzo. Era meglio sbrigarsi! Come un automa era salita sull’auto, accompagnata da un fischio di ammirazione. “E’ la mia giornata fortunata. Sei proprio bella. Ma quanti anni hai, ragazza. Mica sei minorenne? Io non voglio seccature con i poliziotti!” Ora lo vedeva. Un uomo sui trentacinque/quaranta, affatto rozzo, la stava scrutando con gli occhi investigativi e preoccupati.. Si era sentita avvampare le guance per la vergogna. “dic… diciotto.” Quello era rimasto zitto. Una mano era scesa sul suo ginocchio. Risalendo lungo la gamba aveva portato con sé il lembo della gonna sino a raggiungere il bordo delle mutandine, bianche e caste. L’uomo era rimasto a guardarle le cosce a lungo, senza spostare la mano da sopra l’indumento intimo. Poi era sbottato: “cazzo! Ragazza se non hai un documento ti faccio scendere. Sei proprio bella, ma io mica sono scemo.” “COSA??” aveva chiesto. Perché era tutto così complicato? “hai con te una carta d’identità? Oppure scendi di corsa da questa macchina.” Voleva un documento!! Avrebbe saputo chi era, dove abitava. E se non glielo dava? Doveva scendere, questo era sicuro. I soldi, però, le servivano. Aveva preso la patente dallo zainetto, porgendola all’uomo. Quello si era fatto luce con l’accendino. “Uhmmm! Sabrina D…., nata il 19 Aprile 1985. Maggiorenne!!” Si era girato verso di lei, “dove vuoi che vada?” “Scusi??” “Oh cazzo!! Ma non sei di questa zona?” “No!” “Va bene. Faccio io.” L’auto si era mossa. Dopo avere percorso non più di cinquecento metri, aveva svoltato in una piccola traversa, posta tra due edifici che sembravano due industrie chiuse. Poi, si era fermato in un angolo. Il buio era pesto. “Ok! Ragazza, ecco i 50. Datti da fare. Tutto quel parlare me lo ha fatto diventare duro come il marmo.” Il momento era arrivato!! Lo avrebbe fatto per Antonio, solo per il suo amore – si ripeteva – Intanto, l’uomo aveva calato la spalliera del suo sedile e aspettava, disteso. Le sue mani erano corse ai pantaloni. “Mi devo sbrigare”, si diceva, “non pensare a quello che fai e sbrigati”. Aveva davanti agli occhi un cazzo lungo, lucido di umori. Lo teneva stretto in una mano. “Amore perdonami, lo faccio per te.” Le parole le scorrevano dentro la testa quando la mano dell’uomo si era appoggiata sulla nuca, spingendola in basso. Il maschio l’aveva tenuta schiacciata sul suo pene (ma senza farle male), per un bel po’. Lei succhiava e risucchiava, sperando che finisse presto, ma quello non era dello stesso avviso. La ragazza aveva percepito una mano scivolarle su una gamba e risalire presto sino a raggiungere le mutandine, ma questa volta non si era fermata. Un dito era sceso sotto il bordo e l’aveva penetrata un po’. Lei si era staccata dal pene che succhiava. “No! No! Che fa!!” La mano libera dell’uomo l’aveva spinta di nuovo in basso. “Come che faccio? Ho pagato e mi prendo quello che mi spetta.” Il dito si era spinto più su. “Tu succhia, ma non farmi venire subito.” Sabrina aveva continuato a succhiare come le era stato ordinato. Il tono di voce dell’uomo l’aveva intimorita.”Mamma!! Che sto combinando?? Con chi sono? E se vuole farmi male??” Aveva paura e, per evitare che quello si arrabbiasse, inconsapevolmente, aveva iniziato a fare tutto quello che le diceva. “Allarga le gambe. Così brava… Ora staccati. Basta succhiarmi!!” L’aveva fatta rialzare e, subito, aveva abbassato lo schienale del suo sedile, spostandosi sopra di lei. “Ma che …. che vuole fare???” “Cosa vuoi che faccia? Hai diciotto anni, sei bella, ti ho pagato una cifra. Ora ti scopo e me ne vengo dentro la tua gnocchetta ancora fresca di gioventù. Anche se .. chissà quanti ne ha già gustati?” Sentiva il peso dell’uomo sopra di lei. La stava schiacciando. “No! No!… Si fermi!! Io non l’ho mai fatto!!” Nemmeno gli avessero puntato una pistola tra le scapole! L’uomo si era sentito tramortito da quelle parole. “Cosa!!” Era tornato al suo posto. Aveva rialzato la spalliera e, benché con le braghe calate, aveva cercato di darsi un contegno. “Ragazza, cos’è questa storia?” Lei gli aveva spiegato tutto. Dal vizio del suo ragazzo all’idea che aveva avuto per aiutarlo. “e lui lo sa dove sei?” “No!” “ma ti rendi conto?…. ma che situazione…” “Per piacere non dica nulla ai miei. Se vuole le do i soldi indietro…” “Ma no! Che dici?? E che …. Oh Cazzo!! Che ne potevo sapere che non eri una battona…” “Io… se vuole, può lasciarmi dove mi ha fatto salire. Qui ho paura di scendere.”, ma quello non si era mosso. I minuti passavano senza che nessuno dei due superasse il momento. Era stata lei a parlare. “Signore, mi scusi, ma se si fa troppo tardi a casa si preoccupano. Non vorrei che venissero a cercarmi. Potrebbero vedere la macchina.” “Ah! Sei in macchina? Ora ti accompagno. Si! E’ meglio.” Quando lo aveva visto avviare il motore ed ingranare la retromarcia aveva tirato un sospiro di sollievo. Era una brava persona, alla fin fine, anche se col vizio delle puttane. Boh! Non era affare suo. “ma lei è sposato?” Le parole le erano uscite dalla bocca. senza controllo. Quello aveva piantato i freni, spegnendo l’auto. “A te cosa interessa?” “Mi scusi… io … io non volevo. Non so come…” “Ascoltami… Come hai detto di chiamarti? Sabrina? Si, Sabrina. Sono sposato. Allora? Anche tu hai il tuo ragazzo, eppure sei qui con me.” “ma io lo faccio per lui. Lei invece…” “Io, invece, cosa? Oh, cazzo! Hai ragione, ragazza, ma non resisto. Se non scopo sto male.” “Boh! Non sono cose che mi riguardano. Mi accompagna, per piacere.” “Io ti riaccompagno, ma tu che fai? Con i cinquanta che ti ho dato io non risolvi i problemi del tuo ragazzo.” “Lo so.” “Ti fermi lì?” “Penso… si. Devo.” “Vuoi che rimanga a controllare? … Mi nascondo qui e tu lo porti in quest’angolo. Così, se è un poco di buono, ti aiuto.” “Non… non sarebbe male. Grazie.” Quindici minuti dopo, l’uomo, assolutamente invisibile, nascosto tra un mucchio di rifiuti ingombranti a non più di tre metri dall’auto che si era fermata nello stesso angolo in cui era stata la sua macchina, guardava col cazzo duro Sabrina che succhiava la mazza di un giovane che, per com’era vestito, doveva essere un operaio appena smontato dal lavoro. Le era venuto in bocca quasi subito e l’esclamazione di rabbia era giunta sino al suo nascondiglio. “Stronza!! Mi hai fatto schizzare subito…. Oh! Per due minuti io non te li do 50 euro. Tieni, 10 bastano. Scendi… scendi..” Prima che lui potesse intervenire, aveva visto scaricare la ragazza a terra e l’auto ripartire a schizzo. Le si era avvicinato, era sconsolata. “Io… io come faccio?? Quanto deve continuare questa cosa?” L’aveva abbracciata a sé. “Forse una soluzione ci sarebbe.” Le aveva spiegato quel che pensava di fare. Poco dopo era con cellulare all’orecchio, alla sua terza telefonata. “Si, Paolo. Ti garantisco che ne vale la pena. Saranno i cento euro meglio spesi da te.” Erano le otto e dieci quando Sabrina aveva fatto ritorno a casa. Antonio si era alzato da chissà quanto. Aveva il broncio. “Io ho i miei problemi e tu te ne vai per negozi. Che stronza!!” “Veramente sono andata in giro per cercare i soldi. Ecco.” Gli parlava mentre gli porgeva una banconota di cento euro. “ma come… le amiche.” Sorrideva vedendo il suo amore sorridente. Ma era contenta pensando anche ai duecentosessanta euro rimasti nella borsa ed a quelli che i quattro signori, tutti distinti e belli, le avevano promesso per gli incontri futuri. Per non parlare dell’assegno di cinquemila euro che le aveva fatto il suo nuovo tutore. “Te lo do adesso, ma promettimi che sarò il primo con cui lo farai.”
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