Non pensavo di avere ancora molte esperienze da fare, alla mia età.Ero arrivato a sessantacinque anni e ne ero fiero, la vita mi aveva regalato molte gioie ma anche molti dolori, e adesso la vecchiaia non mi pesava affatto, anzi ero felice di godermi un’esistenza tranquilla.Mia moglie mi aveva lasciato già da alcuni anni e io vivevo da solo nella mia monotona e rilassante quotidianità.Poi arrivò Maria.Aveva solo 18 anni, un viso da bambina imbronciata e due grandi occhi neri. Mi disse che sua madre era peruviana ma di suo padre non aveva mai saputo niente. Le avevano raccontato che lei era stata il frutto di una violenza, ma sua madre si era sempre rifiutata di parlarne.Mentre la osservavo pensai che il padre dovesse essere stato un europeo, ceppo latino, lo dedussi dalla costituzione della ragazza: non molto alta, capelli neri e un corpo robusto, tendente al sovrappeso.Meglio così: la stavo assumendo, a seguito di un’inserzione, come domestica e avevo bisogno di una persona dalla corporatura robusta, i lavori di casa possono essere a volte molto pesanti…Maria si stabilì da me un lunedì pomeriggio.Era una ragazza molto discreta, perciò la sua presenza in casa non comportò per me grosse rivoluzioni. Era sempre affaccendata, lavava, stirava, puliva, andava a fare la spesa, la sera si coricava presto e la mattina alle sette era già di ritorno con il mio giornale. Non parlava molto, si limitava a rispondere alle mie domande con poche parole, anche se aveva una discreta conoscenza della lingua italiana e ogni volta si ritirava accennando un inchino.Pensai subito che fosse perfetta.Dormiva al piano di sopra in una stanza tutta sua che le avevo detto di arredare come preferiva: ci aveva messo soltanto un pelouche malandato e uno specchio. Le avevo dato due giorni liberi alla settimana, ma li trascorreva in camera sua a leggere. Pensai che fosse una ragazza strana, e pian piano con il trascorrere dei mesi mi incuriosii sempre di più. Spesso mi intrattenevo a chiacchierare con lei mentre svolgeva le sue mansioni cercando di conoscerla un pò meglio; le raccontai la mia storia e lei mi disse le poche cose che tutt’ora conosco sulla sua vita: facemmo una specie di strana amicizia.Via via che prendeva confidenza con me si apriva sempre più, mi chiedeva consigli di ogni genere e mi raccontava delle sue paure, che erano veramente infinite.Scoprii che temeva di essere brutta, si sentiva diversa dalle sue coetanee che incontrava per strada perché diceva di essere grossa e di non sentirsi troppo femminile. La osservai meglio, per la prima volta guardandola come donna e non come la ragazza delle pulizie. In effetti mi accorsi che c’era una forte stonatura fra quel viso da bimba e il corpo pieno e già ben formato. Mi accorsi che aveva due tette grosse nascoste sotto i maglioni larghi che portava e un culo altrettanto grosso anche se abbastanza sodo, che cercava di nascondere in gonne ampie.Malgrado tutto però il contrasto risultava eccitante, e me ne meravigliai.Mi scoprii a sorridere di me stesso: era parecchio tempo che non analizzavo fisicamente una donna, e provai uno strano senso di ebbrezza. La trovavo tutto sommato bella e glielo dissi.Mi rispose tristemente che nessun ragazzo l’aveva mai voluta. “Vedrai che lo troverai presto, un ragazzo” la rassicurai. “Non credo…” fu la sua sconsolata risposta.Avevo ragione io, naturalmente.Un giorno di qualche mese dopo, Maria arrivò con la notizia che da un paio di giorni usciva con un trentenne che aveva conosciuto in biblioteca e io, pur reprimendo un moto di immotivata gelosia, mi complimentai con lei. Ma i problemi non erano finiti.Stava sparecchiando la cena, qualche sera dopo, quando ad un certo punto si sedette di fronte a me, poggiando i gomiti sul tavolo e strofinandosi nervosamente le mani: mi disse che desiderava parlarmi.”Si vuole licenziare e va a vivere con quel tipo” pensai subito.Vagamente preoccupato le esternai il mio pensiero e lei si mise a ridere nervosamente.* No!… non È questo… anzi, È proprio lui il problema…”La incitai a continuare, temendo che il problema fosse che quel bellimbusto si stesse approfittando della sua sensibilità. “Beh, ecco…” esitava, come in genere faceva quando aveva qualcosa da dire che riteneva imbarazzante o sconveniente. La rassicurai che poteva dirmi tutto, che desideravo soltanto aiutarla. Allora parlò. “Lui… vuole… ha cercato di fare l’amore con me….”Non dissi nulla. Non vedevo il problema. Forse era una questione religiosa…. “… Io sono vergine!…” disse tutto d’un fiato e spianando le mie perplessità.Non ci avevo pensato, eppure avrei dovuto immaginarlo. Aveva paura della sua prima volta, come tutte le ragazzine, e non aveva nessuno con cui parlarne per farsi coraggio. Magari aveva anche dubbi e perplessità che non era mai riuscita a chiarire da sola.Le sorrisi per rassicurarla e per incoraggiarla a prosegiure ma mi accorsi che era molto imbarazzata, giocherellava nervosamente con una ciocca di capelli e aveva le guance infuocate. “Ho molta paura di quello che potrebbe succedermi” si decise infine. “So che esce del sangue e io se vedo il sangue divento matta… Ho il terrore di fare una figuraccia. E ho paura che il mio seno sia troppo grosso e che lui mi rida in faccia….” “…Ma che razza di idee ti vengono in mente!…” “Lei non può capire, non sa come sono brutta…” m’interruppe accorata. “…Ti vedo Maria, e quello che vedo È una bella ragazza!” “Bella?…Io?… Ma lei mi vede vestita!”La sua obiezione non faceva una grinza. * Sarebbe la stessa cosa se ti vedessi nuda.” volli a tutti costi rassicurarla. “Come può dirlo, non mi ha mai visto nuda…”Scossi la testa. Mi sentivo strano, quella conversazione mi stava eccitando, non avrei mai creduto potesse accadermi ancora. Tossicchiai per mascherare il mio imbarazzo che adesso era pari al suo.Lei abbassò lo sguardo, per un attimo temetti si fosse accorta del mio stato, ma non era così. Doveva dirmi qualcosa che non trovava il coraggio di dire. “Forse se lei… se lei potesse vedermi…. nuda intendo… forse potrebbe darmi un giudizio più preciso….” Aveva il volto in fiamme ed evitava di guardarmi negli occhi.Io mi ritrovai con un nodo in gola che non riuscivo a sciogliere e con un’erezione che mi stupiva e mi sconvolgeva la mente.Non parlai. Non riuscivo a farlo. Credo però che il mio silenzio le dette coraggio, interpretandolo come un cenno d’incoraggiamento. Senza osare guardarmi, fissando un punto imprecisato sul pavimento, Maria si alzò in piedi, si sfilò il maglione e poi, con le mani che le tremavano visibilmente, si sbottonò la camicetta facendola scivolare giù per le spalle. Sospirò profondamente, come per prendere ulteriore coraggio, quindi si slacciò un pesante reggiseno nero che scivolò ai suoi piedi lasciando strabordare due tette grosse, lisce e gonfie, che le ricaddero sullo stomaco producendo un lieve suono.Io emisi un gemito.Aveva la pelle bianchissima in cui affiorava qualche venuzza azzurrognola, le aureole erano grandi e scure e i capezzoli erano grossi e duri. Quei due seni nudi e invitanti dondolavano ad ogni suo respiro e avevano un aspetto terribilmente eccitante e lascivo. “Sei bellissima!” riuscii a dire soltanto, con un filo di voce. La vidi sorridere, evidentemente sollevata. “Davvero lo pensa?” mi chiese ansiosa.Cercai di riprendere il controllo di me stesso e di assumere un’aria distaccata. “Certamente piccola! Non devi vergognarti di nulla. Sono sicuro che andrà tutto magnificamente quando….” Le parole mi morirono in gola.Lei sedette di nuovo e per la prima volta riuscì a guardarmi negli occhi. “Non è soltanto questo…” mormorò, “C’è anche che… ho troppa paura di sentire dolore, so che gli uomini non sono molto attenti quando sono eccitati ed ho il terrore di sentire male e del sangue e, beh… sono sicura che mi bloccherò, so che farò una figura tremenda…”A quel punto non riuscivo più a capire dove volesse arrivare. Vedevo soltanto le sue tette che, poggiate contro il legno del tavolo, ballonzolavano a ogni suo respiro.Restammo in silenzio, sentivo il respiro di Maria che si faceva sempre più irregolare. Non sapevo neanche io cosa aspettavo, ma stavo aspettando.Alla fine si decise. “Mi chiedevo se lei… ecco, se lei avesse voglia di… cioè, se potesse farlo lei che ha molta più esperienza… magari con qualcosa… capisce, qualcosa di piccolo all’inizio, che non faccia male, per abituarmi… poi qualcosa di più grande….”Non credevo alle mie orecchie. La guardavo con gli occhi spalancati mentre tremava al suono delle sue stesse parole e non riuscivo a realizzare pienamente quanto andava dicendo. Per un attimo mi ero illuso che volesse me, che mi desiderasse. Adesso non avevo dubbi che voleva solo e soltanto quello che mi aveva chiesto!Ragionai velocemente. Con cosa avrei potuto farlo? un dito all’inizio, ma lei aveva parlato di oggetti…. una matita… poi mi scossi inorridito, ma che diavolo andavo a pensare??Aprii la bocca per dirle di rivestirsi e di smetterla di pensare quelle cose assurde, ma le parole mi morirono in gola. “D’accordo…” le dissi soltanto.Mi sembrò che avesse parlato un altro.Quell’erezione che finalmente sentivo dopo tanto tempo premere contro la stoffa dei pantaloni, mi aveva completamente drogato. “Quando vuoi farlo?” aggiunsi. “Subito!” rispose Maria e notai che sulle braccia e sul seno le spuntò la pelle d’oca.Mi alzai, lei si alzò con me.Pensai fosse inutile tentare di nascondere l’erezione che mi gonfiava i pantaloni.Lei la vide, arrossì ma non disse niente.Guardava sempre in basso, imbarazzata. Le sue tette andavano su e giù all’unisono col suo respiro. “In quale posizione vuoi metterti?” le domandai. “In quella che mi faccia sentire meno male…” “Allora togliti tutto e distenditi sul tavolo a pancia in su.”Rimasi ad osservarla con la pressione che andava salendo, mentre si svestiva. Si sbottonò la gonna, la tolse e la posò sulla sedia, non portava calze. Poi fece scendere le mutande di cotone sulle anche, sulle cosce, sollevò una gamba, poi l’altra e se le tolse del tutto. Sentii il suo odore invadere la stanza. “Brava!” le dissi appena finì di togliersele. Gli occhi mi brillavano. Aveva la figa con le labbra gonfie come quella di una bimba, il monte di venere era pronunciato e ricoperto da una rada peluria nera.Mi scostai per permetterle di sedersi sul tavolo, poi leggermente le spinsi giù la schiena approfittando per poggiare la mano su una di quelle tettone, fra la spalla e l’attaccatura del seno.Si sdraiò. Le sue coscie poggiavano sul tavolo e le gambe e i piedi le penzolavano giù. Teneva le gambe strette, quasi con forza. “Aspettami un secondo, vado a prenderti un cuscino per la testa e qualcosa per… beh, qualche oggetto…” dissi, non senza un certo imbarazzo.Quando tornai la trovai nella stessa identica posizione, non si era mossa di un millimetro. Io avevo il fiato corto. Nel frattempo mi era venuta in mente una cosa. “Ascolta, credo che sarebbe meglio usare qualcosa per lubrificare… sai, insomma per farti sentire meno male…. cioè, non so se sei già bagnata….” “Non lo so…” fu la sua risposta sussurrata “Un pò si credo, ma non so se possa bastare…” “Fammi sentire.” Ormai mi ero immerso nel ruolo.Le poggiai le mani sulle ginocchia e spinsi gentilmente per allontanarle l’una dall’altra. Lei oppose solo una minima resistenza. Sentii che le sue gambe tremavano. Mi sedetti di fronte alla sua figa e la osservai così, appena appena aperta, le labbra erano rosee e carnose, un filo di umore biancastro usciva dalle grandi labbra, scivolando giù lungo il solco delle natiche.Maria fissava il soffitto, e ne approfittai per toccarmi attraverso i pantaloni.Smisi subito, capii che mi sarebbe bastata una strusciata per venire.Appoggiai un dito sulle sue grandi labbra e lei ebbe un sussulto. Poi, lentamente, lo spinsi lungo le pieghe della figa a spargere l’umore tutto intorno al buchetto che intravedevo appena nascosto fra le pieghe della carne, poi risalii e trovai il clitoride viscido, fremente. Lo presi fra le dita e udii un gemito profondo. “Sì, credo che tu sia abbastanza bagnata…” le dissi subito, ritirando la mano.Poi la voglia di toccarla fu incontenibile:* In ogni caso se ti toccassi sono sicuro che ti bagneresti ancora di più, e… sarebbe preferibile.”Maria sospirò:* V… Va bene… se è necessario…” disse alla fine.Volevo leccarla fino a farla gridare, ma mi accontentai di esplorarla con le dita. Maria rispondeva con tremiti e brividi ad ogni mio movimento. Le massaggiai le grandi labbra, gliele aprii a scoprire il clitoride, passai le dita su di esso, lo strinsi fra i polpastrelli, lo carezzai, lo scappucciai, allargai la carne per vedere il buchetto, era davvero piccolo, meraviglioso… Ormai era un lago. Le mie dita producevano un singolare sciacquettio nei loro movimenti insinuanti.Passai l’indice lungo il clitoride fino all’entrata della vagina e poi, sornione, quasi distrattamente proseguii facendomi strada fra le sue natiche. “Allarga ancora un pò le gambe…” le dissi. Eseguì. Appoggiai il dito sull’entrata raggrinzita del buchetto del culo. Sobbalzò. “Ma cosa fa, lì che c’ent….” “Serve per bagnarti ancora di più…” la interruppi ansimando.Mi lasciò fare. La carne delle sue natiche mi rallentava i movimenti, gliele allargai con la sinistra e ritornai ad appoggiarmi sull’entrata del suo ano. Era stretto e lei lo serrava con forza. Glielo bagnai, cercai di allargarlo facendo forza contro la contrazione dei suoi muscoli. Ma Maria faceva resistenza e capii che forse quello era troppo. Tornai a concentrarmi sulla figa. “Vorrei sentire com’È l’imene…” le dissi “Sai, per rendermi conto…”Silenzio “Solo per regolarmi….” “V… Va bene…” disse.Allora, cautamente, premetti il dito contro l’ingresso della vagina spingendo dolcemente per qualche centimetro e lo sentii davvero, una membrana leggera ed elastica che non avevo mai sentito nella mia vita, e questo mi provocò un moto di libidine incontenibile. La volevo scopare, non resistevo più. Mi fermai a riprendere fiato. “Crede che ci saranno problemi?” mi chiese lei preoccupata. “Nessun problema” le risposi. “Ora tira su le ginocchia e appoggia i piedi sul tavolo. Cominciamo subito!”Avevo preso vari oggetti, una matita, un pennarellone e una grossa candela rossa di quelle di natale, la cui grandezza si avvicinava decisamente a un cazzo di medie dimensioni. All’inizio, mentre raccoglievo gli oggetti, pensavo che no, non l’avrei usata. Ora l’eccitazione mi giocava brutti scherzi: la presi in mano.Guardai il volto di Maria che si stava mordendo il labbro inferiore e teneva gli occhi stretti. “Ascolta Maria, sono convinto che se potessi leccarti il clitoride mentre faccio quello che devo fare non solo non sentiresti alcun dolore, ma sono sicuro proveresti anche del piacere.” “Leccare??” esclamò lei sinceramente stupita. “Beh, sì, sono cose che si fanno… dicono sia molto bello!” “Ma a lei non fa schifo?”Rimasi interdetto. Ero esterrefatto: la sua ingenuità mi portava ogni volta sull’orlo dell’orgasmo.* Se vuoi posso provare, solo un attimo, poi mi dirai se vuoi oppure no.”La vidi annuire debolmente, incerta.Allora, famelico, mi chinai su quella figa aperta e gocciolante e vi poggiai sopra le labbra inalandone l’odore fino a stordirmi. La sentii respirare forte, le cosce le iniziarono a tremare mentre continuavo a baciarla sulla fessura. “Ahhh!….” il lamento le sfuggì all’improvviso.Sì, le piaceva! Tirai fuori la lingua e iniziai a leccarla gentilmente. La leccai tutta con la punta della lingua, poi con tutta la lingua, ingoiando il suo umore, spingendo il naso a contatto con il buchetto che dovevo penetrare di lì a poco, sentivo Maria che ormai gemeva sommessamente, allora presi a succhiarle il clitoride eretto e ormai scappucciato. “Sei pronta?” le chiesi smettendo per un attimo il mio lavoro.La vidi stringere i pugni.Allora presi la candela e, sempre continuando a leccare, gliela spinsi dentro tutta d’un colpo, con tutta la forza che avevo, vincendo facilmente ogni resistenza.* Aaaaaaaaaahhhhhhhhhh!!!!…” Il suo grido disumano echeggiò per tutta la casa.Subito dopo mi ritrovai la mano bagnata di sangue. Non mi mossi, tenendogliela infilata tutta dentro. Sentii che Maria tentava di sollevarsi ma probabilmente, sentendo ancora più male muovendosi, rinunciò. La sentii singhiozzare. “Lo tolga per favore… lo tolga…. la prego!…” mi supplicò piangendo.Le posai una mano sulla pancia e estrassi piano piano la candela strappandole ancora gemiti di dolore. L’avevo tolta quasi del tutto, era rossa di sangue e umida dei suoi umori. Sentii che i muscoli di lei si stavano allentando. Allora, senza che lei potesse sospettarlo, gliela ricacciai tutta di nuovo dentro. Ancora un urlo straziante che mi eccitò fino al parossismo.Ripresi a succhiarle il clitoride e a leccarle la pelle stirata intorno a quell’asta dura di cera. Poi feci andare avanti e indietro, ruotandola anche, la candela dentro di lei e ascoltai le sue grida, i suoi gemiti e i suoi singhiozzi.Ero fuori di me.Estrassi la candela da lei, le feci abbassare le gambe e la costrinsi a voltarsi a pancia sotto, poi la tirai verso di me in modo che i suoi piedi toccassero terra e il suo bel culo fosse bene in vista. Ormai Maria non faceva più resistenza, era soggiogata, incapace di reagire e piangeva in silenzio.Guardai il suo culo, che si ergeva maestoso sulle cosce sporche di sangue.Senza tanti complimenti le divaricai le natiche. Il solco bruno mi si presentò davanti agli occhi, al centro si vedeva il buchetto dell’ano, piccolo e rinserrato.Forse lei iniziò a capire le mie intenzioni perchè prese a divincolarsi disperata, ma io la tenevo ben salda per i fianchi. “Non ti agitare… Sta ferma!… Se farai resistenza sarà molto doloroso, devi rilasciare i muscoli…” le dissi.Per tutta risposta lei cominciò a contorcersi tremando, come un’invasata. Sembrava disperata. “No… No!!… Per favore non mi faccia questo!!… NO… NO… NO…” adesso gridava.Ma io non resistevo più. Il mio cazzo è di media grandezza ma ha una cappella grossa, ben più grande rispetto al resto del membro. Glielo appoggiai sulle natiche era durissimo come non lo vedevo da anni.Feci scorrere il medio nella sua figa per bagnarlo e poi glielo spinsi nel culo. Lo teneva ben stretto, dovetti spingere molto e presumo farle molto male prima che si decidesse a cedere un pò. Allora le affondai il dito dentro, strappandole un urlo lacerante. Le pareti del suo canale mi stringevano il dito come un guanto. Quando lo mossi dentro di lei sentii che c’era un grosso pezzo di cacca ma questo non mi fermò affatto. Spinsi il dito avanti e indietro dentro il culo per un paio di volte, mentre lei strillava come un’aquila.* Ahii!… mi sta facendo male!… Lei… lei È un porco!… purché mi fa questo?…. Basta!…”Estrassi il dito e prima che lei potesse fare un solo gesto la mia cappella era già appuntata contro il suo piccolo buchetto vergine e spingeva per aprirsi la strada.Ce l’aveva strettissimo, non riuscivo ad avanzare per quanto spingessi con forza incredibile.* Rilassati!… Rilascia il muscolo, altrimenti ti farò molto male!” le ingiunsi.Maria piangeva, mugolava, muoveva il culo e mi implorava di smettere. Ma la mia volontà era più forte delle sue suppliche e a quel punto intendevo sodomizzarla ad ogni costo.Intanto sentivo che a poco a poco il suo sfintere andava cedendo alle mie spinte e cominciavo ad entrare. “AAAAAHIIII!!… Mamma mia che male!… Per favore non resisto!!!…” gridava scalciando all’indietro nel tentativo di colpirmi.E più lei gridava più il mio cazzo si faceva d’acciaio. Ad un tratto sentii come uno strappo, il glande riuscì a passare e fu risucchiato all’interno dalle contrazioni impazzite del suo sfintere, mi ritrovai dentro il suo culo. La sentii tendersi come un arco e urlare come se la stessero scannando. “Stai buona… non ti agitare… ormai il più È fatto… ecco.. ora te lo infilo tutto come si deve!” le intimai.Cominciai a dare spinte fortissime introducendomi dentro il suo retto centimetro dopo centimetro.Maria doveva soffrire parecchio, lanciava urla strozzate, agitava le braccia scompostamente sbattendole sul tavolo e dava dei tremendi scrolloni con il corpo per cercare di sfuggirmi. Non mi feci commuovere e continuai la dolorosa introduzione, avvertendo le strette che dava con lo sfintere nel vano tentativo di espellermi. A un certo punto sembrava che il cazzo non volesse andare più avanti, come se avessi raggiunto il fondo del suo budello, ma almeno un terzo della sua lunghezza era ancora fuori. Presi fiato e incurante delle sue grida strazianti, arretrai un poco per riprendere a forzarla subito dopo. Avanzavo a fatica, a scatti, conquistando lentamente quel culo strettissimo.Alla fine rimasi piantato tutto dentro il suo intestino e mi fermai un attimo per riprendere fiato e forze. Poi presi a pompare dentro quel canale strettissimo che si andava adattando alle dimensioni dell’intruso. Lei non si dibatteva più, singhiozzando subiva rassegnata, dalla sua bocca usciva solo un lamento prolungato e monocorde e ad ogni affondo, quando andavo a colpirla nel più profondo del suo retto, emetteva un debole “Ahi!”, come una bambina accorata. Quando glielo tirai fuori del tutto vidi quel buchetto, che prima era quasi invisibile, trasformato in un canale aperto dal fondo nero. Improvvisamente ne uscì un peto, poi un altro.Il mio cazzo era sporco di sangue e feci: glielo infilai tutto nella figa appena sverginata. “Bastaaa!!… La suplico non ce la faccio più!!…” gridava lei.E ben presto neppure io ce la feci più, estrassi il cazzo dalla figa e glielo rinfilai dentro il culo facendola gridare nuovamente di dolore. Stavolta però era entrato senza problemi. Pompai due o tre volte tenendole le natiche divaricate al massimo per sfondarla completamente e poi le venni dentro con una sborrata interminabile che le allagò l’intestino.Mentre riprendevo il fiato e le forze ascoltavo il suo pianto accorato. “Forse è meglio che tu vada a lavarti.” le dissi.La aiutai a sollevarsi, ancora emise diversi peti e mentre spariva in bagno vidi che la merda mista a sperma le colava giù per le cosce.Adesso io e Maria viviamo ancora insieme, ma lei non è più la mia domestica.E’ la mia schiava.E io sto conoscendo una seconda giovinezza.Lei ha capito ciò che la eccita veramente: il dolore.Ma questa è un’altra storia.
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