Il suo istruttore era molto arrabiato! Quella sera Laura non aveva fatto neppure la metà degli esercizi richiesti. “Ti prego di fermarti quì dopo la chiusura della palestra”, le aveva detto. Ora erano soli. Tutti gli altri atleti erano usciti. Claudio aveva appena chiuso la cassa e abbassato la saracinesca. Tornò nella sala degli attrezzi. Lei era seduta sulla panca dei pesi, ancora nel suo body sbracciato di color fuxia che indossava per gli esercizi. Indossava ancora gli scaldamuscoli e la scarpe da tennis. Il sudore rendeva la sua pelle lucida. I lunghi capelli castani erano raccolti in una coda, necessaria per non intralciare l’attività fisica. Al suo apparire, lei abbassò lo sguardo. Sapeva che lui era molto adirato per lo scarso impegno dimostrato. Claudio le si mise davanti in piedi, con sguardo severo. “Se non ti impegni come si deve non ce la farai mai”, le disse con fare calmo e deciso. Lei lo guardò in silenzio. “Ho voluto tenerti quì perchè ho deciso che da questa sera ogni volta che non ti allenerai con profitto dovrai essere punita”. A quella frase Laura fu presa da paura. “Solo così avrai le motivazioni necessarie. Ora togliti le scarpe da tennis e gli scaldamuscoli”. La ragazza eseguì in silenzio rimanendo a piedi nudi e vestita del solo compeltino attillato. “Adesso aspettami qui” e Claudio sparì in magazzino per diversi minuti. Laura rimase seduta con la testa fra le ginocchia in attesa. Cosa voleva dire Claudio quando diceva che doveva essere punita? Forse la aspettava un supplemento di esercizi? E allora perchè le aveva fatto togliere le scarpe? Tutte queste domande passarono per la sua testa mentre aspettava nel silenzio della palestra vuota. Dopo alcuni interminabili istanti Claudio ricomparve. Teneva in mano alcuni pezzi di corda di diverso spessore. “Cosa vuoi fare?”, chiese Laura. “Ora vedrai”, rispose lui. Appoggiò per terra il tutto e con una forbice taglio due lunghi pezzi della corda più sottile. Li prese e la invitò ad alzarsi prendendola per mano. La accompagnò alle parallele asimmetriche e le abbassò le spalline facendo in modo che le braccia uscissero dalla tutina attillata. Quindi la prese e le legò strettamente un polso alla parallela più bassa. Poi le legò l’altro polso vicino all’estremità opposta della sbarra facendo in modo che le braccia fossero ben distese. La parallela era proprio all’altezza giusta in modo che le due braccia aperte formassero un angolo quasi retto col resto del corpo. Poi sparì nuovamente dietro di lei. Laura sentì armeggiare Claudio senza però vedere cosa stesse facendo effettivamente. La paura e la tensione salivano dentro di lei. Cominciò ad intuire che tipo di punizione Claudio avesse in mente ma non disse nulla. D’un tratto Claudio le fu di fianco, sorridendole delicatamente. Altrettanto delicatamente prese le due spalline della tuta che erano libero sotto le sue braccia e lentamente cominciò a tirare verso il basso. Il prosperoso seno esplose da sotto la tutta in tutto il suo splendore. Claudio continuò ad abbassare lentamente liberando i fianchi ed il rotondo sedere. Quindi le sfilò la tuta da sotto i piedi lasciandola solo con le mutandine; ben presto però caddero anche queste. Laura era completamente nuda. Cominciò a pensare che il desiderio di Claudio fosse di fare sesso. L’idea non le dispiaceva, provava una forte attrazione per il suo allenatore. Lei cominciò a strusciarsi contro di lui, limitata nei movimenti dai polsi legati. In risposta Claudio le accarezzò il piatto ventre scendendo verso il monte di venere. Le sfiorò la vagina mentre Laura cominciava a mugugnare di piacere. Poi le sue mani risalirono fino ai seni. Le prese in mano i capezzoli e giocandoci li strizzò un pochino. Laura fu invasa da un onda di eccitazione. Istintivamente si piegò in avanti spingendo il suo sedere contro di lui. “Sei molto bella”, le disse, “ma ora non siamo quì per fare sesso”. “E allora cosa vuoi fare” bisbigliò lei in preda a forte eccitazione, strusciandosi contro il suo corpo. “Devi esser punita per non aver fatto i tuoi esercizi”. “E come vuoi punirmi?”, chiese lei quasi implorando con il tono della voce di possederla. “Ho intenzione di batterti con questa frusta fino allo sfinimento”. Detto questo le mostrò l’arnese. Era una frusta di cuoio nero arrotolata lunga almeno due metri. Più spessa vicino all’impugnatura, più sottile all’estremità. Laura lo guardò impietrita, davvero sarebbe stata strigliata come una puledra disobbediente? “No, aspetta, ti supplico. Mi impegnerò di più la prossima volta. Te lo prometto”, le disse lei colta da un improvviso attacco di panico. L’eccitazione era completamente svanita mentre con la coda dell’occhio lo osservava posizionarsi ad un metro dietro di lei. Si fermò a guardarla. Aveva un corpo da sballo; la sua posizione cui era costretta gli metteva in risalto quel culo favoloso che con ancora un po’ di esercizio poteva diventare veramente perfetto. Laura si dimenava invano nel tentativo di svincolarsi dalla sbarra. Claudio alzò la frusta sopra la sua testa e cominciò a farla roteare producendo un sibilo che risuonava per tutta la palestra vuota. Laura urlava terrorizzata pregando Claudio di smetterla. Poi improvvisamente il primo colpo si abbattè sulla sua schiena. Aveva colpito con quanto forza aveva in corpo con il solo scopo di provocare più dolore possibile. Le urla disperate si strozzarono in bocca a Laura che, sotto l’effetto della frustata, sobbalzò in avanti trattenuta solo dai legami che la vincolavano alla sbarra. Una livida riga rossa comparve sotto le scapole, tagliandole la schiena in due. Claudio richiamò la frusta a se e la rifece roteare sopra la propria testa. Di nuovo il sibilo risuonò nella palestra. Laura sapeva bene che tale rumore preannunciava l’arrivo di un’altra frustata. Nonostante questo avvertimento, saltò nuovamente quando la frusta si abbattè con vigore sulle sue natiche segnandole di rosso. Istintivamente spostò il sedere in avanti, come ad evitare il colpo e persè l’equilibrio. Si trovò sostenuta solo dalle braccia legate. “Tirati su”, le impose Claudio. Laura lentamente si rimise in piedi. “No! Fermati, ti prego!” gli disse singhiozzando. In tutta risposta una terza sferzata le si stampò subito sopra il sedere, attorcigliandosi alla vita come una cintura. Laura rispose con un urlo disperato muovendo spasmodicamente il bacino. La frusta lasciò una striatura rossa che le ornava tutta la schiena e proseguiva risalendo leggermente fino all’ombelico. Un altro sibilo nell’aria annunciò lo schiocco provocato dal successivo colpo che si abbattè ancora sul suo sedere. Laura si ritrovò ancora penzoloni sotto la sbarra. Ancora una volta Claudio aspettò che la donna fosse ancora sui suoi piedi. Quand’essa fu nuovamente in posizione, ormai si aiutava appoggiandosi leggermente con le spalle alla sbarra, le si avvicinò. Laura ansimava affannosamente, stancata dalla battuta ricevuta. Le accarezzò i capelli e le disse dolcemente “Adesso ti darò ancora qualche colpo come ulteriore monito poi potrai andare a casa a riposare”. Lei lo guardò con gli occhi gonfi di lagrime. “Ti prego. Basta. Basta”. “Lo faccio per il tuo bene”, le disse riportandosi dietro di lei. Laura chiuse gli occhi e strinse i denti preparandosi per l’ennesimo colpo mentre sentiva roteare la frusta nell’aria. Il colpo la centrò ancora nel mezzo delle natiche facendola saltare quasi sopra la sbarra. Ricadde indietro gemendo di dolore; il sedere le bruciava come se le stessero staccando la pelle. Nuovamente si tirò in piedi appoggiandosi alla sbarra mentre già nell’aria sentiva il suono della frusta pronta a colpire. Questa volta il colpo atterrò proprio sulle scapole. Lanciò un urlo disperato che le si strozzò in gola mentre lentamente scivolava in basso. Rimase in ginocchio con le braccia leggermente flesse verso l’alto, legate alla sbarra. La testa ricurva in avanti. In quella posizione la visione che forniva a Claudio era superba: il suo rotondo sedere era proprio esposto mettendo in risalto le numerose frustate ricevute. Claudio lasciò cadere la frusta e le si avvicinò nuovamente. La sciolse dai legacci che le imprigionavano i polsi. Laura si rialzò lentamente, piangendo di dolore; raccolse i suoi vestiti sparsi e, ancora nuda, si diresse nello spogliatoio. Si vestì tra atroci sofferenze e andò a casa.
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