Gia’ autoreSI autorizzo la pubblicazione dei mie dati personali come autore del testo inviato.IP: 80.117.235.158 SI, dichiaro, sotto la mia personale responsabilità, di essere MAGGIORENNE e che il racconto si riferisce ad: storia immaginariaVoti: Forma=1 Contenuto=1 Lunghezza=1 Originalità=1Categoria: Sadomaso ALESSIO IIIVitoiuvaraVitoiuvara@hotmail.com Un sabato Monica mi chiamò al cellulare. – Ciao Alessio, domani mia madre vuole conoscerti. Andremo al suo studio. Passami a prendere alle otto di mattina. Non ebbi il tempo di ribattere che subito riattaccò il telefono. Cosa c’entrava ora sua madre? Perché anche lei veniva coinvolta! E poi quale studio medico era aperto anche di domenica? Dovevo comunque obbedire e la mattina, alle otto, ero puntuale davanti casa sua. Non mi disse una sola parola per tutto il tragitto finche non fummo arrivati a destinazione. Mi fece fermare davanti una serranda abbassata e questo mi lasciò perplesso. Citofonò e dopo essersi presentata la serranda cominciò ad alzarsi. Ci aprì la porta una donna bellissima. Era bionda, discretamente alta dall’aspetto maturo e soprattutto molto elegante sia nell’ abbigliamento che nei modi di fare. – Prego accomodatevi in sala d’attesa! Diversamente da come avevo pensato, quella non era la madre di Monica ma solamente la segretaria di uno studio medico perfettamente funzionante di domenica ma che aveva la serranda abbassata. La sala d’attesa era composta da tre salottini disposti ad U. Un tavolinetto di vetro al centro ed un appendiabiti al fianco della porta. Sul tavolinetto qualche rivista di pettegolezzo. Nella sala, insieme a noi, c’erano un ragazzo ed una ragazza insieme a due donne adulte che pensai fossero le proprie madri. Aspettammo solo qualche minuto poi venne a chiamarmi un infermiera: Angela si chiamava lessi sul cartellino. Mi disse di andare con lei per le misurazioni preliminari e per la pre-visita. A Monica non fu concesso di venire con me. Entrai con la donna in uno stanzino molto piccolo nel quale c’era tutto l’occorrente per “misurarmi”. – Spogliati, puoi rimanere anche in mutandine! Mentre mi spogliavo prese ad armeggiare con la sua scrivania. Mi venne in mente all’ora di quale indumento intimo indossavo ma era troppo tardi. Quando Angela mi vide con quegli slip rosa e merlettati non poté fare a meno di ridere di me ma non disse nulla nei miei confronti. Con una fettuccia misurò le spalle, la vita, il diametro delle cosce e delle braccia, poi misurò la mia altezza con uno di quegli attrezzi a muro. Mi fece salire su una bilancia e dopo avermi pesato mi fece sistemar in piedi in mezzo alla stanza. – Abbassa gli slip! Mi disse Io li tirai giù fino alla caviglia e sollevai la canottiera come mi chiese successivamente. Angela infilò un paio di guanti di latice e molto professionalmente misurò la lunghezza del mio pene che non era affatto eretto ma moscio, assolutamente moscio. Ancora professionalmente misurò la grandezza dei miei testicoli con una collana di palle di legno aventi differenti diametro. – E’ un po’ piccolo per la tua età ma non è detto che non cresca ancora! Mi disse mortificandomi. Mi fece rivestire e mi accompagnò, attraversando un corridoio, in un’altra sala d’attesa. Non c’era nessuno questa volta e mi accomodai. – La Dott. Bianchi sarà qui a momenti per prepararti alla visita vera e propria. Aspettai solo su un salottino per all’incirca venti minuti. Da una stanza vidi uscire una ragazza molto giovane e bella. Dietro di lei la Dottoressa Bianchi si diresse verso di me. La ragazza si mise seduta al mio fianco mentre la Dott.sa si fermò a parlottare con una collega. Poi venne verso di me. – Tu devi essere Alessio, non è vero? Naturalmente risposi di si. – Alzati, fatti vedere! Mi alzai in piedi, la donna mi fece girare su me stesso prima di darmi un nuovo ordine. – Togli le scarpe i pantaloni! Farmi spogliare li davanti a tutti, per quale motivo? Comunque non obbiettai affatto e, rosso in faccia dalla vergogna, mostrai le mie mutandine rosa sia alla donna che alla ragazza alle mie spalle. Marianna, cosi si chiamava la Bianchi, sorrise solamente vedendomi così vestito mentre la ragazza si mise a ridere di gusto facendomi anche innervosire. – Va bene, culetto rosa – la ragazza rise anche a questa battuta – possiamo andare! Presi in mano i pantaloni e le scarpe e la segui in una stanzina. Marianna accese la luce e andò a chiudere la grossa tenda scura che si trovava in fondo alla stanza. In fondo alla stanza, vicino alla tenda, c’era un lettino ospedaliero. Al fianco di questo lettino, protetto da un separè che ne impediva la vista dalla scrivania che si trovava vicino alla porta d’entrata, un water bianco del quale non seppi darmi una spiegazione. Molto vicino alla scrivania, attaccato direttamente al muro, un lavabo con due rubinetti, uno per l’acqua calda ed uno per quella fredda. – Spogliati completamente, anche i calzini, e sdraiati supino sul lettino. I vestiti lasciali pure sulla scrivania! Poggiai tutti gli indumenti sulla scrivania, senza ripiegarli, compreso quello slip che tante umiliazioni mi stava provocando e mi andai a distendere sul lettino. A piedi nudi sul pavimento freddo come mi era stato richiesto. Aspettai qualche minuto mentre la Bianchi armeggiava con qualche arnese alle mie spalle. Finalmente si avvicinò a me. – Non sarà doloroso, stai tranquillo! Mi rassicurò la sua voce tranquilla, poi allargò le natiche e sentii infilarci un tubicino abbastanza largo, credo, perché mi fece anche male. Spinse il tubicino a fondo, poi per qualche secondo non accadde nulla. L’acqua calda prese ad inondarmi le viscere. Non avevo mai fatto un clistere e fui sorpreso dal dolore che provai dopo un inizio tranquillo. Marianna rimase a guardarmi e io chiusi gli occhi per non vederla guardarmi. Appena ebbe finito mi aiutò a scendere dal lettino e mi accompagnò al water. Mi lascio seduto e se ne andò alla scrivania dove non poteva vedermi. Fui contento di non essere visto mentre svuotavo il mio corpo dagli escrementi. Mentre ero li seduto qualcuno entrò nella stanza, parlottò solo un po’ con la Bianchi e poi la senti dirigersi verso di me. Indossava un paio di tacchi e ogni possa era scandito da un sordo rumore. Misi le mani davanti al mio pisello per non essere visto e strinsi le spalle per mostrare la più piccola porzione di corpo possibile. La donna si affacciò da dietro al separé, mi diede un rapido sguardo e senza dire neanche una parola tornò indietro da dove era venuta. Uscì dalla stanza. Quando ebbi finito di svuotarmi notai che non c’era carta igienica per pulirmi ma non ebbi il coraggio di chiamare la Dott.sa e rimasi in silenzio ad aspettare finche Marianna non mi venne a controllare. – Hai finito? Mi chiese – Si, ma non trovo la carta per pulirmi! Le confessai – Non ti preoccupare, a quello penso io! Prese da un armadio un rotolo di carta igienica, poi mi venne di nuovo incontro. Mi fece alzare in piedi. – Piegati in avanti! Mi disse Fui fatto piegare a novanta gradi, infilò le sue mani tra le mie cosce e le divaricò leggermente. Cominciò a pulirmi. Quanto vergogna in quella posizione. Il volto divenne paonazzo e il battito del cuore, esagerato, mi fece tremare le gambe. – Stai tranquillo! Mi rassicurò la Bianchi con una gentilezza che non mi aveva ancora mostrato. Las seguii al lavabo. Di nuovo mi chiese di mettermi a novanta gradi con il sedere rivolto proprio davanti al lavandino. Doveva pulirmi. Mi insaponò e sciacquò con cura. Prima il sedere e poi il pisello non preoccupandosi dell’acqua che cadeva a terra. Quando ebbe finto avevo le cosce completamente bagnate. Mi fece rimanere in piedi al centro della stanza mentre andò a prendere un asciugamano dentro un armadio. In quel momento Angela, l’infermiera delle misurazioni, entrò nella stanza portando una barella con le ruote. Con lei c’era anche Monica che era stata fuori ad aspettare tutto questo tempo. Fu Angela ad asciugarmi e non la Bianchi. Cominciò dal basso e risalì lentamente fino ai testicoli e al mio sesso. Ancora una volta facendomi piegare fui asciugato con cura tra le natiche. Sulla barella era, ben piegata, una vestaglietta di quelle ospedaliere, da operazione per intenderci. Le due donne me la misero e fui fatto accomodare sulla barella. La visita vera e propria doveva ancora cominciare. Accompagnato dalle tre femmine entrai in una stanza molto grande. Dietro la scrivania la signora di prima, quella che mi aveva visto sul water, che capii essere la madre di Monica. Su di un lettino, ad un lato della stanza, la ragazza che aveva riso di me, era sdraiata completamente nuda supina. Una altra infermiera le passava del ghiaccio sul sedere massaggiandola. La vista del culo della ragazza così bella mi eccitò tantissimo e il mio pene divenne finalmente duro. – Angela mi sollevò la vestaglia e dopo aver passato un dito in un barattolo di crema, almeno mi sembrò crema, prese a lubrificarmi l’ano. Tutte le donne della stanza guardavano me penetrato dal dito di Angela. La Bianchi mi fece scendere dalla barella e mi portò alla dottoressa. Ero solo un oggetto nelle loro mani. La madre di Monica, Susanna, sollevò la vestaglietta e mi girò di spalle. MI chiese di tenere la vestaglia e con le due mani mi guardò con attenzione il buchetto anale. – E’ troppo piccolo, sarà doloroso! Capii subito cosa mi aspettava e ne rimasi terrorizzato. Cosa mi avrebbero infilato nel culo. Qualche attimo ancora e tutto mi venne spiegato. Le donne mi immobilizzarono con il busto e la testa schiacciate sulla scrivania. Uno si occupava di tenermi le braccia ferme, un’altra mi teneva allargate le gambe tenendomi per le caviglie. – Francesca – disse Susanna rivolgendosi alla bellissima ragazza – sei stata brava, questo è il tuo premio. Francesca scese dal lettino e le fecero indossare un paio di mutandine con un fallo di gomma attaccato. Era enorme e cominciai a divincolarmi. Volevo scappare, rinunciare a tutto, al diavolo le foto di Monica, quel coso era troppo grande per entrare dentro di me. Le donne mi tenevano fermo e non riuscii a scappare così cominciai a gridare con tutta la forza che avevo in gola. – No, no, non voglia, fermatevi! Stavo facendo troppo chiasso per il disappunto della madre di Monica che chiese alla figlia di imbavagliarmi. Ora ero silenzioso e nonostante continuassi a gridare non potevano udirsi che lievi lamenti. Comincia a piangere consapevole del mio destino. Francesca si avvicinò alle mie spalle, mi prese per i fianchi e infilò il suo fallo artificiale nel mio culetto. Lentamente, cominciando dalla punta, poi sempre più a fondo finche non sembrò di sentirmi spezzato in due. Un dolore insopportabile per un buchino penetrato, fino ad allora, solo da qualche dito. Francesca cominciò a muovere il bacino e a muoversi dentro il mio ano sempre con maggiore velocità, prese a baciarmi sul collo, poi improvvisamente mi morse. Le lacrime avevano bagnato ormai tutta la faccia. Dopo un tempo che sembrò interminabile, Francesca uscì dalle mie viscere e le donne mi lasciarono libero, spossato e immobile sulla scrivania. Ma non era finita. Mi presero per le gambe e per le braccia e mi portarono sul lettino. Una donna mi teneva ferme le mani sopra la testa, un’altra mi divaricò le gambe. – Francesca ora tocca a lui il premio! – Ma Signora, a questa checca, mi fa schifo! Susanna si infuriò, prese la ragazza per i capelli e con forza la portò di fronte al mio cazzo. – Ciuccia e stai zitta, e non parlare più! La ragazza divenne muta e prese a leccarmi il pisello con maestria. Si vedeva non era certo la prima volta che lo faceva. Intanto la Bianchi, mentre io venivo spompinato, infilò un grosso cazzo di gomma nelle fica bagnata della ragazza che mugolò di piacere. Ero troppo eccitato per durare e dopo qualche minuto venni imbrattando la faccia di Francesca che con la lingua leccò tutto quello che non era riuscita ad ingoiare. Finito ci accompagnarono tutti e due, io e Francesca, in un bagno. Entrammo nelle docce e ci ordinarono di rimanere in piedi immobili. Poi con un tubo un uomo, addetto al bagno immaginai, ci schizzo acqua gelata contro. Ci diede il permesso di insaponarci e poi di nuovo ci mandò contro acqua gelata. Angela, che ci aveva accompagnato e che era rimasta in compagnia dell’uomo per tutto il lavaggio ci portò in un’altra stanzina dove c’era un letto matrimoniale e poche altre cose. Ci fu chiesto di riposare un po’ prima di poter tornare a casa e sia io che Francesca ci addormentammo subito. Non ebbi neanche il tempo di ammirare il corpo nudo e stupendo di Francesca che nuda si addormentò al mio fianco.
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