Siamo ammucchiati uno sull’altro ma non ci accorgiamo dell’altro. Qualcuno ha introdotto l’uccello nel mio didietro e spinge con insistenza la cappella dentro e fuori il foro dell’ano. Carponi sul pavimento serro fra le labbra il cazzo di un individuo di cui nemmeno distinguo il volto, per niente interessata alla sua identità. La stanza, semibuia, è resa più luminosa dagli sterpi di legno che fiammeggiano nel caminetto e ravvivano l’ambiente. Ammassi di corpi giacciono sul parquet, stanchi e spossati, impegnati ad infilare, levare, accogliere e scambiarsi emissioni di liquidi d’ogni sorta. Ho persino la sensazione che alcuni stiano per perdere i sensi, tanto sono straniti, ma forse la loro è solo paura, patimento o magari soddisfazione. Godo! Cazzo se godo! Sentire la cappella che scivola fluida avanti e indietro nello sfintere del mio culetto mi fa stare bene: raramente mi succede durante la giornata, sia quando sto a casa di riposo o sono al lavoro in ospedale. Accompagno i movimenti dell’ospite, che trattengo ben stretto nel culo, con quelli delle labbra che serrano nella bocca l’altra cappella. Ho preso l’abitudine di fare sesso con più persone, simultaneamente, già da alcuni anni e non so più farne a meno. Lo faccio una volta al mese, quando mi è permesso di farlo, anche se desidererei farlo più spesso. Rantoli di appagamento si sovrappongono ai movimenti dei corpi che mi circondano. Stasera ho la fica inviolata. Stranamente nessuno di coloro che partecipano al rito orgiastico si è fatto sotto a cercarmela. Il culo mi brucia. Sopporto con piacere il dolore che mi provoca l’inculata, ma ho voglia di essere chiavata al più presto. L’uomo che sta davanti a me inizia a tremare. Sfilo l’uccello di bocca e continuo a menarglielo fintanto che un getto di sperma mi coglie in pieno viso. Serro le dita sul cazzo e infilo la cappella fra le labbra inglobando il resto dello sperma che continua a fuoriuscire dall’uretra. Il sapore dell’emulsione, che deglutisco con enorme piacere, è dolciastro. Lascio che termini di defluire, poi lecco la cappella fino a renderla liscia e opaca. L’uomo che mi sta didietro è ostinato nella sua opera, l’aiuto movendo il bacino e mettendomi in sincronia con i suoi spostamenti. Vorrei che qualcuno si facesse largo fra la massa di corpi che mi circondano e m’infilasse il cazzo nella fica, perlomeno potrei godere di una duplice penetrazione, ma nessuno si fa avanti. Accarezzo il clitoride e provo un dolce piacere nel toccarmi. Meglio tenere due dita nella fica piuttosto che niente, penso, mentre l’uomo che sta dietro il mio culo continua zelante a pomparmi. Qui, in mezzo a queste persone, ho la chiara percezione di quanto sia sottile il confine fra vita e morte: privilegio di pochi è sapersi conquistare gli attimi di godimento che abbiamo a disposizione nella nostra esistenza terrena. Stasera sono qui, ancora una volta, per cogliere la verità di questa filosofia di vita e godere appieno dei piaceri della carne. L’ansimare del mio partner è avvisaglia dell’imminente orgasmo che sta per sopraggiungere. Accelero il movimento delle dita sul clitoride per non essere da meno del mio ospite e raggiungere, insieme a lui, l’estremo piacere, invece mi previene sborrandomi nel culo. Lo fa attirando verso di sé le mie natiche giovandosi della forza delle braccia. . L’aria fresca della notte entra dal finestrino laterale della mia Opel Tigra dispensandomi un gradevole refrigerio. Attraverso la città con estrema facilità e in un battibaleno sono già oltre il torrente, a pochi isolati dalla mia abitazione. E’ strano constatare come la Via Emilia, alle tre di notte, sia invasa da una moltitudine di autovetture che vagano, apparentemente senza meta, per la città, a fare che? Penso io. Finalmente a casa. Abbandono la borsetta sulla cassapanca, tolgo le scarpe e a piedi nudi mi dirigo verso la stanza da bagno. Tolgo di dosso gli indumenti ed entro nel box della doccia. Ho la necessità di rimuovere le residue tracce di sperma che punteggiano la mia pelle. Lascio che l’acqua scivoli sull’epidermide e sottragga i residui segni dell’amore di gruppo. Detergo le mani di sapone liquido aspergendomi i seni e poi la fica con l’essenza profumata. Scendo con le dita nel pavimento pelvico fino all’ano e sfrego i due peduncoli emorroidali che stanno ai lati dell’orifizio. Poco dopo sono in camera. Luca è addormentato. Levo l’accappatoio di spugna che ho indossato dopo che ho fatto la doccia e scivolo sotto le lenzuola. Il mio uomo se ne sta coricato sul fianco in posizione fetale. Avvicino il ventre alla sua schiena e lo circondo con un braccio attorno al torace. Luca si gira e bisbiglia alcune parole. – Già qui? – Sono le tre… – E’ andato tutto bene? – Sì. – Ti sei divertita? – Mmm… un po’. Stendo la mano sopra l’addome di Luca fino a farla scendere sotto l’elastico degli slip, poi inizio a tastargli l’uccello. In un batter d’occhio è turgido. Mi metto cavalcioni sul ventre del mio uomo e guido il membro dentro la fica, poi inizio a muovere il bacino spingendolo avanti e indietro, ruotandolo sul rotolo di carne che si eleva turgido fra le cosce di Luca. Godo! Cazzo se godo! Mi muovo senza sosta, sempre più in fretta. Lui palpa con le mani le coppe dei miei seni, le cui sporgenze erettili sono turgide e fremono di piacere a contatto con delle dita. Godo. Goodo! Mammia mia quanto godo! Trafiggo con le unghie la carne di Luca nella parte superiore del torace, in prossimità delle clavicole. Lui ha un sussulto e ansima di piacere. Ormai è prossimo a venire, lo percepisco dal respiro sempre più affannoso; anch’io sto per raggiungere l’agognato piacere. L’orgasmo arriva improvvisamente, violento, cogliendoci in un incontrollato tremore. Urlo come una pazza. Un flash di calore sale dall’utero e percorre per intero il mio corpo scoppiandomi come un petardo nel cervello. Mi accascio su Luca e piango. La sua mano mi accarezza il capo ed è l’ultima cosa che avverto prima di addormentarmi fra le sue braccia.
Aggiungi ai Preferiti