Eravamo riunite di nuovo in casa due settimane dopo Natale, io, mia sorella Eva e la mamma, per un sabato tra donne come spesso capita. Eva aveva lasciato a casa il marito a perlinare la taverna e sarebbe rimasta a pranzo da noi. La sorella di mezzo, Cinzia, era ancora negli USA per studio e non era potuta tornare nemmeno per Natale, con grande rammarico nostro ma soprattutto del suo ragazzo, Stefano, che veniva spesso a casa nostra per informarsi di come stava. Tra noi sorelle si scherza spesso ed abbiamo tra noi e con la mamma un rapporto di grande confidenza anche per quanto riguarda particolari molto intimi. Eva non ci nasconde alcuni dettagli della vita sessuale tra lei e il marito, e la mamma a volte finge di meravigliarsi per quelle confidenze così intime, ma è compiaciuta che la figlia maggiore la metta a parte di segreti così personali. Quel sabato avevamo fatto le pulizie di casa approfittando del fatto che papà era via per quattro giorni, e verso l’ora di pranzo eravamo un po’ stanche e accaldate ma con il morale alle stelle e molto «caricate». Consumammo un pasto leggero ed energetico, considerata la mole di lavoro da svolgere nel pomeriggio. Ci eravamo messe tutte piuttosto comode per i lavori: in particolare Eva, che tutte noi consideriamo la fotomodella della famiglia per il viso d’angelo e il corpo perfetto, e che di solito veste in modo elegantissimo, stavolta portava un’ampia camicia e un bel completino intimo bianco, si era tolta infatti i jeans troppo attillati per poter muovere più liberamente le sue gambe da favola durante il lavoro. Nella breve pausa dopo pranzo ce ne stavamo tutte e tre in piedi tra il grande tavolo di noce e il divanetto del salottino a chiacchierare come tre comari. L’abbigliamento di Eva innescò una discussione sui completini intimi che ci «pigliò» un po’ tutte. A me piace stare senza reggiseno quando sono in casa, nonostante porti una terza abbondante; la mamma invece valorizza le sue forme giunoniche con coordinati molto raffinati che tutte noi abbiamo sempre ammirato e che esaltano le sue morbide rotondità. «Mamma sei bellissima!» disse Eva che ha sempre ammirato le sue curve abbondanti. «Sto ingrassando!» rispose la mamma ridendo, «Guarda qui!» e si lisciò la camicia attorno alla vita: «Tra poco avrò le maniglie dell’amore… Per fortuna sono ancora abbastanza soda.» «Ma va’ là, se ti vedesse qualunque maschio in questo momento farebbe follie per te!» Ridevamo tutte, Eva le aprì la camicetta e ammirò il reggiseno di pizzo nero che reggeva le belle poppe materne che ci avevano allattato. Poi si sbottonò a sua volta e le paragonò alle sue, una seconda da sballo dico io, roba da copertina di Vogue Intimo, un seno di proporzioni semplicemente perfette appena velato dal suo intimo di seta bianco da educanda, abbinato alle mutandine eleganti e succinte, ora scoperte sotto il camicione aperto. Eva e la mamma giocavano a paragonare i propri reggiseni con tutto quello che contenevano, e io davo il mio parere quando richiesto. Non avrei potuto partecipare alla competizione in quanto non indossavo reggiseno sotto la t-shirt e avrei potuto soltanto concorrere al titolo di «miss Poppe» data la discreta abbondanza delle mie tette che contrasta con la mia figura magra e longilinea. In quel momento entrò Giulio, il marito di Eva, che ha le chiavi di casa nostra e ci aveva raggiunte dopo aver terminato i lavori a casa. La mia sorellona non si preoccupò certo di coprirsi dato che si trattava del marito; la mamma invece chiuse la camicia sul davanti pur senza abbottonarla. Giulio baciò Eva sulle labbra, baciò discretamente sua suocera sulla guancia accolto da lei con un sorriso, poi baciò anche me sulla bocca, un bel bacetto lungo e sbarazzino che mi piacque. Eva continuò a parlare alla mamma dell’argomento «reggiseni» e mia madre osservò che il marito di Eva si appoggiava al tavolo in uno degli spazi rimasti vuoti, e cioè al mio fianco, e mi metteva il braccio attorno alle spalle con gesto affettuoso seguendo interessato la conversazione. Si andò avanti così per un po’, la mamma ed Eva che discutevano animatamente di seni e reggiseni, io intervenni sulla biancheria intima, se portarla o non portarla, si dissertò su cosa piaceva alle femmine, cosa piaceva ai maschi… e qui chiamarono in causa anche Giulio che, tranquillo e divertito, rispondeva alle sollecitazioni delle donne di casa dando risposte sibilline e spiritose che mi divertivano molto. Ad ogni risata più accesa delle altre alzavo il viso verso di lui e gli davo un bacio, quasi fosse un premio. Lui rispondeva con la massima naturalezza, e le nostre labbra si incontrarono spesso in bacetti che ben presto divennero più lunghi e maliziosi: niente lingua, ma le labbra si beavano del contatto indugiando a lungo prima di separarsi. Mia madre ci guardava un po’ contrariata, ovviamente ignorando quanto era successo un paio di settimane prima. Ma il suo imbarazzo si trasformava in stupore quando notava che sua figlia Eva, la tenera e fedele mogliettina di Giulio, ci guardava mentre ci scambiavamo quei teneri bacetti e poi continuava la conversazione come se fosse la cosa più naturale del mondo. Potevo leggere la perplessità nei suoi occhi azzurri, attorniati però da bellissime pieghettine ai lati che li facevano sorridere. La conoscevo bene: dentro di sé nostra madre si stava divertendo, e anzi ero certa che stesse trovando la situazione piuttosto intrigante. Normalmente ora ci avrebbe lasciati soli e sarebbe andata a rigovernare, ma non lo fece. Indugiò invece ad oltranza ridendo e scherzando con noi, senza commentare se qualche volta ci sfuggiva un «Cazzo!» durante la conversazione, e termini come «figona» e «bella puttana» facevano da contrappunto a frequenti «gran bel culo», «tette da sballo» e «agli uomini piace palpare un bel paio di poppe prima di scopare», quest’ultima frase pronunciata dalla castissima Eva con quel suo viso angelico che ci lasciò di stucco. La mamma si era infervorata e non si preoccupava più di chiudere la camicia che rimase così aperta sul suo bel reggipetto nero e sull’ombelico nudo. Quando glielo feci notare ridendo, fece finta di coprirsi e rispose che «tanto siamo tra di noi, no?». Il braccio di Giulio intanto era sempre attorno alle mie spalle e a tratti la sua mano scendeva a carezzarmi il braccio o il seno attraverso la leggera maglietta, mentre io restavo allacciata alla sua vita stringendomi a lui teneramente. Desideravo essere baciata e toccata molto più di così, ma volevo lasciare tempo al tempo. Proprio a metà della discussione bussarono alla porta ed entrò Stefano con la sua simpatica irruenza. Rimase per un nanosecondo inebetito davanti allo spettacolo di noi tre grazie con poco o niente addosso, rosse in volto e piene di sorrisi: la scena dovette sembrargli istintivamente molto erotica, ma lui colse la palla al balzo e si unì al gruppo entrando in conversazione come se niente fosse. «Stavamo parlando di sederini, tette e reggiseni,» lo informò Eva lasciandosi squadrare da capo a piedi, appoggiata al tavolo con il camicione svolazzante e il suo bell’intimo di seta bianca in bella vista sul corpo stupendo. «Argomento interessantissimo,» rispose lui, «Specialmente grazie ai sussidi audiovisivi che mi trovo davanti!…» La mamma rise e si voltò per dargli uno dei suoi consueti bacetti di saluto. Ma Stefano per puro caso si era voltato verso di lei e le sue labbra si trovarono in traiettoria, incontrando quelle di lei. Nostra madre però non si tirò indietro, e anzi indugiò con le labbra su quelle di Stefano dandogli quasi un bacio al rallentatore, e ridendo poi di gusto. «Wow! A cosa devo tanto calore? Che bello, posso restituire?» esclamò Stefano, e prima che la mamma potesse rispondere le aveva preso il viso delicatamente tra le mani e le aveva scoccato un lungo bacio sulla bocca, a labbra chiuse ma con lo schiocco finale. Di nuovo lei non si sottrasse e partecipò al bacio, mormorando poi un «Sei proprio carino…» a mezza voce. Mmmm! La cosa si faceva intrigante. Tanto più che la mia cara mammina non aveva richiuso la camicia all’ingresso di Stefano, ed ora si stava lasciando guardare con il reggiseno in bella mostra. Era eccitante vedere come Stefano se la mangiava con gli occhi. Con la scusa di raccontarle un aneddoto spiritoso e anche un po’ spinto, lui l’aveva presa sottobraccio e mia madre si era stretta a lui per ascoltarlo. Si era insomma creata molta intimità che ci eccitava un po’ tutti, e io sentivo che avrei resistito ancora per poco al desiderio di assaporare la bocca di Giulio e le sue tenere carezze. Intanto Eva continuava a dissertare sulle forme dei seni, disse che comprendeva gli uomini a cui piacevano le tette ben fatte, e aggiunse: «A Giulio piacciono molto le mammelle tonde, grosse e morbide… Me l’ha detto più di una volta…» Poi guardò me: «…Come quelle di Sabrina, per esempio!» Io risi, e Giulio con me. La mamma ci guardava sorridendo, forse un po’ imbarazzata, sicuramente eccitata. «Sabrina ha davvero un bel paio di …» disse Stefano osservando il mio seno grosso e sodo sotto la morbida maglietta grigia. «Di tette, volevi dire?» disse Eva completando la frase. «Non c’è bisogno di frenare la lingua, le cose vanno chiamate con il loro nome. Davvero, Sabri, sono molto belle, perché non le liberi da quell’indumento? Ne hai una voglia pazza, e anche i maschiacci qui presenti gradirebbero molto vedere le tue morbide poppe.» Non mi sembrava vero che la mia sorellona mi desse il «la» per spogliarmi, cosa che desideravo fare da un bel pezzo. Mi eccitava soprattutto il fatto che nostra madre ora sembrava considerare la cosa perfettamente naturale, e con il suo sorriso sembrava invitarmi a spogliarmi senza indugio. Sorridendo a quegli spettatori che mi fissavano con bramosia, sollevai il bordo della t-shirt. Le mani di Giulio mi aiutarono e fu lui a sfilarmi la maglietta scoprendo l’ombelico e poi il mio morbido seno con i capezzoli duri ed eretti che il marito di mia sorella carezzò con le palme delle mani mentre mi spogliava. Alzai le braccia per agevolarlo nell’operazione e la maglietta si sfilò completamente con gesto aggraziato finendo chissà dove, ma le mie braccia rimasero in alto e cinsero il collo del mio caro cognato attirandolo dolcemente a me. Alzai la testa verso di lui e spinsi la mia lingua verso la sua, che a sua volta uscì a cercarmi mentre le mani di lui si chiudevano a coppa attorno alle mie mammelle calde e le massaggiavano con movimenti lenti ma vigorosi. Le nostre lingue si accarezzarono dolcissimamente per un tempo interminabile: niente baci, stavamo soltanto leccandoci la lingua fuori dalle nostre bocche. Tutto ciò, fatto davanti a mia madre e a mia sorella e soprattutto davanti a Stefano, era tremendamente eccitante. Io e Giulio ci guardavamo negli occhi come due fidanzatini mentre ci leccavamo, e intanto sentivamo Eva e Stefano tessere le lodi di quella scena così erotica. «Sabrina, che bel seno! Sfido che al mio Giulio piace tanto! Guardate come gliele sta palpando di gusto!» diceva la mia sorellona parlando ai presenti. «E’ molto eccitante questa scena, non trovi, mamma?» chiese poi Eva accarezzandosi istintivamente seno, ventre, cosce. «E anche gli uomini sono arrapati: basta vedere come si stanno toccando!» In effetti, sia Giulio che Stefano avevano la mano nei pantaloni e si stavano massaggiando i membri turgidi. La mamma era paonazza in viso e continuava a sorridere, decisamente eccitata. «Eva, ma davvero non sei gelosa di tuo marito e del fatto che stia a baciarsi con la tua sorellina mentre le palpa le tette?» Eva rise con voce un po’ roca per l’eccitazione: «Ma no! Non lo vedi come sono teneri? E’ evidente che sono innamorati, guarda come si baciano! Guarda come Sabrina gli dona le sue mammelle da palpare e come ne gode! Guarda come lo abbraccia, e come lui si stringe a lei! Sono così felici, godono l’uno dell’altra, non può che farmi piacere dato che amo sia mio marito Giulio che mia sorella Sabrina.» Sentivo che la mamma si stava sciogliendo e mi lasciai andare, anche perché tra le gambe ero tutta umida e scivolosa e desideravo che le belle dita di Giulio mi toccassero anche lì. «Tua sorella ha davvero due tette meravigliose,» disse Stefano, il cui braccio avvinghiato a quello di nostra madre era a contatto con il grosso seno di lei e si muoveva piano per sentirne la morbida rotondità. «Ma davvero non ci vuol molto a capire da chi ha ereditato!» Così dicendo, Stefano guardò con evidente desiderio le poppe della mamma, poi si abbassò a darle una serie di baci proprio nel solco tra le due mammelle. La femmina che c’era in nostra madre stava cominciando a risvegliarsi e desiderava ardentemente godere dei doni che madre natura le aveva dato e che quei bei maschi discreti e carini stavano desiderando di possedere. La mamma casta e bacchettona di sempre, che ci rimproverava se volava una parolaccia di troppo, ora era in camicia aperta e reggiseno in vista, con le tette che sembravano voler scoppiare, e se le lasciava baciare dal ragazzo di sua figlia. Eva ci guardava e approvava, carezzandosi con gesti aggraziarti ed eleganti. Era abbastanza da indurmi a baciare la bocca di Giulio in modo più profondo. Non resistevo più, aprii le mie labbra ed accolsi la sua lingua che mi turbinò desiderosa nella bocca mentre io la succhiavo avidamente. Lasciai che i dolci suoni di risucchio delle nostre bocche arrivassero alle orecchie di mamma come onde del mare che cullano verso un’immersione nell’erotismo, nell’unione tra i sessi, così bella e così appagante. La mamma rispondeva ai baci di Stefano sul suo seno con risate e sospiri, carezzandogli i capelli, ed Eva li lambiva entrambi con paroline di incitamento: «Che delizia vedervi così! Te l’avevo detto mamma che i maschi farebbero follie per te! Ti piacciono, Stefano, le poppe di mia mamma? Vero che sono meravigliose?» Stefano si sollevò, rosso in viso: «Non ho mai baciato due tette così calde, gonfie e morbide. Signora Gabriella, lei mi eccita da morire!» «Cosa ci faresti, porcellone, con le tette di Gabriella?» incalzò Eva, ruffiana. Stefano la guardò con quella faccia da schiaffi e il suo perenne sorrisetto ironico: «Cosa ci farei? Un bel frappé alla fragola… con la mia lingua come frullatore!» Una sonora risata sgorgò dalla gola di mamma, ed Eva incalzò ridendo: «Con due mammelle così gonfie potresti allattare un reggimento, mamma. Ti piaceva allattare noi tre, vero?» «Puoi dirlo forte,» rispose la mamma, «E come succhiavate! Tu, poi, ciucciavi con una forza da staccarmi i capezzoli.» Stefano aveva gli occhi fuori dalle orbite per l’eccitazione e con la mano nei pantaloni si palpava discretamente l’uccello durissimo. Guardò Eva e poi me, che ancora stavo baciandomi con Giulio, e disse: «Se sapeste come vi invidio… Chiunque abbia ciucciato a queste poppe è una persona felice.» La mamma lo fissò con un sorriso beato e occhi liquefatti mentre Eva le scopriva le spalle sfilandole la camicetta. «Credo che potrebbe farti provare per un po’… In fondo non c’è niente di male… Non è vero mamma?» La mamma moriva dalla voglia: dentro di lei stavano combattendo il desiderio di lasciarsi succhiare da quel bel giovane che la eccitava tanto e il timore di passare per puttana, per ninfomane, per adultera, per una che ruba il fidanzato alla figlia lontana… Ma Eva le stava accarezzando le spalle ben tornite, le abbassava discretamente le spalline del reggiseno e le coppe si allentavano attorno alle mammelle turgide, mentre Stefano iniziava ad accarezzare la pelle nuda che si scopriva a poco a poco. La mamma socchiuse gli occhi, doveva essere bagnatissima. Prese dolcemente il viso del ragazzo di sua figlia tra le mani e lo attirò a sé: «Prima dammi un bacio, sei un tesoro.» Stefano si tolse la mano dalle mutande e la prese per i fianchi attirandola a sé; lei gli mise le braccia al collo e con le belle labbra spalancate si avvicinò alla bocca di lui che aveva già un palmo di lingua fuori, iniziando a succhiargliela con devozione. Giulio mi stava baciando e leccando il collo e potevo vedere bene i due muoversi come in una danza, abbracciati, la lingua di lui nella bocca di lei che succhiava e succhiava dando ogni tanto qualche mugolio di soddisfazione. Si staccarono dopo un bel po’ quasi a malincuore, per respirare, ma era solo una pausa, perché ora fu Stefano ad accogliere in bocca la lingua di mia madre per restituirle il favore, cosa che fece con vero piacere, a giudicare dai rumorini di risucchio che tradivano il piacere di entrambi, l’acquolina in bocca che colava tra le loro labbra unite e che tutti e due erano ben felici di leccare e di bere. Le mani di Stefano erano attivissime sul corpo di nostra madre, che a sua volta rispondeva con fremiti di desideroso abbandono. Il giovane le aveva sfilato via le coppe del reggiseno che Eva aveva provveduto a sganciare, aiutando il ragazzo di sua sorella a spogliare la mamma. Le mani di lui stavano letteralmente impastando quelle morbide tettone facendosi passare tra le dita i grandi capezzoli rosati, così turgidi da sembrare dei ciucci eretti. Eva, eccitata, si accarezzava osservando me e Giulio e Stefano e Gabriella amoreggiare a coppie. Mi dispiaceva vedere la mia sorellona sola, era evidente che desiderava essere fatta oggetto delle attenzioni appassionate di un maschio, purtroppo eravamo tre contro due e per il momento non ritenne opportuno inserirsi in una delle coppie. Io d’altra parte ero troppo eccitata dalla bocca di suo marito che si era abbassato davanti a me e mi stava succhiando i capezzoli mentre con le mani mi accarezzava tette e fianchi abbassandomi piano i pantaloni della tuta felpata. La mia bionda sorella si era tolta il reggiseno ma aveva ancora la camicia, e sembrava una ragazza-copertina tanto era bella. Le rivolsi dei sinceri complimenti e lei mi sorrise, gli occhi semichiusi e la mano che si accarezzava tra le cosce. «Siete bellissimi, tutti e quattro…» disse muovendo appena le labbra di fragola che inumidiva con rapide passate della sua linguetta rosa. Mandava a me dei bacini di approvazione, sussurrava paroline di incitamento a Stefano e alla mamma che si stavano succhiando la bocca con un ardore indescrivibile. Le mani di Stefano accarezzavano i larghi fianchi di Gabriella, le sollevavano la gonna per toccarle il sedere ben fatto. Il giovane si abbassò e cominciò a baciare le mammelle della madre della sua ragazza, attaccandosi come un bimbo affamato e poppando di gusto a una e all’altra. A tutto questo la mamma reagiva esalando sospiri, ansimi dolci, gemiti di piacere, agitandosi tutta, agevolando il bel fidanzato di sua figlia che la stava toccando a piene mani in mezzo alle gambe, tra le grosse cosce sode, sulle natiche prosperose. Stefano era molto rispettoso e quasi adorante nei confronti di nostra madre, che vedeva quasi come una regina. Per questo non le aveva strappato le mutandine, come invece avrebbe fatto con me o con Eva, né le aveva sfilato la gonna, aspettando che fosse lei a prendere l’iniziativa. La mamma, dal canto suo, godeva di queste esplorazioni intime tra i veli e lo stava letteralmente facendo morire. Giulio mi aveva abbassato pantaloni e mutandine fino al ginocchio e tenendo le sue grandi mani sui miei fianchi mi aveva fatta voltare. Mi ero piegata leggermente in avanti appoggiandomi da dietro alla spalliera del divano mentre lui, inginocchiato sul tappeto, cominciava a leccarmi e a baciarmi il sedere mormorando dolci complimenti alla sua «cognatina». La sua lingua mi stava facendo impazzire, la sentivo che mi inumidiva le natiche e passava ripetutamente anche nel solco, per poi scendere golosa tra le cosce a lappare il succo che colava copioso dalle labbra gonfie della mia vulva. Non mi preoccupavo di nascondere il piacere provato, e i miei lunghi gemiti richiamavano l’attenzione dei presenti. La mamma era in estasi, bellissima con il busto nudo e le sue forme giunoniche ben impastate dalle mani di Stefano. Cercò di tirarsi giù la gonna per coprirsi almeno le mutande e il collant neri, scomposti grazie alle mani vogliose del suo giovane spasimante. Godeva e ci guardava con evidente approvazione dipinta sul viso estatico. «Da quanto tempo, mamma, non eri così eccitata?» le chiese Eva dandole un bacio sulla guancia. La risposta fu un bacio sulle sue labbra rosa e perfette e un lungo sorriso che diceva tutto. La nostra bella madre era entrata in un’altra dimensione che non avrebbe mai potuto concepire da sola: il giovane fidanzato di sua figlia le stava straziando di baci e palpate le tette gonfie, i fianchi larghi, il culo morbido, la fessura umida tra le cosce appena coperta dalle mutandine e dal collant… e lei, finalmente liberatasi dalla crisalide di madre casta e bacchettona quale era sempre stata, si stava abbandonando con crescente eccitazione alla gioia di essere femmina desiderata. L’eccitazione traspariva prepotentemente dagli ansimi sempre meno contenuti (era pur sempre la suocera di Giulio e di Stefano), dai movimenti lascivi delle gambe che si aprivano alle mani adoranti del suo giovane spasimante o si strusciavano contro le sue, dalle carezze frenetiche delle sue belle mani tra i capelli di Stefano, da come accompagnava le mani di lui a toccarla nelle sue parti più intime, dalla sua bocca avida dei baci del giovane. Eva era la regista di quella danza erotica che coinvolgeva le due coppie, me e Giulio, mamma e Stefano. Ma mentre io e il suo maritino eravamo liberi e indipendenti e procedevamo piacevolmente verso lascivi accoppiamenti con un’intesa già creatasi in precedenza, per la mamma si trattava di sgombrare il campo da tabù atavici e di farlo nel modo più piacevole possibile e senza inceppamenti. Così la mia sorellona, angelica e ruffiana, con mano leggera aveva aperto al ragazzo di Cinzia la camicia perché la pelle calda di lui sfiorasse quella di nostra madre, gli aveva poi aperto i pantaloni e con gesto delicato ma deciso aveva estratto il membro turgido iniziando a muoverlo dolcemente su e giù per alleviargli la tensione erotica, lasciando che Stefano si dedicasse completamente alle mammelle che nostra madre gli porgeva. La mamma si rendeva conto a malapena di tutto questo, presa com’era dal piacere di tutte quelle attenzioni che la stavano facendo impazzire di desiderio come mai le era successo prima. «Signora Gabriella, … mmmhhh… i suoi capezzoli sono la fine del mondo… non mi staccherei mai da queste mammelle da latte, così gonfie e morbide… Mmmhhh!…» diceva Stefano tenendo tra le mani quei seni giunonici come se fossero meloni e succhiando vigorosamente, quasi dessero davvero latte. «Nessuno mi ha mai succhiato così, Stefano caro…» rispondeva lei in estasi, «Hai una bella bocca e la sai usare molto bene… Mmmm!! Che bello… Vorrei davvero avere tanto latte da darti, tesoro mio…» Alzò gli occhi lucidi verso Eva: «Eva, io credo di… di…», poi guardò me e Giulio e non riuscì a continuare. Mio cognato mi aveva spogliata nuda e a sua volta si era tolto tutto tranne le mutande; io mi ero chinata quasi orizzontale sulla spalliera del divano e spingevo indietro il mio culone morbido tenendo le gambe leggermente divaricate… E la mamma ci vide proprio così, mentre lui da dietro faceva scorrere la sua lingua piatta tra la vagina rigonfia di rugiada e l’ano che offrivo al suo sguardo e alla sua bocca. Gemevo di piacere ed ero in fregola come una gatta, ma non potevo fare a meno di guardare la mamma e Stefano che amoreggiavano. Nostra madre era «fatta», anche se ancora si tratteneva, ma mia sorella con estrema dolcezza la stava accompagnando verso quel limite oltrepassato il quale l’abbandonarsi al piacere sarebbe diventato fonte di supremo godimento sessuale e mentale al tempo stesso. Il vedere noi figlie così deliziosamente «libertine» con uomini che non erano i nostri rispettivi compagni, il vederci lascive senza falsi pudori, l’aveva dapprima sconcertata, ma poi, constatando l’evidente e positivo piacere che entrambe mostravamo di provare, si era chiesta se davvero le sue idee sulla fedeltà e la castità non fossero un po’ fossilizzate. Non solo non facevamo male a nessuno, ma godevamo: cosa ci può essere di più bello? Proprio in quel momento suonarono al videocitofono. Per una frazione di secondo trasalimmo, ma Eva fu rapida a guardare lo schermo. «E’ Andrea…» disse. «Sarà meglio che me ne occupi io.» Si abbottonò bene la camicetta sul bel seno nudo e, senza preoccuparsi di indossare i jeans dato che la camicia era lunga abbastanza da coprirle almeno le mutandine, uscì e scese le scale per liberarsi dell’ospite. «Quale Andrea?» chiese Giulio alzandosi e abbracciandomi da dietro con le mani sulle mie poppe. «Nostro cugino,» risposi voltandomi per baciarlo. «Ha diciotto anni appena compiuti, abita qui vicino…» «Se ne occuperà Eva,» tagliò corto la mamma, e mi stupì il fatto che continuasse imperterrita a baciarsi con Stefano senza minimamente preoccuparsi del fatto che Andrea avrebbe potuto salire e coglierci in flagrante. A me non importava un fico secco, anzi, la cosa mi eccitava… ma la mamma? E cioè la sua zietta casta e pura, la sua maestra di catechismo? Ma non aveva la minima importanza perché ero così eccitata che bramavo soltanto che Giulio continuasse a possedermi fino a sfinirmi dal godimento. Eva dovette stare a parlare per almeno un quarto d’ora con il cuginetto, e con intuito femminile (un intuito ormonale, direi) compresi che Andrea non sarebbe stato mandato via a mani vuote. A conferma delle mie supposizioni la porta si aprì ed entrò proprio nostro cugino, un bel ragazzone biondo cresciuto in fretta e con il quale avevamo giocato da piccole; era diventato un giovane piuttosto rude, abbondava con il turpiloquio e stava spesso sulle sue, ma non era cattivo. Con noi faceva tanto il duro, ma io e le mie sorelle lo trattavamo da discolaccio ed era divertente perché riuscivamo sempre a «metterlo sotto». Dicevo, Andrea aprì la porta e se io non fossi stata preda di un piacere alle soglie dell’orgasmo mi sarei fatta una risata al vedere la sua faccia stupefatta davanti alla scena che gli si presentava. Per prima cosa vide me, dato che la porta si apriva proprio nella mia direzione: ero seduta a gambe spalancate sul bracciolo morbido del divano mentre con il braccio mi reggevo allo schienale che era rivolto verso di lui; pur essendo parzialmente nascosta dal divano stesso, era evidente che ero completamente nuda, così come non c’erano dubbi su ciò che stava facendo il marito di mia sorella, con addosso solo gli slip, la testa affondata tra le mie cosce muovendola su e giù mentre mi accarezzava le gambe. La mia testa era dolcemente reclinata sulla spalliera del divano, il mio viso tradiva il piacere che mi stava sommergendo, e a occhi semichiusi, quasi in lacrime per la riconoscenza verso mio cognato che mi stava portando con la lingua ad un orgasmo favoloso, riuscii a fare un cenno di saluto ad Andrea pur continuando ad accarezzare con i miei piedini affusolati la schiena nuda di Giulio. Sentendo altri sospiri, Andrea spalancò del tutto la porta e si trovò davanti mia madre tra le braccia di Stefano, entrambi mezzi nudi. Senza scomporsi minimamente, infoiata com’era, la mamma gli sorrise e disse pimpante: «Ciao Andrea, che bello rivederti! Accomodati, mettiti a tuo agio!» Poi riprese a pomiciare con il giovane fidanzato di sua figlia come se fosse la cosa più naturale del mondo. Certamente la più arrapante, a giudicare dai sospiri di piacere che entrambi si regalavano tra i baci e le carezze, perché sia lui che lei non lesinavano al partner delle sane palpate nelle parti più intime, ansiosi di scoprire e di gustare con la bocca e con le mani. Gli occhi azzurri spalancati di Andrea, immobile sulla porta d’entrata, trasmettevano al suo cervello una scena a cui era difficile credere. La sua cara e prosperosa zietta, la zia bacchettona che da piccolo gli aveva inculcato sani princìpi morali con le lezioni di catechismo, era davanti a lui indossando soltanto mutandine e collant, entrambi neri, e una gonna arrotolata quasi fino in vita; aveva il busto nudo e le sue poppe giunoniche apparivano e scomparivano dietro i movimenti di Stefano che seguitava a leccarla dappertutto, infoiatissimo, mentre con le mani la palpava in mezzo alle gambe e attorno ai fianchi, senza dimenticare il bel culone che lei spingeva indietro per invitarlo. Aveva i capezzoli enormi ed eretti e soprattutto lucidi della saliva del suo giovane amante che li aveva ciucciati per un tempo interminabile. Eva era salita dalle scale dietro ad Andrea e gli era scivolata silenziosamente al fianco chiudendo la porta: la sua camicia era aperta ora, e il suo seno in bella vista; le mutandine di seta bianca vistosamente bagnate. Ciononostante lei manteneva un elegante e soddisfatto distacco e disse al cuginetto con voce roca: «Te l’avevo detto di non stupirti di niente…» Sentivo l’orgasmo arrivare e i miei ansimi aumentare il ritmo. La coppia Eva-Andrea ci guardò e io mi eccitai a dismisura, finché godetti e godetti e godetti gridando il mio piacere e chiamando con dolci nomi il caro cognatino al quale stavo inondando la bocca adorante con il mio caldo liquido che lui lappava golosamente. E nell’orgasmo compresi con empatia femminile, da donna a donna, che mia sorella e nostro cugino si erano concessi momenti piacevoli e senz’altro nuovi mentre, nell’atrio di casa al pianterreno, lei lo preparava con il suo tatto da signora a quello che lui avrebbe visto di sopra. Andrea si infilò la mano nei pantaloni e si diede una sistemata all’uccello che gli stava scoppiando dentro. Eva, con la sua manina dolce, gli abbassò la cerniera dei jeans per sollevarlo da quella costrizione, poi gli cinse la vita con il braccio e gli sussurrò: «Vieni, andiamo di sopra a divertirci un po’ anche noi…» Fu solo allora che il biondino si riscosse, e vidi finalmente l’uomo, il maschio che a noi sorelle era sempre piaciuto in lui. Si voltò verso Eva con un sorriso e le diede un bacio sulla bocca al quale lei rispose con grazia eccitata. Poi lo precedette sulle scale che portavano alle nostre camere da letto, bellissima con quella camicia che sembrava un velo, il sedere perfetto e avvolto dalle mutandine che il suo giovane spasimante accarezzò quasi timidamente indugiando sulle morbide forme di lei. Eva si fermò un attimo, elettrizzata da quel tocco, una mano maschile che finalmente la sfiorava dopo che attorno a lei tutti si stavano accoppiando lasciandola sola ed arrapata. Andrea si voltò a guardare per un istante ancora mia madre e Stefano, eccitato nel vederli entrambi seminudi, lui con l’uccello eretto fuori dai boxer, ora inginocchiato davanti a lei che era appoggiata o meglio semisdraiata sul pesante tavolo di noce: Stefano la stava annusando e baciando appassionatamente in mezzo alle gambe che lei teneva aperte per agevolarlo; aveva ancora collant e mutandine, entrambi fradici di umori, e lui la leccava proprio lì, instancabile, mentre con le mani le mungeva letteralmente le mammelle tirando i capezzoli all’inverosimile, cosa che mia madre sembrava gradire moltissimo. I due non si curavano più di nessuno, infoiati com’erano in quel gioco erotico nuovo che li stava portando a vette di eccitazione mai provate. Andrea si girò verso Eva e trovò la sua bocca pronta ad attenderlo. Si baciarono lì sulle scale, lei due gradini più sopra e finalmente lo sovrastava dato che il caro cuginetto era alto quasi un metro e novanta. Poi entrambi si affrettarono di sopra dove ad attenderli c’era il morbido letto di mia sorella. Suo marito si era intanto denudato ed ora mi stava davanti, il bel corpo nudo con tutto quel pelo nero nei punti giusti, e soprattutto un’erezione portentosa che svettava ornata dalla sacca dello scroto, grossa, tonda e contratta per l’eccitazione. Io ero ancora tutta liquefatta dall’orgasmo che il mio adorato Giulio mi aveva regalato, e bramavo riceverlo dentro di me. La vista di quel membro così grosso e duro mi faceva letteralmente impazzire: mi piegai in avanti e lo baciai, poi aprii la bocca e vi accolsi il glande gonfio, carezzandolo con la lingua. Era già abbondantemente bagnato e il suo sapore mi eccitò ancora di più. Giulio mi lasciò succhiare per poco, perché voleva infilarsi nel mio ventre e farmi godere appieno. Lo bramavo anch’io, e quando lui lo estrasse dalla mia bocca mi lasciai andare sul divano, il culo ancora sollevato sul morbido bracciolo di velluto e le gambe spalancate per accoglierlo. Mi sentivo la vagina in fiamme per il desiderio, ero letteralmente liquefatta e sentivo la mia vulva contrarsi e dilatarsi in spasmodica attesa di essere penetrata. Il mio adorato cognato abbassò lo schienale del divano per fare più posto, e questo mi espose agli sguardi degli altri due, la mamma e Stefano, che smisero per un attimo di baciarsi e ci osservarono eccitati senza sciogliere l’abbraccio che li univa. Il caro Giulio non perse tempo, eccitato com’era, e appoggiò il glande rigonfio all’imboccatura della mia vagina che aveva succhiato e leccato per un tempo interminabile e che ormai era sua a buon diritto. Allungai le braccia all’indietro come per stirarmi e allargai le gambe ancora di più in un gesto lascivo che lo invitava. Sentii la grossa cappella entrare in me e spingere fino in fondo dilatandomi tutta, mentre io, con il fiato mozzo per il piacere, inarcavo la schiena boccheggiando. «Ooohhhhhhhhh!… Finalmente, cognatino del mio cuore!… Ooooohhhh che piacere… Ti sento tutto dentro!… Voglio essere chiavata da te, amore mioooooohhhhh!…» Il grosso pene era entrato completamente nella mia vagina e Giulio si era fermato così, strusciando piano il suo pelo contro il mio, un gesto che faceva sempre quando mi scopava, quasi un bacio tra i nostri due sessi che si abituavano l’una alle dimensioni dell’altro. E poi iniziò a muoversi avanti e indietro, dentro e fuori, dentro e fuori, con un va-e-vieni regolare, tranquillo e nel contempo potente e assolutamente maschio che mi provocava un crescendo di piacere indicibile. Intrecciammo le mani come due innamorati, io gemevo sempre più forte sentendo l’orgasmo arrivare, che mi esplose nelle viscere come un vulcano facendomi sprizzare liquido sul velluto del divano e sulle gambe muscolose di Giulio. Ansante ed estatica seguitai a godermi il marito di mia sorella che riprendeva il ritmo e anzi lo aumentava, ansioso di venire anche lui con me. Le sue mani si erano posate sulle mie tette e le stavano spremendo facendomi morire di piacere. Girai la testa con gli occhi socchiusi e vidi Gabriella e Stefano che ci osservavano eccitatissimi: la gonna della mia bella mammina era sparita chissà dove e lei indossava ora solo mutandine e collant che le fasciavano le gambe ben tornite ed i fianchi larghi e materni; il suo giovane spasimante l’abbracciava da dietro e con le mani stringeva a mo’ di caldo reggiseno le grosse mammelle massaggiandole, con frequenti capatine anche tra le cosce di lei per sentire sotto le dita il profilo della vulva che bagnava ormai abbondantemente sia le mutande che il nylon nero, mentre lei spingeva il bel culone sodo contro di lui per sentirne il membro turgido. Stavano abbracciati guancia a guancia e lui la baciava di quando in quando sul collo che lei gli porgeva. Entrambi erano arrapatissimi dalla visione di me e Giulio che ci stavamo accoppiando sul divano godendo senza ritegno. La mia chiavata mi stava portando ad un altro orgasmo superlativo, e anche mio cognato mi stava ormai raggiungendo. Capii che stava per godere dagli ansimi pesanti di lui e dall’espressione rapita del suo viso, e quando le sue sopracciglia si inarcarono per esprimere una silenziosa domanda gli risposi mandandogli un bacio e avvolgendomi stretta con le cosce ai suoi fianchi per non farlo uscire da me. Ancora pochi colpi e finalmente sentii lo sperma sprizzare dentro il mio grembo mentre il mio maschio grugniva di piacere e mi ricopriva di ogni sorta di complimenti teneri mentre si svuotava in me. Il suo seme era caldissimo e i getti
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