Aveva riso insieme alle sue tre compagne, Cinzia, Daniela e Francesca, quando Paolo le aveva detto che lei, con le sue labbra, non avrebbe potuto che riempirli di baci. Erano al III anno di liceo e, senza alcun dubbio, lei e le sue tre amiche erano le sedicenni più belle della classe. In tutto erano in ventiquattro, di cui undici ragazze e tredici ragazzi, ma molti di loro si confondevano nell’anonimato. Vuoi per il fisico che ognuna di loro si ritrovava, vuoi per il modo di vestire di cui si avvalevano per esaltare il loro corpo, loro quattro erano state al centro delle attenzioni di tutti i ragazzi delle ultime classi sin dall’inizio dell’anno scolastico (per la verità, avvenuto solo due mesi prima), e questo ad alcuni dei loro compagni non era andato a genio. Paolo, Claudio, Marcello, Antonio, Carmelo, Stefano e Giovanni avevano il timore che qualcuno di quei maturandi potesse rubargliele e, conseguentemente, avevano deciso di proporre loro quell’accordo così inusuale: i! loro servigi di cavalieri serventi in cambio di un po’ di sesso, senza distinzione tra loro sette e, obbligatoriamente, senza che si formasse mai una coppia fissa. Lei e le sue amiche avevano trascorso l’intera serata al telefono interscambiandosi pareri, preoccupazioni e simpatiche congetture; e Francesca (l’unica ad avere conosciuto di già com’era fatto un uomo) aveva dovuto ripetere a tutte le altre cosa avrebbero potuto richiedere i ragazzi come prestazioni sessuali. Per la verità, nessuna aveva ipotizzato quanto poi Piero e gli altri avevano prospettato come regole base dell’accordo: Francesca avrebbe dovuto stare insieme a loro in modo completo; Cinzia avrebbe dovuto massaggiarli con giochi semplici ed intriganti da compiere ovunque; Daniela li avrebbe dovuti accogliere con la sua quinta misura e lei, per l’appunto, li avrebbe deliziati di baci. Avevano accettato, ridendo e scherzando e, per la verità (almeno lei) capendo relativamente poco di quelle richieste. Mica non sapeva come stessero insieme un uomo e una donna o che cosa facessero, ma le parole usate dai suoi compagni le avevano lasciato diversi dubbi in proposito ed anche il discuterne dopo con le altre non le aveva svelato un granché. Quasi era seccata con se stessa: se avesse accettato le avances di Matteo durante le vacanze estive, un ragazzone piemontese conosciuto nel villaggio turistico dove risiedeva con i suoi genitori, avrebbe saputo perfettamente cosa l’attendeva ed invece eccola lì a bruciare dalla curiosità. Alta nella norma, castana on i capelli appena sulle spalle, gambe lunghe, snelle e diritte; seno a pera, appena al di sopra della media per la sua età; rigorosamente in minigonna e giubbini senza nulla sotto, se non un reggiseno quasi sempre colorato, nessuno si era mai capacitato del perché fosse stata sempre restia a formare coppia con un bel maschietto: non si sentiva pronta, rispondeva. Per i venti giorni successivi quei sette avevano fatto calare la tensione, sembrava quasi che fosse stata tutta una presa in giro. In effetti si erano subito mostrati pronti ad accontentarle in tutto, dall’offrire la colazione a portarle al cinema, per negozi e in discoteca, ma non avevano tentato alcun approccio o molestia e, piano piano, loro quattro non avevano pensato più alla seconda parte dell’accordo. Poi c’era stato l’incontro nello spogliatoio della palestra tra Paolo e Daniela dove lui, prima, le aveva ricordato che il periodo di prova era ampiamente terminato e che era giunto il momento, per lei, di iniziare a stare nei patti; poi, quando aveva capito che non ci sarebbero state resistenze, le aveva alzato la maglietta e sfibbiato il reggiseno lasciando libere due mammelle enormi ma dure come il marmo. Si era subito abbassato i calzoncini sportivi ed aveva fatto sparire il suo membro, in piena erezione, in mezzo a quei globi di carne soda. Glieli aveva tenuti stret! ti tra le mani, lasciando che il suo pene ci scivolasse su e giù sino a quando non le aveva imbrattato il viso con una quantità infinita di sperma. Per tutta la mattinata, il pomeriggio e la sera lei e le sue tre amiche non avevano parlato di altro, chiedendo a Daniela di raccontare ogni momento mille e mille volte. Si erano date la buonanotte con una domanda: a chi sarebbe toccato dopo di Daniela? L’indomani mattina si era presentata in classe col suo solito look, mini blu notte e giubotto jeans abbottonato sino all’attaccatura del seno con sotto un reggiseno azzurro che si intravedeva. Le prime ore erano trascorse nella più assoluta normalità poi, subito dopo la ricreazione, al momento di tornare ai propri posti, era stata chiamata da Carmelo. “Maria, vieni a sederti accanto a me, ti spiace?” le aveva indicato la seggiola lasciata libera da Paolo, quella di sinistra, posta tra lui e la parete, mentre alla sua destra era rimasto seduto Antonio. Non era la prima volta che accadeva e non ci aveva trovato nulla da ridire, così aveva preso posto accanto al suo compagno, notando che nella fila d’avanti si erano seduti Claudio, Marcello e Stefano e in quella dietro gli altri due del gruppo, Paolo e Giovanni: era certa che l’avrebbero informata su quando sarebbe toccato a lei e già fremeva dalla curiosità, anche se le gambe le tremavano per il timore dell’incognito. Dopo poco era entrato in classe il professore di matematica e la lezione era subito iniziata con lui alla lavagna a scrivere numeri e diagrammi. Carmelo, sussurrando, le aveva fatto solo un paio di battute sulle sue splendide gambe, chiedendole se le poteva accarezzare e, alla sua risposta ovviamente negativa, non aveva insistito; poi, sempre bisbigliando, le aveva chiesto se avesse saputo di Paolo e Daniela e cosa ne pensasse. “se questi sono i patti, dobbiamo rispettarli. No?” gli aveva risposto con un filo di voce, più per l’emozione che non per non farsi sentire dal professore. Carmelo le aveva sorriso, rimanendo in silenzio per un po’ e lei si era concentrata sulla spiegazione e su quanto era scritto alla lavagna. “Sai qual’è il tuo compito, vero?” L’aveva fatta sobbalzare sulla seggiola. Era talmente assorta che la sua voce le era rimbombata dentro come se fosse stata una cannonata. Oppure era per quello che le aveva chiesto? Sapendo di essere diventata rossa in viso, si era leggermente girata verso il suo compagno mentre lui, senza più chiederle il permesso, le accarezzava una coscia con la mano. “certo che lo so” Voleva mostrare una sicurezza che non aveva e la voce le era uscita tremolante, quasi balbuziente. “ne sei sicura? Ricordami cosa devi fare a noi sette.” Mentre le bisbigliava queste parole si era accucciato sopra il libro, come se dovesse verificare qualcosa di quello che c’era riportato. “dovrò riempirvi di baci. No?!” Era diventata una pietra, incapace di reagire alla mano che saliva e scendeva dal ginocchio sino all’orlo della mini, dubbiosa del suo stesso nome. “Dopo quello che ti ha raccontato Daniela, non sei curiosa di vedere un cazzo dal vivo?” BANG!! Ma che le stava chiedendo? Era impazzito? No, era quello il patto!! Lo sapeva e lo aveva accettato insieme alle sue compagne, ed allora perché faceva la stupida? “certo che lo sono” Cercando di celare la sua paura e l’emozione con un sorriso forzatissimo, era riuscita a spiccicare quelle quattro parole. I sorrisi di Carmelo e di Antonio (che non aveva perso un momento di quel dialogo come, immaginava, gli altri dei banchi davanti e di dietro) erano stati, invece, assolutamente disinvolti e spontanei. “Allora, Maria, ascoltami. Devi fare quello che ti dico. Ok?” Lei lo aveva guardato manifestando grande insicurezza e lui aveva continuato. “Lo capisco che sei confusa, ma non preoccuparti. Mica siamo dei pazzi e vogliamo farci sospendere in blocco. Loro tre..” e le aveva indicato i tre davanti “..coprono la visuale al professore. L’importante e non fare alcun rumore. Ok?” Non capiva proprio! Cosa le stava chiedendo? Ed allora, era riuscita a parlare. “Ma cosa vuoi che faccia?” Lui aveva allontanato la mano sino ad allora tenuta sulla sua coscia e aveva cercato di mostrasi il più serio possibile. “senza fare rumore, mettiti a terra. Siediti o mettiti a quattro zampe, non importa come, ma fallo. Poi non fiatare e segui le indicazioni che ti darò con le mani. Mi raccomando..” Si era girata intorno con lo sguardo impaurita, incredula. Aveva incrociato gli occhi di Cinzia, seduta dall’altro lato della classe, al suo stesso livello di banchi (probabilmente, anche lei stava cercando di capire cose stesse accadendo) e, senza più riflettere, con lui che le tirava un braccio verso il basso, era scivolata verso terra sino a ritrovarsi seduta sul pavimento, quasi completamente sotto il proprio banco. Subito Carmelo, aiutandosi con le mani, le aveva indicato che doveva spostarsi più verso di lui, verso le sue gambe e, chissà come, dopo un po’, si era ritrovata sotto il banco del suo compagno, con la testa all’altezza delle sue ginocchia. Cosa voleva che gli facesse? Una risposta l’aveva, Francesca era stata abbastanza chiara, ma non era possibile lì in classe!! Ed invece, Carmelo le aveva poggiato una mano sugli occhi, impedendole la vista per qualche secondo e, quando l’aveva tolta, si era ritrovata il suo cazzo davanti che si levava in alto, sporgendo dal pantalone aperto. Era incantata, ipnotizzata da quel coso. Non riusciva quasi a respirare per l’emozione, per la paura che il professore potesse decidere di arrivare sino ai loro banchi ed accorgersi di loro in quello stato; per il timore che gli altri li potessero vedere. Aveva alzato gli occhi verso Antonio e lui era lì, la osservava sorridendo e, con chiari gesti, la invitava a darsi da fare col suo compagno. Ma che doveva fare? L’odore del pene di Carmelo arrivava alle sue narici forte e gradevole, sembrava che lo avesse profumato sapendo che avrebbe dovuto ricevere le sue attenzioni. Oh Cazzo!! Non poteva fare la figura della deficiente con quei matti. Tanto da lì a poco sarebbe stato il suo compagno a costringerla; già aveva poggiato una mano sulla sua nuca e continuava ad accarezzarle i capelli ma stava solo trovando il coraggio per spingerla verso il centro delle sue gambe. Aveva deciso di stupirlo, di prendere lei le redini del gioco e, prima che lui potesse fare un altra mossa, si era avvicinata col viso in modo da raggiungere la punta del pene con la propria lingua, il sapore non era niente male. Aveva appena leccato il suo primo cazzo, chissà quanti gliene avrebbe riservati il futuro? Beh! Sette sicuramente sì. Dopo un primo attimo di smarrimento, Carmelo si era subito ripreso. Pur contento di non dovere soffrire per convincerla, si era reso conto che lei – nonostante la buona volontà – non aveva idea di come fare e stava continuando a puntellare con la lingua solo una parte della sua cappella. Delicatamente le aveva poggiato la mano su una guancia e le aveva fatto capire che doveva spostarsi, dedicandosi a tutto il bastone con quella lingua di seta. Era stato fortunato col sorteggio! Nonostante tutto, sapere che il suo era il primo cazzo che Maria avrebbe preso in bocca quasi lo inorgogliva e lei dava segni positivi di capire come muoversi, cosa fare. L’aveva lasciata sfogare con la lingua per cinque minuti abbondanti, indicandole solo le parti in cui preferiva sentirla, poi le aveva preso la testa con ambedue le mani facendo un movimento come se volesse sollevarla e l’aveva fatta ricadere subito in modo che le labbra poggiassero sul pene. Maria si era resa conto di cosa volesse e le aveva schiuse, seguendo alla lettera quanto le era stata detto il giorno prima da Francesca in materia di pompini. Stava facendo il suo primo pompino e non le interessava sapere che quello lì non fosse il suo ragazzo e che non la amasse. Quello era sesso e basta!! Ed era legato ad un accordo che andava rispettato!! Aveva alternato baci, succhiate, leccate, carezze con le mani. Il povero Carmelo non riusciva più a seguirla nei movimenti e, alla fine, l’aveva lasciata fare aspettando solo di venirsene copiosamente. “Come va?” Antonio aveva rotto il silenzio. “Non è una maga. Sta facendo parecchia confusione, ma ha voglia. Vedrai che diventerà in gamba. Cazz…!!” Maria si era sentita bloccare la testa dalle mani del compagno proprio mentre lo stava imboccando. Non le aveva permesso di muoversi più, tenendola ferma in quella posizione sino a quando non si era sentita la gola invasa da qualcosa che la stava affogando. Aveva avuto un rigurgito e, se lui non avesse allentato la presa, avrebbe rimesso. Si era staccata e, contro la propria volontà, aveva iniziato a tossire mentre sputava a terra qualcosa di biancastro e amaro/aspro. La voce del professore le era arrivata chiarissima. “che succede laggiù?” “nulla professore” l’intervento di Paolo era stato risolutore, “mi stavo affogando con la gomma da masticare. Mi scusi.” Claudio era sprofondato nella poltrona della sua stanza e stava guardando gli amici seduti intorno a lui, chi per terra chi nelle seggiole. Come nei giorni precedenti, si erano riuniti in casa di uno di loro per discutere sul loro argomento preferito: Francesca, Daniela, Cinzia e Maria (le ragazze più belle della loro classe), e sull’accordo raggiunto con loro. Avevano trascorso due anni scolastici interi a parlare di quelle quattro, delle loro gambe, dei loro seni e di quello che avrebbero voluto combinarci, sino a quando – all’inizio del terzo anno di liceo – non si era unito a loro Paolo, un ripetente. In poco tempo aveva formato gruppo con gli altri sei ed era diventato il loro trascinatore in ogni cosa, ivi compreso il discorso “ragazze”. Dopo alcuni giorni in cui aveva accettato di partecipare alle “battute” e agli “scherzi un po’ pesanti” riservati alle bellezze della classe, aveva ritenuto che fosse tempo di concretizzare e ne aveva parlato agli altri. Lo avevano preso per pazzo, non gli avevano creduto, ma lui non aveva demorso e non passava giorno che non ne parlasse con l’uno o con l’altro. Alla fine li aveva convinti che provare non costava nulla; tutto sommato poteva solo scapparci qualche schiaffo, qualche cattiva risposta ed, invece, le ragazze avevano accettato. Con ogni probabilità, non avevano creduto che facessero sul serio ma, quando proprio lui aveva chiamato Daniela nello spogliatoio della palestra per iniziare a sdebitarsi in base agli accordi pattuiti, lei non aveva creato grossi problemi e gli aveva consentito di fare sparire il suo pene turgido in mezzo ad un seno sodo e immenso. Magari il giorno dopo, con Maria, Carmelo non aveva avuto la stessa vita facile ma oramai erano in ballo e dovevano proseguire. Come per le volte precedenti avevano dapprima sorteggiato il nome della ragazza tra quelle che ancora non avevano ricevuto le loro attenzioni materiali, era stato estratto il nome di Cinzia, poi quello di uno di loro. La fortuna aveva baciato Claudio, toccava a lui iniziare la sua compagna ai giochi fatti di carezze, solletichi, movimenti di mani e di dita. Erano rimasti a discutere su dove convenisse operare e, alla fine, si era deciso che ripetere l’esperienza in classe sarebbe stato impossibile in quanto le ragazze sarebbero stare sul chi vive, dopo la mattinata appena trascorsa. Per questo avevano preferito scegliere il luogo più appartato: il gabinetto dei ragazzi. Marcello e Antonio avrebbero fatto da vigilanti, Claudio sarebbe stato dentro in attesa che lei arrivasse e Paolo avrebbe pensato per convincerla a seguirlo, gli altri sarebbero rimasti in classe. “Ragazzi, chissà come l’ha presa, Maria. Le telefoniamo?” La proposta era stata di Paolo, aveva paura che la ragazza fosse rimasta condizionata negativamente dall’approccio mattutino, e gli altri si erano trovati d’accordo nel chiamarla. Era in casa, stava aspettando Daniela per uscire, e era stata contenta che Paolo le avesse telefonato. Avevano scherzato del più e del meno, poi lui era andato dritto sull’argomento che gli stava a cuore. “Che mi dici di stamattina, è andato tutto bene?” Il silenzio che era seguito e l’imbarazzo successivo non avevano promesso nulla di buono, Maria non riusciva a spiegare quello che aveva provato realmente. Prima era rimasta sorpresa, poi si era lasciata andare e cercava di capirci qualcosa ed alla fine le stava piacendo, ma quasi affogava quando Carmelo era venuto e questa parte non l’aveva gradita affatto. Anzi, aveva chiesto di potere essere esclusa dal patto. C’era voluta tutta la capacità diplomatica di Paolo per convincerla a ripensarci e che la volta successiva sarebbe andata meglio. “Scusa, ma visto che state uscendo perchè non passi a trovarci? Siamo a casa di Claudio ed i suoi non ci sono, lavorano sino a tardi.” Avevano chiuso con una mezza promessa e, quando era passata più di un’ora dalla telefonata, nessuno sperava più che arrivasse. Invece, il campanello era suonato e Caludio era andato a controllare chi fosse. Al ritorno in stanza non era riuscito a fiatare, gli altri avevano potuto vedere alle sue spalle Maria, bella più che mai. Aveva indossato una gonna ridottissima grigia, con uno spacco laterale, e un maglioncino bianco, lento in basso e tenuto sporgente dal suo seno, era una delizia guardarla. Si erano ripresi, facendole grande festa e facendola sedere sul letto di Claudio. Daniela aveva preferito andare per negozi, ma lei non aveva voluto perdere l’occasione per chiarire la questione con tutti loro. Avevano discusso a lungo, nessuno aveva tentato di forzarla, ne le si avvicinavano. Erano rimasti tutti ai loro posti come se non ci fosse una ragazza in mezzo a loro, con le gambe nude quasi sino all’orlo delle mutandine e che stava parlando di rapporti orali da fare o no fare con loro sette, come se si fosse trattato di una materia scolastica. “Abbiamo sbagliato tutto, Maria, ma consentici di rimediare. Non sempre il sapore del nostro sperma può piacere ed è successo proprio questo con te, non ti è piaciuto. Ma non farlo più per questo è esagerato. Potremmo tentare in modo diverso.” Le parole erano uscite dalla bocca di Giovanni tutto di un fiato e i suoi amici erano rimasti in silenzio a guardare Maria, a quel punto dipendeva da lei. “Ma che intendi in modo diverso? E se poi non mi piace lo stesso?” Giovanni non aveva idea di cosa risponderle, si era alzato dalla seggiola e le si era avvicinato. “Ti faccio vedere. Per esempio, prova a succhiarmi il dito” Le aveva posto l’indice della mano destra dinanzi alle labbra, quasi poggiandocelo sopra. Lei, con aria perplessa, lo aveva imboccato appena. “Ecco, brava. Ora mima come se non fosse un dito. Chiudi gli occhi e leccalo come facevi stamattina con Carmelo, succhialo, bacialo”. La ragazza si era lasciata andare, aveva iniziato a fare quanto le diceva il suo compagno e, per quanto era presa, non si era accorta di essersi sdraiata sul materasso a cosce aperte facendo godere i presenti per le sue nudità. “Hai visto che ci sai fare, Maria. Ora siediti, prova con questo”. Dimenticandosi della presenza degli altri, Giovanni si era aperta la patta dei jeans, sfoderando un cazzo di buone dimensioni, duro come il marmo. Lei si era seduta ed era rimasta a guardare quello che aveva di fronte agli occhi. “Giovanni, sei matto?” le aveva accarezzato i capelli, incoraggiandola a provarci e lei si era chinata in avanti, prendendo il bastone con una mano e poggiandoci sopra le labbra. Era rossa in viso per la vergogna di avere tutti quei ragazzi attorno che la stavano guardando, ma quel pene eretto aveva fatto da calamita per la sua bocca. “leccalo leggermente. Quando senti gli umori cerca di abituarti al loro sapore. Fallo lentamente” i consigli arrivavano da Paolo perchè Giovanni, a quel punto, era completamente preso dalla pompa che la sua compagna gli stava fornendo. E lei cercava di seguire ogni indicazione, non perdeva occasione per cambiare il movimento della sua bocca, scendeva con la lingua sino alla base del pene e poi risaliva, succhiava in cima e poi ne imboccava l’intera cappella tenendo gli occhi chiusi, questa volta le stava piacendo davvero. Andavano avanti così da un po’ quando si era sentita toccare la guancia, aveva aperto gli occhi ed era rimasta stupita da quel che aveva visto. Paolo le stava strofinando il proprio cazzo sulla guancia e, alla sua sinistra, c’era un altro pene dritto tenuto in mano dal suo proprietario, aveva alzato gli occhi ed aveva incontrato quelli sorridenti di Stefano. Aveva scosso la testa in segno di negazione ma quei due avevano continuato a sorriderle, accarezzandole le guance con le mani e con i pali di carne. “Vedrai che ti piacerà”. Qualcuno aveva fatto spostare Giovanni, prendendo il suo pasto. Era Paolo e lei non aveva trovato di meglio che protestare tenendo serrate le labbra, ma lo vedevano tutti che non aveva nessuna voglia di rinunciare a gustarsi quei tre cazzi. “Lo faccio, ma alla fine non fatemi vomitare”. L’avevano accontentata, lasciandosi imboccare uno per volta, facendosi leccare le loro aste dalla cima sino alle palle e inondandola, prima l’uno poi l’altro, con il loro sperma. Per fortuna si era lasciata convincere a rimanere nuda perché, in caso contrario le avrebbero inzozzato tutto il maglioncino; alla fine la crema le copriva dal mento all’ombelico. Credeva che fosse finito quando Marcello le aveva chiesto di distendersi sul letto. Lo aveva fatto e si era vista attorniare dagli altri quattro, due per lato si stavano smanettando velocemente i loro cazzi, con ogni probabilità avevano iniziato a masturbarsi mentre lei era impegnata con i loro amici e, a quel punto, avevano deciso di emularli, lanciandole addosso la loro sborra. Dieci minuti dopo era piena sino alle ginocchia ma felice come non mai, sarebbe rimasta nel gruppo!! Della 3^ D era rimasta solo Francesca perché il patto stilato da Daniela, Maria Cinzia e lei con i sette compagni di classe fosse definitivo. Francesca sapeva che, dopo le sue amiche era il suo turno di soddisfare uno di loro e fremeva dalla voglia e dalla curiosità di sapere chi sarebbe stato il primo dei sette a chiamarla. Quei ragazzi, con la loro proposta, avevano cambiato completamente il ritmo delle sue giornate e di quelle delle sue amiche. Non che ci avesse creduto, all’inizio, ma dopo le esperienze delle altre durante le lezioni, non c’erano stati più dubbi e lei si aspettava da un giorno all’altro l’approccio; ed era arrivato, ma mai si sarebbe aspettato tutto quello che era accaduto. Un venerdì mattina Stefano era rimasto seduto nel banco accanto al suo per tutte le ore e l’aveva distratta parlando delle vacanze, degli amici, della scuola e, soprattutto, del patto e delle sue conseguenze. Avevano parlato senza mezzi termini di quello che era accaduto alle altre ragazze, dell’entusiasmo immediato di Daniela e Cinzia e di quanto era stato organizzato con Maria perché dimenticasse subito la prima esperienza non proprio eccezionale. Con l’andare del tempo, Francesca si era convinta che le avrebbe chiesto di seguirlo nei gabinetti ma era rimasta delusa, le lezioni erano terminate e lui l’aveva salutata. Verso le quattro del pomeriggio, mentre sui libri di matematica, avevano citofonato, era Stefano che la invitava a scendere per prendere un gelato insieme. Era scesa così com’era, con indosso una minigonna blu con sopra una camicetta, reggiseno, mutandine e mocassini, con un giubbotto jeans sopra. La scelta si era rilevata sbagliata perché, seduta al bar, mangiando il gelato, il freddo le aveva fatto tremare le gambe troppo nude e Stefano, notando la pelle d’oca, le aveva proposto di alzarsi per andare a fare un giro, tanto per riscaldarsi, visto che lì c’era troppa gente per poterla aiutare. Sorridendo, aveva accettato subito e, poco dopo, si erano ritrovati a girovagare per i viottoli del parco cittadino, un luogo che – a quell’ora – era frequentato solo da coppiette. Erano passati poco lontano da un motorino parcheggiato sotto un albero ed avevano udito distintamente i mugolii di piacere dei ragazzi che vi erano seduti sopra. Il ragazzo era con le spalle al manubrio e la giovane era stretta a lui, con le mani che sparivano in mezzo alle loro gambe. Li avevano guardati per un po’ ed avevano riso quando da quel groviglio aveva fatto capolino la punta del pene del maschio. Stefano aveva approfittato di quel momento erotico ed allegro al tempo stesso per accarezzarle il volto ed avvicinare le labbra alle sue. Rimanendo in piedi in mezzo al viottolo, si erano baciati a lungo, non solo sulla bocca. Le labbra e la lingua del ragazzo ben presto avevano cominciato a percorrere il collo, a soffermarsi dietro l’orecchio per poi tornare alla bocca, causandole brividi e la pelle d’oca, ma questa volta non per il freddo ma per l’eccitazione. Lui le aveva poggiato la mano sulla gamba, risalendo lungo la parte esterna della coscia destra, sino al bordo della minigonna. Poi era sceso nuovamente e dopo essere passato sull’altra gamba era risalito facendosi largo all’interno delle cosce chiuse. Quando aveva raggiunto la mini non si era fermato ma era risalito ! lungo l’abbottonatura della camicia, i bottoni più alti erano stati aperti e la mano aveva scostato i due lembi di stoffa scoprendo i seni sodi e sormontati dai capezzoli, duri da farle male, e rivolti verso l’alto. Era stato piacevole farsi accarezzare, sentire le labbra stringersi intorno il capezzolo e la lingua giocherellarci. Era eccitata e sapeva che Stefano aveva il pieno controllo del suo corpo. Dopo averla baciata sulla bocca, mentre le sbottonava completamente la camicia, era sceso nuovamente con le labbra sui seni e poi più giù, verso il ventre piatto. Sentiva sotto la lingua e le dita la carne soda della sua compagna e non credeva alla fortuna che aveva avuto col sorteggio; lui sarebbe stato in ogni caso il primo a prenderla, anche se … Le aveva torturato l’ombelico mentre le sue mani erano corse sotto la mini, agganciando il tanga e facendolo scivolare lungo le cosce, sino alle ginocchia. Francesca si era ritrovata così, con la camicia aperta, le coppe del reggiseno sotto le mammelle, il tanga, sfilato, tra le gambe, la bocca di Stefano che le torturava i capezzoli e le sue mani che stavano alzando la mini per andare a cercare il suo bocciolo. Erano ancora in piedi in mezzo al viottolo del parco, e tutti avrebbero potuto vederla; per una sorta di pudore, aveva tenuto le gambe ben strette. Stefano non aveva rinunziato e si era inginocchiato, sospendendo, per il momento, le attenzioni riservate sin lì al seno, duro come il marmo. Era stato piacevole sentirne fra le labbra la consistenza, il buon sapore, notare come i capezzoli si indurivano ancora di più sotto i colpi pazienti della sua lingua, ma Francesca aveva bisogno di aiuto per vincere i suoi timori e lui era lì per questo. Con decisione, aveva infilato le sue mani in mezzo alle cosce e l’aveva indotta ad aprirle, mentre la sua lingua, superata la barriera di peli era scesa verso il clitoride. Le aveva tenuto le labbra aperte con le dita e la lingua si era fatta avanti, penetrando dentro. A Francesca sembrava di impazzire, ferma lì in mezzo al parco, le gambe aperte e il suo compagno carponi con la testa sotto la mini. Aveva sentito ogni passaggio della lingua sulle sue parti più intime, poi un dito si era fatto strada e aveva iniziato a sondarla con introduzioni leggere. Stefano si era rialzato per abbassarsi i pantaloni, estraendo l’uccello teso e posizionandolo sulla mano della compagna, poi era tornato subito a giocare con le dita in mezzo alle sue gambe; prima le aveva spinte piano verso l’alto, penetrando dentro, poi in modo sempre più energico, facendola urlare dal piacere. Per lei era bello, ancora più bello di quanto non avesse pensato e, dopo pochi affondi, aveva raggiunto, rumorosamente, un primo orgasmo. Lui non aveva smesso di affondarle le dita dentro, l’aveva tenuta sollevata da terra con una mano sulle natiche e l’altra ad incalzare colpo sul colpo, mentre la incitava a stringerglielo di più ed a muovere la mano più velocemente. ! I movimenti del ventre sconquassato dalle dita di Stefano, i brividi del corpo, le incitazioni, le stavano causando un nuovo orgasmo ed era pronta a fare in modo che il suo compagno la seguisse a ruota quando aveva volto lo sguardo verso quei due sul motorino ed era trasalita. La ragazza era scesa dal sedile ed era rimasta in piedi, tutta prona in avanti, col viso chino sul ventre del compagno, sbocchinandolo senza più curarsi della loro presenza; ma, quel che più aveva turbato Francesca era il ragazzo, che, seduto, con le mani sulla nuca della giovane ed il volto girato verso di loro, si godeva lo spettacolo delle loro mani in movimento. Era rimasta calamitata dal suo sguardo e non aveva più smesso di osservarli; la giovane aveva iniziato a muoversi su è giù freneticamente e, all’improvviso, il ragazzo si era chinato in avanti tenendo ben ferme le mani sulla sua testa, stava godendo. Si era sentita prendere da un raptus ed aveva iniziato a smanettare velocemente la mazza che stringeva nella mano, voleva che anche Stefano raggiungesse l’orgasmo e così era stato. Era felice, raggiante; aveva incrociato lo sguardo di quello sul motorino sentendosi orgogliosa di essere riuscita anche lei a dare piacere al suo amico. Con un fazzolettino “tempo”, Francesca si era ripulita la mano dallo sperma che Stefano le aveva appena regalato. Avrebbe voluto assaggiarlo, gustarne il sapore, ma non aveva voluto apparire troppo “porcellina” e si era trattenuta dal farlo; lui, però, le aveva letto il pensiero. Col membro ancora in tiro, le aveva preso la mano, portandosela sull’asta e le aveva chiesto di chinarsi per assaporarlo. Smaliziata da quella richiesta così esplicita, si era inginocchiata sul selciato, cominciando a passare la punta della lingua dall’apice alla base per provarne il sapore. Non era male e pochi minuti dopo aveva accolto il suo liquido, ingoiandolo in parte e gustandosi il sapore; alla fine si era rialzata, leccandosi le labbra con la lingua. Si erano ricomposti, uscendo dal parco ridendo e scherzando sullo spettacolo che avevano fornito alla coppietta e chissà a quanti guardoni. “se vuoi, possiamo continuare” Stefano non aveva dovuto insistere troppo per farsi seguire a casa, dove sapeva di non trovare i genitori, al lavoro. Erano andati in soggiorno a sentire un po’ di musica ed a bere della coca cola e lei si era distesa su un grosso cuscino, sapendo di dare spettacolo delle sue gambe, a malapena coperte dalla mini. Sperava che a Stefano tornasse voglia presto, ma i suoi pensieri erano stati disturbati dal suono del campanello. Lui si era allontanato sorridente e, poco dopo, era rientrato in compagnia di Carmelo e di Giacomo, due dei compagni di classe che facevano parte del gruppo. Era rimasta un po’ sorpresa della loro presenza ed aveva cercato di capire se, per caso, non si fossero messi d’accordo per porle le stesse attenzioni riservate a Maria giorni prima. I nuovi arrivati erano stati subito cordialissimi con lei e, quando aveva fatto cenno di rialzarsi, l’avevano invitata a non farlo. “sei bellissima, così. Non ti spostare” le aveva detto Giacomo e lei, sorridendo un po’ imbarazzata, era rimasta dov’era. Stefano non aveva avuto il tempo di offrire da bere ai due compagni che già avevano bussato nuovamente alla porta, erano gli altri: Paolo, Claudio, Marcello e Antonio. A quel punto, aveva avuto il timore che avessero veramente intenzione di metterla in mezzo, così come avevano fatto con Maria, e, non sapendo cosa fare, se seccarsi o meno, aveva chiesto il perché di quella “riunione”. Paolo le aveva sorriso e si era diretto verso l’impianto Hi-Fi, prendendo un disco e poggiandolo sul piatto. Dalle casse erano uscite le prime note di “nove settimane e mezzo” e prima uno, poi tutti, le avevano chiesto uno spogliarello. Era rimasta imbarazzatissima, rossa in viso ma, nello stesso tempo, quelle sollecitazioni, sentirsi al centro dell’attenzione di tutti loro le aveva messo addosso adrenalina in gran quantità. Trascinata dal loro entusiasmo, benché ancora titubante, era salita sopra il tavolo, al centro del soggiorno, mentre i compagni, urlando eccitati, si erano disposti intorno, sedendosi sulle sedie e per terra. Aveva preso coraggio e dopo averli invitati a restare zitti aveva iniziato ad alzarsi la mini, muovendosi a ritmo di musica. In quel modo, i presenti avevano potuto godere della rotondità dei suoi glutei di sedicenne soda, la perfezione e l’armoniosità delle sue cosce, ma volevano di più e lei aveva portato le dita alla cerniera, calandola; un minuto dopo la gonna era all’altezza delle sue caviglie. Avevano incominciato ad incitarla perché la camicia facesse la stessa fine e, con movimenti studiati e lentissimi, li aveva accontentati, rimanendo in reggiseno e tanga. Nel frattempo la musica era finita e lei era scesa, convinta che potesse bastare, ma i sette non erano dello stesso avviso; solo che a completare l’opera ci avevano pensato loro. Si erano prontamente alzati dai loro posti, circondandola e abbracciandola con le loro mani, le aveva sentite ovunque, dalle caviglie ai capelli. Qualcuno le aveva sganciato il reggiseno, facendolo scivolare ai suoi piedi e un altro aveva provveduto a far fare la stessa fine al tanga. Le carezze erano proseguite per un periodo interminabile, languide e delicate, come se non avessero nulla di erotico, ma fossero state semplici effusioni da parte di quattro amici. Le mani si erano mosse su e giù dai seni alle cosce indugiando sempre di più su punti che Francesca non avrebbe mai immaginato, come i polsi e sotto le ginocchia. I ragazzi, in assoluto silenzio, avevano continuato a tralasciare, volutamente, il centro delle gambe, anche se la sola vista di quei peli gli aveva causato un’erezione collegiale. Lei, stretta in mezzo a loro, aveva cominciato a godersi tutte quelle attenzioni, evitando di pensare a cosa sarebbe potuto accadere da lì a pochi minuti, ed aveva avvicinato le labbra alla bocca di Paolo, il più vicino, per baciarlo; subito dopo una mano l’aveva fatta girare ed un’altra lingua si era infilata nella sua bocca, si era scatenata la bufera, a quel punto le loro mani erano andate ovunque. Poi, come ad un segnale, erano passati a qualcosa di più spinto. Le loro lingue avevano iniziato a percorrere ogni centimetro della pelle. Le avevano succhiato i capezzoli mentre altri la baciavano nella bocca; le slinguettavano il clitoride e l’avevano saggiata in mezzo alle gambe con le loro dita. Ancora in piedi, sorretta dai suoi compagni, aveva raggiunto l’orgasmo e, se non fosse stata tenuta, sarebbe rovinata sul pavimento, stremata dalle convulsioni. “Ora pensa me, Francy” Claudio le si era avvicinato, offrendole la prima mazza da toccare, era tesissimo con il glande gonfio e paonazzo. Mentre gli altri sei si erano allontanati, disponendosi in cerchio intorno a loro, lei lo aveva afferrato, cominciando a masturbarlo; poco dopo si era inginocchiata e la cappella era sparita nella sua bocca. Si era talmente concentrata su quel palo per gustarlo piacevolmente, che era trasalita quando qualcuno le aveva afferrato una mano, portandosela sul proprio pene; lei aveva riaperto gli occhi e si era vista circondata da sei randelli. Aveva continuato a leccare quello di Claudio ma, con gli occhi, aveva studiato bene quel patrimonio – qual’era il più lungo, il più grosso, la loro lucentezza dovuta agli umori usciti copiosi – e, per saggiarne la consistenza, aveva iniziato a toccarli uno dopo l’altro. Poco dopo, mani e bocca erano state impegnate nel duro compito di tenerli a bada tutti e sette. A loro non sembrava vero, anche Francesca stava accettando benevolmente il patto e, ancor più, anche lei, come Maria, stava consentendo che fossero tutti insieme e non uno o due alla volta. Era ancora intenta a giocare con la lingua su due dei compagni, quando Carmelo le si era posizionato dietro ed aveva appoggiato il pene tra le sue gambe, riempiendola in un baleno, ma era durato poco. Il ragazzo, accelerando il ritmo, le aveva schizzato il seme sulle natiche per poi ritrarsi. Era stato sostituito da Paolo, e un altro bastone le aveva invaso la fica. Intanto, senza che avesse dovuto muovere un dito, Marcello ed Antonio le avevano rovesciato e spalmato sui seni il loro contributo, mentre uno schizzo di sperma, proveniente da Stefano, in ginocchio al suo fianco, le impiastricciava il volto. Uno dopo l’altro i ragazzi avevano continuato ad alternarsi dentro di lei, per poi svuotarsi un’altra volta sul suo corpo, sui seni, sul volto o nella bocca. Dopo un po’ era rimasta distesa sul pavimento esausta e sporca, e l’odore pungente di quel miscuglio le aveva riempito le narici; tutti e sette i suoi amici erano passati tra le sue cosce e, a quel punto, si stavano rilassando continuando a regalarle baci e carezze, ma non le era sembrato che avessero avuto intenzione di finirla in quel modo. Erano rimasti così per un buon periodo a ridere e scherzare. Stefano era andato in cucina e dopo un po’ era tornato con lattine di birra e di coca cola, offrendole agli amici. Claudio aveva avuto la splendida idea di svuotare il contenuto di una lattina sul suo corpo e, così, si era ritrovata leccata dalle loro lingue, dalle caviglie alle palpebre. Quel gioco era stato l’input per la ripresa delle attività sessuali. L’avevano fatta mettere a “quattro zampe”, con la testa appoggiata ad un cuscino del divano buttato sul pavimento, in modo che il suo culetto, sodo e tenero, stesse il più sollevato possibile. Non aveva dovuto attendere molto che il primo, Giacomo, si è posizionato all’imboccatura e, spingendo con delicatezza, aveva cominciato a introdursi nel pertugio strettissimo. Gli altri erano calamitati dalla scena ed era stata proprio lei, forse per lenire il dolore che le giungeva da dietro, ad acchiappare il primo pene che le era capitato, portandoselo in bocca. Erano andati avanti così per un’eternità; i ragazzi si erano alternati tra le sue natiche e la sua bocca senza soffrire il rischio di un’eiaculazione anzitempo, scarichi com’erano per gli orgasmi precedenti e lei li aveva potuti apprezzare in ogni loro differenza, dalle dimensioni alle tecniche che avevano utilizzato per pomparla, il più tenero, delicato le era sembrato proprio Paolo, a discapito delle dimensioni, visto che,! tra tutti, era il più fornito. Avevano cambiato posizione. Era il turno di Stefano di starle dentro quando questo le aveva chiesto di spostarsi, senza per questo sfilarsi, in modo da rimanere lui sdraiato in terra con lei sopra, seduta a cavalcioni. In quel modo gli altri si erano posizionati in piedi intorno a lei, dandole da bere il loro sperma, uno due alla volta, e lei li aveva accontentati ancora. Si erano puliti e rivestiti. I ragazzi avevano preteso di poterla lavare loro e, sotto la doccia, uno alla volta l’avevano insaponata e sciacquata regalandole altre carezze delicate che le avevano causato l’ultimo godimento per quel giorno. Poi, l’avevano accompagnata a casa, sorridenti e promettendole che, per loro, lei sarebbe stata la regina fra tutte le compagne.
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