Erano le 7:30 del mattino e, puntuale come tutti i giorni, il trillo della sveglia cominciò a diffondersi nella stanza illuminata solo da qualche sporadico raggio di sole, infiltratosi tra le fessure della serranda. Non aveva voglia di alzarsi. Era stata bruscamente strappata da un sogno bellissimo ed estremamente erotico. Si trovava in una grande campagna e con lei c’era il suo Joe, un ragazzo che frequentava ormai da qualche mese. Guardandosi in giro vide tre coppie che facevano l’amore: una coppia all’ombra di una grande quercia; un’altra in posizione pecorina nel mezzo di un bellissimo prato di fiori gialli; l’ultima dentro un furgoncino che aveva gli sportelloni aperti. Lei li guardava da dietro un muretto a secco. Si sentiva eccitata e vogliosa. Chiese a Joe di alzarle la gonna perché voleva sentirlo. Mentre lui le metteva a nudo il suo bel sedere tondo, non aveva nulla sotto, lei appoggiò le mani sul muretto e allargò le gambe. “Toccami!” gli disse, senza distoglier egli occhi dalle altre coppie. Sentì le mani di Joe sulle sue rotondità. Andava piano, lento, senza trascurare nemmeno un centimetro della sua pelle liscia e vellutata. Scese fino al suo interno cosce, alla ricerca del suo sesso, fino a trovarlo. La sua mano scorreva sulla sua vagina bagnata, si insinuava tra le labbra, sul clitoride. “Mmmhh.bravo continua!” Lui eseguiva i sui comandi senza fiatare, come se fosse il suo schiavo personale. La mano di Joe era piena del suo liquido, mentre continuava a toccarla. Puntando il sedere in fuori e divaricando ancora un poco le gambe gli disse: “Sfondami, voglio sentire come mi penetri!” Joe, come umile servo alla mercé della sua padrona, le puntò due dita sull’entrata della sua vagina umida, le cinse la vita con l’altro braccio, come a non volerla fare scappare e poi. Fu proprio in quel momento che quella maledetta sveglia la riportò alla realtà! Avrebbe voluto romperla, richiudere gli occhi e continuare il suo sogno. Ma sua madre decise di darle il “colpo di grazia” e cominciò a chiamarla, ricordandole che si sarebbe fatto tardi. Con gli occhi ancora chiusi, proiettata nella dura realtà, ma ancora vogliosa del suo sogno, insinuò la mano nel morbido pigiama di cotone che odorava di bucato appena lavato. Toccò le mutandine nere di pizzo e, dolcemente meravigliata, si rese conto che erano bagnate. Non ancora soddisfatta e quasi incredula, divaricò leggermente le gambe e spostò lo slip per lasciare libera la sua fica. Ci fece scorrere sopra la mano. Era così bagnata che non fece nessuno sforzo nel penetrarsi con l’indice e il medio. Quelle stesse dita con cui, dieci minuti prima, Joe, nel suo sogno, avrebbe voluta farla godere. “Alzati o farai veramente tardi!”, risuonò insistente la voce della mamma. Ritirò la mano dalle mutandine e, con la fica che ancora le pulsava per il desiderio e le dita bagnate del suo liquido, decise di alzarsi. Arrivò a scuola in orario, anche se quel giorno avrebbe fatto proprio a meno di andarci. Purtroppo però aveva compito d’italiano e non poteva certo mancare, visto che era l’ultimo dell’anno scolastico. Fuori faceva molto caldo, così aveva deciso di indossare il miniabito a nero a pallini bianchi che piaceva tanto a Joe, scarpe da ginnastica e delle calzette immacolate Aveva tirato su i suoi lunghi capelli biondi in una morbida coda da cavallo, che le coronavano il viso mettendo i risalto i suoi bellissimi occhi verdi. Si sentiva molto carina e attraente; la perfetta lolita dei sogni proibiti di ogni uomo. Già immaginava la faccia che avrebbe fatto Joe vedendola entrare in classe. Mentre stava varcando l’atrio della scuola sentì suonare la campanella che annunciava l’inizio delle lezioni. Si affrettò ad entrare in classe perché sapeva che il prof. non sopportava i ritardi. Era un uomo alto, con i capelli scuri e ancora folti visto la sua età che andava per i cinquanta. Lo trovava affascinante. Non era un tipo severo, ma sosteneva che fare ritardo ad un qualsiasi appuntamento era da persone poco serie e rispettose. Quando arrivò lo trovò sull’uscio dell’aula che chiacchierava con un altro professore, suo collega. Dovette passare tra i due per poter entrare in classe. Chiese scusa del ritardo, abbozzando al prof. uno dei suoi più dolci e ammalianti sorrisi, per cercare di non beccarsi un rimprovero. Lui le rivolse un finto sguardo arrabbiato, ma sapeva benissimo che non ce l’aveva con lei. Avevano sempre avuto un buon rapporto. “La prossima volta cerca di anticipare l’orario della sveglia, Signorina!” – le disse con voce ferma tra l’ironico e il severo. “Si, Professore!” – gli rispose e fu proprio in quel momento che le ritornò in mente il sogno di quella notte. Subito dopo cercò e scovò lo sguardo del suo Joe, seduto all’ultimo banco, vicino alla finestra, che l’attendeva. I suoi occhi erano lucidi e radiosi. Non riusciva a tenerli fermi e la scrutava dalla testa ai piedi come un assetato disperso nel deserto egiziano guarderebbe un lago di acqua dopo giorni di agonia per la sete e il caldo. Lei adorava quando lui la osservava in quel modo; si sentiva desiderata, la persona più bella ed eccitante del mondo. Attraversò l’aula con calma, ma con passo deciso. Voleva che lui la scrutasse per bene, che la desiderasse ancora di più. “Sei uno schianto.!” – le disse Joe quando si sedette al posto accanto al suo. Le si avvicinò per darle un bacio, ma lei gli sfiorò le labbra con la lingua. Quello era il suo modo per comunicargli quando aveva voglia di lui. Joe lo sapeva e sentì nascere l’eccitazione. Poi lo guardò negli occhi e gli sorrise maliziosamente. “Come stai stamattina, mio caro?” Lui le si avvicinò all’orecchio e le rispose sussurrandole: “Perché non lo costati da sola, tesoro!” Abbassò lo sguardo sul suo cavallo. Il rigonfiamento sotto la tuta era molto netto, benché questa fosse abbastanza larga. Rialzò la testa e lo guardò negli occhi. Alzò leggermente il sopracciglio destro e accenno un “.mmmhhh.” di maliziosa meraviglia, mentre si mordeva piano il labbro inferiore mostrando i denti bianchi. Intanto il prof. era entrato e stava comunicando le disposizioni del compito prima di dettare le tracce. Avrebbero avuto a disposizione le cinque ore scolastiche, al termine delle quali avrebbero dovuto consegnare il foglio in bella copia, con dietro nome, cognome, data e classe. Mentre il prof. cominciò a dettare la prima traccia, lei portò la mano sinistra sul rigonfiamento tra le gambe di Joe. Con l’altra cominciò a scrivere. A quel contatto il ragazzo ebbe un piccolo sobbalzo di inquietudine. Guardò prima la sua ragazza intenta a riportare il testo del primo tema come se non stesse facendo o pensando ad altro, se non che a scrivere. Poi rivolse lo sguardo al professore per assicurarsi che non sarebbero stati scoperti. Ma erano seduti all’ultimo banco dell’ultima fila e il prof. non poteva che vedere solo la sua faccia. Lo toccava piano, quasi massaggiandolo. Sembrava come se volesse definirne mentalmente la forma. Se lo sentì pulsare e crescere sotto quella presa, sicura e vogliosa. Era così duro che, nonostante la tuta fosse larga, gli dava la sensazione di averlo chiuso in un barattolo troppo stretto per contenerlo. Inoltre aveva voglia di sentire il contatto diretto con quella mano che lo cercava. Voleva sentirla scorrere sulla sua verga. Il desiderio diventò così forte che le prese la mano e se la portò nei pantaloni. Lei si lasciò guidare, come se non stesse aspettando altro. Gli cinse il membro a palmo aperto e cominciò a farlo scorrere in tutta la sua lunghezza. Era calma, come se potesse farlo per tutta la vita. A tratti lasciava la presa per andare a cercare le palle, afferrargliele e massaggiarle piano. Poi riprendeva a far scorrere la mano sull’asta dura. Il professore aveva finito di dettare le tracce, ma lei non aveva alzato lo sguardo dal foglio, come se fosse concentrata su quale tema svolgere. In classe c’era un silenzio tombale. Solo di tanto in tanto qualcuno tossiva o chiedeva un suggerimento al compagno che gli sedeva accanto. Il prof. stava dietro la sua cattedra intento a leggere il giornale. Qualche volta alzava la testa per controllare la situazione. Poi ritornava alla sua lettura. Intanto lei continuava a manovrare la verga del suo Joe. Sentiva crescere sotto la sua stretta il desiderio che lui aveva di godere. E lei aveva proprio intenzione di farlo venire là. Non avrebbe permesso a se stessa di lasciarlo insoddisfatto. Certo, avrebbero potuto, con una scusa qualunque, andare in bagno e completare li dentro il loro gioco. Ma sapeva che se si fosse dovuta alzare, lasciare tutto e riprenderlo dopo, non sarebbe più stata la stessa cosa. Si portò la penna in bocca e la circondò con le labbra. Cominciò a farsela scorrere dentro, andando in sintonia col movimento della mano che stava masturbando Joe. Lui la guardava come se non fosse reale. Era come ipnotizzato. Avrebbe voluto metterle le mani sul banco, in piedi, alzarle il vestitino corto e sfondarla lì davanti a tutti, aspettando di venire per farla godere e sentirla gridare dal piacere. A quel pensiero, le portò una mano sulla coscia e cominciò ad accarezzarla, avvicinandosi lento al suo inguine. Le insinuò la mano sotto la gonna e il vestito salì leggermente. Ma lei non sembrò preoccupata di questo. Al contrario, non stava aspettando altro. Allargò le gambe, scivolando un po’ in avanti per sentirsi più comoda e più libera, invitandolo a trovare il suo sesso. Fu in quel momento che, alzando lo sguardo, incrociò quello del Professore. Aveva un’espressione cupa, ma incuriosita. Capì subito che stava osservando ciò che Joe le stava facendo, ma non la riprese. Lo guardò negli occhi, gli accennò un sorriso malizioso e. allargò ancora di più le gambe per dargli la possibilità di …
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