—Capitolo 1— Francesca uscì dal piccolo bagnetto della sontuosa camera matrimoniale domandando ad alta voce —Simo, lo sai che Graziano è tornato dagli stati uniti?— chiese, ma l’accenno fu volutamente distratto, e quella comunicazione fu fatta spegnendo la luce del bagno, piccolo ma essenziale e molto comodo da raggiungere di notte. Girò attorno al letto matrimoniale quasi svolazzando nella camicia da notte fin troppo grande che si era fatta prestare dalla sorella; il suo bagaglio era stato ridotto al minimo dato che si sarebbe dovuta fermare da sua sorella solo il tempo necessario ad ultimare le pratiche del cambio di facoltà, da Padova a Milano. Simona abbassò il libro e scosse il caschetto di capelli biondi e lisci —No, ma dai?— commentò con stupore lasciando cadere le braccia lungo il corpo coperto solo dal lenzuolo color panna. —L’ho incontrato oggi… e ci siamo paralati— disse Francesca infilandosi a sua volta sotto le coperte con l’energia di chi era pronto a dormire almeno dodici ore filate. Era molto stanca. Aveva passato la mattinata negli uffici dell’università e dopo essersi fatta un discreta attesa in coda era riuscita a compilare i moduli per l’iscrizione al secondo anno di scienze politiche. —Splendido… e non dirmi che vi siete messi di nuovo insieme? Lo sai che a me quel Graziano mi è sempre piaciuto molto…— —Simo, che fai? Adesso parli come la mamma?— rispose leggermente piccata Francesca ripensando a quelle due fantastiche ore passate nel pomeriggio a rinverdire il passato con Graziano, che era stato senza dubbio il suo più grande amore. Simona, più anziana di lei di quasi cinque anni, l’aveva potuto conoscere bene qualche tempo prima di sposarsi perché il ragazzo già bazzicava la loro casa paterna. Graziano aveva quasi tre anni di più di Francesca ed era stato ventitré mesi negli stati uniti al fianco di suo padre per seguire gli affari della società paterna, ed ora tornato in Italia era intenzionato a conseguire un master in economia. Ed era stato proprio li, in università, in fila per la modulistica che si erano rincontrati. —Scusa Franci ma quello è un ragazzo d’oro…— accennò Simona guardando il bel volto di Francesca coronato da una selva di capelli crespi legati sulla nuca —Ma c’è qualcosa vero? Da quando vi siete lasciati due anni fa, qualcosa mi dice che non c’è nulla di definitivo.— Francesca sospirò ansiosa di bloccare quella conversazione —No, no lasciami dire sono più vecchia di te e credo che non ve la siete raccontata tutta.— Francesca in cuor suo maledì l’assenza di suo cognato. Se ci fosse stato Franco, lei avrebbe dormito nella stanza degli ospiti. E invece Franco, il marito di Simona, era a seguire una conferenza a Stoccarda sulle nuove tecnologie nel campo della telematica. Sospirò e rispose poggiando la testa sul cuscino per non essere costretta a guardare in faccia la sorella —No Simo… con lui mi sono spiegata subito già da allora… e se tu e la mamma non l’avete ancora capito non posso farci niente. Ma oggi quando ci siamo rincontrati siamo stati bene, ma che dico bene… benissimo. Abbiamo parlato per due ore e poi lui mi ha invitato alla sua festa di rientro nella sua villa vicino Como tra due venerdì.— —Bello, sono felice e ci vai vero?— disse Simona poggiando il libro sul comodino; spense la luce confidando nella penombra per esorcizzare l’imbarazzo della sorella. —Subito ho detto di si, ma poi… ho incontrato la Cavallotti, ti ricordi no, della Carlotta?— accennò con malcelata noncuranza della sua vecchia compagna delle scuole medie che aveva frequentato durante gli anni vissuti con la famiglia a San Giustino, un paesino di poche anime della brianza. L’aveva avuta come compagna di classe e, sempre quel pomeriggio, dopo aver lasciato Graziano se l’era ritrovata anche lei di fronte in divisa dietro al bancone. Francesca avrebbe voluto solo mangiare un boccone e stare in pace, e invece la pettegola Cavallotti Carlotta la spremette come un limone. —Adesso è venuta fin qui a Milano a rompere i coglioni quella montanara ordinale?— sbottò Simona che non aveva mai sopportato quella ragazza assolutamente insignificante e priva di spessore morale. —Si, e in questo periodo lavora nel fast food di piazza duomo, e siccome lo conosceva anche lei… così per parlare, le ho raccontato che è tornato e che mi ha invitato alla sua festa di rientro… Non l’avessi mai fatto! Si è subito affannata a sconsigliarmi di andare alla festa, specialmente a quella privata per i soli amici intimi, che inizierà dopo il ricevimento ufficiale, perché a sentir lei erano tutti dei malintenzionati.— —In che senso Franci?— chiese Simona aggiustando il cuscino sotto la testa per scorgere meglio la silhuette di Francesca disegnata dalla poca luce che filtrava dalle tende tirate dell’ampia finestra da cui riverberavano i bagliori artificiali di Milano. Francesca sapeva di dover dire qualcosa di preciso e circostanziato ma in quell’attimo non le venne da formulare che un impreciso —Nel senso che i suoi amici, compreso Graziano sono tutti dei poco di buono…— —Franci non ho capito, cosa fanno ammazzano lucertole, tirano di coca e poi sparano alle vecchiette?— tornò a chiedere con malcelata ironia Simona aggiustandosi una volta di più il cuscino che sembrava sgusciarle via da sotto la testa come le parole della sorella. —Simo no, capiscimi il dopo ricevimento si svolgerà in un locale chiamato la Primula Nera… Graziano mi ha dato anche il biglietto d’invito…— il ragazzo le aveva spiegato, per quanto aveva potuto, ogni cosa e a lei era subito sembrata un’idea fantastica partecipare a quella festa. Deglutì, sembrava aver ritrovato finalmente il senso delle parole. Prese fiato ma ancora una volta le mancò il coraggio —sembra essere un locale esclusivo…— bofonchiò vaga, ben sapendo di cosa si trattava. Simona si mise a sedere sul letto riaccendendo la luce del comodino con battito di mani —Ce l’hai quel biglietto?— chiese con l’autorità della sorella maggiore. —Si è nella borsetta— accennò Francesca e uscita dalle lenzuola recuperò il biglietto che teneva nello zaino borsa nell’ampio room box della camera. Era cosciente che l’invito avrebbe fugato ogni dubbio alla sorella ma preferiva così, piuttosto che andare avanti per sottintesi. Tempo pochi secondi e Simona ricevette in mano il cartoncino nero scritto in caratteri d’oro, e dopo averne letto il contenuto scoppiò in una ristata liberatoria —Ma Franci questo posto lo conosco, è un prive. Il nome mi diceva, ma io l’ho sempre solo chiamato il Castello. E’ un bel posto. Ci vado qualche volta a scopare, da sola, con Franco, con mia cognata Cristina…— Francesca fu travolta dalla notizia, anche sua sorella e suo cognato frequentavano quel tipo di locali e a quanto sentiva anche la sorella di suo cognato. Felice cercò di comunicargli la sua incredulità ma la lingua sembrava macinare lento e commentò —Allora aveva ragione la Carlotta quando mi diceva che era un posto equivoco— Simona la guardò con benevolenza, come si poteva guardare un bambino sconsolato caduto dalla bicicletta solo per aver imboccato malauguratamente una buca lieve —Ma Franci non essere sciocca. Il castello è tutto meno che un locale equivoco.— cambiò leggermente tono —E poi qualsiasi cosa ti abbia detto quella rozza ignorante è sicuramente da buttare nel cesso. Conosciamo la famiglia di Graziano da una vita, papà li conosceva prima di noi, io conosco il posto, ci vado… perché ti devi fare queste menate ascoltando una a cui io non darei in mano neanche un euro per il carrello del super market?— agitò il libro a mo’ di ventaglio —E poi dammi una ragione per cui non dovresti andare a quella festa— —Non so Simo…— tentò di spiegarsi Francesca che era giunta lei stessa nel pomeriggio a quelle medesime conclusioni. Una parte di lei voleva senz’altro parteciparvi ma c’era un particolare per nulla insignificante che la rendeva nervosa ed insicura, per lei sarebbe stata la prima volta. Simona la capì e prendendole dolcemente la mano le chiese —Ma tu non sei mai fatta un orgia?— —No— sussurrò Francesca guardandosi le nocche della sua mano stretta in quelle di Simona. —Per scelta o perché semplicemente non ti è mai capitato?— Fu felice per quella domanda, era già troppo umiliante confessare quella sua vergogna attanagliante che le impediva di parlare liberamente di sesso con la sorella, ma ancora di più le pesava passare per sessufoba —Non mi è mai capitato— rispose quindi sollevata. —E…?— l’incalzò Simona con un ampio sorriso. Francesca attratta dall’azzurro ipnotizzante degli occhi della sorella si confessò —E allora mi piacerebbe molto… ma ho il terrore di bloccarmi sul più bello— L’aveva detto, era riuscita a dirlo, ora poteva parlarle in piena libertà, considerò felice nel suo più profondo intimo. Era esaltata perché Simona l’aveva accettata, perché Simona l’aveva capita ed era più di quanto si fosse aspettata per l’immediato. Si era sentita a disagio tutta la sera per quella situazione in atto, sempre in bilico tra un omertà selvaggia e la paura di confidarsi con una persona cara. Né soffriva terribilmente perché si rendeva conto di ingannare se stessa, e di conseguenza perché non riusciva ad ottenere la complicità della sorella maggiore. L’emozione fu tanta che si mise a piangere crollando sul petto di Simona. La sorella prese a consolarla carezzandole la schiena mentre le sussurrava all’orecchio —Ma non ti devi preoccupare il giorno dell’appuntamento prima di andare ti fai una doccia, eventualmente ti fai anche un clistere e ti depili bene e tutta. Poi scegli un bel vestito che si possa togliere con facilità, poco trucco nessun gioiello, altrimenti li perdi, e sei pronta— Francesca udite quelle parole si sbloccò. —Simo ho sempre sognato segretamente di farmi scopare da tutta la 5F maschile…— pian piano quelle cose che fino ad allora aveva sempre e solo pensato e sentito dire dai ragazzi, con cui era stata nel segreto di un alcova, ora le desiderava, ora lei stessa le stava riferendo alla sorella —Ma se provo ad immedesimarmi in quello che dovrò, anzi che vorrò fare tra due venerdì… non riesco nemmeno a spogliarmi.— Simona la strinse a se cullandola come un neonato e dopo aver sciolto il fermaglio che teneva legati i capelli ricci ed elastici come tante piccole molle le propose dolcemente —Franci io sono pronta ad aiutarti e ad invitarti, prima, se serve ad una serata nel privè dove vado io, ti va?— Francesca sentì un vuoto alla bocca dello stomaco che le procurò uno violento spasmo ai muscoli delle gambe ancora piegate sotto il sedere. Si sciolse dall’abbraccio cambiando postura ed annuì con vigore. Simona a quel cenno si distese inarcando la schiena e dopo aver recuperato i lembi del tanga sotto la camicia da notte di raso bianco se ne sbarazzò in momento, e tornata in ginocchio incrociò le braccia sui fianchi sfilandosi di dosso la camicia di raso dai bordi finemente ricamanti. —Bene punto primo mettiamoci nude sorellina, perché ti devi solo abituare a farla vedere e a tenerla di più all’aria. —Rimase in ginocchio sul letto mostrando alla sorella il suo bel corpo asciutto e ben proporzionato, dai seni sodi, bacino stretto e ventre piatto assolutamente scevro di peluria. Francesca che in verità aveva sempre avuto caldo dormiva quasi sempre con la sola biancheria intima soprattutto d’estate, e quella sera si era infilata la camicia da notte solo per un gesto di cortesia. Imitò la sorella ma rimanendo in ginocchio sganciò il reggiseno portando le braccia dietro la schiena e con sollievo sentì le coppe rilasciare i seni indolenziti. —Ma con te Simo non mi vergogno… e che sono terrorizzata all’idea di spogliarmi in pubblico— disse e con disinvoltura lasciando cadere il pezzo ai bordi del letto e sempre in ginocchio abbassò le mutandine, che al confronto con il tanga della sorella parevano da bimba. —Franci, non ti terrorizza l’idea di darla via ad una classe intera e invece ti blocchi al solo pensarti nuda?— la canzonò rimanendo muta in attesa di una risposta. Simona la guardava incuriosita e Francesca le ricambiava lo sguardo gettando le pupille allo sbaraglio sul corpo statuario della sorella, senz’altro degno di una modella, impreziosito da una eccezionale levigatezza che ne esaltava le forme ed i dettagli. —Sono scema, eh?— le disse saltando all’indietro. Raggiunse con i piedi il pavimento così che le mutandine tirate quasi sotto le ginocchia caddero da sole e a Francesca non rimase che sbarazzarsi della camicia da notte. Non si guardò per non essere costretta a confrontare il suo pube peloso con quello perfettamente depilato della sorella ed immediatamente si sedette cercando di nascondere la vulva riccioluta tra le gambe sperando che l’altra capisse. —Ma no, lascia fare me, senti ora ti faccio delle domande e vorrei delle risposte sincere— —Va bene Simo, ma prima che inizi voglio farti questa domanda— Francesca non poteva attendere oltre, doveva risolvere subito anche quella sua reticenza che avrebbe potuto facilmente mutare in uno spiacevole imbarazzo in più —Prima quando dicevi depilata intendevi così come te?— —Si sto bene così, vero?— le chiese la sorella sinceramente lusingata dal commento.—Beh… sei…, sei… in ordine— rispose sinceramente Francesca per come l’aveva vista subito, un attimo prima, quando s’erano spogliate — comunque dai fammi tutte le domande che vuoi— Simona si allungò sul letto —Quante posizioni conosci?—le chiese piegando un ginocchio e divaricando l’altra gamba mentre con una mano si sorreggeva la testa bionda. Francesca non poté fare a meno di notare il sesso della sorella aprirsi e richiudersi durante il movimento delle gambe —Quella normale, l’altra su di un fianco… e quella lui sotto ed io seduta sopra, poi basta…— disse rispondendo giocosa. —Bene e i pompini li fai?— La seconda domanda arrivò secca e sincera —Si— rispose notando un particolare in più della vulva della sorella. Dalle labbra gonfie, sicuramente più in rilievo delle sue, una rima faceva capolino curiosa. —Completi?— —Credo di no…— i capezzoli le si indurirono, e così pure quelli di Simona ch’erano più chiari ma più tozzi. —Che vuol dire credi? Non hai mai ingoiato?— —Simo non è ho fatti molti…— confessò sentendo ormai l’esigenza d’aprire anche lei le gambe per far respirare la sua vulva che le iniziava già a pulsare. —No problem, ti insegnerò io sorellina… ti piace prenderlo dietro?— Francesca sciolse le gambe, a quel punto noncurante del suo aspetto —L’ho fatto solo due volte e…— si guardò il pube dai peli riccioli come i suoi capelli —E mi è sempre quasi piaciuto— Simona la guardò incredula sgranando i magnifici occhi azzurri. Cambiò postura sedendosi a fiore di loto e quindi chiese scotendo il caschetto biondo —Anche la prima volta?— —Si— ammise solare Francesca —Alberto mi aveva messo durante tutti i preliminari un piccolo cetriolo nel culo e ce lo aveva lasciato fin quando non me l’ha tolto per mettermi dentro l’uccello.— spiegò Francesca ricordandosi anche che Alberto aveva per un po’ insistito che lei si rasasse, però non l’aveva mai accontentato. —Bene Franci… e come stai a confidenze tra amiche?— Francesca dentro di se era in spasmodica attesa per quella domanda. Sapeva dei giochi di Saffo e non era mai riuscita ad escludere a priori quel tipo di rapporto —No Simo non l’ho mai fatto…— dichiarò candidamente senza vergogne. Ne era consapevole che quei giochi tra donne, come tutto ciò che riguardava il sesso, fino a quel momento erano convissuti dentro di lei in uno stato di quiescenza clandestina. Però non resistette e in tono di scusa aggiunse —Me l’aveva accennato la Carlotta che c’era anche la possibilità di farlo con altre ragazze— —Lascia stare la stronza, ma tu con le compagne quando vi chiudevate in camera a toccarvi non facevate niente insieme?— —No, ci toccavamo da sole— rispose ripensando alla grande casa paterna di San Giustino che, prima con Simona e poi con lei, era stata testimone e complice dei primi amori, e dei primi bollori da ragazze. Simona tornò a slacciare le gambe e tenendole aperte di fronte alla sorella commentò —Beh Franci dovrai recuperare con le ragazze ma per il resto non sei messa male… ci vuole solo un po’ per abituarti a stare nuda— Francesca deglutì a fatica —E come facciamo?— disse perdendo gli occhi su i particolari della vulva che depilata offriva tutta una gamma di colori impensabili se ricoperta di peluria. Il color pesca del pube diventava ocra sulle grandi labbra e baio in alcuni punti più interni dove non era già di un intenso rosso rubino. Scosse leggermente il capo ritrovandosi a constatare mestamente che non sapeva di che colore fossero le pieghe più interne della sua vulva. —Fin quando rimarrai a casa mia in questi giorni non ti lascerò mettere le mutande…— le disse abbracciandola —E adesso andiamo in sala, ci vediamo un porno e ci facciamo un bel ditalino.— Francesca percepì nettamente i capezzoli di Simona sfiorare il suo seno e le dita della sorella sfiorarle i fianchi —Un porno Simo, ma è roba da maschi.— —Ah si, e cosa sarebbe da femmine?— le rinfacciò Simona alzandosi dal letto —Forse un bel romanzetto rosa fatto solo di sospiri e tante belle menate?— ribatté rimarcando altrettanto superficialmente, poi preso il lungo corridoio che dalla zona notte passava alla zona giorno vi si incamminò lentamente. —Cazzo Simo, scusa se mi ripeto ma parli come un maschio— ribatté immediatamente, e altrettanto velocemente Francesca ma se ne pentì quasi subito. —Che risposta scema,— pensò. Seguì la sorella per l’enorme casa e quando furono davanti ad un grande armadio in legno di noce nei pressi del gigantesco televisore spalancò gli occhi sbalordita. Dietro le ante si celavano quasi cinque file di video cassette, alcune chiaramente acquistate altre etichettate a mano con il pennarello; una riportava: Maggio 2002 compleanno di Simona. —Ecco la nostra porno teca con film commerciali e nostri filmini— spiegò Simona e cercando tra i titoli aggiunse —Per te ci vuole qualcosa come… un bel trio. Due donne e un uomo, eccola qui!— —Simo, se ti vedesse Alberto… con tutte queste cassette porno— —Chi è Alberto?— —Niente, è solo uno con cui sono stata per quattro mesi— accennò con gesto vago della mano —Era uno molto pimpante, estroso e maschio… spesso facevamo l’amore guardando un filmetto porno… o meglio lui lo guardava per eccitarsi, io ne potevo fare anche a meno— —Hiii Franci lo vedi che sei tu che parli da repressa. Io dagli uomini ho imparato molto come penso di aver dato a mia volta… certo non dico assolutamente d’essere arrivata a comprendere l’universo tutto, ma una cosa l’ho capita: ma lasciarsi trasportare dal furor di popolo. Mi faccio coinvolgere dagli istinti si, dalla foia si, eppure ti sembrerà strano ma ho imparato a scantonare ciò che sembra giusto fare solo perché si dice che è una cosa normale. Allora ti chiedo perché io, donna, dovrei precludermi il piacere di un porno, ogni tanto, o magari anche tutte le sere se sono sola quando magari sono stanca e non ho neanche la forza di inventarmi una bella storiella per eccitarmi?— —No lo so…— intercalò Francesca andandosi a sedere sul divano. Simona infilò la cassetta nel videoregistratore ed attivò i comandi per la visione —Franci lasciati andare e ascoltami, ti sogni d’essere in mezzo ad un orgia e ti rifiuti di guardare una cassetta? Ti sembra logico?— Sul televisore comparve un ufficio con due scrivanie ai lati e due donne stavano lavorando sedute compostamente. Quella che sembrava più anziana prese una telefonata e dopo qualche secondo ordinò alla ragazza più giovane delle pratiche. La biondina dopo aver recuperato il materiale s’avvicinò alla donna più anziana che dopo aver verificato delle cifre sui fogli ficcò entrambe le mani sotto la gonna scozzese della ragazza abbassandole le mutande. Francesca che fino a quell’attimo aveva ripensato alle parole della sorella sussultò —Sono un po’ confusa…— —In effetti, sei un po’ una frana.— disse Simona spiando la sorella sempre di più attratta dalla mosse del film; ora la donna anziana stava verificando la rasatura della giovane complimentandosi con la ragazza per la levigatezza della pelle. A Simona dispiaceva distrarre la sorella dal film ma aveva altre cose che riteneva necessario dire subito e aggiunse —Francesca è per questo che non voglio che tu ti faccia tutte queste menate.— disse indicando le immagini —Che ci trovi di così tanto alto nel torturarti senza motivo? Se sei ancora innamorata di lui lascia che le cose vadano come debbono andare. Lui ti ha invitato a scopare ed è un buon punto di partenza e probabilmente lui vorrà frequentarti un po’ prima di decidersi. Allora tu vedi di essere la più rilassata possibile, non asfissiarti e non asfissiare lui, specialmente cerca di vincere qualsiasi gelosia sessuale. Perché se adesso che siete ancora liberi da legami riuscite a chiedervi assoluta sincerità la vostra libertà sessuale, il vostro legame affettivo non potrà che giovarne— Francesca prima di rispondere buttò un occhio al film; le due donne erano a rapporto dal direttore. Cominciava a capire come sarebbero finite le cose. Sospirò ed aggiunse —Però se poi lui non mi vuole più… e mi ha invitata solo per fare numero?— Simona scrollò la testa e accesasi una sigaretta recuperò un telo morbido da una cesta vicino al grande divano e continuando a tenerlo sulle braccia continuò —Detta così… è un po’ superficiale, ma supponiamo pure che per lui ti abbia invitata alla festa solo per sfizio. Così potrebbe anche puzzare di alibi… per defilarsi senza darti spiegazioni. Ma se ci pensi bene non regge. Non ha senso perché è come se la vostra amicizia, il vostro amore passato non valesse la fatica di spiegare. E poi perché perdere tempo ad invitarti alla festa privata dopo due lunghi anni e dopo averti incontrato per caso? Non mi sembra un ragazzo vendicativo e tu non devi farti prendere da questa ansia da fallimento, di svalutazione, di inadeguatezza… E che diamine! Va bene il grande amore, ma è già tornato così grande da starci male? Io non credo proprio.— Francesca si alzò dal divano perché la sorella aveva preso a distendere il telo sul pregiato tessuto arabescato. Ne intuì il motivo e con molta discrezione si toccò il fondo delle natiche per sincerarsi sul suo livello di umidità. Sembrava ancora asciutta e allora rispose —E se io alla fine non riesco a conciliare quello che provo per lui con la festa, e se non ci riesco ad accettare queste condizioni? Rischio un totale fallimento.— —Franci, sii femmina!— l’esortò con enfasi Simona abbassando l’audio del televisore. Le due donne ora si stavano dividendo l’uomo; la prima fattasi sodomizzare le sedeva sull’inguine, mentre la seconda gli leccava i testicoli facendo anche buona cura della vulva dell’altra. I loro vagiti erano così forti che Simona dopo aver abbassato l’audio poté continuare —Prima di tutto che centra il sentimento che provi per lui con la festa?— domandò buttando con un gesto plateale il telecomando sul tavolino di vetro —E poi, una volta per tutte, ammetti con lucidità che ancora non hai digerito la prima volta che vi siete lasciati… Perché sono passati due, non anzi quasi tre anni e lo devi considerare un punto chiuso, basta! Si certo abbiamo sofferto tutte per il dolore, la depressione per questo, e altri mille crudeli abbandoni. Ma basta perché l’ora è scossa! Adesso ti deve tornare la voglia, il desiderio di recuperare la fiducia in te stessa. E questo può voler anche solo dire scopare per qualche tempo, trombare e basta… e senza cercare delle storie improbabili per dire: ho l’uomo che mi fotte.— Francesca la guardava come inebetita ma l’occhio era sveglio. Simona non se ne curò e andando dritta per la sua strada aggiunse con enfasi —Io, dico semplicemente scopare, tu Francesca ti porti a scopare, e lo fai solo per te Francesca. Devi sperimentare a fondo che gli uomini ci desiderano. Perché abbiamo bisogno dei soli amici per fare scorta di coccole, di apprezzamenti e di rassicurazioni, per sentirci più forti. Ma senza fare il passo più lungo della gamba, e se c’é solo da scopare si scopa, se c’è da innamorarsi ci si innamora, e poi si scopa ugualmente, ovvio!. Ma guai ad invertire le cose o a teorizzare cazzate del tipo il sesso può aspettare, attendo l’amore.— —Capitolo 2— Francesca nuda e al centro dell’ampio letto matrimoniale aprì gli occhi perfettamente risposata. Immediatamente ricordò ogni dettaglio della serata, come del resto ricordò ch’era sabato mattina e che si era addormentata alle tre e mezza. Avevano chiacchierato, litigato e si erano confidate per più di un ora guardando film pornografici, e tra un’ammissione ed un commento avevano giocato con i loro corpi. Simona, la più spontanea, aveva trascinato Francesca che non si divertiva così da tanto tempo. Agì sul telecomando ed i serramenti della finestra si ritirarono silenziosi lasciando entrare la luce del sole che, calda, baciò il suo corpo. Si stirò ancora una volta e presa da un impellenza fisiologica si alzò scattante dal letto dirigendosi verso il piccolo bagno. Seduta sul water notò quasi subito un foglio di carta sul quale si potevano già intravedere da lontano i segni di una vivace scrittura. Sopra di esso, quasi a tenerlo fermo, un rasoio ed una forbice. Recuperò immediatamente il biglietto e lesse avidamente —Francesca sarò di ritorno per mezzo giorno e poi sarò tutta per te. Intanto puoi iniziare a depilarti. Troverai tutto l’occorrente nel bagno grande (Ti ho lasciato tutto fuori sul mobile), e ricordati di passare il rasoio dappertutto. Bacioni, tua Simona— Francesca dopo aver letto un paio di volte il biglietto si allungò di nuovo verso il mobile lasciando il foglietto di carta giallo nel punto dove l’aveva trovato e, prese le forbici, iniziò a tagliare alla rinfusa ciocche di peli castani e riccioluti del pube. Non voleva assolutamente che la sorella ritornasse dal giornale prima che lei non si fosse messa in ordine. Simona durante tutta la serata non le aveva fatto pesare minimamente quella sua intima sciatteria e per quella cortesia le era profondamente riconoscente. Ma ora non poteva più rimandare, l’imbarazzo era già stato abbastanza grande. Smise di sfoltire il pelo alla rinfusa e passata sul bidè prese a lavarsi cominciando ad immaginare la luminosità della pelle liberata dai peli. Frizionò ogni parte prima per lavare e poi per esplorare con le sue dita curiose. Le rime più interne erano ancora sopite ma potenzialmente esplosive, la zona del perineo sembrava elettrica e l’ano vicino palpitava nervoso. Ma quando con le dita tentò di recuperare il clitoride inarcò la schiena come trafitta da una saetta roboante. Tolse subito le dita. Non poteva permettersi di perdere del tempo prezioso. Voleva sicuramente presentarsi a Simona già perfettamente depilata, e voleva farlo con calma. Allora studiò il da farsi. Constatò subito che e il lavoro maggiore sembrava essere proprio la zona vicino alle cosce dove le gambe si fondevano nel bacino e il taglio delle natiche si trasformava magicamente nella vulva. Si alzò di scatto e dopo essersi asciugata lanciò un ultimo sguardo, per nulla malinconico, al pube ora a chiazze dando la peluria ormai per spacciata; la parte sul basso ventre era palesemente la parte più facile. Si recò immediatamente nel bagno grande dove trovò effettivamente sul mobile dal piano di marmo rosa flaconi e tamponi tutti accompagnati da un foglietto di carta gialla. In un angolo del bagno c’era una poltrona da barbiere che chiaramente modificata presentava un braccio mobile su cui era sistemato uno specchio. Girato opportunamente questo finiva in mezzo alle gambe permettendo alla signora che si depilava di raggiungere con la vista ogni punto del suo corpo. Francesca lesse tutti i biglietti lasciatole dalla sorella e poi si mise al lavoro. Sfoltì per quanto poté con le forbici il pube e le zone dove il pelo si ritrovava lungo e arricciolato. Poi recuperato il primo flacone si insaponò tutta, dall’interno cosce al pube e sedutasi sulla poltrona da barbiere iniziò a passare il rasoio. Con un sorriso felice, allargò le gambe per mettere bene in vista la vulva ricoperta di schiuma. Le grandi labbra erano socchiuse e ai bordi, tra i peli, brillava un filamento biancastro. Il cuore prese a batterle forte. Si stava eccitando al solo pensiero di prendersi cura di se. Prese subito a passarsi il rasoio rosa delicatamente sui bordi esterni della vulva. In una sola passata vide un ciuffo cadere inerte nella bacinella e subito dopo poté vedere meglio le grandi labbra e le rosee mucose vaginali. Si aprì la strada con due dita e fu per lei semplicemente elettrizzante. Allora ripassò la lametta sul pube oramai rasato ritoccando l’interno cosce e i bordi. Rifece quel percorso più volte perché la sensazione tattile della pelle rasata le metteva in corpo un eccitazione quasi incontrollabile. Ma non era ancora il momento per masturbarsi e scesa dalla poltrona riempì il bidè di acqua calda accomodandovisi a gambe larghe. Le mani scivolarono in mezzo alle gambe, accarezzando, lavando, sciacquando, disperdendo quel pelo castano e riccioluto caduto sotto i colpi del rasoio ultimo testimone d’una pelosità ormai lontana. Prese allora un tubetto di crema indicatole dalla sorella dal solito biglietto giallo e l’applicò dapprima con due dita, poi passando tutta la mano sulle labbra del sesso. La pelle frizionata dall’unguento era fresca ma anche straordinariamente morbida e vellutata. Lentamente tolse la mano, facendo scivolare le dita deglutendo per l’emozione. Si asciugò e dopo essersi infilata le ciabatte andò a far colazione. Nella cucina dalle generose proporzioni riuscì a trovare il necessario per il caffelatte, e messo a scaldare il latte si decise ad aspettare sul terrazzo. Aprì la porta finestra e nuda uscì all’aria aperta e senza pensarci si appoggiò alla murata godendosi il panorama dal decimo piano. L’attico non aveva terrazzi dalle ringhiere in ferro e di conseguenza il suo corpo nudo era praticamente invisibile. Fu allora che cominciò a rivedere le immagini dei film visti quella notte. Da principio erano soltanto dei flash quasi impercettibili, come un lontano ricordo ormai spento. Poi le macchie di luce si fecero più nitide, contornate, ammiccanti, essenziali, colme di passione erotica. Rientrò in casa, rabbrividendo di piacere per non assistere involontariamente immobile al suo orgasmo. Godimento che prima o poi, ne era sicura, sarebbe arrivato con la forza di una slavina. Non servì a nulla. Le immagini sembravano filtrare attraverso i muri come membri turgidi che penetravano vagine e ani, bocche assetate di sperma, e quei ricordi colmavano la sua fantasia quasi fosse una cassa di risonanza. Appoggiata al mobile della cucina vicino al bricco del latte ormai in ebollizione prese a massaggiarsi con il palmo della mano la vulva correndo incontro all’orgasmo. Il latte gorgogliava spumeggiate ma Francesca non voleva ascoltare. Tanto piacere era davvero troppo perché lo potesse interrompere. Quei ricordi la arrapavano, il piacere le entrava nelle ossa come una fluido magico, lasciandola senza forze, incapace di distogliere l’attenzione da ciò che aveva visto nei filmini e da ciò che avrebbe potuto fare lei stessa nel privé. Risentiva vagiti, rivedeva natiche maschili oscillanti davanti ad altrettante natiche femminili, ricordava bocche ansimanti scagliate con impeto contro vulve pulsanti e umide di umori. Avrebbe voluto anche lei essere li, fare qualcosa. Sentiva che era necessario unirsi a quei corpi prima di perdere quella magnifica opportunità, ma era ancora come paralizzata, tutto il suo essere femmina era concentrato nella sue dita che strapazzavano il clitoride. Quando l’impeto dell’orgasmo svanì lasciandola per un breve attimo appagata spense il fuoco sotto il bricco del latte e si concentrò come un automa solo sulla colazione. Ripuliti i fornelli dal latte rappreso sulla grata e sul piano di acciaio si diresse senza indugio verso la sala dove avrebbe aspettato la sorella guardandosi ancora filmini porno, ma passando per il corridoio si soffermò davanti allo specchio. Rimase con gli occhi incollati sulla vulva, guardandola con la medesima intensità con cui si poteva guardare un amante. Era follemente innamorata del suo corpo ed eccitata per come iniziava a saper guardar le altre donne, sebbene lei fosse una donna. —D’altra parte, come avrebbe potuto non eccitarsi per un corpo femminile impegnato in un orgia?— pensò carezzandosi con molta levità la pelle levigata del pube. L’idea d’essere la donna di tutti la seduceva, la ubriacava e quello stato di benessere le entrava nelle ossa ogni minuto di più. C’era qualcosa di magico nel pensarsi avvinghiata ad altri scambiandosi piacere ed era quel sentimento così puro che la rendeva ancora più speciale per il suo più grande amore. Lui, l’amico di sempre, non aveva assolutamente preteso che lei rinunciasse alla libertà sessuale, nemmeno quando a causa sua, vissero il sesso solo all’interno della coppia. Graziano non ne era geloso, e gliene era immensamente grata, e né andava fiera di potersi stringere ancora di più ad un ragazzo così intelligente e libero dai condizionamenti. Aprì l’armadio con le video cassette e l’attenzione tornò di nuovo su di un titolo scritto a mano che riportava: Maggio 2002 il compleanno di Simona. Rimase qualche istante, rigirandosi la cassetta tra le mani, immobile per decidere se fosse giusto spiare nelle cose di sua sorella. Poi con l’impegno di spegnere tutto in caso si fosse imbattuta in cose troppo private infilò la cassetta. Il filmato partì subito e in un sotto fondo roboante di voci chiassose Francesca trasalì. Abbassò il volume e cercò di capire cosa fosse quel punto blu sfocato al centro dello schermo; tutto era rosa e per nulla definito, a parte quel punto blu che sembrava oscillare e prendere forma. Una delle voci più forti e nitide sembrava essere proprio quella di suo cognato e man mano che i secondi passavano l’immagine si definì sino a scoprire le forme di sua sorella Simona. Il rosa era così diventato il sedere della sorella piegata a carponi sulla tavola davanti ad una gigantesca torta, e il punto blu era un vibratore infilato nel retto. Diverse persone circondavano il tavolo, uomini e donne tutti completamente nudi; le signore radunate dietro la torta si toccavano le vulve depilate mentre gli uomini ai lati del tavolo si masturbavano puntando il corpo della sorella. Francesca andò a sedersi come inebetita sul divano buttandosi a gambe aperte, e senza nessuna remora prese a strofinare il palmo della mano sulle labbra della vulva stuzzicandone così il clitoride. Evitò di chiudere gli occhi ma inarcò il corpo e strinse le natiche non appena le immagini si mossero. La video camera era tenuta evidentemente dal cognato che salito alle spalle della moglie stava riprendendo tutta la tavolata. Si potevano udire distintamente i vagiti acuti delle signore e i grugniti sordi degli uomini che poggiati sul bordo del tavolo si masturbavano in onore della festeggiata. L’immagine strinse per un attimo sulle candeline dalla forma fallica che brillavano allegre sulla torta per poi passare in rassegna dei tanti pugni che stringevano altrettanti membri dai glandi ormai paonazzi. L’angolo di ripresa si allargò di nuovo sulle signore che a turno offrivano da leccare le loro mani intrise di umori ad una Simona che d’improvviso tradì con un cenno di plauso l’accendersi il pene meccanico che aveva infilato nel retto. Francesca riconobbe la mano del cognato azionare l’interruttore del vibratore e in sequenza vide anche il grosso pene teso dell’uomo infilarsi nella vagina della sorella. Bloccò l’immagine e ristette a guardare quel pene affondato per metà finché il video registratore non ripartì automaticamente allo scadere del minuto, limite invalicabile del fermo immagine. I volti e i dettagli incominciarono a traballare vistosamente e Francesca strizzando gli occhi salutò il suo primo orgasmo con il quale si caricò ancora di più ed accolse arrapata il primi schizzi di sperma che colpivano il corpo della sorella. Schiena, viso e capelli erano i bersagli principali degli uomini che come impazziti si masturbavano ad un palmo dalla festeggiata imitati dalle loro mogli che sempre a turno andavano in pellegrinaggio verso la bocca di Simona offrendole i loro umori e spargendo con le dita quelli dei loro mariti. Ad un certo punto la telecamera passò di mano e Francesca poté vedere il cognato prendere la sorella per i fianchi. Intensificati i colpi, l’uomo non si fermò sino a quando evidentemente al limite si sfilò e sfilato anche il vibratore terminò la sua corsa nell’ano godendo così nell’intestino della sorella. Ascoltò i gemiti di Simona che le ricordavano una suonata per pianoforte, uno zampillare di argentino di fontanelle, una manciata di biglie d’acciaio sul parquet del bowling. Se fosse stata un uomo si sarebbe innamorata immediatamente di lei. Invece sua sorella apparteneva all’uomo che la stava inculando. Simona in preda all’orgasmo prese ad ansimare così forte che con il fiato spense le candeline sotto uno scrosciare di mani e tra membri flosci e vagine arrossate la compagnia prese a fare gli auguri ad una festeggiata dal volto stravolto dall’orgasmo e rigato di sperma. Il filmino finì ed un blu elettrico prese possesso del video spodestando quelle immagini così belle e cariche di umanità. Rimase come inebetita con la testa frastornata dagli orgasmi ripetuti che si erano succeduti con vigore dentro di lei sconquassandola. Sapeva quando aveva infilato la cassetta nel videoregistratore che il tenore di quella festa doveva essere esattamente quello di un orgia casalinga tra amici. Ma il divario emozionale tra il supporlo ed il vederlo era stato esattamente come il tuffarsi da un trampolino e ritrovarsi in acqua senza nemmeno fare in tempo a formulare anche un solo semplice pensiero. Con quelle immagini ogni dubbio si era dissolto, era svanito nel nulla adesso che aveva visto sua sorella e tanta altra gente come lei, lì all’altro capo del mondo, scopare semplicemente come dei perfetti atleti del sesso. Era incredibile. Proprio ad una normalissima festa di compleanno, con tanto di torta ed invitati, tutti avevano scambiato con la festeggiata panna e umori. E non era una festa come le altre, come quelle che aveva odiato sin dai tempi del liceo e che le ricordavano solo delle lunghe e noiose partite a monopoli, no. Quella era davvero una festa con la effe maiuscola, anche se doveva essere sincera con se stessa. Non sopportava dividere il mondo tra quelli che avevano capito quella sottile differenza e chi no, ma in quel momento non riusciva a trovare altre parole per descrivere la gioia. Si promise di cercarle appena l’eccitazione accesa dentro di lei si fosse almeno sopita. Si stropicciò gli occhi con le dita profumate di umori. Era quasi stanca di prima mattina, ma si sentiva benissimo. Voleva soltanto pensare che era felice per aver accettato l’invito di Graziano e sperare che la sua decisione fosse davvero quella giusta. D’altra parte era più che sicura che fosse molto più facile sbagliare una vita fatta di istinti repressi che dedicarsi con semplicità ai piaceri e all’amore vero e proprio. —Buon giorno cognatina— disse forte ed inaspettata una voce alle sue spalle. —Eh, ciao… Franco come va?— rispose Francesca di soprassalto voltando la testa verso il punto da cui aveva sentito provenire la voce. Non pensava di dover ricevere nessuno, Simona non sarebbe rientrata almeno prima di un ora e la casa fino ad allora era stata dolcemente silente. Si erano sentiti solo i vagiti suoi e quelli dei filmini che aveva guardato sino a quel momento. A gambe aperte e con la mano sulla vulva guardò suo cognato, come solo una donna eccitata poteva guardare un bell’uomo. Gli guardò con insistenza la patta dei pantaloni sapendo benissimo, per averlo visto nel filmino, che il marito di sua sorella era in possesso di un pene considerevole. Avrebbe voluto toccargli il sesso ma un brivido di vergogna la fece arrossire, e con un gesto istantaneo chiuse le gambe —Oddio, mi spiace— disse debolmente. —Ma no Francesca, che fai? Eri partita così bene— le disse l’uomo carezzevole —Simona mi ha detto tutto al telefono— —Simona ti ha parlato di me?— chiese Francesca che sempre seduta sul divano guardava l’uomo dall’alto in basso. —Si è mi ha detto tutto e tra le altre cose mi ha anche accennato al fatto che ti ha lasciato un compito…— disse lui giocoso prendendole le mani per invitarla ad alzarsi —Ti detto di fare una cosetta per domani pomeriggio, non è vero?— Francesca si alzò in piedi e pian piano quel groppo alla gola che le ingorgava il respiro diventò solo uno spiacevole incidente —Ma tu da quanto sei arrivato?— —L’aereo è arrivato stamattina alle nove, poi sono passato in ufficio per lasciare il materiale della conferenza e adesso sono qui a prendermi cura delle mie donne, delle mie due belle sorelline— disse guardando il corpo snello e slanciato della cognata. —Vuoi dire che tu… dopo il viaggio non sei venuto subito a casa per… non disturbarmi?— chiese Francesca a questo punto a disagio per l’evidente incomodo che si stava creando a causa sua. —Francesca, non dire… — reagì l’uomo con vigore —Non dire stronzate! Scusa la sincera volgarità ma tu sei di famiglia, anche se l’ultima volta che ci siamo visti tutti insieme, ahimè era solo per un innocua cena, il Natale scorso.— —Lascia, sono abbastanza volgare anch’io— rispose accomodante Francesca —E allora ti ringrazio per avermi lasciato la casa libera, questa mattina… e piacere di rivederti dopo quasi un anno— —Il piacere è tutto mio— rispose pomposo l’uomo esibendosi in un bacia mano. Quelle lunghe dita intrise di umori vaginali furono baciate ed annusate virilmente da Franco che dopo un interminabile istante folgorò la cognata con uno sguardo letteralmente arrapato —Ma quale volgare! Tu non sei volgare… Francesca sei sempre stata una splendida ragazza ma ora che ti vedo nuda, con la fica depilata, il ventre piatto, i fianchi dolci… le tette dure e le manine sporche della tua sborra… beh me lo fai tirare e non posso assolutamente esimermi dall’invitarti a scopare, adesso, qui mentre aspettiamo Simona.— Francesca gli saltò al collo felice —Accetto volentieri— ansimò —Non mi sono mai sentita lusingata come in questo momento— —Vuoi guidare tu?— le domandò sempre tenendola stretta fra le braccia. —Non sono così sfacciata dal pretendere di insegnare al maestro— rantolò Francesca. —Ti ho già visto all’opera… sai?— accennò indicando il televisore. —Uh, non essere sciocchina,— la blandì dolcemente abbracciandola forte e giocando con i suoi glutei —dimmi allora cosa vorresti fare sopra ogni cosa— Francesca deglutì eccitata e le parole solo dopo un secondo uscirono rauche della gola —Prendertelo in bocca… fino alla fine— —Non essere così precipitosa… abbiamo tempo— le disse guidandole la mano sul gonfiore del pene che iniziava a lievitare a tal punto che il glande andava scappucciato ritraendo con le dita la pelle che cominciava a stringere. —Ma io voglio farti venire in bocca, nella mia bocca che terrò ovviamente chiusa fino alla fine…— spiegò Francesca cercando la lampo dei pantaloni. —Si certo, ma non è detto che tu debba fare tutto in quell’ordine— accennò Franco lasciandola volutamente in sospeso per godersi quella la sua espressione genuina di ingenua ragazza arrapata. E solo dopo un lungo attimo iniziò a slacciarsi la camicia riprendendo a parlare —Inizieremo come vuoi tu con un pompino, ma continueremo con altre belle cosette, e alla fine, solo alla fine ti farò l’onore di venirti in bocca— Francesca rantolò di piacere stringendo il membro turgido del marito di sua sorella Simona —Allora cosa debbo fare?— —Aiutami a mettermi nudo… lo spogliarello maschile non è il massimo dell’eleganza— Francesca si inginocchiò davanti all’inguine di Franco. I suoi seni spingevano orgogliosamente contro la stoffa dei pantaloni, e le sue mani desideravano ardentemente carezzare quelle gambe ritte e muscolose. Francesca gettò uno sguardo ardente sulla patta ancora chiusa dei pantaloni facendo scivolare le dita sotto il cavallo ad accarezzare i testicoli. Per Francesca quasi quattro mesi di astinenza avevano reso goffi i suoi movimenti. Non disse nulla per qualche secondo, ma aiutata da Franco sciolse la stretta della cintura, sbottonò i pantaloni ed abbassò i boxer. Sul volto di Francesca sbocciò un caldo sorriso —Ciao bel pisellino,— disse rauca sottovoce —È bello vederti. Chiunque tu sia— recitò giocosa aiutando Franco a togliersi la giacca e a slacciarsi la camicia. E fu lui che per primo si prese in mano il pene finendo di scappucciarlo, e con il glande completamente esposto presentò il trofeo alla cognata —Anche per me è bello,— rispose avvicinando sempre di più il pene al volto della ragazza. Francesca posò le labbra sul pube peloso abbracciando le gambe che sentiva sode e nervose. Franco sentitosi circondato dalle delicate braccia della ragazza le mise amorevolmente le mani sulle spalle e dopo qualche istante si irrigidì percependo il morbido tocco della lingua avvolgergli il pene. Continuò a slacciarsi la camicia, finché finì di spogliarsi mentre lei continuava a succhiarlo e leccarlo. Guardò ancora per qualche istante le labbra di Francesca che contornavano il pene e lentamente, ma progressivamente la ragazza si mosse risucchiando, leccando e accompagnando la masturbazione con una mano sui testicoli. —Francesca ora facciamolo assieme— le sussurrò invitandola verso il divano dove la fece accomodare in modo da poterle raggiungere la vulva con il viso. Franco disteso di schiena l’accolse sopra di lui, e toccò sempre a lui dirigere le operazioni. La fece rigirare e, con un’evoluzione da valente contorsionista, le lasciò il pene in bocca distendendosi su di lei. Con il viso affondato nel pube umido e depilato giocò con il clitoride di Francesca; lei a sua volta si infilava il pene in bocca sino in gola, succhiandolo e leccandolo senza eccessiva fretta. Smisero di risucchiarsi a vicenda quando Francesca tuonò il suo primo orgasmo bagnando il viso di Franco; l’uomo poté notare solo allora gli occhi della ragazza ammantati e protetti da un velo di eccitata gratitudine. Lei si distese su di un fianco, Franco la raggiunse, accarezzandole la vulva, aperta, calda, umida, con la pelle morbida viscida di umori e saliva. La sentiva fremere sotto le sue dita. Fece per penetrarla, ma lei si girò su di un fianco —Da dietro, Franco da dietro— Franco allora infilò il pene in mezzo alle gambe e Francesca con una mano lo diresse verso la vulva; quando al tocco lui percepì le grandi labbra spinse il pene fino a sentirlo entrare. Lei muoveva il bacino, quasi a voler condurre la penetrazione, mentre lui spingendo a sua volta con energia le stringeva i seni che al tatto gli parevano perfino più grandi. —Francesca ora cambiamo— gli sussurrò ad un orecchio chiedendole di assecondarla. Lei lo guardò distendersi di schiena sul pavimento chiedendogli—Cosa faccio ora?— —Vienimi sopra a spegni moccolo— —Ho capito— disse lei mettendosi a cavalcioni ma in ginocchio, sul petto del marito di sua sorella. —Non così— la corresse —Alzati e puntando i piedi atterra centrami l’uccello, io lo terrò dritto con le mani— spiegò Franco puntellando il pene verso l’alto. Francesca con molta agilità appoggiò appena la vulva sul pene, poi, con un colpo deciso, scese verso il pube. —E adesso che faccio?— chiese Francesca ansimante. —Se ce la fai a sorreggerti con le gambe… prova a muoverti su e giù— rispose Franco con il respiro tremolante per lo sforzo e dal piacere. Francesca si fermò a prendere fiato e poi prese a muoversi su e giù come le era stato suggerito, e sempre più velocemente raggiunse l’orgasmo in un urlo liberatorio. —Scusami, ma erano mesi che non godevo così— spiegò al cognato stravolta ma felice —Tu non sei venuto, però?— —E’ ora per me di esaudire il tuo desiderio— gli ricordò Franco alludendo alla voglia di Francesca di poter ingollare il suo sperma. —Ho cambiato idea… ti dispiace?— le disse lei in tono di scusa rimanendo sempre a cavalcioni del pube e con il pene sempre conficcato dentro di lei. —Vuoi che ti venga dentro adesso, o semplicemente addosso?— chiese lui per niente infastidito da quel cambio di programma. —No, no Franco mi è venuta voglia di prenderlo nel culo…— disse infervorata ed arrapata ma l’uomo la guardò con aria interrogativa e lei si sbrigò subito nel fornirgli una spiegazione —L’ho preso altre volte nel culo e sono andata in bagno meno di due ore fa— —Allora va bene— acconsentì Franco. —Sentire un uomo che mi viene nel sedere è, è semplicemente fantastico— disse gioiosa sfilandosi dal suo ventre per mettersi subito a carponi. Franco si spostò dietro di lei e puntò il pene verso il sedere. Inumidì un dito di saliva e di umori vaginali con il quale bagnò più volte l’ano fin quando il muscolo non reagì alle stimolazioni rilasciandosi. Allora e solo allora avvicinò il glande all’ano palpitante. —Sei pronta cognatina?— —Si, non ti preoccupare, spingilo dentro— lo incitò Francesca che con la mente era lì, su quel glande poggiato tra le sue natiche che ancora Franco non si era deciso a spingere dentro —Dai, dai…— l’implorò e Franco afferratola i fianchi con un colpo deciso di reni la penetrò all’improvviso. Il pene dritto scivolò nelle sue viscere senza incontrare ostacoli. —Così piccola?— —Certo, certo cosi…— —Allora adesso mi faccio un giretto, eh?— disse Franco ritraendo senza estrarlo il pene per affondarlo di nuovo ed iniziare il classico movimento avanti ed indietro. Le pareti del retto stringevano il pene di Franco che percepiva sempre di più l’orgasmo montargli dentro, acme che si manifestò con il risalire del primo fiotto di sperma lungo il canale spermatico. —Eccolo, eccolo…— urlò di nuovo Francesca mugolando partecipe il suo nuovo orgasmo sull’onda di quello di Franco che fu potente ed estremamente fruttifero. La tenne abbracciata di schiena finché con il pene ormai floscio non gli restò che estrarlo umido di sperma. —Eri in arretrati, vero?— Francesca si girò verso di lui, sorridendogli e lo ringraziò —Franco, non tutti sono disposti a farti godere così. L’ultimo ragazzo ad esempio non mi ha mai inculata.— spiegò seria, ma quando vide il pene rimpicciolito si distrasse ed iniziò ad accarezzarlo coccolandolo —E poi anche per le scopate normali era un po’ una noia… — si avvicinò ancora di più al cognato abbracciandolo, stringendolo forte, schiacciandogli i seni contro il petto —Grazie ancora per quello che tu e Simona state facendo per me— Francesca da quando era entrata in quell’attico stupendo, in quel luogo di prestigio tutto vetri e terrazze fiorite affacciate su una Milano più che mai viva, era letteralmente rinata. Tutto le sembrava più chiaro, netto e pulito. Certo c’era qualche imperfezione qua e la, qualche paura da combattere, ma sapeva bene come era importante non forzare le tappe. Era conscia che il tempo a sua disposizione era così poco e prezioso, tanto da preferire trascorrerlo nel modo migliore possibile. Ma aveva anche una gran paura che assieme alla foga di conoscere, tralasciasse, escludesse qualcosa di indispensabile. E allora navigava a vista senza costruire la sua vita solo sui dei principi astratti, e quello era assolutamente il momento della concretezza. Appena Simona rincasò fu accolta da una selva di urla di incitamento. In una sala dal pavimento tappezzato di vestiti buttati in terra alla rinfusa e dell’inequivocabile profumo di sesso trovò il marito e la sorella che le gridavano —Nuda, nuda, nuda….— —Capitolo 3— —Uhm, voi avevate fatto qualcosa, eh?— aveva risposto giocosa Simona odorando a pieni polmoni quella fragranza dai poteri assolutamente taumaturgici. —No mamma— avevano risposto loro in coro. —Mamma un corno!— aveva risposto lei fingendosi arrabbiata —Invece di stare li abbracciati perché non venite ad aiutarmi in cucina che è ora di mangiare?— —Chiamiamo la pizzeria, Crick?— domandò Franco appellando la moglie con quel piccolo vezzeggiativo che rispondeva ovviamente al suo speculare Crock. —No. Dobbiamo festeggiare la Franci ed ho ordinato tutto al ristorante— l’informò Simona raccogliendo i vestiti del marito sparsi per la sala —Ma non potevi raccoglierli?— disse poi realmente preoccupata sul conto della tintoria. —Sono stata io, Simo, che gli sono saltata addosso!— spiegò Francesca per stare al gioco della Sorella che si divertiva a sgridare il marito. Franco per nulla scomposto recitò pomposo —Donna non perderti in ciance e togliti piuttosto le mutande. Che modi sono quelli di andare in giro così oscenamente coperta— —Sto aspettando il fattorino del ristorante, altrimenti come vado a rispondere, nuda?— rispose con altrettanta ironia Simona. —Magari! Così lo invitiamo a fare qualcosa a quattro— finì dispettoso Franco che si divertiva a punzecchiare la moglie togliendole il gusto dell’ultima parola. Simona fece una smorfia ma non replicò perché la sorella aveva preso a ridere per quella situazione squisitamente scoppiettante. Franco era decisamente simpatico e si completava perfettamente con la sorella, a volte un po’ troppo seria. Si capiva a prima vista che Simona non gradiva accordare tutta se stessa con chiunque le fosse capitato a tiro. Francesca come sorella accettava in pieno quella volontà ma come donna un po’ meno. Anche lei non avrebbe mai di sua iniziativa abbordato un perfetto sconosciuto ma in cuor suo non riusciva a rifiutare l’origine di quell’idea, e si sarebbe volentieri buttata in un gioco simile alla cieca, fosse stato anche l’idraulico dei filmetti. —Ma allora questa sera niente uscita galante a tre?— domandò di nuovo Franco fra lo stupito e l’incredulo. —No, no tieni pronta la carta di credito perché questa sera ci porti fuori tutt’ e due— rispose con voce estremamente sensuale Simona strusciandosi sul marito che l’abbracciò stretta risalendo con le mani la gonna stretta del tallieur. —Visto che non sappiamo quando arriva il fattorino, perché non ti spogli e tenendo a portata di mano quella bella tunica color turchese che ti ho regalato qualche mese fa?— suggerì Franco mentre con modi estremamente sensuali le aveva già slacciato la gonna che silenziosamente era caduta come un anello floscio ai piedi. —Ehi porco che non sei altro…— finse di lamentarsi Simona districandosi dal rinnovato tentativo del marito di toglierle la camicetta. —Quante storia per una camicetta— rispose Franco sbottonandola velocemente. Fu talmente rapido che il reggiseno in pizzo dai colori che ricordavano i piumaggi di uccelli tropicali volò via in un sbatter d’ala rimosso da quelle possenti mani virili. Il seno ballò nell’aria sontuoso proprio mentre due leggere mani femminili abbassavano, facendoli sparire, gli slip coordinati. —Simo, ora così stai meglio!— gorgheggiò Francesca con in mano gli slip della sorella dopo averli odorati sensualmente. —Hai ragione cognata— —Cosa avete in mente voi due?— chiese circospetta Simona. —Quello che ci hai appena proposto— rispose allusiva Francesca —Aspettiamo il fattorino per pranzare, solo che al dolce ci abbiamo già pensato noi!— —Ah, avete sentito la mia sorellina vergognosa?— la canzonò Simona portandosi le mani ai fianchi mentre Franco le guardava interessato e divertito. —Cosa c’è di tanto strano nel volere il dolce a fine pasto, no Franco?— rispose per le rime Francesca tirando in ballo volutamente il cognato che a sua volta, stupendo entrambe le donne, aggiunse —Per il dolce chiamerei anche Cristina così facciamo quattro— Simona sembrò leggermente più rilassata —Buona idea così ricomponiamo la coppia spaiata, Io e te, la Franci e la Cri.— detto ciò si avviò verso la camera con in braccio i suoi vestiti e quelli del marito. Quando Franco rimase solo con Francesca le disse tra il serio ed il faceto —Non ti preoccupare ti lascio andare con lei,— alluse alla moglie indicandola con un gesto vago del pollice —Io ci ho sempre scopato con Cristina… e tua sorella non è assolutamente contraria all’incesto. Ma la conosco e vuole darti la possibilità di farlo la prima volta con una che non ti sia consanguinea— —Incesto, che parolone.— commentò calma Francesca —Non ho mica remore a farlo con Simo, se poi pensi che non l’ho mai fatto con una donna, farlo con lei non mi mette in nessunissimo imbarazzo.— —Mi fa molto piacere Francesca sentirtelo dire, ma sai com’è fatta tua sorella, no? Lei si preoccupa sempre per tutti e anche in questo caso ha deciso che per te è meglio provare con Cristina. Sperò che tu non abbia nulla in contrario, no?— —Tranqui, Franco. Mi farò tua sorella, invece che mia sorella— scherzò Francesca —In fondo sempre sorelle sono, no?— Franco e Francesca scoppiarono a ridere e completamente sereni raggiunsero la cucina dove la dinamica Simona stava gia apparecchiando avvolta nella famosa tunica celeste. Francesca le si avvicinò e prendendola da dietro le alzò la tunica affondando le mani nelle natiche —Sorellina, mi raccomando chiama la Cristina perché io adesso ho voglia di fica, prima la sua e poi la tua, sempre se vuoi…— Simona si voltò verso la sorella e calma le prese il viso tra le mani sussurrandole —Va bene— —E’ un va bene, va bene… o non ti va affatto bene?— Simona le mise una mano sulla vulva introducendo leggermente il medio —Grazie per aver rispettato la mia scelta— —Beh, ho solo esaudito solo metà dei tuoi desideri— accennò Maliziosa —Prima ho scelto Cristina, e va bene… ma poi ci sei tu— Simona l’abbracciò, Francesca abbracciò la sorella ed entrambe si strinsero fino a togliersi il fiato —Cosa farei senza di te, adesso?— domandò la maggiore. —E’ una domanda stupida, pensa piuttosto cosa faremo dopo!— —Sei un po’ troia, eh!— —Strega!— Il fattorino del ristorante arrivò dopo un quarto d’ora, appena in tempo per permettere a Simona, Franco e Francesca di mettersi a tavola ad un orario decente; solo allora Simona si poté finalmente sbarazzare della tunica ed unirsi a gli altri nuda come il marito e Francesca, sua sorella. —Ma Simo, come ci si comporta in un privé… ci si spoglia subito… appena si trova da fare?— chiese Francesca aiutando la sorella ad aprire gli ultimi contenitori di carta termici dove erano state trasportate le pietanze. Simona prese dalle mani della sorella il primo contenitore con la pasta alla matriciana e lo rovesciò nel piatto del marito, poi disse —Io preferisco andare solo in pelliccia, se è inverno… e d’estate invece prendo l’armadietto e mi spoglio… rimango solo con un bel paio di scarpe e basta. Non hai neanche bisogno dei soldi perché c’è la consumazione libera— —E se hai bisogno qualcosa anche solo per andare in bagno, che fai?— chiese Francesca porgendole l’ultimo contenitore con la pasta ancora fumante. —Franci ti stai scordando che è un privé e ci sono dei bagni riforniti apposta con tutto quello che noi donne abbiamo bisogno…— Franco arrivò in cucina con passo svelto —Allora donne, si mangia?— Simona guardò l’orologio e rivolta al marito gli chiese —Hai telefonato a tua sorella?— —Per cosa?— —Per invitarli oggi pomeriggio, no?— —Ma non lo avevi fatto, tu?— reagì Franco quasi scocciato —Vi capite meglio fra donne!— —Ma cosa c’è da capire? Li dobbiamo solo invitare a scopare— —Sei sicura che Luciano sia libero?— —E tu prova— —Hei ragazzi non voglio che litighiate per colpa mia— disse Francesca che cominciava a sentirsi a disagio per il crescente imbarazzo creato da quella conversazione tra la sorella ed il cognato —In fondo posso provare anche domani l’ebbrezza di andare con una donna— Franco preso il telefono senza fili s’accinse a fare il numero ma prima di prendere la linea sorrise alla giovane cognata —Francesca, ma non ti sarai mica spaventata per questa civilissima lite tra moglie e marito?— disse scherzando —Lo sai no, che tua sorella vuol sempre aver ragione lei?— Francesca rise e per sdrammatizzare prese le parti del cognato —E’ vero vuol sempre aver ragione lei, ma l’ha sempre fatto! E tu l’hai sposata, che colpa né ho io che sono solo la sorella?— —Allora vecchie betoniche, vogliamo finirla?— sbottò Simona fingendosi piccata. Franco attese che il segnale di libero lasciasse il posto alla voce di qualcuno, di sua sorella Cristina o di suo cognato Luciano —Ciao cognato— disse appena si fu aperta la comunicazione —Ti chiamo perché dovresti far togliere le mutande a tua moglie e portarla qui oggi pomeriggio per una caccia alla vergine— Francesca guardò il cognato stupita —Ma quale vergine…— protestò cercando l’approvazione della sorella con lo sguardo. —Beh Franci hai mai leccato una fica, tu?— Francesca non poté che scuotere la testa in segno di diniego. —Ecco che allora in quel caso sei vergine…— constatò Simona allargando le braccia. —Si, si hai capito bene. Abbiamo ospite qui da noi la sorellina di Simona e siccome domani avrà il battesimo dell’ammucchiata… le manca solo di ciucciarsi un po’ di figa— continuava a spiegare Franco ad alta voce. —Ma come sei materiale— lo rampognò Simona ma scatenò solo l’ilarità della sorella e la più completa indifferenza di Franco che continuò imperterrito a ridere e a scherzare con il marito di sua sorella —Dai Luciano vieni anche tu, che c’è bisogno d’una mazza in più. Facciamo per le tre e mezza… massimo le quattro. Che poi questa sera le porto fuori, sul lago e non vorrei fare tutto di corsa— —Anche prima, anche prima— disse alzando la voce Simona, e poi allungando la mano —Passami la Cristina, le dico io di venire prima— —Ciao sorellina, allora ci venite oggi?— chiese ancora Franco —Si, che c’è Francesca! Te la ricordi no? Ed ha bisogno del tuo aiuto… o meglio vuol solo fare quattro chiacchiere con la tua passera…— —Dai passamela— disse Simona prendendo la cornetta dalle mani del marito —Hei Cri, perché non passate prima, anche le due, due e mezza?— —Vedi tua sorella come si intromette sempre nei discorsi degli altri?— commentò Franco tra il serio e il divertito —Tu non farlo mai con Graziano, è una cosa che smonta anche l’uccello più duro— Francesca rise —Ma io tua sorella l’ho mai vista?— —Si al matrimonio, ti ricordi lei era quella con i capelli rossi, ramati non troppo alta e forse troppo magra ma con due tette che non sai mai come facciano a rimanere appese in cima a quel bastone— —Che stronzo che sei a dire queste cose di una donna, e poi è anche tua sorella!— reagì Francesca ridendo ed aggiunse —Allora ero piccola e le tre verginità le avevo veramente ancora tutte, ma tua sorella me la ricordo perché non ha mai smesso di parlare per un minuto, era una macchienetta… e mi chiedo proprio cosa succede quando si incontra con Simo— —Quando vengono a casa nostra o noi siamo da loro, le cose stanno in questi termini… se stanno zitte o sono svenute o se la stanno leccando!— —Vengono dopo le due— li aggiornò Simona appena interrotta la comunicazione e poi recitando la parte della pettegola cattiva si rivolse alla sorella —Vedi, tuo cognato non è neanche capace di venderti al miglior prezzo… vatti a fidare di lui— —Non sapevo Simona che tu facessi anche la tenutaria— ribadì Francesca con una battuta tagliente ribaltandole la frittata. —Attenta Simona, questa te la cuce di notte pur d’avere tutti i cazzi per lei— aggiunse Franco sghignazzando per la battuta. —Ed io che credevo d’avere una sorella capo redattrice e un cognato super ingegnere da urlo…— disse Francesca per rinfocolare ancora di più gli animi —Invece mi sembrate due bimbi dell’asilo— Risero tutti quanti e Francesca guardò sua sorella e suo cognato ridere e divertirsi; erano due persone spassose e si stava divertendo molto, e non erano come quei suoi compagni o compagne noiosi e già troppo vecchi per la loro età. —Sai quanti bambini di quarant’anni e più vedo tutti i giorni in ufficio?— commentò Franco —Tu non sai quanti. Mi sembra d’essere un maestro delle elementari, ma con il frustino del domatore— —Uh, dai adesso lascia stare l’ufficio, pensiamo a lei— disse Simona bloccando il marito —Prima di metterci a tavola mi avevi chiesto una cosa per domani vero?— Francesca fece mente locale poi rispose —Si ti avevo chiesto come dovevo vestirmi?— —Già adesso ricordo— ricordò Simona, ed aggiunse —Io direi che non ti devi vestire da fanatica— —E cioè— —Le fanatiche sono quelle un po’ in età che usano corsetti, autoreggenti, giarrettiere… e altre stronzate che poi alla fine ti danno solo fastidio— gesticolò eloquente —perché si suda dentro quegli scafandri, perché stringono e perché, perché, perché. — —Tu hai ventitré anni e cerca di rimanere la ragazza che sei.— disse Franco annuendo. —Già, hai un bel seno, un bel sedere, di cellulite quasi niente e praticamente non hai pancia.— spiegò con maggiori dettagli Simona —Ti bastano un bel paio di scarpe, un po’ di trucco sugli occhi e un rossetto color carne e sei pronta.— —Ah, vuoi dire che le fanatiche si mettono su da troie più per nascondere che per adescare?— —E brava Franci, vedo che inizi ad ingranare— la lusingò Simona con un sorriso. —Ma non siete in fondo voi che volete vederci vestite da troie?— chiese Francesca rivolto a Franco che per poco non tossì il cibo fuori dalla bocca per quella stoccata non prevista. —Francesca, ma tu vuoi rimanere mia amica o… — si finse arrabbiato Franco tra le risa della moglie che replicò prontamente —Lo vedi Franco, lei è mia sorella— —Vedo, si!— recitò Franco —Ma so anche che a me la donna piace biotta, completamente biotta e depilata. E di conseguenza odio qualsiasi tipo di straccetto addosso quando trombo— —Capitolo 4— L’orologio segnava le due meno dieci e Franco si era alzato da tavola per preparare il caffè che a detta della moglie era superbo, lasciando le due donne sedute al tavolo a chiacchierare. Si era diretto verso i fornelli spinto dalle parole della moglie —Crock, facci quel buon caffè, che solo tu sai fare— gli aveva detto per rimanere qualche attimo sola con la sorella —Certo Crick— le aveva risposto lui esaudendo quel desiderio inespresso a parole, ma palese nelle intenzioni. Francesca giocò soprapensiero con il proprio seno sinistro. Stava per cominciare a vivere la sua terza fase della vita, incerta ma con molte idee, come ogni volta che si trovava a vivere la vigilia di qualcosa per lei importante. E per quel pomeriggio il suo destino aveva prescritto per lei una cernita voluttuosa di istinti e piaceri da rimescolarle come in un’insalata. Sapeva che da quel primo incontro sarebbe dipeso un po’ tutta se stessa. —Pensieri?— chiese seria Simona. —Devo ancora abituarmi al fatto che nuda le tette volano…— rispose reticente cercando di sviare il discorso ma la sorella se ne accorse. Deglutendo a fatica rispose sincera per non minare ulteriormente la sua autostima —Sono in ansia, ma sono felice d’esserlo. E voglio esserlo se è questa la strada per il paradiso— rise, ma era seria ed anche un po’ sollevata per non aver taciuto alla sorella. Era solo dalla sera prima che avevano ripreso di nuovo a confidarsi dopo anni di sola frequentazione. Simona era sicuramente una donna posata e Francesca una ragazza ormai adulta, e la conquista della fiducia in sé stessa era stata tutt’uno con la sua voglia di vivere. Quando Simona era uscita di casa per sposarsi Francesca si ricordava come una liceale brufolosa, ora invece dopo la maturità e i due anni passati a Padova a studiare le avevano conferito l’orgogliosa patente di donna libera. E si era scoperta sempre di più femmina ed era quella la svolta che cercava per la sua vita che si delineava sempre di più con l’accettazione della maturità personale. —Comunque è vero quello che ti ho detto sulle tette!— Simona rise alla battuta e decise che per il momento sua sorella doveva combattere da sola con i suoi demoni e stando allo scherzo chiese —E la passera, come sta la passera sempre all’aria— —Sta bene, e così depilata ho sempre voglia di toccarla— —E cosa di ti vieta di farlo?— Francesca rise —Nulla— e aggiunse —Invece vorrei che tu mi guardasti bene sotto, se mi sono rasata in tutti i punti— —Ma non ti ha guardato già Franco?— chiese scherzosa Simona all’indirizzo del marito che stava arrivando con un vassoio contenente le tazzine e lo zucchero. —Forse… ma temo che non abbia avuto molto tempo per controllare, però non posso dirgli nulla perché mi ha fatto fare la prima inculata dopo quasi due anni!— —E che non scopavi, quanti anni erano?— —Con la passera?— —Si, scusa volevo chiederti quando era stata l’ultima volta che avevi scopato nel modo cosiddetto normale— —Quattro mesi fa con un ex ragazzo di una compagna di casa. Lei l’aveva lasciato, lui la cercava ed io mi sono messa in mezzo e mi sono fatta scopare— —Beh sei un po’ stronza…— —No, no non hai capito! Lui era venuto a casa nostra ma lei non c’era e quando ha capito che era finita è rimasto un po’ li a sfogarsi con me, ed è stato allora che gli ho proposto di scopare. Io avevo voglia, lui si doveva dimenticare e allora zac, l’abbiamo fatto.——Ritiro la stronza— —Grazie, perché io non potrei mai scopare con il ragazzo di una per portarglielo via, piuttosto invito anche lei…— ammise maliziosa —Ed è per questo che voglio farlo con un’altra.— —Teoricamente…— aggiunse Simona con l’intento di correggerla. —Si per ora è solo una teoria, ma è una grande verità che sento dentro— —Ecco i caffè— e ciò detto arrivò esuberante Franco facendo saltellare il pene in mezzo alle gambe. Francesca appena l’uomo fu vicino al tavolo per mescere il caffè strinse il pugno attorno al sesso scoprendone il glande. —Occhio ragazza, che mi fai versare il caffè bollente— l’ammonì Franco spostando un poco il bacino. —Mi piace la sua levigatezza— commentò tenendo in mano il pene del cognato mentre con l’altra mano appoggiava le labbra alla tazzina. —Ed il suo calore… e poi senti come pulsa— —Lascia il cazzo di mio marito!— intervenne scherzando Simona togliendo le mani della sorella dal ventre più che mai nero di peli di Franco. —Anzi, adesso finché lui sparecchia noi andiamo a vedere se stamattina hai fatto un bel lavoro.— —Ecco, il sabato la filippina non c’é… e tocca al filippino— si lamentò teatralmente Franco guardando le due donne andarsene verso la zona notte. Rimase come inebetito a fissare quella quadriglia di glutei, dalle forme diverse, che camminavano fuori sincronia. Simona aveva preso dal padre ed era slanciata ma dalle forma decise, mentre Francesca che aveva preso dalla madre era leggermente più bassa e magra con i fianchi lievi ed allungati. Gli ricordava un po’ la sua amata e inseparabile sorella Cristina, che da sempre era stata la sua socia iscritta al loro personale banco di muto soccorso del sesso. Il citofonò suonò alle due e ventidue. Franco fece da padrone di casa andando a ricevere gli ospiti mentre Simona era andata a cercare la sorella —Franci ci sei? Sei pronta— le aveva chiesto quando l’aveva vista uscire dal bagno. —Me la sono lavata ancora perché prima avevo fatto di nuovo pipì per l’emozione— le aveva confidato Francesca e poi assieme si erano dirette alla porta. Franco spalancò la porta d’ingresso e Francesca poté vedere una bella donna dell’età di Simona con capelli rossi e lisci che incorniciavano un viso solare. Dietro di lei un uomo dal viso regolare e dal naso aquilino. Simona e Cristina si salutarono baciandosi sulle labbra toccandosi reciprocamente le lingue come era ormai d’abitudine tra loro, e cioè da quando Simona aveva iniziato a frequentare anni prima la casa del suo futuro marito. —Franci, lei è Cristina la sorella di Franco— disse Simona. —Ciao Cristina!— —Sei proprio tu Francesca? quasi non ti riconosco!— le disse Cristina e la baciò come aveva fatto con Simona. —Ero piccola, allora…— rispose Francesca elettrizzata quando le sue labbra toccarono quelle di Cristina —Non ci capivo nulla di queste cose, ma ora le apprezzo molto— aggiunse mentre sentì un brivido percorrerle la schiena, e si ritrovò di nuovo la lingua di Cristina in bocca, che dolcemente la carezzava. —Allora domani vieni a darla via con noi?— le chiese con rinnovato affetto Cristina ch’era senza ombra di dubbio una meravigliosa ragazza dagli occhi di smeraldo e dai capelli di rame. —Scusate, ma dovete per forza iniziare, qui in entrata?— chiese Simona chiudendo la porta —E tu Franci lascia che Cri e Luciano si mettano almeno nudi— —Si, vengo a vedere com’è l’ambiente— rispose Francesca ignorando la sorella. —Dai andiamo di là… abbiamo tanto da raccontarci— disse insistendo Simona. Spinse le due donne verso la sala intervenendo per rompere quell’intesa già forte che si era instaurata tra Francesca e Cristina. Ed aggiunse —Beh Cri, lei ha uno spasimante che l’ha invitata al Castello e lei per non far brutta figura viene prima con noi a fare allenamento— Franco era ritornato in cucina a preparare un nuovo giro di caffè mentre Luciano si era subito defilato nella stanza degli ospiti per spogliarsi in santa pace. In salotto invece, sedute sul divano, le tre donne ridevano e scherzavano. Francesca, seduta tra le due cognate, era completamente a suo agio. Solo Cristina era ancora vestita ed indossava un abito bianco, leggero da cui traspariva chiaramente l’assenza del reggiseno. —Si, domani vengo a dare un occhiata— aveva ripetuto gioiosa Francesca mentre le sue mani sfioravano spesso le belle gambe di Cristina, a mala pena coperte dalla gonna svolazzante. Simona percepì nettamente quell’atmosfera allegra ed affettuosa notando con soddisfazione che la sorella stava intensificando le carezze sull’ospite finché non vide chiaramente una sua mano poggiarsi sul ginocchio di Cristina —Beh Cri, come sono fortunate queste ragazze d’oggi, eh?— —Caspita che moroso modello, ai miei tempi il marito non mi avrebbe mai invitata al Castello— commentò Cristina muovendo le sue belle mani dalle unghie smaltate con un sottile strato color perla. Francesca guardò la sorella di suo cognato negli occhi con un misto di sfida ed eccitazione. Era arrapata e per la carezza che le aveva dato si sentiva come paralizzata dal desiderio di inoltrare le dita lungo le cosce. Simona lesse in quello sguardo tutta la voglia della sorella e decise ch’era l’ora di smuovere la ragazza —Dai Franci, fai tu da padrona di casa e metti a suo agio la Cri. Non è bello lasciarla così vestita di fronte a noi due, così, belle e nude.— Cristina guardò la giovane, visibilmente curiosa ed eccitata; l’aveva vista la prima volta adolescente e quieta ed ora la ritrovava donna ed arrapata. Francesca le sorrise mettendole la mano destra sulla coscia sinistra —Che faccio, allora… vado?— Simona fece alzare la sorella dal divano dandole una pacca sul sedere —Vai, vai e mettiti davanti a lei— Cristina si abbandonò completamente alle cure smaniose della giovane alzandosi la gonna sul ventre, mentre le dita della ragazza cercavano di infilarsi nelle mutandine di seta. Francesca eccitata dalla vicinanza del sesso annunciò roca —Allora le toglierei subito il reggipetto infilando le mani nella camicetta… poi tolta la camicetta passerei più sotto…— Simona scosse la testa —Ah, ah non vedi che non porta nulla sotto la camicetta?— Francesca deglutì e posizionandosi meglio in mezzo alle gambe di Cristina allora le cercò la vulva che presto poté vedere. Era ovviamente glabra ma con un triangolino molto piccolo e fine che le macchiava la parte alta del pube. Si sbarazzò del tanga, aiutata da Cristina che inarcando la schiena l’aiutò ad arricciolare l’indumento lungo le gambe. A quel punto aveva di fronte a se il solco della vulva appena dischiuso. Poco distante da loro Simona si stava masturbando ed ansimava, Luciano tornato in mezzo a loro nudo sorseggiava il suo caffè, mentre Franco stava riprendendo la scena con una video camera. —Franci, finisci di spogliarla— suggerì Simona ch’era sempre più intenta a masturbarsi. Francesca recepì il messaggio ma riprese comunque a frugare alla rinfusa nella vagina di Cristina. —Rilassati, prendi le cose con calma…— le disse Cristina che intanto si era mossa, e faceva scorrere le sue mani sul seno della giovane. Poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata e i seni indurirsi. La baciò sul collo mentre con una mano si sbottonava. —Lo faccio io…— disse Francesca aprendole la camicetta sino a scoprirle i seni turgidi e bianchi macchiati qua e la da qualche efelide. —Oh Cristina… che belle tette— disse Francesca abbandonandosi su di lei. —Mi sento arrapata, sono arrapata— sibilò buttandosi con impeto, affondando il viso e la chioma riccia tra quei seni diafani, iniziando a leccare e succhiare i capezzoli turgidi. Presto Cristina si ritrovò completamente svestita, adagiata supina sul divano con le due sorelle che assieme le leccavano la vagina larga e dilatata abbastanza da poter accogliere il pene di Luciano già pronto vicino a loro. —Fate mettere me, di schiena— propose l’uomo tentando di farsi udire dalle tre donne che ormai erano perse nel turbinio dei giochi. Intervenne anche Franco che nel frattempo si era sbarazzato della telecamera assicurandola ad un cavalletto. —Ragazze, fate sdraiare Luciano!— disse Franco battendo le mani per farsi udire sopra quel sommesso brusio di vagiti, e solo allora il marito di Cristina poté distendersi sul divano. Luciano puntò il membro eretto verso l’alto e accolse la moglie che rivolgendogli la schiena si fermò supina su di lui iniziando con un ritmo blando un balletto estremamente sensuale. Cristina gemeva mentre Francesca davanti alle sue gambe aperte guardava con occhi pieni di desiderio quella vagina dilatata e penetrata. Subito prese ad ansimare forte quando la ragazza con un dito prese a solleticarle il clitoride gonfio. Simona scosse la testa per quel piccolo errore della sorella che al posto delle dita avrebbe dovuto usare solo le labbra per toccare Cristina ed il suo clitoride estremamente gonfio. —Franci, cosa aspetti? Leccala— le ordinò Simona continuando sempre a giocare con i seni della cognata. Le insalivava i capezzoli appuntiti, e poi risucchiava in bocca la sua stessa saliva. Francesca capì che era giunto il fatidico momento e messasi davanti alla vagina di Cristina la leccò baciandola teneramente finché non si ritrovò in bocca i primi umori biancastri. Chiuse gli occhi e li ingollò felice. Riprese a leccare con rinnovata foga tutta la vulva fermandosi quasi sempre sull’ingresso della vagina dilatato e occluso dal pene di pene di Luciano, e li vi lasciava sempre più spesso la punta della lingua ferma su quella piccola porzione di maschio che sentiva viva e pulsante. —Ragazze fatemi uscire di qui— protestò Luciano quando il peso della moglie e di Francesca fu troppo da sopportare, e dopo che la moglie si fu alzata sfilandosi con qualche sospiro dal suo pene lasciò il posto a Francesca che si sdraiò a gambe aperte sul divano. —Vienimi sopra Cristina— la chiamò la ragazza con la voce ingorgata dal desiderio. Subito la donna s’accovacciò sul viso della giovane percependo immediatamente l’intenso piacere che si produsse al primissimo contatto della lingua con le rime più interne. Reagì, prima, rilasciando uno spruzzo di umori tra le labbra di Francesca e poi con un gemito si scostò ad offrirle l’ano. Ma Francesca non capì il gesto perché era già frastornata da Luciano che nella foga aveva trovato il tempo di baciarle i seni e succhiarle i capezzoli. Simona stava a carponi vicino al divano godendosi la sorella che stretta nel suo primo amplesso con un’altra donna smaniava tra le cosce di Cristina. Avrebbe voluto unirsi a loro ma Franco la stava penetrando con foga, e non si mosse neanche quando il marito le offrì il pene grondante dei suoi umori. Ebbe solo un brivido al pensiero di non poterlo ancora assaporare, ma lo imboccò ugualmente. Luciano spostatosi dietro la moglie sorrise a Francesca dicendole —Mi lasci il suo culo?— —Si, si dai! Ma cosa le fai, la inculi?— chiese raggiante Francesca che aveva la testa incastonata tra le gambe di Cristina e i capelli ricci erano umidi di sudore e di umori. Luciano per tutta risposta sollevò le natiche della moglie penetrandola con facilità. La ragazza lesta iniziò a leccare i filamenti biancastri che sembravano letteralmente trasudare dalle pieghe rosa scuro di Cristina; con le dita tendeva la pelle, con le labbra giocava col suo clitoride e con gli occhi si gustava beata la frizione del pene nell’ano sopra di lei. Cristina quasi subito raggiunse l’orgasmo per le attenzioni molteplici del marito e di Francesca che appena trovò libero il pene di Luciano lo liberò del preservativo e prese a baciarlo, leccarlo e succhiarlo. —Ora scopami, dai ora tocca a me— disse concitata Francesca che continuava a ricevere le attenzioni di Cristina, e esprimendo con foga quel suo desiderio così impellente strinse le cosce attorno al viso della donna. —Dai Cri cambiati di posto con lei— disse Simona sempre a carponi giù dal divano. —Arrivo, arrivo— rantolò Cristina e dopo essersi sdraiata a sua volta di schiena accolse Francesca sul viso. Luciano trovandosi ora alle spalle della ragazza affondò dentro di lei mentre la moglie sotto di loro li leccava entrambi. Il suo pene era durissimo e nei suoi movimenti lo affondava nella ragazza come lo offriva alla moglie. Cristina in quel gioco di scambi aveva solo il tempo per un breve risucchio, il tutto stava avvenendo lentamente e apparentemente senza soluzione di continuità. L’armonia si interruppe solo quando Luciano non eiaculò nella bocca della moglie schizzando anche sulle parti esterne della vagina di Francesca. La ragazza rantolava i suoi ripetuti orgasmi sempre più inebriata dal contatto fisico con una donna e straordinariamente arrapata dal profumo di una vulva arrossata e gonfia. Franco volle imitare Luciano e afferrata di nuovo la moglie per i lombi la penetrò finché esausto non le eiaculò abbracciandola stretta e nel tentativo di trattenerla caddero entrambi a terra. Franco caduto di schiena offrì di nuovo il pene avvolto di sperma alla moglie che lo imboccò immediatamente. Quando gli ansimi lasciarono il posto al silenzio ed al fruscio dei corpi sul telo copri divano la compagnia sciolse i giochi e ognuno si perse ricercando un attimo di relax per recuperare le forze. Simona andò a preparare del the freddo mentre Franco assieme a Lucio riguardò le immagini registrate con la video camera. Solo Cristina e Francesca avevano preferito rimanere sdraiate sul divano a riposare chiacchierando. Cristina con le gambe spalancate e le dita sul clitoride stava chiedendo alla ragazza, anche lei intenta nel medesimo rituale —Allora, questo Graziano? E così importante per te?— le chiese ricambiando con affetto il sorriso d’una ragazza felice e dal volto sudato dalle fatiche del coito. —Io e lui abbiamo sempre avuto molto feeling mentale, mi sono innamorata di lui all’istante ma l’ho ammesso a me stessa solo dopo un anno.— disse con un sospiro e dopo essersi portata alle sue spalle prese lei stessa a masturbarla tenendole le mani —Avevamo delle incomprensioni sessuali perché io mi tiravo sempre indietro quando lui mi chiedeva di pensare un po’ più in la delle solite scopatine in macchina ed io soffrivo per questo. L’ho perso dopo un anno, per colpa mia, perché non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi e dirgli che l’amavo e che volevo seguirlo.— Cristina sospirò in preda ad un brivido di piacere e chiese —Da quanto tempo è che non lo vedi?— Francesca smise per un attimo la frizione ed aggiunse —Non l’ho visto né sentito per quasi due anni… ed è stata una specie di trapasso. Ma mi è servito a cambiare, a crescere, a capire di non aver paura, a capire quanto valgo.— —Ragazza come sei fin troppo dura con te stessa— Francesca si succhiò le dita bagnate degli umori suoi e di Cristina commentando —Forse, ma prima non ci ero riuscita, mi mancava ogni minuto, ogni attimo; ogni volta che facevo un piccolo passo avanti ero soddisfatta di me stessa e cominciavo ad imparare ad amarmi, ma non per questo amavo di meno lui. Ora sto incominciando ad amarmi molto.— —Ma lui chi è?— —E’ un ragazzo dolce, sensibile, e molto affettuoso. Ed anch’io con lui. — rispose di getto Francesca massaggiando il seno bianco come il latte di Cristina, e dopo aver tentato di contare quante efelidi aveva sulle spalle aggiunse —Ma tu volevi sapere dove l’ho conosciuto, vero?— —Ha importanza da dove viene?— le rispose dolcemente Cristina —L’importante è che tu lo ami, no?— —Si— rispose fiera Francesca, felice d’aver riacquistato quel giusto senso del potere che le dava una rassicurante sensazione di benessere. Aveva capito che per essere padrona di se stessa bisognava avere rispetto per le propri istinti. Torse il busto e con il viso ed andò a cercare la vagina di Cristina che molto semplicemente aprì le gambe distendendosi sul divano; Francesca iniziando a baciarla le scavalcò il viso offrendosi a sua volta. —Capitolo 5— Alle diciotto e quaranta Cristina e Luciano li salutarono rinnovando appuntamento per l’indomani all’una e mezza. Da casa di Franco e Simona avrebbero sicuramente proseguito insieme sino alla villa del privé. Francesca era felice per essersi concessa quasi totalmente a Cristina in rutilante carosello di tenerezze e confessioni amorose, al contrario di sua sorella Simona che in cucina, in piedi poggiata al frigorifero, aveva approfittato senza riserve del marito e del fratello. —A cosa pensi Franci?— le chiese Simona passandole alle spalle per recuperare la spazzola. Francesca ristette un attimo come inebetita davanti allo specchio e poi riprese a frizionare i capelli talmente crespi che bagnati formavano tanti anelli scuri e compatti. Sbucò dalla salvietta e guardando la sorella riflessa nello specchio rispose —Al ragazzo di quella mia compagna di appartamento…— accennò con lo sguardo perso nelle immagini riflesse dallo specchio dove il seno marmoreo della sorella ballava sotto i colpi di spazzola —Poveretto, stava con quella scema che l’ha lasciato solo perché lui da tre anni andava con una prostituta— Simona smise di spazzolarsi e la guardò in tralice —E perché dici poveretto?— —Perché lei non lo faceva mai scopare come si deve…— Francesca guardò la sorella, sempre attraverso lo specchio, spazzolarsi lentamente attenta al suo racconto —e insomma lui è andato con una puttana, ed era sempre quella— —Si ma i motivi possono essere anche altri…— obbiettò Simona passandole l’asciugacapelli. —No Simo, non facevano niente all’infuori di una ciulatina in un letto stretto e in una stanza semi buia… capisci?— tentò di spiegarsi meglio Francesca —…era un solo un colpo e via!— accese il phon dicendo —Lui a quanto ne so continua ancora a cercarla… ma lei… anche se sa di amarlo ancora, ma non si fida più di lui.— —E tu cosa ne sai?— —Ho dovuto fare da confessore ad entrambi…— sospirò —Si dice confessore o confessatrice, eh?— cambiò velocità al phon —Oppure sfigata… la cogliona a disposizioni di tutti, per ascoltare le sfighe di tutti!— Simona rise, —Non lo so… però ora sbrighiamoci che altrimenti Franco si incazza, e ci ha anche ragione— Francesca si concentrò sui propri capelli maneggiando il phon con maestria per non soffrire inutilmente nel tentativo di districare i suoi capelli ricci e tremendamente elastici. Ma i suoi gesti quel pomeriggio erano quasi distratti e altrettanto veloci quanto i suoi pensieri. Ogni tanto strizzando gli occhi gemeva in una smorfia di dolore. Ignorò quegli stupidi inconvenienti e ripensò a tutti i turbamenti che l’avevano accompagnata durante l’adolescenza. Rievocò la masturbazione e rivisse in un attimo tutte le scoperte che aveva fatto man mano ch’era cresciuta e che le erano servite a vivere i suoi rapporti, che mutando erano divenuti ogni giorno sempre più profondi ed intimi, al meglio di se stessa. E così ripensò anche alla sua compagna di casa e alle sue fobie sul sesso constatando quanto grande fosse la distanza tra loro. —Ma tu quella la conoscevi bene?— le chiese Simona mostrandole un suo vestitino azzurro che Francesca avrebbe potuto indossare perché ormai troppo striminzito per lei. Francesca dopo esserselo appoggiato addosso rispose —No, affatto! Prima di conoscere il suo ex fidanzato… voglio dire… prima di scoparci assieme, c’erano stati dei segnali poco chiari ma io non era stata in grado di coglierli…— si strinse il vestitino alla vita e disse con un sorriso —Bello, molto bello e trasparente— —Già, questo me l’ha regalato Franco qualche anno fa, ma aveva sbagliato la misura e a me con queste tette non sta più!— disse Simona storcendo la bocca —E bisogna anche portarlo con un tanga piccolissimo altrimenti ti segna il culo— —Lo provo subito— disse Francesca spostandosi immediatamente all’interno del room box dove c’era un ampio specchio. Prese a camminare su e giù provocando apposta un vortice d’aria che nel movimento il vestitino celeste si alzava lasciando intravedere la vulva —Ecco quella la— alluse puntando un dito nel vuoto alla sua ex compagna di casa —…un vestitino così non se lo sarebbe mai messo. Era fatta così, anzi è fatta così, e purtroppo per lei considera il sesso più un dovere a cui bisogna rassegnarsi… che…— —Ne fai un quadro tragico— commentò seria Simona sollevando l’orlo del vestitino così da scoprirle il sedere. Francesca scosse la mano in segno di riprovazione ricordando d’aver dovuto ascoltare in stretta successione uno dopo l’altra le miserie di entrambi. La sera lei e il girono dopo lui.— Subito non avevo capito quanto lei avesse torto ma quando ha ammesso più o meno orgogliosamente: io so di essere come tutte molto classica a letto… beh mi sono caduti anche quelli che non ho— Simona rilasciò l’orlo del vestitino celeste —Se ne possono incontrare di persone così…— constatò disillusa e per esorcizzare quello stato crescente di tristezza carezzò il sedere della sorella, che visto da dietro era uno spettacolo affascinate. —No Simo non la difendere, quella è un caso clinico— rispose infervorata Francesca —Perché una che pretendere di scopare al buio e stando sempre rigida come un manico di scopa non è proprio normale! Senza contare che non se la menava neanche da sola— Simona intanto si era infilata un vestitino leggero che lasciava trasparire tutte le forme. Il tessuto estremamente morbido le donava un’aria semplicemente sbarazzina —Io non la difendo, però in certi casi le responsabilità sono sempre più o meno a metà. Magari se lui fosse stato più insistente— —No tu non la conosci…— disse voltandosi verso la sorella —Hei Simo ma stai proprio bene— esclamò improvvisamente Francesca cambiando tono di voce. Simona era veramente una bella donna, il vestito ed i capelli biondi pettinati con le punte all’insù le donavano un’aria estremamente enigmatica e sensuale. —Se non fossi una donna ti farei la corte— aggiunse tra il serio ed il faceto inebriata quel profumo fragrante, fresco ma penetrante, della pelle. —Beh Franci— scoppiò a ridere Simona —donna o meno avresti avuto sempre il problema della parentela, siamo sorelle… ricordi?— —La sai una cosa? Ha ragione mio cognato, che poi è tuo marito… che dice vuoi avere sempre l’ultima parola— rispose Francesca intenta a verificare allo specchio quando si potevano intravedere le forme della sua vulva attraverso il vestito nell’ipotesi di lasciare le mutandine nella borsetta. —Ragazze quanto avete?— chiese Franco entrando nel room box nudo e ancora con il corpo imperlato d’acqua. —Ci mancano solo le scarpe…— mentì giocosa Simona. —Ma tu Crick, non hai messo le mutande— constatò l’uomo alzandole l’orlo del vestitino svolazzante —E neanche la principessina sul pisello— concluse andando a verificare di persona che la cognata non aveva messo nessun capo di biancheria intima. —E allora, non potremmo venire così?— chiese in tono ilare, ma provocatorio la ragazza. Franco scosse la testa sconsolato —Siete donne… e anche voi non fate eccezioni!— —Attenzione arriva la stronzata— commentò sarcastica Simona —Cioè?— chiese ridendo Francesca Franco prese fiato ed dopo una pausa studiata declamò —E’ semplice tutte le donne sono innamorate delle loro mutande, e anche delle porcone disinibite come voi, sono sicuro, non sono capaci di lasciare le mutande a casa— —Porco sarai poi tu!— urlarono le due donne correndogli dietro brandendo ognuna due ometti da armadio. —Comunque mettetevi le mutande, non vorrei che mi macchiaste i sedili dell’auto— urlò giocoso Franco scappando verso il corridoio. Francesca non era mai stata in un ristorante così elegante e al tempo stesso così informale, carino, piacevole ricavato in un’antica abbazia sconsacrata. La cena era andata benissimo e l’ottimo vino aveva risvegliato prontamente Francesca che verso inizio serata aveva avuto un piccolo calo di energie. —Franci vedo che ti stai riprendendo— le disse Simona sporgendosi leggermente sul tavolo gesticolando leggermente con le mani, lunghe ben curate, delle sensuali unghie rosse. —Se sei stanca dillo pure che domani si sta a casa— scherzò Franco dando di gomito alla moglie. Francesca sorrise accaldata tanto che persino il vestito leggero le sembrava troppo pesante —Verrei anche con la febbre a quaranta— replicò muovendo i seni nel vestitino celeste. —E’ proprio bello quel vestitino, sai— la lusingò Franco —E sono contento che a Simona non vada più così lo puoi portare tu— —Mi sta proprio bene allora?— —Si perché è trasparente abbastanza da costringere voi donne a mettere sotto solo dei microslip a perizoma— spiegò Franco studiando le espressioni delle due donne, quella di sua moglie pienamente convinta e quella di sua cognata stupita ed ammirata. Avevano un tavolo vicino alla balconata del ballatoio proprio sopra la sala maggiore disseminata di tavoli altrettanto ben sistemati ed orientati in modo che il disegno non ricordasse una banale scacchiera. Strinse l’occhio alla moglie in segno d’intesa. Simona dopo aver guardato giù dalla balconata si accorse che da una tavolata di una decina di persone, probabilmente colleghi, due ragazzi vestiti elegantemente ma casual guardavano con insistenza verso di loro. Con gesti misurati Simona si tirò un po’ su la gonna da sotto il tavolo allargando le gambe. —Hai visto?— chiese Franco all’incredula Francesca —Adesso fallo anche tu— —Cosa?— —Apri lentamente le gambe e goditi gli sguardi di quei due la sotto— spiegò meglio Simona —Dai Franci, buttati— Francesca mosse leggermente le ginocchia e quel movimento fece spostare vestitino celeste che si ritirò lasciando vedere il perizoma bianco —mi sa che da lì si vede tutto sotto la gonna. Certo è così… da come mi stanno guardando le gambe e così come sto… vedranno anche quel poco di slip…— commentò appena i due ragazzi presero a darsi di gomito. Quasi subito Francesca si sentì avvolgere da un languore a lei ben noto ed iniziò a sentire un pizzicore incredibile tra le labbra della vulva —Ragazzi è… incredibile mi sto eccitando, mi sto bagnando solo ad essere guardata e non posso non voglio chiudere le gambe.— —Franci, va bene ora rilassati e lascia stare quei due poveretti— l’esortò Simona —Non è giusto per loro… altrimenti ti mando giù e ti costringo ad incontrarli nel bagno e far loro una pompa— —Va bene Simo— disse Francesca richiudendo le gambe a finire quel gioco così stuzzicante malgrado si sentisse disponibile e vogliosa. —Senti, ma adesso dov’è Graziano?— chiese Simona cambiando repentinamente argomento —Non è che tu adesso stai qui e lui si ammazza di seghe e di pensieri da qualche altra parte?— —E’ andato a Londra con suo padre per conoscere i soci inglesi— spiegò Francesca distogliendo lo sguardo dai due ragazzi che continuavano a tenere il naso all’insù —Comunque mi ha dato il suo numero di cellulare e ci siamo dati appuntamento telefonico per domani mattina— —Chiamalo adesso, dai— propose Franco. Francesca nicchiò. —Si, dai sarà in stanza a quest’ora— constatò Simona guardando l’orologio — e se sta anche studiando qualche tabella piena di conti e cifre… beh sei sempre la sua Francesca, no?— —Hai ragione, però il mio cellulare è con la ricarica e…— constatò con un certo imbarazzo —credo di non avere abbastanza credito per chiamare l’estero— Franco gli porse prontamente il suo —Usa il mio, tanto paga la ditta— disse scherzando Franco per non mettere in ulteriore imbarazzo la ragazza. —Perché avrebbe fatto qualche differenza se fosse stato nostro?— domandò leggermente seccata Simona. Franco piccato per quella uscita poco felice della moglie replicò con altrettanta pungente ironia —Io conosco la sorella e so quanto sta al telefono— Simona sbarrò gli occhi pronta a replicare ma Francesca le mise una mano sull’avambraccio e disse di getto —Prima gli mando un sms perché non voglio chiamarlo se c’è li il padre… te lo ricordi, no Simo, quanto è bastardo suo padre, no?— —Una volta credo di averlo visto all’opera anch’io— ricordò Franco —No Crick? Quella volta su da voi…— Simona annuì dimostrando d’aver ingollato il precedente battibecco. Intanto Francesca aveva battuto il primo messaggio che subito fu seguito da un bip di recapito —Dai leggilo, leggilo…— disse Francesca fremente davanti al display del telefono. Simona guardava il telefono e Franco guardava le due donne in adorazione di quel piccolo agglomerato di plastica e silicio che pareva potenzialmente pronto a provocare loro un orgasmo. Un secondo bip notificò l’arrivo di un messaggio. —Franci cosa dice cosa dice?— chiese subito Simona. —Non so, Franco come si leggono i messaggi con il tuo telefono?— chiese Francesca passandogli l’apparecchio —Te lo apro ma non lo leggo— disse l’uomo che dopo pochi rapidi comandi restituì il telefono alla ragazza senza guardare il display. Francesca lesse il messaggio in poco meno di tre secondi e senza aspettare altro compose il numero portandosi immediatamente il telefono all’orecchio. Simona le fece segno di appartarsi, ma Francesca ancora in attesa che si ultimassero le operazioni per la connessione internazionale disse mettendo una mano sul microfono —No vi voglio vicini— —Ma Franci, lui magari no!— protestò la sorella. —Ma io si!— chiuse la ragazza prima di cambiare tono ed esplodere in un —Ciao Graziano, come stai?— Franco e Simona potevano udire solo le parole di Francesca perché il brusio della sala era molto alto ma dalle espressioni del viso di della ragazza potevano intuire spesso le risposte. Ma quando il telefonino fu il solo e perfetto tramite tra due entità perfettamente coniugate lasciarono Francesca sola al tavolo trasferendosi sulla terrazza panoramica, vessillo e vanto del ristorante. —Mi ama, si è fatto una sega nella stanza albergo, ovviamente il padre non c’era ed io mi sono bagnata tutta— disse appena chiusa la conversazione si ricongiunse alla sorella e al cognato —Torna martedì, lo vado a prendere all’aeroporto… Franci se sono ancora qui, lo posso portare a casa vostra?— —Ma se volete stare un po’ soli…— rispose imbarazzata Simona. —Dai Simona andiamo da mia sorella— propose Franco molto pragmatico. —Perché?— chiese Francesca stupita —Arriva la mattina e mi ha detto che ha la giornata libera. Andremo un po’ in giro a fare i fidanzatini come una volta e poi la sera saremmo da voi— deglutì —Mi riempie d’orgoglio presentarlo a voi scopandoci assieme— —Ne siamo estremamente lusingati ma lui cosa ne pensa?— chiese Franco cercando d’essere il più calmo possibile. —Ha accettato senza alcun problema, come è stato contento di sapere che domani andiamo alla villa…— spiegò Francesca —Ed è stato proprio quando gli ho detto di domani che ci ha invidiati… ed ha a sua volta proposto un altro incontro simile— —Si però alla sua festa ci vai da sola perché sarete tutti giovani— definì con chiarezza Simona —Sono d’accordo— chiuse definitivamente Franco. —Grazie— esultò Francesca. —Ragazze perché, non andiamo a fare un puttan tour?— chiese divertito Franco —Ma vai a dormire!— lo redarguì scherzosamente la moglie. Francesca rise ed aggiunse —perché ci siete mai andati?— —Ma va!— disse Simona storcendo la bocca —Ti sembro una che per giocare…— accennò alludendo ad un frullare di dita in un sesso femminile —debba pagare una puttana?— —In effetti sorellina, io non ti ci vedo proprio— —Perché tu ne saresti capace?— Franco per smorzare quel piccolo gioco sorretto solo dall’agonismo verbale accennò giocoso —Perché Crick non le racconti di quando hai messo le tue mutandine nel filtro del condizionatore di casa?— allargò le braccia sfoderando un sorriso malizioso perché Francesca si era immediatamente zittita per la succulenta notizia. Allora continuò —Siamo stati una settimana immersi nel profumo di passera e cazzo— —Perché— chiese con aria estremamente ingenua Francesca. Franco mise la carta di credito nel piattino con il conto ed aspettò che il cameriere se ne fu andato per spiegare —Perché noi a casa abbiamo un sistema di condizionamento che ci permette di stare freschi d’estate e caldi in inverno al punto che tua sorella è sempre svestita tutto l’anno— —Tosto!— zufolò Francesca. —E già, bello… però una sera non si sa come, un paio di sue mutandine sono finite nel filtro che teniamo nel terrazzo della camera e del bagno…— spiegò lasciando sempre in sospeso Francesca che con gli occhi lucenti pendeva dalle sue labbra —Però è meglio che ti fai dire da tua sorella come ci è finito quel tanga, li dentro— —Ma io non lo so, come te lo devo dire!— reagì di botto Simona e a Francesca quella risposta sembrò sincera —Però ti posso dire che erano veramente bagnate, quelle mutande!— —E va bene Simo, ma quanto potevano essere bagnate?— chiese Francesca che ormai non riusciva a capire dove finisse la vera cronaca e dove iniziasse il racconto di fantasia. —Era una domenica pomeriggio di fine novembre, io dovevo andare negli stati uniti per una conferenza, e ci eravamo attardati più nel solito alla villa— spiegò Franco molto concisamente —Siamo venuti via di corsa per evitare anche il traffico della domenica pomeriggio sull’autosole… e non ci siamo fatti la doccia al club— Francesca spalancò gli occhi come folgorata da una saetta di piacere. —Capisci— intervenne Simona —Soprattutto io ho iniziato a rilasciare tutto quello che i signori mi avevano regalato… e quel pomeriggio mi ero data abbastanza da fare. Così ho avuto tutto il viaggio per inzuppare tutto…— —Anche i sedili— —Che mi frega dei sedili ho anche rovinato quel bel vestitino che avevo preso ad Arles— Franco firmò la ricevuta del pagamento e la restituì al cameriere —Deve essere stato per quel dispiacere che tua sorella ha scagliato fuori dalla finestra del bagno le mutande, però non ha fatto caso che la grata del condizionatore era stata lasciata aperta… forse dalla filippina… e ci sono finite dentro.— —Si ma non ho ancora capito come è stato che il profumo ha inondato tutta la casa?— —Franci perché l’aria viene aspirata da li…— rispose Simona tenendo basso il tono della voce —poi finisce da per tutto!— —Ragazze perché non mi regalate le vostre mutandine, adesso qui?— —Capitolo 6— —Franco ti aspettiamo in camera, ma prima devi lasciarci un po’ di tempo— si era raccomandata Simona appena rincasati e a lui non gli era rimasto che spogliarsi e scendere subito in sala lasciando le due sorelle sovraeccitate. —Vado a campionare il filmino di oggi pomeriggio, ci impiegherò forse un paio d’ore— le aveva quindi fatto sapere uscendo dal room box, e dopo per aver spento la luce s’era ritrovato in una avvolgente luce soffusa. Simona si era avvicinata a Francesca seduta sul bordo del letto abbracciandola dolcemente, e dopo averle fatto scivolare le mani lungo il corpo aveva risposto al marito —Buon lavoro amore— La ragazza indossava ancora il vestitino celeste prestatole dalla sorella e stava li seduta sul bordo del letto incapace di prendere l’iniziativa. Tornò nuovamente a baciarla sul collo —Allora sorellina domani voglio farti subito provare l’inginocchiatoio— le disse aprendole il vestitino sulla schiena. —Che cos’è?— chiese Francesca gonfiando il seno con un lungo sospiro ansioso che divaricò i lembi del vestitino celeste sulla schiena. —E’ un inginocchiatoio dove tu stai ferma e…— accennò Simona facendo scivolare ai lati il vestitino celeste liberando il bel seno dai duri capezzoli che si offrì in tutta la sua bellezza. Francesca sorrise —Cosa ci fanno, ci prendono tutte da dietro?— chiese ma al tocco delle labbra della sorella su di un capezzolo chiuse gli occhi balbettando —Dimmi, in quella posizione, ce lo mettono nella passera o nel culo?— ma non ebbe nessuna risposta immediata perché Simona baciò il suo capezzolo sino farlo indurire. —No, niente di tutto questo— rispose Simona dopo aver alzato lo sguardo e incrociato gli occhi di Francesca dalle fossette sulle guance squisitamente arrapate —C’è da prenderlo in bocca, anzi ci sono tanti cazzi da succhiare— ammise Simona rantolando mentre i loro respiri si mescolavano furiosi assieme alle loro lingue già intrecciate ed arrotolate —E lo sai di chi sono questi cazzi?— —No, non lo so! Di chi sono questi cazzi?— chiese Francesca sempre più ansante mentre i loro corpi si stringevano sempre di più l’uno all’altro. Adorava sentire Simona anticiparle quei giochi senza il minimo cenno di una qualsiasi mal riposta pudicizia, e dentro di lei non avrebbe mai smesso di toccare e farsi toccare dalla sorella. —Sono i cazzi di tutti! Tu ti metti li e aspetti che i maschi arrivino ad infilarti il loro uccello in bocca— spiegò ancora Simona baciandole il seno sinistro e accarezzandole il destro con un movimento concentrico attorno all’aureola fino a stuzzicarle il capezzolo con le dita; il secondo, invece, era già preda della bocca. Francesca alzò le braccia verso l’alto —E c’è fila?— chiese già in preda al piacere provocato dalle mani della sorella che le stringevano i seni. —Se sei brava… si!— rispose Simona smettendo di risucchiare, baciare e strapazzare con i denti i due capezzoli. —E tu sei brava?— le chiese alzandosi un attimo dal letto per far cadere a terra il suo vestitino celeste ed aiutare la sorella a sfilarsi il suo. Simona si inginocchiò appoggiando la guancia sul pube depilato della sorella che profumava di eccitazione per le molteplici volte che durante la serata si erano bagnate al solo pensiero di iniziare, condurre un gioco arrapante. —Si molto…— rispose Simona facendo scorrere un dito fra la fessura delle grandi labbra e del sedere —Sono molto ricercata, più della Cristina— sussurrò muovendo il dito con dolcezza. —Sei modesta a quanto sento— la incitò Francesca adagiandosi sul letto a gambe aperte. —Non quanto te— rispose giocosa Simona poggiando le labbra socchiuse sulla vulva arrossata e tenuta larga dalle mani di Francesca. —E’ bellissima!— la lusingò agganciando gli occhi della sorella, felice di quelle attenzioni. Ma non volle perdere tempo prezioso e tornò subito ad insinuare la lingua nella vagina percorrendola per tutta la lunghezza finché non focalizzò la sua attenzione sul clitoride ormai gonfio e dolcemente iniziò a baciarlo, a succhiarlo, a mordicchiarlo leggermente sino a farla rantolare di piacere. —Capitolo 7— Simona era terribilmente attratta dal clitoride di Francesca che lo sentiva pulsare ad ogni movimento della lingua. Riprese a succhiare le grandi labbra non appena i primi umori viscidi trasudarono profumati. Spinse allora la lingua più in profondità alla ricerca di altri umori incrementando così i vagiti della sorella ormai molto vicina all’orgasmo. —Le dita, mettimene dentro una, due, tre… quante dita vuoi— rantolò Francesca e Simona senza smettere mai di leccarla e con la faccia umida come la vulva della sua giovane sorella le infilò tutto l’indice. Poi le dita divennero due e poi tre che come d’incanto produssero un tuono di gemiti roboanti amplificati dall’affanno sempre maggiore. Come una furia, un fiotto di umori uscì dalla vagina verso la bocca spalancata di Simona. Francesca urlò, dimenandosi e smaniando il suo orgasmo mentre un inarrestabile Simona continuava ad risucchiare e ad ingoiare tutti gli umori filamentosi. —Ora sta a me!— gridò con voce roca Francesca rigirando la sorella di schiena. Erano quasi le dieci e mezzo di domenica mattina quando Francesca raggiunse la sorella ed il cognato in cucina e appena li vide nudi esclamò —A meno male che siete anche voi ancora biotti, io non ho nessuna voglia ancora di vestirmi— —Ma no Franci sono appena le undici— la rassicurò la sorella —E’ presto per vestirsi… e poi, poi lo sai che io se posso non mi vesto vero?— —Già me lo avete detto ieri sera a proposito delle mutande— ricordò Francesca sorridente, tutto ciò ancora non le pareva vero: era nuda, era felice d’esserlo e di paralare liberamente di sesso e scopate come aveva sempre sognato. —Si e poi tu non lo sai, ma tua sorella dopo colazione se la mena sempre un po’— aggiunse Franco giocando con il suo pene che quella mattina era già un po’ gonfio. —E’ vero Simo?— chiese solare Francesca. —Verissimo, sorellina— Era una bella giornata di sole cominciata molto bene con una generosa colazione anche se forse avevano dormito tutti qualche ora di troppo. Era stato un buon pasto energetico, tranquillo, dove tutti e tre avevano chiacchierato rilassati, mangiando in santa pace, lontani da ogni preoccupazione, pregustando il pomeriggio alla villa. Franco era estremamente tranquillo seduto al tavolo della cucina davanti al suo piatto di uova al tegamino, mangiava quasi assente e dopo una lunga occhiata alla vulva leggermente luccicante della moglie le chiese —Ma Crick, sei già bella che bagnata?— Simona lasciando il manico la padella con le uova che sfrigolavano allegre sul fuoco si toccò il sesso curiosa —Ma no, è solo acqua… mi sono lavata poco fa— Francesca di fronte al cognato che mangiava piano l’osservò intensamente negli occhi —Io forse lo sono— ammise gioiosa. Gli occhi vivaci di Simona smisero di guardare la padella ed incrociarono quelli della sorella —Ma dai?— Francesca ruotando il sedere sulla sedia spalancò le gambe in favore di Simona ed allargandosi il solco della vulva con le mani disse —Simo, questa non è acqua! E’ solo e semplicemente foia— —Confermo— intervenne Franco servendosi del succo di frutta —Né, sento il profumo— Simona si servì delle sue uova e sedutasi al tavolo sorseggiò il succo di ananas, e con la disinvoltura di sempre disse —Franci, siamo a tavola ma non vorrei scordarmi… e debbo ricordati che un ora prima di uscire ci facciamo un bel clisterino, eh?— —Tranqui, Simo! Non ho nessunissimo problema, ed io nel culo lo voglio prendere… e non lo faccio per sport. Mi piace proprio— rise giocosa —Il mio sogno è alternare passera e culo… anzi no— si corresse —Passera, bocca e culo— Franco finì di mandare giù il boccone e spiegò molto semplicemente —Alla villa c’è l’obbligo del preservativo quando si scopa una donna nel culo— —Uh!— accolse laconica la notizia Francesca. —Si gode uguale, sai!— la tranquillizzò Simona. —Ma io godo parecchio a sentire la sborra nelle mie viscere,— spiegò accorata Francesca —E speravo di farmi inculare a raffica per…— Franco la interruppe con un gesto vago della mano —Questione di igiene, e fa bene Simona che si fa comunque un clistere perché non è bello tirare fuori l’uccello sporco o peggio fare un frontale— —Lo sapevo che si finiva a parlare di merda, a tavola!— commentò rassegnata Simona. —Avete fatto bene a dirmelo, e poi non né ho fatto mica un feticcio, mi consolerò ingoiando sborra, invece che farmela pompare su per il culo— scherzò Francesca riportando la serenità. —Beh, signorina hai sempre una passerina da riempire— commentò scherzosa Simona. —Si Simo, hai ragione ma preferirei che l’uomo, dopo che ho goduto io, me lo mettesse in bocca… al massimo mette in cinta un molare od un canino— —Ma tu non prendevi la pillola?— —Si Simo, ma non si è mai abbastanza prudenti…— Avevano quindi passato il resto della mattina in una sorta di apnea collettiva ognuno progettando a suo modo il pomeriggio. Francesca elucubrando su i vari possibili scenari che quella visita al club le si potevano proporre, Simona pensando al modo migliore per introdurre la sorella in quello che poteva definirsi una dependance dell’eden e Franco immerso in tante piccole preoccupazioni visto che gli spettava senza ombra di dubbio la grande responsabilità di vegliare sulle sue due donne. Dopo essersi incontrati con Luciano e Cristina si incolonnarono sull’autostrada in direzione sud. La macchina di Franco davanti e quella di Luciano dietro. Francesca stava seduta di sbieco nei sedili posteriori estremamente affascinate, poco truccata e sorridente. Soddisfatta si teneva aggrappata ai poggiatesta anteriori sporgendo sorridente il viso in avanti. —Francesca, posso chiederti una cosa?— accennò Franco abbassando leggermente il tono della musica; Simona guardò curiosa il marito e poi Francesca che rispose —Si, dimmi pure— —Come te lo immagini il club?— La ragazza rise enigmatica, ma era un sorriso adulto ch’era già di per se stesso una grande ed esaustiva risposta, ma dopo un lunghissimo e profondo silenzio disse —Mi aspetto di entrare in un posto dove potermi sentire la ragazza che sono. Un luogo dove cercare quel divertimento, quelle sensazioni, di cui né sento un estremo bisogno, e che certamente mi mancano tantissimo nella vita di tutti giorni.— Rabbrividì spaventata da tanta lucidità e tornando a sorridere sbarazzina aggiunse —Ma facciamoli dopo questi commenti tristi, piuttosto ditemi l’ambiente com’è?— Simona non rispose e guardando dritta davanti a se sperò ardentemente che sua sorella non si accorgesse della lacrima di commozione che senza tanti riguardi le aveva seviziato l’occhio e la mente. Quelle parole dolci e tenere, ma al contempo dure e disilluse l’avevano colpita profondamente e fu immensamente grata alla sorte che in soli due giorni le aveva permesso di riavvicinarsi così tanto alla sorella. In quel momento capì che doveva prendesi cura di lei, come sorella maggiore e come amica, e come tale, arrapata, avrebbe diviso con lei tutto, anche quei momenti di pura foia. —Questo club è del tipo villa con giardino all’italiana, composto di grandi saloni luminosi e tanti luoghi aperti disseminati di divani, pouf, gazebo e piste da ballo— spiegò Franco buttando un occhio alla moglie sempre intenta a combattere silenziosamente con le sue lacrime. Francesca non sembrò accorgersi di nulla e sempre voltata verso il cognato chiese —Perché esistono altre ambientazioni?— —Certo, ci sono quelli stile bordello orientale con fumi di incenso, lumini, lampionicini cinesi, separé con disegni del kamasutra…— spiegava Franco gesticolando con la mano sinistra libera dalla guida —Oppure quelli tipo castello delle streghe, tutto nero con tante stanzettine senza porte dove tu puoi entrare guardare, farti invitare. Oppure c’è il modello americano con grandi piscine d’hotel… ma li sembra appunto d’essere capitati in mezzo ad un congresso. E a me non piace, per lavoro ci sto anche troppo tempo in quei posti.— Francesca lo guardava ammirata, ed era felice che sua sorella avesse incontrato un uomo così speciale e stringendosi in un lungo sospiro sperò con tutta se stessa in Graziano. Sentiva di amarlo era un ragazzo brillante, pieno di iniziativa… esplosivo e dolcissimo allo stesso tempo. —Però le stanzettine, penso che non mi piacerebbero molto— disse per non perdersi nella malinconia da lontananza. —Mi trovi d’accordo, difatti anche noi non piace, vero Crick?— Simona si voltò sorridente ma imbarazzata per le sue gote lucide di lacrime e avvicinando il viso a quello della sorella la baciò sulle labbra —Ci vieni allora con me e la Cristina sull’inginocchiatoio?— —Certo mi devi far vedere tutto!— rispose flebile ed estremamente vicina alla sorella, come ma le era capitato in tutta la sua vita. Arrivarono, e Franco dopo aver parcheggiato l’auto accanto a quella di Luciano che nell’ultimo tratto l’aveva preceduto si voltò verso le due donne accennando pimpante —Il comandante ricorda alle signore viaggiatrici che sono vietate le mutande— Francesca lo guardò divertita poi con una espressione felice si alzò la gonna e con un gesto secco e liberatorio s’abbassò il tanga stringendolo appallottolato in pugno. Uscita dall’auto lo gettò in un cestino dell’immondizia. —Sciocca era nuovo— la redarguì scherzosamente Simona. —Anch’io sono una donna nuova— decretò chiudendo qualsiasi altro commento da parte della sorella che rimanendo seduta in macchina mantenne solo la giacca del tailleur buttando la camicetta e reggiseno nel sedile posteriore. —Però io non li butto— disse guardandola maliziosamente. Poi dopo essersi tolta anche lei il tanga bianco di pizzo le mostrò le autoreggenti altrettanto bianche e soffici. —Ma Simo alla fine dopo tutti quei discorsi ti sei messa su da fanatica?— chiese stupita Francesca —Franci, sei scema?— scherzò la donna fingendosi offesa —Appena dentro vedrai come mi concio— —E come ti conci?— —Franci, mi sbiotto!— le rispose deridendola bonariamente. Francesca la guardò con quella espressione di chi è consapevole che nel brevissimo inizierà a vivere un esperienza nuova ed esaltante ma nelle sue ansie non c’era assolutamente posto per sopportare i lazzi, seppur benevoli, di quanti quell’esperienza già l’avevano fatta. —Dai Simo, non fare la scema— replicò secca. A Simona quel rimbrotto sembrò abbastanza seccato. Francesca senza più guardarla seguì il cognato che si era riunito a Cristina e Luciano. Simona si turbò per quel gesto, quasi fosse un pesante rimprovero, ma le era più che mai evidente che con quello sfogo Francesca voleva farle sapere che non gradiva quello humour da salone da parrucchiera. Si avviarono verso l’entrata. Francesca e Cristina si tenevano per mano mentre Franco e Luciano camminavano dietro discutendo di auto e pneumatici. Simona pensierosa stringeva i pugni innervosita. Non aveva la minima idea di come si sarebbe comportata la sorella, e questo non sapere la turbava parecchio. Ma quando si sentì chiamare da Cristina accantonò di forza ogni cruccio si unì a loro. Il gesto della sorella al parcheggio l’aveva un po’ spaventata ma quando si sentì prendere la mano strinse con calore le lunghe dita di Francesca. —Buon giorno signore e signori— disse accogliendoli una hostess in perizoma rosso e stivali di pelle nera al ginocchio. —Ciao Gisella, ti presento mia cognata— disse Franco presentando Francesca. —Piacere, posso darti del tu? —Si— rispose quasi afona Francesca per l’incredibile eccitazione che le provocava quello strano formicolio in fondo alla schiena, proprio sopra le natiche. —Bene, allora tu non sei ancora iscritta vero?— chiese la hostess che aveva il suo badge di riconoscimento appeso con un nappo rosso in mezzo ai seni piccoli ma sodi. —No— deglutì Francesca sentendo un groppo allo stomaco e la lingua secca e ruvida per la salivazione praticamente inesistente. —Allora per adesso ti darò quello provvisorio legato ai loro nomi— disse indicando Franco e Simona —e se credete anche ai loro— finì indicando Cristina e Luciano —Siete insieme, vero?— —Si Gisella, sicuramente metti il mio nome— intervenne la sorella di Franco, nonché moglie di Luciano. —Così la sicurezza saprà chi sei— aggiunse la Hostess sempre rivolta a Francesca mentre batteva i nomi sul computer che aveva dietro il banco della direzione. Quindi stampò il badge provvisorio per Francesca e dopo aver registrato tutte le presenze —consegnò i lascia passare con un ampio sorriso ed un gesto che indicava gli spogliatoi —Grazia e buona scopata— —Grazie Gisella— dissero più o meno tutti dirigendosi verso il corridoio che li avrebbe condotti agli spogliatoi. La mente di Francesca stava già volando ad una velocità incredibile. Era eccitata dall’ambiente, da quel profumo impalpabile che percepiva nell’aria, e per tutto quello che avrebbe potuto vedere ed immaginare. Sudava, e i suoi occhi sembrano impazziti nel cercare vertiginosamente un indizio che le confermasse senza alcun dubbio che finalmente aveva varcato la porta del paradiso. Ma ancora non le era possibile scorgere il benché minimo segnale preciso in quella zona di transito fitta di camerini. Iniziò a calmarsi quando nel loro piccolo camerino vide gli uomini spogliarsi completamente, e Franco e Luciano rimasti con i soli mocassini erano immediatamente usciti lasciando le tre donne da sole —Ragazze ci vediamo dentro— avevano salutato —Amore, ricorda noi andremo subito ad inginocchiarci— gli urlò dietro Simona. —Bene, allora vediamoci alla pinetina— le fece eco Franco. Inspiegabilmente Francesca si perse completamente nell’osservare gli sguardi della sorella e di Cristina che sembravano avere acquistato davvero una luce nuova, più sicura, senz’altro decisa e senza alcun ombra di dubbio femminile. —Franci che fai tu vieni dentro così vestita?— le aveva chiesto Simona dall’alto di un paio di zatteroni blu elettrico e coperta solo con un top striminzito che le arrivava a mala pena ai capezzoli. —Ma allora ho ragione che ti piace fare anche te un po’ la fanatica, eh?— le rimproverò per gioco Francesca sbarazzandosi di tutto ciò che aveva addosso lasciandosi solo ai piedi le scarpette rosse dal discreto tacco affusolato. —Questo lo metto per coprire un po’ le tette… perché si vedono che sono un po’ cadenti— si confidò Simona. —Ma va stai benissimo— intervenne Cristina chiudendosi il gonnellino alto cinque dita che allacciato in vita non arrivava a coprire le rime più basse della vulva, ma niente top, solo un paio di anfibi neri da motociclista. —Ma dai, che schifo di scarpe— si lagnò Francesca. —Si, e poi sei pericolosa con quelle fibbie che pungono— —Andiamo, su! Sofiste— chiuse Cristina uscendo dal camerino. La luce della sala grande colpì Francesca ricordandole finalmente che di li a poco avrebbe festeggiato senza sosta la sua femminilità; rallentò l’andatura seguendo Simona e Cristina che un passo avanti a lei chiacchieravano molto tranquillamente. Dopo qualche metro si parò di fronte a loro una hostess completamente nuda e totalmente glabra —Buon giorno signore— salutò la ragazza non molto alta, mora e con una lunga coda di cavallo d’un castano quasi marrone. —Ciao Valeria— la salutò Cristina alzando il piede sinistro che poggiò su di un trespolo in ferro battuto che solo allora Francesca ne intuì l’utilizzo. La hostess con uno specchietto da un lungo manico ispezionò con rapidità professionale prima la rasatura di Cristina, poi quella di Simona ed infine quella di Francesca che fu subito presentata da Simona —Valeria, lei è mia sorella, ed è la prima volta che viene— —L’avevo capito, perché una ragazza così giovane e bella non me la sarei scordata tanto facilmente— —Grazie— bisbigliò Francesca ed oltrepassò i tornelli. Come poco prima Simona e Cristina precedettero Francesca ed attraversato il salone, dove una ventina di persone ballavano saltellanti, andarono a sedersi come era loro consuetudine ai tavolini del bar all’aperto. —Ragazze cosa volete, coca, acqua… un margarita, un bel acqua di vulva?— chiese Simona sedendosi, ma Francesca elettrizzata dall’atmosfera non sentì assolutamente le parole della sorella. Si guardava attorno cercando di non essere troppo indiscreta osservando le persone disseminate in quella porzione di giardino. —Allora Franci, cosa pigli?— chiese di nuovo Simona ma la sorella sembrava proprio persa a guardare poco distante una ragazza alle prese con tre uomini. Doveva avere pressappoco l’età di Francesca ed era china a succhiare un pene di un uomo sulla quarantina, mentre gli altri due ragazzi in piedi, le stavano carezzando i seni e la vagina. —Un bel cazzo, credo!— scherzò Cristina e il cameriere che aspettava le ordinazioni rise sotto i baffi. —Scegli tu, — sbuffò Francesca nella ormai indiscussa consapevolezza che tutti erano in quella splendida villa solo e soltanto per scopare; con un vuoto allo stomaco spostò lo sguardo verso la scalinata di destra, una delle due che portavano in giardino, e li su due lettini a sdraio due coppie s’erano trovate e piaciute; le due donne stavano succhiando ciascuna un pene con estrema tranquillità. —Senti, si beve e poi andiamo subito all’inginocchiatoio, ti va?— chiese Simona rivolta a Cristina —Sennò questa mi sviene prima d’averne preso uno in bocca— Cristina rise ed accettò —Ma niente sfida oggi, voglio godermi la fame di tua sorella— —Allora vecchie troie, la smettete o no di prendermi per il culo?— rispose secca Francesca come risvegliata dal coma e preso il bicchiere in mano osservò altra gente intenta a scopare, o semplicemente ad osservare gli altri come stava facendo lei. Tutti sembravano finalmente infoiati, veri, liberi e orgogliosi d’esserlo. —Vieni Franci, andiamo a fare quel giochetto che ti dicevo ieri sera— la chiamò Simona prendendola per la mano. —Dove andiamo?— chiese distratta da un gruppetto intento a guardare una coppia di mezza età; lei a carponi che stava smaniando penetrata da dietro e lui che con grande foga si immergeva ansante sotto lo sguardo di una discreta folla. In particolare c’erano due ragazze sulla trentina che attrassero l’attenzione di Francesca; la prima con una incredibile tranquillità lubrificava ad intervalli regolari il pene conficcato nell’ano, mentre la seconda accarezzava le spalle della donna penetrata, per incitarla. —Per di qua— disse Cristina dirigendosi verso le scale monumentali che scendevano curve verso il giardino all’italiana disseminato di aiuole curate, piante ornamentali, gazebo e statuette con putti che vigilavano gli amplessi più fantasiosi tra uomini e donne. Proprio vicino al labirinto Simona avvistò la loro meta. C’era un ampio gazebo ricolmo di vegetazione proprio vicino ad una statua raffigurante una donna inginocchiata nell’atto di succhiare il pene gigante d’un uomo altrettanto grande e dalle gambe ben piantate a terra. —Guarda Franci— le disse Simona prendendola per un braccio. All’interno del gazebo di legno interamente pitturato di bianco c’erano innumerevoli cuscini di vario colore e due donne attorniate da una selva di schiene maschili. Un mare di natiche nervose, alcune totalmente ricoperte di peli altre glabre impedivamo di vedere i volti affannati e lucidi di sperma delle due donne inginocchiate. —Vado avanti io— disse Cristina e una volta dentro si mise in ginocchio su di un cuscino rosso dalle macchie ancora fresche di sperma caduto. Sull’ingresso un cartello, che ricordava molto un segnale di divieto stradale, raffigurava una donna a carponi con due uomini ai lati, il primo proponeva una fellatio e il secondo una penetrazione. —Che significa?— chiese Francesca —Che qui dentro si fanno solo pompini e che gli uomini non possono scoparci, per le ammucchiate c’è un altro posto— spiegò Simona. —Ma perché?— —Franci, perché se tu stai bella bella con un cazzo in bocca e ti arriva uno e te lo schiaffa da dietro, magari nel culo… che succede se mordi?— Francesca scoppiò a ridere —Mi rimane in bocca l’uccello— —Ecco brava, adesso vieni— disse indicendo Cristina che appena si era messa in ginocchio sul materasso aveva già intorno quattro uomini con il sesso ad altezza del suo viso —Guarda e appena te lo dirò andiamo anche noi. E ricorda il segnale per loro e quando noi ci mettiamo in ginocchio— —Se sto in piedi non mi fanno nulla?— —Si— Cristina stava intanto imboccando i falli a turno succhiandoli con molta calma e buona sincronicità delle mani che ne impugnavano altrettanti che venivano strizzati e mossi senza tregua. Francesca in piedi vicino ad una colonna coperta d’edera vide il primo uomo gemere di piacere. Cristina lo stava succhiando da pochissimo quando la vide chiudere gli occhi eccitata ed ingoiare silenziosamente sotto i movimenti sincopati dell’uomo. Francesca iniziò a toccarsi con il palmo della mano il clitoride più che mai esploso tra le rime della sua vagina. Seguì con trepidazione le mosse di Cristina che stava dando gli ultimi risucchi al pene dell’omone che si stava ammosciando e, sempre in ginocchio, passò al secondo uomo. Il primo rivolo di sperma bagnò il mento di Cristina dallo sguardo raggiante ch’era un misto di esaltazione e di piacere. Francesca ne fu estremamente colpita. L’osservò con sempre più caparbia attenzione chiudere ed aprire gli occhi per stringere, cercare e scegliere i sessi degli uomini davanti a lei. Ed era molto accorta nell’impugnare l’uomo giusto, quello cioè il primo o i primi ch’erano prossimi all’eiaculazione. —Franci è ora— disse Simona indicando sulla porta del gazebo tre ragazzi tutti sulla trentina. Simona si avvicinò al capannello attorno a Cristina mettendosi in ginocchio davanti ad un uomo con una considerevole circonferenza toracica ma dal pene lungo e ritto che da un po’ l’uomo stringeva attendendo il suo turno con Cristina. Francesca avviandosi a sua volta verso il centro del gazebo vide la sorella leccare il pene dell’uomo grasso dall’alto in basso prima di infilarselo profondamente in bocca. Subito dietro di lei osservò Cristina sempre intenta a succhiare alternativamente i quattro uomini che uno dopo l’altro le eiacularono in bocca. La piccola donna dalla testa ramata ingoiò uno per uno tutti i fiotti di sperma recuperando con le dita anche gli schizzi che si ritrovò addosso. Francesca in preda al delirio dei sensi si inginocchiò e subito un pene fu nella sua bocca. Iniziò subito a succhiare, leccare quel ragazzo poco più grande di lei, e mentre perdeva letteralmente i sensi giocando con il pene dello sconosciuto vide arrivare altri tre ragazzi. Altrettanto immediatamente si ritrovò un altro pene in gola, mentre il secondo ancora sgonfio prese a rigirarlo per le mani. Quest’ultimo aveva evidentemente penetrato da poco una donna perché Francesca riusciva a percepire benissimo l’odore e il gusto d’una vagina. Incrementò i movimenti e mentre con le mani masturbava gli altri due, con la bocca succhiava un terzo pene con avidità. Dopo un orgasmo che la percorse da capo a piedi intensificò i risucchi fino a che il ragazzo malfermo sulle gambe non le regalò tre fiotti caldi di sperma. Ingoiò facendo del suo meglio per non perderne neanche una goccia e passò al pene vicino. Non ebbe l’accortezza di verificare la giusta conseguenza dei turni ma il nuovo ragazzo le schizzò quasi subito in bocca ed in faccia. Non si fece prendere dall’agitazione e senza fretta prese a risucchiare avidamente ogni goccia di sperma prima di iniziare a riceverne dell’altro. I quattro ragazzi iniziarono una giravolta scambiandosi le posizioni finché dopo qualche minuto le spruzzarono in gola ad uno a uno in un trionfale secondo giro. —E brava la mia Franci— disse Simona baciandola con affetto quando soddisfatte si andarono a sedere lungo i bordi del gazebo in campo neutro. Si baciarono sulla bocca scambiandosi gli ultimi rimasugli di sperma. —Simo, non sono mai stata così bene in vita mia, però adesso voglio un po’ di fica…— propose Francesca stringendo il corpo sudato e profumati di umori della sorella —Sai uno di loro doveva aver appena trombato e il suo uccello sapeva di passera— —Ragazze, perché non andiamo a leccarcela un po’ sui bordi della piscina così magari troviamo anche ci scopa un po’?— —Si— rispose con foga fanciullesca Francesca.—Andiamo perché alla mia sorellina è venuta voglia di passera— aggiunse Simona in tono sarcastico che, punzecchiando la sorella, sperava in un appoggio di Cristina. Schiacciata non corrisposta perché la cognata carezzando esternamente la vulva di Francesca espresse un secco —Ne ho voglia anch’io!— Uscirono dal gazebo percorrendo i vialetti di ghiaia. Ad ogni sette otto metri si presentavano delle rientranze che ospitavano altri piccoli gazebo o delle semplici panchine foderate su cui coppie o molto più facilmente gruppetti di persone si accoppiavano diffondendo nell’aria i loro vagiti. —Dovevamo portarci la crema solare— constatò Simona inspirando a pieni polmoni l’aria secca e calda di quella stupenda giornata d’estate —Non ci si pensa mai…— —Tua sorella l’anno scorso si è scottata il culo— ricordò ridendo Cristina. —Come il culo?— chiese incredula Francesca. —Era stata al mare, ma in un posto dove non poteva togliersi gli slip e allora quando siamo venute qui ci siamo ritrovate a scopare al sole… e abbiamo fatto un lungo sessantanove, poi sono arrivati dei ragazzi che se la sono scopata sempre nella stessa posizione— —Tu Simo stavi sopra?— —Si, stavo sopra con le chiappe al vento— —Si lei stava sopra ed io sotto così lei aveva il culo rosso ed io le ginocchia— Un refrigerante specchio d’acqua rettangolare, dove però era proibito bagnarsi, si allungava placido in mezzo al parco e tutto intorno una selva di gazebo grandi e piccoli delle più svariate forme ospitavano tanti e più campanelli di persone che ridendo, mugolando e chiacchierando si legavano in amplessi focosi. Ogni tanto gli uomini della sicurezza dai sessi inguainati in fodere di pelle nera giravano discreti per i mille anfratti del parco. —Chi sono?— aveva chiesto Francesca distratta dalla biondina molto carina che aveva già visto prima e che sembrava corrisponderle degli sguardi lusinghieri. Le sorrise ancora e la biondina malgrado fosse a cavalcioni del suo ragazzo, con tutto il pene affondato nella vagina, la salutò affettuosa. —Sono i buttafuori che stanno attenti che nessuno faccia cose sgradevoli— spiegò Simona con un gesto vago della mano. —E si riconoscono da… quel sacchetto?— —Si— —Ma se gli va in tiro cosa fanno?— domandò Francesca ma nuovamente lo sguardo gli cadde sul corpo della biondina che vide passare in mezzo alle panchine, ondeggiando per l’evidente intorpidimento delle membra, e puntare verso di lei. —Scopano prima di entrare in servizio con le hostess— spiegò sempre Simona alzandosi sulla punta dei piedi per capire se il gazebo dove erano dirette era libero. Lo preferivano perché era particolarmente avvolto di edera e il fresco era assicurato —Si, non c’è nessuno— confermò esultando. Cristina scattò di corsa urlando —Vado io— —Ciao, sono Sandra— disse la biondina della panchina che tendendo la mano sorrise a Francesca. —Ciao, mi chiamo Francesca e lei e mia sorella Simona— disse guardandole apertamente la vagina che era singolarmente gonfia con una rima molto spessa per tutta la lunghezza del sesso. E prima che la biondina potesse aggiungere altro le propose —Sandra vieni con noi per leccarcela un po’?— La biondina sorrise felice —Ero appunto venuta per dirti se ti andava un sessantanove, io l’ho appena preso nella passerina… ed ho voglia appunto di passera— —Noi ma siamo appena uscite dall’inginocchiatoio e abbiamo si voglia di fica ma anche di uccello, anzi di uccelli— spiegò Simona. —Non mi fraintendere, preferisco scopare in tanti e se lecco una fica voglio anche qualcos’altro— spiegò la biondina —Allora vieni?— chiese Francesca —Si, si— Arrivati al gazebo trovarono Cristina si stava già strusciando con le spalle contro un ragazzo, mentre parlava con un secondo. Francesca presa per mano Sandra corse dentro la costruzione che manteneva una certa frescura rispetto all’esterno e sorridendo maliziosa chiese —Sopra o sotto?— —Sotto— disse Sandra gettandosi su un ampio letto coperto da un telo di raso verde anche quello macchiato di sperma. Si aggiustò un cuscino sotto la nuca preposto appositamente per i sessantanove ed aprì le gambe in favore di Francesca che lesta le poggiò la vagina sul viso. Intanto Cristina si era messa a cavalcioni dell’uomo sorridendo dispettosa, compiacendosi degli sguardi vogliosi che le lanciava Simona. La sorella di Francesca li osservò un po’, e poi si accucciò sul viso dell’uomo che le stava sotto. Presero subito a baciarsi e a guardare l’altro ragazzo che accortosi delle due giovani avvinghiate l’una sull’altra aveva puntato al sedere di Francesca che apriva aritmicamente le gambe e muoveva le mani tra le cosce della biondina. L’uomo che penetrava Cristina volle far partecipare anche l’amico così che Simona dovette alzarsi e permettere all’amica di porgere le spalle all’uomo. Così, facendosi nuovamente penetrare, si abbassò fino a toccare il petto sulle ginocchia dell’uomo al fine di rendere disponibile il suo ano. Simona girandole attorno le si inginocchiò davanti offrendole la vagina. Cristina nel istante in cui poggiò la bocca sul clitoride acceso e gonfio di Simona accolse con un urlo soffocato il pene del secondo uomo nel retto. Anche Francesca sentì il glande appoggiarsi allo sfintere, e capì ch’era enorme e durissimo. Perse allora a succhiare avidamente la vagina di Sandra riuscendo a recuperare lo sperma che la biondina aveva ricevuto dai precedenti uomini con cui era stata. E proprio mentre un grumo di sperma passò dalle sue labbra al palato e quindi in gola sentì entrare il pene e farsi spazio dentro di lei. Era duro e grosso come un fallo di marmo che non sembrava finire mai e mentre quel pene la penetrava lentamente, una mano le la prese per i capelli e un glande le si parò davanti. Il ragazzo che penetrava Francesca iniziò a muoversi sempre più velocemente provocandole il primo orgasmo e confusa riuscì solo ad aprire con le mani la vagina della biondina ed invitare il nuovo venuto a penetrarla. Un gemito più forte di Cristina le fece girare un attimo il capo e perdersi sempre più eccitata ed invidiosa per quella sincopata doppia penetrazione tanto che non si avvide del primo affondo del ragazzo che senza alcuna esitazione aveva penetrato Sandra. Simona si sporse verso di lei baciandola e passandole un poco di sperma ma Francesca non riuscì a godersi quel piccolo gesto d’amore perché sentì le dimensioni del pene che aveva dentro di lei ingrossarsi perché prossimo all’eiaculazione. Il preservativo si gonfiò nell’ano e subito fu ricolmo di sperma, poi raggiunse un altro orgasmo insieme a Sandra ed ai loro compagni così conosciuti. Francesca ancora ansante vide che sua sorella aveva raccolto l’invito di un ragazzo che sdraiatosi a terra col pene duro e già incappucciato nel preservativo. Il ragazzo che l’aveva penetrata si era staccato da lei e Sandra stava lappando il suo ano ancora dilatato. Sperando in un altro maschio interessato al suo sedere si divise la vulva di Sandra con il ragazzo che la penetrava davanti ai suoi occhi con foga. Leccava e risucchiava quando era il suo turno ma guardava con altrettanto interesse anche sua sorella che seduta sul pene dell’uomo disteso a terra oscillava aggrappandosi alle intelaiature del gazebo. Per sua fortuna uno dei due ragazzi rimasti si mise dietro di lei e approfittando del suo ano ancora dilatato la penetrò con estrema facilità, mentre il primo che aveva cominciato con Cristina le piantò letteralmente il pene in bocca. Francesca raggiunse l’acme sconvolta da tre orgasmi quasi consecutivi grazie al moto eccezionalmente sincronizzato del ragazzo dietro di lei e dell’uomo di mezza età davanti che entravano ed uscivano da lei con discreta fluidità. Afona apriva e chiudeva gli occhi persa nel suo godimento; era impossibilitata ad emettere qualsiasi gemito e ansante si divideva tra il pene tosto dell’uomo di mezza età e la vagina di Sandra da poco abbandonata dal ragazzo. Di nuovo poté godere delle vibrazioni del ragazzo che prossimo all’orgasmo la prese energicamente per le natiche. Il pene si ingrossò pulsando nel retto sino a gonfiare di sperma il profilattico nell’ano, poi la stessa cosa avvenne nella sua bocca. Strinse le labbra attorno al pene che muovendosi leggermente depositò tre fiotti sulla lingua e sul palato. Dopo aver golosamente ingoiato ripulì per bene l’uomo che dopo aver salutato cordialmente se né andò richiamato dalla moglie che lo aspettava fuori dal gazebo. —Capitolo 8— Quando la calma arrivò nel gazebo le quattro donne dai visi radiosi ed estremamente rilassati si sedettero vicine aggiustandosi i capelli sudati e macchiati di sperma. Le due ragazze avevano preso a parlottare fitte e a Cristina e Simona non restò che cercarsi una panchina all’ombra fuori dal gazebo dove allacciarsi in uno rilassante incrocio saffico —Ragazze noi andiamo là, all’ombra, a leccarcela un po’— aveva detto loro Simona —Andiamo anche noi fuori, magari a prendere un po’ di sole?— aveva proposto Francesca alla sua nuova amica. —Si, usciamo perché altrimenti se rimaniamo qui ci scopano ancora ed io bisogno un attimo per tirare il fiato— aveva risposto Sandra sdraiandosi sulla panca —Questi cuscini, poi, sono poco morbidi e se si rimane troppo sotto si schiatta— —Hai scelto tu di andare sotto, però— le ricordò Francesca con una risata birichina. Sandra scoppiò a ridere e uscendo dal gazebo indicò due ragazzi che stavano avanzando nella loro direzione —Uh, uh, appena in tempo— —Per rifiutare altri due cazzi vuol dire che c’è troppa abbondanza, eh?— commentò Francesca ferma sull’ingresso del gazebo. Sandra allora si bloccò dubbiosa —Forse hai, io prima nel culo non l’ho preso— disse tornando su i suoi passi salutando i due ragazzi, e messasi in ginocchio sulla prima panca aspettò l’arrivo dei loro nuovi cavalieri. Francesca indirizzò quello dei due che accusava la migliore erezione verso il sedere di Sandra e prese per se il secondo iniziando a succhiarlo con estrema calma. Odorava di sperma e liquidi vaginali, e quando con il naso arrivava sul pube discretamente peloso sospirava con sempre maggiore voluttà finché non si mise a carponi vicino a Sandra. Il ragazzo si infilò il preservativo e fu subito dentro Francesca che per non creare malintesi si era tenuta aperta le labbra della vagina con due dita. —Ho sete Sandra, ci andiamo a bere qualcosa?— le aveva chiesto Francesca rimettendosi le sue belle scarpe rosse col tacco. —Si, ora ho proprio bisogno di tirare il fiato— acconsentì la biondina uscendo dal gazebo assieme a Francesca nel pieno sole del pomeriggio —Sono felice di averti incontrato. Non se ne vedono molte di ragazze della nostra età— —Già— constatò Francesca —Mi considero una mosca bianca— poi cambiando intonazione chiese —Posso farti una domanda personale— —Dimmi— l’incoraggiò Sandra senza falsi pudori. —Ti ha convinto il tuo ragazzo a venire o l’hai convinto tu?— —Magari Marco fosse il mio ragazzo, ma è solo mio fratello!— rispose sospirando la biondina —Alla nostra età non sono coglione solo le donne ma anche i ragazzi ed è difficile trovare l’amico giusto che sappia veramente intuire cosa è il sesso e l’amore— Le chiacchiere pacate di Sandra e Francesca non disturbarono minimamente due coppie sui trenta quarant’anni che si erano ammucchiate selvaggiamente. Il primo uomo dalla calvizie precoce penetrava la vulva di una rossa dai fianchi leggermente appesantiti da una vita troppo sedentaria, la quale contemporaneamente, leccava la vulva di una moretta filiforme che seduta sul suo viso alternava la lingua sulla vulva della rossa e sul pene del secondo uomo dai capelli lunghi legati in una treccia. —Io forse l’ho trovato— —Ed è qui?— —Oggi non c’è, ma tra due venerdì da una festa in un privé vicino Como e sono stata invitata come sua speciale amica… nel senso che ci siamo rimessi insieme dopo due anni— —Scusa se te lo chiedo… vi eravate lasciati per via del sesso?— —No, scopavamo sicuramente male, ma non era per quello— —Scusami, non volevo essere indiscreta ma ci sono troppe coppie messe insieme solo per una banale scopata che… mi era sembrato logico pensare ad un litigio per una pompa o un inculata mai accordata— Francesca rise —In effetti io non imparato con lui a prenderlo nel culo, ma con un amico di università con cui ero stata solo per conferma, per vedere se ero ancora femmina… ed è stato allora che ho capito che non bisogna mai avere l’orgoglio di supporre. Credimi Sandra quella notte sono diventata donna— —Lui ti ha portato in un privé?— —No, oggi è il mio battesimo del fuoco e sono stati mio cognato e mia sorella a portarmi qui in previsione della festa con Graziano— —Allora in bocca al lupo a te e Graziano, dai vieni che festeggiamo!— —Crepi— urlò Francesca e presa per mano Sandra corsero verso il piccolo chiosco di bibite in fondo alla radura. Una musica da discoteca proveniva da un gazebo adibito a piccolo punto di ristoro, ovunque era tutto un’ammucchiarsi generale. In quasi tutti i gazebo arredati con divani in pelle, c’erano delle coppie che si masturbavano, altre che avevano già superato i preliminari e che stavano già scopando. Come entrarono nel gazebo bar, videro una ragazza dai capelli ramati, viso allungato molto carina a carponi di una panca penetrata da un ragazzo biondo dai capelli a spazzola mentre risucchiava un altro pene appartenuto ad un uomo dai pettorali flaccidi. Si avvicinarono al bancone passando vicino ad un ragazzo dai capelli nerissimi stava intrattenendo una donna sulla quarantina sotto gli occhi compiaciuti del marito, e vicino due ragazze strette a sessantanove davanti ai propri partner smaniavano felici. —E’ tanto che scopi con tuo fratello, se te lo posso chiedere— accennò Francesca alzando il bicchiere con coca e ghiaccio. Sandra scosse la testa e sfoderando un sorriso orgoglioso ed ammise fiera —potrei dire da sempre ma è semplicemente da quando mi sono trasferita anche io a Milano per l’università. Marco già studiava da tre anni, ma quando mi sono trasferita il papa’ ci ha comprato una casa tutta per noi… il papi sicuramente l’ha fatto per risparmiare due affitti e non sospetta neanche lontanamente della nostra vita. Ma io sto così bene, noi stiamo così bene che è un peccato non approfittarne— Francesca deglutì —Anch’io da ieri pomeriggio ho fatto sesso con Simona… a parte che non ho avuto nessun rimorso, ma credo che tra femmine sia un po’ diverso. Dall’esterno perlomeno possono vederla così— —Io sono la più piccola e ti giuro che avrei voluto avere una sorella anche per quello… si insomma se non ci si fa la guerra… nelle notti di solitudine quando un cazzo è troppo e un dito è troppo poco ci si da una mano… o meglio ci si presta le lingue— Francesca rise —A volte ho sognato d’essere una contorsionista per leccarmela da sola. Ma sarà poi possibile, anche per quelle ginnaste così snodate?— —Tecnicamente forse si— speculò Sandra allargando le gambe sull’alto sgabello —però come si farà a rimanere immobili e godere senza scossoni?— Si allontanarono dal bar camminando attorno al palchetto della radura, poi si incamminarono verso il laghetto artificiale dove, immerse nel verde della flora meticolosamente curata, ritrovarono i gazebo con i divani circondati da siepi, divanetti e tanta altra gente che si ammucchiava tra loro. Francesca guardò il seno sodo di Sandra e di getto chiese —Ma la prima volta… sei saltata addosso tu a tuo fratello o è lui che ti ha fatto visita?— —Marco è molto persuasivo e se all’epoca io ero ancora un po’ troppo distratta è riuscito a tirarmi fuori tutto in pochi mesi. Sai ero fresca, fresca di liceo, di una scuola di provincia un po’ bigotta e un tantino greve. Le mie compagne passavano il tempo a studiare il modo di accaparrarsi il moroso più ricco del paese e i ragazzi pensavano solo a palparti il culo. Cosa che a me non dispiaceva, perché l’ho sempre considerata una lusinga, ma dovevo per forza uniformarmi agli strilli, falsi ed infingardi, che tutte quelle perfette troie delle mie compagne lanciavano quando uno dei ragazzi ci toccava. Così sono fuggita e nella mia serenità di femmina in erba ho scoperto che Marco mi guardava in adorazione quando mi cambiavo… e dai oggi e dai domani è bastato qualche mese per farci stringere un patto: scopare da fratello e sorella— —Cioè?— —Cioè nessuna attenzione morbosa, l’amore era solo per i nostri fidanzati e fidanzate. Nel senso che tra di noi ci doveva essere solo un intesa tra fratello e sorella… e quindi vivendo nella stessa casa tra le altre cose scopavano anche— Svariati singoli erano attorno alle coppie, molte delle quali li invitavano ad unirsi a loro. In fondo alla radura c’era un piccolo palco dove una mora dalle autoreggenti bianche come la neve, sdraiata su di un canapè, succhiava il pene ad un ragazzo alto almeno due metri. Vicino a loro un altro uomo teneva la testa in mezzo alla gambe della bionda, impegnato a leccarle la vulva. —E come facevate per le vostre storie?— Sandra rise dimessa —Io sono stata sempre single perché adesso non ho nessunissima voglia di impegnarmi, certo ho alcuni amici e con loro trombo ma senza impegno, e loro non sanno che io frequento privé e scopo con Marco perché sono ancora troppo bambini per capirlo— —E tuo fratello?— —No, lui è stato più fortunato, a parte che è più vecchio di me di tre anni per cui pesca nel mare delle quasi trentenni… Ma come ti dicevo lui si è messo con una che all’epoca già frequentava le orgette da pensionato universitario ed stata ad una di queste feste che ha conosciuto Marco.— —Che culo!— zufolò Francesca perdendo gli occhi su di un ragazzo dal torace muscoloso. Aveva i capelli scuri come la sua carnagione abbronzata. Lo sguardo di Francesca scese verso il pene più grande che lei ricordasse d’aver mai visto. —Già e quando ti dicevo che Marco è persuasivo… Intendo dire che ha talmente insistito con me e lei che… ha fatto, ha fatto che ci ha portato a letto assieme.— —Bello!— ammise Francesca sempre attratta dal pene dello sconosciuto. Sognò di prendere quel magnifico pene tra le mani ch’era eretto inesorabilmente attratta dal glande scoperto e lucido di umori. L’ affusto era regolare e si staccava dal glande per arrivare leggermente ricurvo al sacco scrotale. —Si però all’inizio lei non voleva anche se le cose tra loro andavano molto bene e c’era molta intesa. Lei era ed è innamoratissima di mio fratello ma è stata per un periodo anche gelosa di me!— —Noooo— rispose Francesca vedendo la ragazza bionda seduta vicino al ragazzo sorriderle. Il ragazzo con un gesto placido le toccò la testa accarezzandole i capelli. La ragazza si girò lentamente fino ad incontrare il pene dell’amico. —Eh si, allora io non volevo che Marco insistesse proprio perché non volevo che si mollassero per causa mia— —E tuo fratello com’è riuscito a convincerla?— chiese ancora Francesca mentre la bionda allungata una mano afferrò il pene mastodontico portandoselo lentamente alla bocca e con la lingua incominciò a leccargli i testicoli. Il viso dalle labbra tese attorno al pene era contratto in una smorfia di estasi. —In parte lui e in parte una amica di mia cognata— —La chiami già cognata?— —Tu dovresti vederli, sembrano già marito e moglie— —Nel senso buono spero— —Si, si certo!— —Ma adesso lei oggi non è qui, vero?— —Per la Martina oggi è giorno di tregua, la sua passera ha chiuso bottega per qualche giorno— Francesca rise di gusto —E’ un po’ che sto andando a pillola— —Anch’io preferisco prenderla… perché così studio più rilassata, e poi io sono una di quelle povere babbione che è stravolta dai dolori e allora preferisco prendere la pillola— —A me la prescritta il medico— —Si, si anche a me l’ha data la mia dottoressa che ero ancora una ragazzina.— —Ma il tuo Graziano… è già il tuo Graziano oppure è solo in predicato per…?— Francesca rise buttando indietro la testa —Mi sono fidanzata un’altra volta in coda. E per me ultimamente era una cosa nuova e sono un po’ emozionata— si asciugò il sudore sul collo con il palmo della mano —E’ il ragazzo ideale, un tipo per bene. Spero di non deluderlo— —Perché?— chiese seria Sandra.—Perché sono un tipo difficile.— aggiunse con un sospiro —Sono una testarda. Ma devo dire che se adesso arrivasse il regalo di un amore solido… per davvero… lo accetterei. Mi sento un po’ bambina. La bambina delle favole— —Ti va di andare a fare una doccia prima di continuare?— chiese di botto Sandra indicando una pagoda in muratura. —Si, dai così rinfrescate riprendiamo la caccia all’uccello— rispose trionfale Francesca e prendendola per mano chiese —E tu come stai a cuore?— Sandra sogghignò —Io adesso sono nella fase: mai dire ti amo perché altrimenti poi qualcuno ci crede— rispose Sandra con un ampio sorriso.—Non hai voglia di legami?— —No, adesso no e poi in amore si parla troppo. Si dice: ti amo, ti amerò sempre, staremo insieme tutta la vita. Ma sono soltanto parole. Così a chi me lo dice io chiedo di pensarci bene. Perché poi io ci voglio credere veramente— replicò Sandra svelando le sue sincere emozioni d’amore, e Francesca capì d’aver trovato un’amica, una vera amica.
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