“Allora, avete finalmente deciso dove andrete a passare questa serata?” Dalla cornetta del telefono la voce di mia moglie rispose con un tono tra il serio ed il faceto. “Dovunque ci sia un bel ragazzo da guardare…” “Sai come si dice… guardare e non toccare… eccetera eccetera!” “Ma dai, sciocco! Credo proprio che faremo come al solito: cena a base di pesce e poi tutti in discoteca a ballare…””Bene, quindi non devo preoccuparmi per il tuo rientro?” “No, rientrerò con qualche collega.” “Laura forse?” il solo pronunciare quel nome mi diede un brivido… “magari potresti farla salire da noi, dopo…” “Ti piace, eh, maialino?” rispose mia moglie. “Purtroppo per te lei stasera non viene… sai, i soliti problemi…” “Mi spiace per lei… va bene amore, allora a stanotte. Divertiti, e fai piano quando rientri….” “Non preoccuparti… ciao, ti amo…” “anch’io, da morire… ciao stella!”Riagganciai. Quella sera mia moglie sarebbe rimasta fuori a cena con le colleghe di studio, e come tutte le volte tra una risata, un ballo ed un apprezzamento su qualche bel fusto, sarebbe rientrata tardi. Per me si preannunciava una serata diversa dal solito, che io avevo già previsto di passare con un ritorno al mio stile di vita da “single”: sdraiato sul divano con un buon libro ed un bicchiere di Armagnac sul tavolino, avvolto dall’odore che il tabacco “Clan” emanava dalla pipa… tutte abitudini che avevo dovuto più o meno accantonare dopo il matrimonio.Fortunatamente queste uscite serali che io e mia moglie ogni tanto facevamo permettevano all’altro di tornare ai suoi passatempi preferiti; a me, ad esempio, consentivano di tornare a far aleggiare per tutta la casa l’odore del tabacco da pipa, formalmente vietatami da mia moglie dopo il matrimonio. Non che fosse un divieto eccessivo, in fondo non avevo il vizio del fumo, e tutti gli altri “vizi” avevo potuto conservarli… e coltivarli, anche con lei.Tornai al lavoro. Oramai le mie dita digitavano sulla tastiera del computer guidate da una propria intelligenza, lasciandomi libero di far vagare i miei pensieri dove volevano… in quel momento, ad esempio, passavano in rassegna le colleghe di Paola. Ne ripercorrevo ad una ad una i tratti del viso, le curve del corpo, i movimenti che facevano quando si sedevano, quando porgevano qualcosa, il tono della voce…E quando arrivai a Laura ebbi di nuovo quel brivido oramai famoso. Fin dalla prima volta che la vidi, il pensare, parlare o vedere Laura mi dava sempre quella reazione: qualcosa dentro di me si metteva ad emettere scariche elettriche, e qualcosa fuori si metteva ad agitarsi… Dire che Laura fosse una donna bella sarebbe stato riduttivo. Anche le altre colleghe lo erano, e forse qualcuna anche di più di lei. No, Laura non era solo bella: aveva fascino. Lo emanava come una luce intensa, ne aveva come un’aura intorno alla sua figura. Qualunque cosa facesse, lo faceva con una grazia tale da lasciare interdetti. Le movenze, la voce, il corpo… qualunque cosa la rendeva un miraggio ai miei occhi. Ogni cosa in lei urlava la sua sensualità, mostrava il suo erotismo soffocato dalla gabbia creatagli dalla perfetta educazione da ragazza cattolica, proventiente da una ottima famiglia alto borghese…Paola si era accorta subito che Laura mi attirava da matti, e non perdeva occasione per stuzzicarmi, sia tra noi in privato che quando eravamo tutti insieme: io, lei, Laura ed il marito, Sergio.Se non li avessimo conosciuti avremmo potuto affermare senza il minimo dubbio che il loro era un matrimonio combinato. Lei era figlia di ricchi genitori, entrambi professionisti di successo. Lui era il classico tipo perfettamente inquadrato, dirigente di azienda, sempre in giacca e cravatta, mai un capello fuori posto, mai un’ombra di barba sul viso… mai nulla di sbagliato, insomma. Ed era anche simpatico, oltre che un bel ragazzo. Davvero un tipo da sposare, agli occhi della maggior parte delle amiche di lei… Effettivamente non era affatto male ma, come al solito, c’era sempre il rovescio della medaglia. Paola e Laura erano diventate molto amiche, e quindi fu naturale iniziare a frequentaci. Anche sul lavoro erano più che colleghe, erano diventate quasi complici: si confidavano a lungo tra loro, su qualsiasi cosa, dai problemi con le colleghe a quelli in cucina, dagli apprezzamenti sui colleghi ai racconti della nottata appena passata…Ed io e Paola non abbiamo segreti tra noi. Proprio per questo quello che sapeva lei sapevo anch’io, e perciò conoscevo i problemi di Laura con il marito. Avete presente la serie di “mai qualcosa” elencata prima? Bene, a quella si dovevano aggiungere: mai una carezza in pubblico, mai una follia erotica, mai un rapporto sessuale che andasse oltre il “lecito”… e così via.Intendiamoci, non che non avessero una vita sessuale, anzi. Per fare l’amore lo facevano, ma il massimo della perversione si poteva raggiungere con un pompino tanto per farglielo diventare duro… ed un veloce passaggio di scopata alla pecorina, o a smorzacandela. Non parliamo di farsela leccare… Sergio era particolarmente restio ad una cosa del genere, accampando scuse quali l’igiene, il sapore a lui sgradevole, eccetera… Ed in più era anche geloso. Oddio, non che con una donna come Laura al fianco non si rischiasse di trasformarsi in una versione peggiorata di Otello, ma lui a volte era davvero eccessivo. Tutto questo portava a continui litigi tra loro, che si risolvevano comunque dopo un paio di giorni di musi lunghi con una discussione, una scopata e via come prima… in fondo si amavano davvero, ed erano anche una bella coppia.E questo era proprio uno di questi periodi di musi lunghi, solo che stava durando un po’ più del solito e così, secondo quanto mi aveva raccontato Paola, quella sera Laura avrebbe cercato di fare pace con Sergio. Pace fatta e relativa scopata… beato lui! Il telefono squillò di nuovo, distogliendomi dai pensieri, e così il pomeriggio tornò ad essere quell’interminabile serie di momenti lavorativi che ti separano dall’attimo nel quale decidi di non poterne più ed assecondare quel senso di gonfiore che ti attanaglia il basso ventre…Uscii dallo studio che era ormai buio da un pezzo. La leggera pioggia insistente di novembre aveva reso lucida la strada, sulla quale si riflettevano le luci delle vetrine, dei lampioni e delle rare macchine che a quell’ora si avventuravano nel centro cittadino per andare chissà dove.Ed anch’io mi chiesi dove volessi andare. Non avevo tanta voglia di tornare subito a casa per poi dovermi preparare qualcosa da mangiare. Sapevo che poi mi sarei ridotto ad un panino o, nella migliore delle ipotesi, in qualcosa di congelato riscaldato nel forno a microonde. Ero fermamente convinto di essermi meritato di meglio per quella sera, e così mi decisi a cenare in qualche locale prima di dedicarmi al mio libro, al mio cognac ed alla pipa.Deviai quindi dal percorso abituale e mi diressi verso un ristorantino dove cenavamo spesso, sicuro di non incontrarci Paola e la sua comitiva. Forse fu proprio il fatto che non mi sarei mai aspettato di vederla che me la fece notare. Ferma sul bordo della strada la Mercedes classe A argentata aveva i fari accesi, ma il motore era spento. Avevo riconosciuto subito quell’auto, non tanto per il fatto che ce ne fossero in giro poche, ma perché sapevo benissimo a chi apparteneva. E soprattutto sapevo che non doveva essere li.Fermai la mia vettura dietro la Mercedes e scesi, avvicinandomi lentamente verso il guidatore. La massa di riccioli scuri dai riflessi rossi ondeggiava lentamente, segnalando il lieve movimento della testa appoggiata alle braccia conserte sul volante. Presi la maniglia per aprire la porta, poi ci ripensai. Bussai leggermente sul vetro. Dietro le gocce di pioggia che lo rigavano la testa si alzò di scatto e due splendidi occhi scuri gonfi di pianto mi guardarono spaventati.”Laura…” Lei si guardò intorno smarrita, poi si ricompose ed aprì la portiera dell’auto. “Ciao Alex, ma cosa fai qui?” “Io? Cosa fai tu, piuttosto… che ti è successo?” Il tono allarmato delle mie parole la posero sulla difensiva. “Nulla… cioè, io… niente… sono semplicemente rimasta senza benzina…” La voce le tremava. Decisi di non insistere. “beh, allora non mi sembra il caso che tu rimanga qui, no?” cercai di usare un tono rassicurante.Dopo un attimo di riflessione lei aprì lo sportello e fece per scendere. Certo, ero preoccupato per il suo stato, ma non potei non ammirare la gamba fasciata dalla calza nera velata che uscì dallo spacco della gonna. Lei scese dall’auto, guardandosi intorno. Senza dirle nulla la accompagnai alla mia macchina e dopo averla fatta entrare tornai alla sua vettura. Vi entrai e spensi il quadro, sfilando le chiavi, poi presi la borsa ed il giaccone di Laura, chiusi con l’antifurto e tornai sulla mia Lancia. Quando entrai, bagnato come un pulcino, lei si era ricomposta e non sembrava esserci traccia dello stato d’animo precedente, tranne che per un leggero arrossamento degli occhi. “Allora, dove andiamo?” La voce di lei spezzò un attimo di imbarazzo lungo una vita. “Beh, se sei rimasta senza benzina dovremmo procurarcene un po’…” ma che cazzo stavo dicendo?”Ma tu sei completamente bagnato!” “si, di solito mi capita se vado in giro sotto la pioggia…” cercai di gettarla sull’ironia… ero imbarazzato come un dodicenne al primo appuntamento. “vuoi che chiami Sergio per avvertirlo?” ecco, ero impazzito completamente… “No!” Era quasi un urlo, anche se soffocato. La conoscevo da quattro anni e non l’avevo mai vista con la sua corazza protettiva così incrinata.”Come vuoi…” l’attimo successivo durò ancora di più di una vita. “Senti, io stavo andando a mangiare qualcosa, tu hai fame?” ecco la prima cosa decente che riuscivo a pensare quella sera. “Ora che ci penso si… qualcosa la prendo volentieri” Rimisi in moto l’auto e mi avviai lungo la strada. Non mi sembrò più il caso di fermarmi nel locale dove stavo andando, quindi presi una via laterale e mi diressi sul lungomare. Guardai la donna seduta al mio fianco, assorta nei suoi pensieri. Oltre alla gonna nera a trapezio, corta e con uno spacchetto laterale più profondo del solito, indossava una maglietta nera completamente trasparente, tranne che per una fascia opaca proprio sui seni. Non indossando niente altro sotto si vedevano perfettamente i limiti superiori ed inferiori dei due globi di carne. Era completamente bagnata dalla pioggia e la maglietta le aderiva ancora di più, come una seconda pelle. A causa del freddo aveva i capezzoli duri e sporgenti come due chiodi, e la stoffa li metteva in risalto come mai avevo visto in precedenza. Il ventre piatto si muoveva lentamente seguendo il respiro, ed il movimento dell’ombelico rischiò di ipnotizzarmi. Scostai lo sguardo solo per posarlo sulla coscia che usciva dallo spacchetto, e che mostrava pienamente non solo l’ampia fascia di pizzo nero delle autoreggenti, ma anche una buona porzione della pelle rosea della gamba. A completare il quadro contribuivano due stivali di camoscio nero, alti ed aderenti al polpaccio, che sottolineavano la lunghezza della gamba e ne mettevano in risalto la caviglia sottile.Il mio uccello iniziò a dimenarsi nei pantaloni, ed uno strappo più forte degli altri mi riportò sulla terra. “Allora, cosa vuoi mangiare?” “Quello che ti va… ” una pausa, si voltò verso di me, poi proseguì. “Mi spiace rovinarti la serata… Paola mi aveva detto del tuo programmino…” Sorrisi. “Le complici… non vi si può nascondere niente, eh? ” poi le feci la domanda. “Senti, so che non sono fatti miei, ma cosa ti è successo?”Lei attese un po’ prima di rispondermi. Si voltò verso il finestrino e vedere la sua schiena completamente nuda fu come ricevere una scarica elettrica. “So che lo sai, quindi non c’è problema. Stasera volevo fare pace con Sergio ma abbiamo litigato ancora una volta.” Silenzio, Laura tirò su col naso, si voltò di nuovo verso di me, poi continuò. “Allora sono uscita di casa per cercare di calmarmi , ed ho girato senza meta, come una pazza… ad un certo punto ho deciso di raggiungere le altre. E poi mi si è fermata la macchina…” finì la frase con un singhiozzo.”Da quanto eri li?” “Non lo so, non mi sono resa conto di nulla… se tu non avessi bussato al vetro sarei ancora li a piangere…” “Se ne senti il bisogno puoi farlo anche qui… anzi, ti posso offrire una spalla larga ed abituata alle lacrime…” cercai di scherzare. In effetti le lacrime delle donne su di me hanno un potere distruttivo…”No, grazie… mi sono calmata ora…” Laura mi sorrise, e sembrò che si fosse acceso il sole dentro l’abitacolo. Guidai in silenzio per un po’, alla ricerca di un locale adatto. Ogni tanto lei si muoveva sul sedile e più le sue cosce si scoprivano più l’uccello mi diventava duro, tanto che mi rendeva scomodo perfino guidare. Ad un certo punto inarcò la schiena, e così facendo protese i seni in avanti, con i due capezzoli che sembrava volessero strappare la stoffa. Io guidavo cercando di mostrarmi il più indifferente possibile, ma con la mente ero lontano mille miglia da quello che stavo facendo. I rumori mi arrivavano attutiti come se fossi sott’acqua. “Alex?” Il tocco della mano sul mio braccio mi fece sussultare. “Scusami, ti ho chiamato ma non mi rispondevi…” “Scusami tu, ero soprappensiero…” “Senti, hai ancora fame? A me è passata completamente…” “In effetti neanch’io ne ho molta…” “Ti spiace fermarti un po’ a fare due chiacchiere? Non sarai Paola, ma in pratica sai tutto lo stesso…” “Sono ai tuoi ordini, principessa…” Svoltai la macchina in una stradina che si addentrava nella pineta adiacente alla spiaggia e dopo essermi addentrato un po’ mi fermai, quindi spensi il motore. “Guarda, ha smesso di piovere…” “Sei tutta bagnata, non hai freddo?” “Un po’ si, in effetti…” Mi sfilai il maglione e glielo porsi. “Prendi questo…” “Ma… e tu?” “Se avrò freddo metterò il giubbotto, non preoccuparti.” Gli sorrisi . ” Io sono un tipo caldo…” “Si, lo so… Paola me lo ha detto…””Ma vi dite proprio tutto, eh?” “Già… proprio tutto. Forse anche troppo.” Si era girata verso di me ora, e mentre cercò di infilarsi il maglione aprì un po’ di più le gambe. Il mio cuore perse un battito quando, invece del pizzo nero delle mutandine che mi aspettavo, vidi solo pelle, ed ancora pelle… fino ad un ciuffo di peli neri, che scomparve con il movimento della gamba che tornava al suo posto.Alzai gli occhi ed incrociai lo sguardo di Laura, che mi fissava. Mi resi conto perfettamente che mi stava guardando già da un po’, e che quindi doveva avermi visto mentre le guardavo la fica con la faccia ebete.”Scusami… ma…” la faccia ebete non aveva intenzione di andarsene. “Non preoccuparti… lo so che ti piacciono le donne… dimentichi che io e tua moglie ci diciamo tutto?” “Ma andavi vestita così a cena?” “No, questo abbigliamento era per mio marito… se avesse voluto.” Poi aggiunse: “sai perché abbiamo litigato stasera? Perché secondo lui mi sono vestita da puttana… ed io che l’ho fatto per lui!” “Devi capirlo… ha il suo carattere…” “Ma a me non mi capisce nessuno? Io non ho le mie necessità, allora?” aveva alzato la voce. Si abbandonò sullo schienale. “Alex, posso fidarmi di te?” “Come di te stessa…” Fece un lungo respiro, come per farsi coraggio. Poi cominciò a parlare, quasi sottovoce, come per confessarsi. “Ho sempre creduto che tutto quello che i miei genitori mi dicevano fosse vero, ed anche le esperienze delle mie amiche me lo avevano sempre confermato. Ed era vero quasi per tutto… tranne che per il sesso. Prima non lo capivo, poi ho iniziato a sospettarlo, ma da un po’ di tempo a questa parte ne ho avuto la conferma.”Fece una pausa, come ad aspettarsi una risposta che non venne. Io ero rimasto in silenzio. Avevo paura anche di respirare, per non interrompere quella voce calda che mi stava accarezzando. Lei continuò. “Da tanto non capivo perché mi sentivo quelle sensazioni dentro, e comunque riuscivo a tacitarle. Fino a quattro anni fa… poi ho conosciuto Paola, e siamo diventate amiche. E li ho capito che certe cose non le pensano solo le donne poco serie, le puttane, come le chiamano i miei.”Sentire il nome di mia moglie mi fece l’effetto di uno schiaffo. Distolsi lo sguardo che fino a quel momento era posato sulle labbra perfette, carnose, che si muovevano durante le parole come se danzassero, e misi a fuoco il suo volto. La luna aveva fatto capolino tra le nuvole, ed illuminava il profilo di Laura, distesa, con il capo posato all’indietro sul poggiatesta, gli occhi chiusi, le narici che si dilatavano leggermente ad ogni respiro. Continuai a scendere con lo sguardo ed incontrai il collo, lungo, liscio, che sembrava essere li in attesa di un bacio sulla gola. Poi i seni, che sapevo sodi sotto il mio maglione, con i capezzoli che si vedevano chiaramente anche attraverso lo spesso strato di lana.Fu quando arrivai al ventre che il mondo sembrò fermarsi. Laura era scivolata poco alla volta sul sedile, e la gonna era risalita fino a scoprirle completamente le cosce. Ora erano li, larghe, due pennellate di colore chiaro sulla tela scura dei vestiti e delle calze, che creavano come un sentiero verso il pube. E proprio sul pube era posata la sua mano destra, che si muoveva leggera ma con precisione. L’odore della sua eccitazione si era diffuso in tutto l’abitacolo. Come in trance mi accorsi che l’altra mano era sotto il maglione che accarezzava i seni. Mi feci forza e mentre cercavo di riprendermi tornai ad ascoltare quello che stava dicendo Laura. O meglio quello che non stava dicendo, perché aveva finito di parlare, ed io non avevo ascoltato più nulla. “Scusami… come hai detto?””Ho detto che ho voglia di cazzo. Ho voglia di essere scopata, ma sul serio, come una donna vera.” Aprì gli occhi, poi si voltò verso di me. “Guardami, non ti sembro una donna desiderabile?” Mi sentivo come se in bocca avessi un pugno di sabbia. Nonostante ciò riuscii a parlare. “Io ti ho desiderato dalla prima volta che ti ho visto…” “Lo so, lo avevo capito…”Non ci capivo più niente. Stavo perdendo il controllo della situazione, e non tanto perché non riuscivo a capire il senso della frase, quanto perché la mano che Laura teneva sotto il maglione si era spostata sui miei pantaloni ed aveva preso a massaggiarmi il membro, che sembrava volesse esplodere. Chiusi gli occhi per un momento, intanto per gustarmi la palpata, poi per riordinare le idee. Dunque, cosa stava succedendo? Semplicemente che la donna che desideravo di più dopo mia moglie, quella che non avrei pensato mai di poter avere a meno di stravolgimenti storici nelle nostre vite… beh, lei era li vestita di nulla che mi palpava, di notte, in un bosco, lontano dalla vista di tutti. Questo voleva dire che ora eravamo sul mio terreno, vero? Ed allora avrei condotto io i giochi.Mi avvicinai a lei e gli appoggiai una mano su un seno, da sopra i vestiti, accarezzandolo. “Sai cosa succederà adesso, vero? Se iniziamo non potremo più tornare indietro…” La sua risposta fu semplice: “Se non mi scopi ora mi metto ad urlare…”Appoggiai la mia bocca sulla sua. Potrei descrivere quella sensazione con frasi come: …le sue labbra si schiusero come petali di un fiore al mattino, bagnate come di rugiada…” ma non è propriamente esatto. Per la verità iniziammo un bacio che non terminò neanche quando iniziarono i primi segni di svenimento da parte mia. Contemporaneamente con le mani ci esploravamo ogni centimetro di pelle possibile da raggiungere. Quando ci staccammo eravamo in preda ad un delirio erotico mai provato prima. Lei si chinò verso il mio cazzo, lo estrasse dai pantaloni ed iniziò a succhiarlo, come se da quello dipendesse il suo futuro. Sentivo la cappella che le sfiorava la gola, i suoi denti mi graffiavano la pelle lungo l’asta, non si fermava neanche quando l’eccessiva penetrazione le provocava dei conati di vomito. Ad un tratto dovetti prenderla per i capelli e tirarla via a forza. “Fermati, ti prego… così godo in un attimo…” “Fallo allora… così dopo non correremo il rischio che tu goda troppo in fretta mente mi sbatti…” Si rituffò sull’uccello, completamente bagnato dalla sua saliva. Io allora mi sporsi sulla sua schiena e le scostai la gonna. Il culo che mi si presentò davanti meritava un poema, ma in quel momento mi interessava ciò che si trovava in fondo alle natiche. Posai la mia mano a cavallo di esse e infilai il dito medio nel solco, appena un po’ più giù della fine della schiena. Poi iniziai a scendere lentamente, palando le chiappe sode e stuzzicandola con la punta del medio, fin quando arrivai a sfiorare l’ano.Sembrò che in quel momento avessi premuto un interruttore: Laura iniziò a tremare, ed i suoi sforzi per farmi godere si centuplicarono. Io infilai direttamente la mano tra le cosce e la posai proprio sopra le labbra della fica, bagnata come se fosse immersa nell’acqua. Con l’indice e l’anulare le allargai le labbra, mentre con la punta del medio iniziai a sfiorarla sulla carne intorno all’orifizio. Sentivo la mano bagnarsi sempre più, e dovetti farmi forza per evitare portarla alla bocca per poterla assaggiare, ed ancora di più per non tuffarmi con la bocca direttamente sulla fonte di quel nettare. Quando le contrazioni si fecero più frequenti presi ad infilarle il medio dentro, estraendolo di tanto in tanto per stuzzicarle la clitoride, gonfia come un fagiolo sotto il mio polpastrello. Ma anche lei non si risparmiava, ed oramai ero davvero pronto a godere. Quando sentii di non poter più resistere infilai nella fica di Laura tutte e tre le dita che avevano fino ad allora giocato tra le cosce, ed iniziai a stantuffarla. L’orgasmo la fece tremare come in preda alle convulsioni, e sentirla godere non mi fece trattenere più. Quando gli sborrai nella bocca sentii la fica della donna che si apriva e chiudeva come una ventosa intorno alle mie dita, poi non resistetti più ed estratte le dita mi abbandonai contro lo schienale. Laura succhiò tutto lo sperma che io emisi, con le labbra saldate intorno all’asta come una ventosa. Poco dopo si rialzò, il suo volto era completamente rosso, ed aveva un’aria stravolta. Quando riuscii ad aprire gli occhi portai istintivamente la mano sui pantaloni, che non avevo avuto il tempo di abbassare, pensando al macello combinato ed alle storie che avrei dovuto inventare con Paola. Incredibilmente era tutto asciutto.”Ti ho ingoiato tutto, non preoccuparti.” Laura era accucciata accanto a me, con gli occhi chiusi. “Ed ho anche ripassato la parte con la lingua, per pulirla…” “Le mie informazioni non ti facevano così abile…” Lei sorrise, divertita. “Mi sono fatta una certa cultura teorica con un po’ di video porno… ma non mi era mai capitato di mettere in pratica quanto visto!””Se non ti conoscessi bene potrei pensare che tu fossi un’altra…” “Sono un’altra. Sono stufa di essere considerata una bella bambola di porcellana, da far ammirare ma da non toccare…” Alzò il volto e mi guardò. Poi aggiunse “E se non vuole farlo mio marito, allora deciderò io da chi farmi toccare… anzi, ho già deciso.” Allungò nuovamente la mano prese a slacciarmi la camicia. “Perché proprio io?” “Perché in fondo la colpa di quello che sta succedendo è tua… sono stati i racconti di Paola a farmi prendere questa decisione, e quei racconti parlano di te… poi so che di te posso fidarmi.” Mi stava accarezzando il petto ora. “E poi perché sapevo di andare sul sicuro, con te… non mi avresti certo rifiutato!””Allora fermati, se vuoi giocare lo faremo con le mie regole… ti va?” “Si…” Ci ricomponemmo ed io rimisi in moto l’auto. Ripartii e mi recai in un albergo appena fuori città, nel quale non ero mai stato. Fuori stagione non era certo un problema trovare una stanza. Parcheggiai l’auto, scendemmo ed infilammo i giubbotti. Dopo esserci dati una sistemata entrammo nella hall e mi diressi verso la reception. Una ragazza uscì dall’ufficio e mi si fece incontro.”Buonasera, posso esserle utile?” “Si, buonasera. Avremmo bisogno di una camera…” Lei alzò lo sguardo verso Laura, rimasta indietro, voltata verso l’ingresso. “Singola o doppia?” “Ho solo il mio documento, ma la signora è con me…” La ragazza sorrise, complice, poi si voltò e prese una chiave dal pannello alle sue spalle. “Mi da il suo documento, per favore?” Glielo porsi, con un sorriso di gratitudine. Espletate le formalità Sabrina (quello era il nome sulla targhetta appesa al bavero della giacca) me lo restituì insieme alla chiave.”Stanza 325, matrimoniale.” Poi aggiunse “immagino di non dover provvedere al servizio sveglia…” Pagai con la Visa. Nel restituirmela la ragazza mi sorrise. “Buona nottata…” mentre mi allontanavo mi sembrò di sentirla aggiungere un “beati voi…”Prendemmo l’ascensore ed arrivammo al terzo piano. La camera 325 era proprio di fronte all’ascensore, quindi non dovemmo metterci a girovagare per il piano alla sua ricerca. “Brava ragazza… ” pensai tra me. Aprii ed entrammo. Chiusi la porta e mi voltai. Lei era li, ferma al centro della camera, immobile.Mi avvicinai alle sue spalle e le cinsi la vita con le braccia. “Se non te la senti possiamo andare via, come se non fosse accaduto nulla…” “Come potremmo pensare che non sia accaduto nulla? L’hai detto tu… una volta cominciato non è possibile tornare indietro.” Si voltò e mi guardò. “E comunque non ho nessuna intenzione di tirare indietro ora.”La baciai, poi mi diressi verso la poltrona. La voltai verso di lei e mi sedetti. “Se vuoi essere scopata come una puttana, comincia a comportarti come tale…” “Cosa devo fare?” La sua voce tradiva l’emozione. “Spogliati… lentamente.” Fece cadere a terra il morbido giaccone di renna, poi si sfilò il maglione. Rimase con lo stesso abbigliamento con il quale l’avevo incontrata, ma ora non era più bagnata. Nonostante questo i capezzoli erano forse ancora più evidenti di prima, e tendevano la maglia verso di me. Mi venne voglia di passarci sopra la lingua, ma mi trattenni. “Una cosa per volta” pensai.Lei iniziò a muoversi. Lentamente. Si strofinava la gonna sulle cosce, tirandola ogni volta un po’ più su, fino a scoprire completamente il pizzo delle autoreggenti. Una mano prese ad accarezzarsi i seni, l’altra scomparve sotto la gonna. Poi si voltò, e dandomi la schiena nuda sotto la trasparente maglietta allargò le gambe. Posò il palmo delle mani sulle cosce e prese a chinarsi in avanti, accarezzandosi le gambe, inarcando la schiena e spingendo ogni volta li sedere un po’ più verso me. Arrivò il momento nel quale nel chinarsi il sedere si metteva in mostra, e la mancanza delle mutandine si evidenziava col ciuffo di peli che le spuntava tra le cosce.Era a meno di un metro e mezzo da me, ed alla luce dell’abat-jour potevo vedere luccicare gli umori che la sua fica stava producendo come un piccolo fiume. Le colavano lentamente lungo l’interno delle cosce. Una mano stava torturando la clitoride, ed il respiro era sempre più accelerato.”Non toccarti. Non devi più toccarti la fica fin quando non te lo dirò io.” Lei si bloccò per un attimo, poi tolse la mano e ricominciò ad abbassarsi. Quando arrivò con le mani ad impugnarsi le caviglie il sedere era ormai scoperto per più della metà. Si rialzò, portò le mani alla cinta ed aprì la gonna. Strinse le gambe e la fece scivolare a terra, poi ne uscì con un movimento felino. Lentamente iniziò a muovere il sedere davanti ai miei occhi, a meno di un metro dalla mia faccia. Sentivo il suo odore di donna come se avessi la faccia tra le sue gambe. Il mio respiro si fece più affrettato, ma non mi mossi dalla poltrona. Avrebbe dovuto bere il suo calice fino in fondo… e non sembrava affatto dispiacergli.Laura si voltò, lentamente, fino a pararmisi di fronte. Le lunghe gambe erano divaricate ed aveva tirato con entrambe le mani il bordo della maglietta fino a coprirsi il pube. La stoffa aderiva al suo corpo tanto che sembrava fosse nuda e la sua pelle fosse nera. Aveva gettato la testa all’indietro, con gli occhi chiusi, e si muoveva al suono di una musica che solo lei riusciva a sentire. I lunghi capelli ondeggiavano dietro le sue spalle, lanciando riflessi ramati alla fioca luce proveniente dalle sue spalle.Ad un tratto si sfilò la maglia con un gesto secco, gettandola di fianco, poi scosse la testa per sistemarsi i capelli che le ricaddero sulle spalle e sul petto, come a coprire i seni.Era li, di fronte a me, completamente nuda tranne le calze e gli stivali, con le gambe larghe e le mani posate sui fianchi. I seni si alzavano ed abbassavano seguendo il ritmo del suo respiro, e le sue labbra erano dischiuse. Gli occhi mi fissarono per qualche secondo. Poi la sua voce.”Ora merito di essere scopata?” Mi alzai e mi avvicinai a lei. “No, prima meriti qualcos’altro…” La presi in braccio e la deposi di traverso sul letto, con il sedere quasi sul bordo. Mi poggiai di fianco a lei e le mormorai all’orecchio. “Ora non fare nulla, lascia che sia io a muovermi…”Scostai i capelli che le coprivano il collo e posai le mie labbra sotto il suo orecchio, proprio dove il collo curva per dare vita alla nuca. Estrassi la punta della lingua e la passai delicatamente sulla pelle.L’odore della pelle si mescolava a quello di cK di Calvin Klein (adoro quel profumo, sapeva anche quello?) I capelli sapevano di balsamo e di pioggia. Iniziai a spostarmi verso la spalla nuda, poi sul petto, poi sui seni. Indugiai per un po’ sui capezzoli, strappandogli mugolii e tremiti, quindi mi decisi a scendere lungo la pancia, passando per l’ombelico, fino al monte di Venere. Arrivato al ciuffo di peli mi fermai e mi spostai.Mi inginocchiai e le allargai le gambe, sollevandogliele e facendogliele piegare verso il petto. La vulva si aprì avanti ad i miei occhi, rosea e bagnata. Se si guardava attentamente si potevano scorgere gli spasmi che la facevano pulsare, alla ricerca di qualcosa che la riempisse e la facesse finalmente godere.Avvicinai la bocca alla clitoride, che spuntava gonfia e prominente attraverso la corta peluria. Vi poggiai delicatamente la punta della lingua, poi la avvolsi con le labbra e la succhiai.Laura emise quasi un grido, iniziando a muoversi sotto di me. Io spostai la mia attenzione più in basso, verso la sorgente di quel nettare dal gusto dolcissimo e salato insieme che con il suo odore mi stava torturando fina da dentro l’auto. Allargai le grandi labbra con le dita ed iniziai a leccare il liquido copioso che colava verso le natiche. Quando ebbi finito la penetrai con la lingua, addentrandomi in quel paradiso caldo che avevo sognato innumerevoli volte. Laura mi stringeva la testa tra le gambe, spingendomi come se volesse farmi entrare dentro di lei.Io invece mi spostai ancora e scesi sul perineo fino all’ano, piccolo e delicato. Lo accarezzai con la lingua e poi cercai di forzarlo con la punta. Laura iniziò ad ansimare sempre più velocemente, ed io tornai ad occuparmi della fica. Bagnai il dito medio dentro di lei e mentre la leccavo lo appoggiai sullo sfintere, iniziando a stuzzicarlo con carezze sempre più profonde. “Si, si… ti prego… non ce la faccio più….” Laura era oramai pronta per godere, ed io non mi feci attendere. Leccai la clitoride mentre con un colpo secco la penetrai dietro con il dito medio. Lanciò un urlo.Iniziai a stantuffare con il dito senza troppi complimenti, mentre la scopavo con la lingua e premevo con il naso sulla sommità del pube. Con l’altra mano cercavo di tenerla ferma, premendole sul ventre. Sentii la fica inondarsi, il buchino stringersi ed allargarsi attorno al mio dito ed il corpo di Laura si inarcò sul letto, poi l’urlo fu soffocato dal cuscino che lei aveva abbracciato e si teneva stretta conto il petto.Le ondate di piacere lentamente si affievolirono fino a cessare dopo un po’. Io avevo sfilato il mio dito dal suo sedere, e smisi di baciarla tra le gambe. Mi sollevai ed approfittando del momento di assenza di lei mi disfeci dei miei abiti e mi sdraiai al suo fianco. Al sentore del calore del mio corpo lei si rannicchiò su di me. Ansimava ancora, anche se leggermente. La coprii con una parte della coperta.”Così è questo che mi sono persa, finora…” “Spero di poterti dimostrare che si può fare meglio…” Si allungò e con una coscia sfiorò il mio uccello teso e duro come un palo. “Ti va di farlo ora?” “Laura, io non chiedo di meglio…” Si tirò su. “Cosa vuole che faccia, signor maestro?” “Vieni.”La feci sedere su di me, a cavalcioni sul mio cazzo poggiato sul ventre. Allargai le grandi labbra in modo tale che gli capitasse proprio in mezzo, e con la testa stimolasse la clitoride. Lei posò le mani sul mio petto ed iniziò a strofinarsi su di me. Alzai le mani e le accarezzai i seni, pieni e sodi, stringendole tra le dita i capezzoli. Con gli occhi chiusi Laura continuava a masturbarmi con la fica.”Mi hai fatto male al sedere, ma mi è piaciuto da morire…” “Scopati.” Lei si sollevò, impugnò il membro con una mano mentre con l’altra si allargava, quindi se lo poggiò sulla fica. “Dai… impalati…” Guardavo rapito lei che iniziò a scendere lungo l’asta, imprigionandola dentro la sua tana bollente. Lo faceva lentamente, come a volersi gustare ogni attimo, mentre con le mani si accarezzava i seni.Quando sentì tutto il mio cazzo dentro di lei si fermò per un attimo, poi iniziò a muoversi su e giù, alzandosi fin quasi a perderlo per poi riempirsi di nuovo. “Sei una troia…” “Si…” “Dillo.” “Sono una troia…” Ansimava. “Puoi fare di meglio…” “Sono una puttana…” Gemette. “Ancora…” “sono la tua puttana… la tua puttana… la tua puttana…” Sembrava in trance.”Voltati, senza sfilarti.” Eseguì con una maestria che mi lasciò stupito. “Coraggio, muoviti…” Ricominciò a scoparsi, voltandomi la schiena. Io le allargai le chiappe ed esposi il forellino alla mia vista. “Vuoi che ti faccia il culo?”Silenzio. Continuava a scoparsi, ma non parlava più. La piegai in avanti, mettendola a quattro zampe, poi mi posi dietro di lei ed iniziai a scoparla alla pecorina. Dallo specchio dell’armadio potevo vedere gli occhi chiusi, le labbra aperte, i seni che ondeggiavano ad ogni colpo. Nel silenzio della stanza si sentiva solo il suono del cazzo che scorreva tra i suoi umori e lo sbattere del mio ventre sul suo sedere.”Allora, vuoi che ti apra il culo? O non sei abbastanza puttana?” “Ho paura…” Iniziai a sbatterla più forte, aumentando la frequenza dei colpi. “Allora non sei più una puttana? Forse non lo sei mai stata…” Poggiai le mie mani sulle sue chiappe e feci accostare i due pollici proprio sul buco posteriore. Al tocco lei si irrigidì, ma non si ritrasse. Estrassi il cazzo completamente bagnato di umore dalla fica e lo passai più di una volta sul culo.”Ti prego… non smettere…” “Dove vuoi che lo infili?” Non avevo alcuna intenzione di penetrarla da dietro, non c’era tempo di farlo senza praticamente farlo sembrare una violenza vera e propria. Forse lo sapeva anche lei, però sentivo che il gioco la eccitava. “Allora?” “Ho paura del dolore…” Strofinavo il cazzo dal clitoride fino al buco del culo. “Una vera puttana non ne avrebbe…” “Forse… ma io ne ho…” Poggiai un pollice sullo sfintere e la penetrai a fondo. Lei represse un urlo. “Alex, per favore… mi spacchi…”La penetrai di nuovo e ripresi a pompare, senza togliere il dito da dietro. Lo sentivo attraverso il sottile strato di carne mentre la frugavo, sempre più in fondo, nei posti più segreti.Cominciai a temere di non farcela a resistere oltre. Sentivo l’orgasmo montarmi dentro. Avvicinai l’altro pollice al primo e le forzai il buco. Lei stavolta urlò davvero. Cadde a pancia in giù, ed io la seguii senza uscire. La scopavo, ma non potevo muovermi troppo. Tolsi le dita da dentro di lei, una alla volta, poi mi sdraiai sulla sua schiena ed iniziai una furiosa cavalcata. I suoi gemiti mi eccitarono ancora di più. “Alex… ancora… sbattimi… come una troia…” “Si, …” “Dio, mi brucia…” “Sembri di burro…” “Alex… sto godendo… o dio… si… adesso…” Iniziò a tremare ed a gemere con il viso nascosto tra le coperte. Io diedi alcuni colpi più decisi. “Voglio… qualcosa… in culoooohhhhhh……” Venni praticamente insieme a lei, inondandole la fica. Dopo gli ultimi spasmi mi sfilai da lei, rovesciandomi sulla schiena. Ci assopimmo, sfiniti.Fu il suono del cellulare a svegliarci. Dovetti riflettere un po’ prima di capire cosa succedeva. Guardai l’orologio. Mezzanotte. “Credo sia il tuo” le dissi. A tentoni recuperò il telefonino dalla giacca di renna posata a terra li a fianco. “Pronto?” Ero accanto a lei e potei sentire tutto. “Amore?” Era Sergio. “Cosa vuoi?” “Dove sei?” Ci rifletté un attimo. “Con un uomo” disse. “Non scherzare, ti prego… volevo chiederti scusa…” la voce era quasi supplicante.”E’ facile ora, vero?” “Ti prego… sai che ore sono? Sono in ansia da quando sei uscita…” “Ed hai aspettato fino ad adesso per dirmelo?” Silenzio. Poi si sentì di nuovo la voce metallica provenire dal cellulare. “Scusami.”Conoscevo bene Sergio, era davvero difficile per lui. Se avesse saputo che qualcuno lo ascoltava non sarebbe riuscito neanche a parlare. Se avesse saputo il resto… beh, era meglio non pensarci.Laura allungò una mano e cominciò ad accarezzarmi il membro, guardandomi. “Mi hai fatto molto male, lo sai?” non capivo se si riferisse a me o a lui. “Ti ho già chiesto scusa, no?” “Avresti bisogno di una punizione esemplare…” Aveva impugnato il mio uccello oramai nuovamente duro e lo muoveva rapidamente. Mi fece alzare in ginocchio ed accostò il suo volto al mio cazzo. Lo agitava rapidamente, poi iniziò a strofinarlo sulle sue guance. “Cos’altro vuoi oltre le scuse?” La voce di Sergio era leggermente alterata. Sentirla parlare con tanta freddezza a suo marito mentre mi masturbava mi eccitò a dismisura. Mi guardò allontanando il telefono dal suo viso. “Godi, non ce la faccio più… mi sto stancando!” disse sottovoce. Tornò a parlare al telefono.”Nulla, non preoccuparti” “Torna a casa, per favore…” “Hai da dirmi solo questo?” “… ti voglio bene, e mi manchi.” Sborrai sulla sua faccia tutto lo sperma che mi era rimasto, imbrattandole il viso.”Va bene, ora torno…” “Mi vuoi bene?” Un momento di pausa, poi Laura rispose “Te ne ho voluto di più in altri momenti…” e chiuse la comunicazione. Avvicinò la lingua al mio uccello e lo pulì dello sperma rimasto.”A volte è proprio stronzo… ma gli voglio bene.” Poi mi guardò in faccia con lo sperma che gli colava sui seni dal mento. “Sono abbastanza puttana per te, ora?” “Più di quanto potessi sperare…” mi lasciai andare sul letto.Lei si alzò e si avviò verso il bagno. Sentii scorrere l’acqua, poi tornò fuori avvolta in un asciugamani. “Mi aiuti ad asciugarmi la schiena, per favore? Senza ricominciare… credo sia ora di tornare a casa per tutti e due.”Terminammo di sistemarci ed uscimmo. Riconsegnai la chiave in portineria e ci avviammo verso l’auto. “Puoi lasciarmi dove mi hai trovato, chiamerò Sergio a farmi riprendere.” “Come vuoi…” dissi. Il viaggio si svolse senza una parola, ognuno assorto nei suoi pensieri. Ad un tratto lei ruppe il silenzio.”Che strani scherzi gioca il destino… la mia crisi è iniziata a causa di quello che mi raccontava Paola di te, e proprio tu mi hai aiutato ad uscirne…” “Spero che da ora in poi andrà meglio…” “Sicuramente non litigherò più con mio marito. ” Poi voltandosi verso di me aggiunse con un’aria maliziosa “se tu mi aiuterai…”Arrivammo alla sua auto. Telefonò a Sergio, che borbottò un po’, ma uscì subito da casa. Ci salutammo con un lungo bacio, poi mi allontanai di qualche metro, nascondendomi alla vista ma tenendo sotto controllo la Mercedes. Non mi sembrava il caso di lasciarla sola, neanche per pochi minuti. La BMW di Sergio arrivò comunque dopo un tempo brevissimo. Li vidi discutere, lei gli diede le spalle, poi lui la voltò e si baciarono. Salirono in macchina e si allontanarono.Io tornai a casa, mi feci una veloce doccia e mi infilai a letto. Quando rientrò mia moglie già dormivo. “Alex, dormi?” “Ora no… com’è andata?” “Benissimo, ci siamo divertite da matti! E tu?” “Anch’io sono stato bene… ho passato una serata davvero diversa dal solito…” “Mi spiace per Laura che non è venuta…” parlava dandomi le spalle, struccandosi “chissà se è riuscita a fare pace con Sergio?” “Io credo di si..” Si infilò nel letto coperta solo da una corta sottoveste, la sua tenuta notturna nei periodi freddi. “Beh, tanto domani lo sapremo… ci racconteremo tutto!” Lo disse con un tono malizioso, mentre mi sfiorava l’uccello con la mano. “Speriamo non proprio tutto…” pensai io abbracciandola.
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