(Proseguimento della storia di ” Quanto è buono un uomo” di Vannino)Si era ormai alla fine di settembre, il giorno della partenza di Dora per il collegio, fissato per il 3 di ottobre si avvicinava, la valigia era già pronta da un pezzo. In quei giorni la bambina aveva perso la spensieratezza e la grazia che univa in tutte le proprie azioni con quei ridenti occhioni blu che rivelavano molta intelligenza e molta bontà. Era triste! Si avvicinava il momento che avrebbe dovuto lasciare quella fattoria ove respirava aria di libertà, ove poteva scorazzare felice in lungo ed in largo con l’inseparabile cugino Angelo, suo coetaneo compagno di giochi. Cesira era consapevole dello stato della figlioletta e provava una tenerezza infinita per quei tristi occhioni blu, ma non poteva lasciarla da sola in quella fattoria ora che anche la cognata Viola si sarebbe trasferita nella capitale. Desiderava fornire una buona istruzione alla sua bambina, lo stato di orfana di guerra le dava la possibilità di inserirla in quel collegio della capitale ove avrebbe potuto rimanerci fino al completamento degli studi.Doretta, spirito libero ed indipendente, gia a nove anni intuiva che il collegio sarebbe stato per lei un luogo di costrizioni, di regole rigide, ma comprendeva le ragioni che la mamma le aveva spiegato e le ripeteva spesso: “Sai che sono sempre in giro per il lavoro di assistenza! Che devo frequentare il corso di infermiere all’ospedale di Sulmona, non potrei seguirti a dovere. Tu sei una bambina piena di fantasia, stai sempre ad immaginarti un futuro meraviglioso. In quale futuro meraviglioso puoi sperare se rimani in questo paese sperduto senza una buona istruzione? Li in quel collegio potrai diventare una brava maestra come sogni sempre.”La bambina anche se convinta dei ragionamenti della mamma non riusciva a non essere triste. Il mattino della partenza volle fare un ultima visita nel rifugio segreto insieme al cuginetto. Il luogo si trovava poco distante dalla fattoria, nel folto di una piccola boscaglia sulla riva del fiume. I bambini avevano creato e curato, in un punto centrale, il piccolo rifugio con arbusti e bastoni realizzando una sorta di capanna, ove spesso si appartavano credendo di sentirsi al sicuro da tutto e da tutti. Vi si rifugiavano soprattutto durante la calura estiva per godersi un po’ di fresco fra il verde folto. Li giocavano a lungo a fare gli adulti, dove Dora fantasiosa fautrice di qualsiasi iniziativa trascinava il timido e remissivo cuginetto che la seguiva e l’assecondava in tutto.Quella mattina accovacciata nella piccola capanna, pregò Angelo:”Ti raccomando non dire a nessuno di questo posto! Tienilo pulito! Non portarci nessuno! Questo è il nostro segreto. Me lo devi giurare.”Il bambino pur sapendo che da li a qualche mese anche lui avrebbe lasciato la fattoria, glielo giurò solennemente secondo un particolare rito che la cugina aveva preteso e che secondo lei lo avrebbe impegnato per la vita. Ritornarono alla fattoria quando già Cesira, in apprensione, attendeva la figlia perchè era già giunta l’auto che le avrebbe condotte allo scalo ferroviario a prendere il treno per la capitale.I saluti e gli abbracci non si sprecarono per Dora in partenza, in particolare quello commovente con il cuginetto, al quale si era attaccato abbracciandolo strettamente, come se dovesse lasciarlo per tutta la vita.Viola, commossa, la assicurava così:”Lo sai, Doretta fra qualche mese anche noi ci trasferiamo a Roma e ti prometto che Angelo ed io verremmo a trovarti spesso.”Anche Tonio, il bel sordomuto che da qualche settimana era tornato dalla ” trasumanza” dei greggi dalla Maiella era presente alla partenza.Il giovane era diventato un assiduo frequentatore della fattoria con pieno gradimento di Cesira.Era trascorso già un mese che Angelo era solo e si era ancora più attaccato alle gonne della madre ed anche quella sera, si era addormentato appoggiandole la testa sulla spalla infilando l’esile manina nella scollatura della camicia da notte fra i due rigogliosi seni. Viola lo teneva ancora più stretto tappandogli le orecchie per paura che si svegliasse per il trambusto inconfondibilmente eloquente proveniente dalla camera della cognata Cesira.Il rumore era un crescente di sospiri, sussurri, incitamenti, grida, urla che si propagavano nel silenzio della notte, ma erano solo di Cesira perché Tonio emetteva soltanto strani grugniti, l’unico suono che le sue corde vocali riuscissero a produrre. Viola udiva tutto con una certa ansia all’inizio, ed eccitazione e nostalgia alla fine. Quasi ogni sera si verificava l’evento e Viola ormai attendeva che il tutto si ripetesse. Era contenta però della svolta che aveva preso la vita della cognata e si sentiva tranquilla sapendo di lasciare in buone mani lei e la fattoria quando si sarebbe trasferita nella capitale. Viola, nel silenzio che seguiva il trambusto, si soffermava a riflettere sui recenti avvenimenti rendendosi conto che la vita scorreva con più serenità ed ottimismo nella fattoria, dopo il tragico periodo della guerra che aveva privata lei e sua cognata dei giovani mariti.In quell’ultima estate avevano riscoperto le sane gioie del sesso e le esaltanti sconosciute trasgressività ciò le faceva presagire migliori cose per l’avvenire.Le difficoltà apparivano meno pesanti ed erano affrontate con maggiore determinazione in quanto i pensieri cattivi e le ansie venivano affogati e condivisi in qualche modo, spesso e volentieri , fra le braccia dei giovani amanti. Cesira non sapeva più fare a meno del dolce e “silenzioso” pastore che sopperiva la propria menomazione con una dolcezza infinita, una sensibilità centuplicata, sembrava che possedesse un sesto senso sorprendentemente preveggente. Cesira non poteva esprimere certi desideri intimi e nascosti al suo amante sordomuto, ma questi l’intuiva e li soddisfaceva con una abilità eccezionale, con una tenerezza commovente.L’amore di Tonio per la giovane vedova fu in breve un fatto noto e scandaloso per quella comunità chiusa ed un po’ isolata presso quel ridente paesino fra le montagne degli Abbruzzi.La donna non se ne preoccupava anzi non nascondeva la propria felicità e contraccambiava l’amore per quell’uomo per il quale si era subito adoperata per risolvere la menomazione. I medici specialisti ai quali lei lo aveva condotto avevano dato quasi per certo che con un intervento chirurgico il giovane avrebbe potuto riacquistare le facoltà vocali ed uditive.Tonio ormai si era trasferito nella fattoria delle due cognate, aveva portato con se le centinaia di libri con i quali aveva trascorso i lunghi anni di silenzio e di solitudine. Le conoscenze che acquisiva attraverso di essi, le aveva messo a profitto nel rapporto con Cesira, in quello con gli altri, nell’attività della fattoria nella quale collaborava riorganizzando le tecniche per produrre meglio.La presenza di Tonio con la sua silenziosa attività aveva rianimato la vita in quella campagna, ma soprattutto esaltava quella di Cesira che era instancabile fra le braccia dell’uomo che faceva vibrare quel bellissimo corpo di femmina rifiorente.Gl’incontri sessuali fra i due erano un apoteosi dei sensi, Cesira subiva piacevolmente gli assalti, la resistenza e l’abilità di Tonio mettendola a dura prova, adorava quell’uomo anche per la maestria inimitabile che usava nel seviziare dolcemente quel corpo meraviglioso spaziandovi sapientemente.Viola qualche volta sorridendo, così rimproverava la cognata:” Brava? Anche stanotte ti sei data alla pazza gioia! Meno male che siamo isolati altrimenti qualcuno farebbe accorrere i carabinieri per il chiasso che fai, tenendo tutti svegli.”Ma questa senza preoccuparsene beatamente rispondeva:” Vorrei vedere te? E poi guarda chi parla? Cosa credi che non si sente il tuo di chiasso quando sei con il tuo bel Giacomino? Oh Viola, non mi vergogno, ma Tonio è un Dio e in quei momenti non so se sto sognando o sono desta!. ” Poi si soffermava a decantare le premure, le carezze, il piacere che Tonio le dava e non poteva più privarsi delle dolci torture che questi le usava. L’ attività sessuale di Viola era meno intensa di quella della cognata ma non meno esaltante.Non poteva avere tutta la libertà della cognata, per via del bambino sempre attorno a lei.I due, Viola e Giacomo, dovevano incontrarsi di sfuggita, raramente nella comodità della camera da letto.Viola non poteva dire di essere innamorata di Giacomo d’altra parte non desiderava legarsi troppo per non dover soffrire poi la separazione dopo la partenza, ma le piaceva la dolce rudezza del partner, le piacevano gli assalti a sorpresa che questi le faceva di nascosto, nel fienile, nei campi o in casa approfittando di un momento di assenza del bambino. I loro incontri sessuali erano sempre frettolosi ma carichi di desiderio e lei era subito pronta ad essere penetrata da quell’ adorabile strumento, che le sembrava immenso, non attendeva preliminari anzi lo incitava a fare presto. Viola si trasferì a Roma all’inizio del 1947, nonostante i propositi, la mancanza di Giacomo si fece sentire, ma stava per cambiare la propria vita con prospettive certamente migliori, poteva sopportare tale mancanza. La cosa non appariva poi tanto disperata perchè la Sig.ra Venditti, presso la quale era a servizio, le avrebbe permesso di recarsi spesso al paese per periodi brevi o per trascorrervi le vacanze, avrebbe avuto modo di incontrare più spesso Giacomo che era molto innamorato di lei, ma non poteva lasciare il lavoro di postino in quel paese. Viola ora aveva, tutta per se ed il suo bambino,una bella e luminosa camera nella grande casa nella quale era a servizio, situata in un quartiere centrale della capitale. La casa era una costruzione unifamiliare dell’inizio del secolo su due piani con un giardino antistante, in mezzo a due altre disastrate dai bombardamenti . Al pian terreno era situata la cucina con annessa una grande sala ed altri due locali di servizio. Al piano superiore c’erano le camere da letto.Iniziò la sua nuova attività con entusiasmo contando su un guadagno sicuro, oltretutto poteva dedicarsi completamente ad Angelo che era felice di avere tutta per se la mamma alla quale era sempre legato morbosamente, l’adorava e ne desiderava sempre l’approvazione. Angelo a nove anni era ancora un ragazzino magro,minuto, con due candidi occhi celesti in un visetto da cherubino. Bastava guardarlo per pensare all’immagine dell’innocenza e tutti provavano il desiderio di stringerlo per dargli protezione.La madre era solita prenderlo ancora in braccia per stringerselo al seno colmandolo di baci. Ora aveva più tempo da dedicargli e lo accudiva come un bambolotto, ci teneva ad acconciarlo, da signorino di città dopo averlo lavato e profumato e non si stancava di meravigliarsi come fra le innocenti coscette del bambino sporgesse un appendice insolitamente gonfia e smisurata per quella età. In seguito negli anni quella appendice fu per Viola causa di tempestosi turbamenti di cui si pentiva. In quella grande casa Angelo cominciò una nuova vita anche in compagnia di due adolescenti: Rosetta una ragazza che veniva dalla campagna romana molto ingenua tanto da sembrare ritardata, orfana di genitori morti durante la guerra per un bombardamento, insieme a due fratellini più piccoli.La signora Venditti originaria del paese della ragazza ed unica parente, l’aveva accolta in casa dando una compagnia alla propria figliola Giulia. Rosetta aveva tredici anni sembrava già una donna matura nel fisico, piuttosto tozza, scura di viso, capelli nerissimi foltissimi,alta e possedeva un seno fuori misura per l’età ed aveva.La ragazza aveva preso a ben volere il bambino, trattandolo come un giocattolo, sbaciucchiandolo in ogni occasione possibile, prendendosi cura di lui quando la mamma era occupata, era felice ed orgogliosa di accompagnare a scuola quel bel bambino, gentile ed elegante, che tutti si soffermavano a guardare. Giulia aveva dodici anni, ragazzina vivace, esuberante, ancora molta acerba nel fisico che comunque prometteva bene, di intelligenza viva e non certa ingenua come Rosetta, ma anche a lei piaceva coccolare il bel bambino.Tutte e due quando lo vedevano l’apostrafavano : ” Ecco l’Angioletto di Rosetta! ” o ” ..di Giulia! ” secondo i casi.Il bambino si scherniva e diventava rosso per la timidezza innata che lo contraddistingueva, ma remissivo si lasciava stringere e sbaciucchiare dalle due che non trascuravano mai di farlo in ogni occasione possibile.Viola aveva mantenuto l’abitudine di tenere con se nel proprio letto il bambino che ora a maggior ragione, stando anche nella stessa camera, non lasciava passare una sera senza addormentarsi affianco alla mamma appoggiando per abitudine la testolina e la manina sul morbido e florido seno che lo attirava.Il tempo passava sereno per i bambino in quella grande casa romana in mezzo ad un mondo al femminile. I momenti più felici erano quelli che trascorreva nella cucina a fare i compiti, mentre sua madre era intenta a preparare i pranzi e le cene per tutta la famiglia.Il bambino si beava dei buoni odori che gli facevano venire l’acquolina in bocca, allora le si avvicinava alla madre in piedi davanti al fornello e le gettava le braccia intorno ai formosi fianchi, con il viso che le arrivava alla vita. L’eccitante profumo di donna che Dora emanava, si mescolava a tutti i deliziosi profumi della cucina, destando nel bambino una naturale sensualità. Per tutta la vita il profumo delle buone torte di mele riportava alla memoria di Angelo l’immagine della madre.Almeno un paio di volte al mese Viola conduceva il figlio a fare visita Doretta nel collegio. La bambina attendeva con ansia l’arrivo del cuginetto, era una festa con gli immancabili abbracci, baci, risate argentine ed urla felici, erano i veri momenti di gioia in quell’austero collegio dove tutto appariva tetro e severo. Un collegio tutto al femminile con delle suore che lo gestivano. In seguito e per gli anni a venire la storia si sarebbe ripetuta con le esuberanze gioiose della bambina e della fanciulla poi. Doretta attendeva con ansia quegli unici momenti felici in quel chiuso ambiente, come attendeva che passassero gl’inverni, osservando di giorno in giorno il giardino dietro il cortile del collegio che cominciava a verdeggiare e vedere avvicinarsi l’estate con le sospirate vacanze alla fattoria, pregustando gli scorrazzamenti per la campagna, lungo il fiume, nei boschi, nel rifugio segreto, insieme ad Angelo, il bellissimo cugino, che già con il cuore di fanciulla sognava ad occhi aperti come un principe azzurro.Gli anni passarono come giorni, la fattoria laggiù negli Abbruzzi si era rinnovata, per opera di Tonio.Tonio aveva riacquistato parte delle facoltà uditive e faceva progressi nel cominciare a parlare, grazie all’operazione subita ed al paziente stimolo di Cesira che lo aiutava con continue esercitazioni logopedistiche.Le parole più belle che pronunciò con chiarezza e decisione furono ” Si, voglio! ” sull’altare, davanti al prete quando sposò la bella vedova nella primavera del 1952.Doretta fu felice di avere come padre quella persona buona e piena di risorse che aveva contribuito a trasformare la fattoria facendola rifiorire, come aveva fatto rinascere ad una nuova vita la madre Cesira.La ragazza ora splendida quindicenne, con quegli occhioni blù in quel viso delicato da madonnina, con una chioma rossiccia lungo le spalle partecipò al matrimonio facendo da damigella insieme al paggio, il cugino Angelo che si era fatto un ragazzo robusto ed ancora più bello con quegli occhi celesti da cherubino timido.La libido del ragazzo si destò proprio in quel periodo, stimolata dalla presenza delle donne di casa dalle forme per lui eccitanti, dalle affettuose attenzioni della splendida Doretta , dalle ingenue provocazioni delle compagne di questa nel collegio ove lui continuava a recarsi da tanti anni, dalle compagne di scuola che all’inizio lo circondavano di attenzioni interessate ma poi lo snobbavano per colpa della timidezza che lo isolava sempre più dalle compagnie femminili.. Inoltre lui aveva sempre avuto un complesso per l’enorme verga che si ritrovava, già da quando era bambino soffriva questa anormalità rispetto a certi suoi coetanei che, in qualche occasione aveva scoperto. Non capiva ancora, invece, la fortuna che in futuro tale anomalia gli avrebbe procurata con le donne.Aveva scoperto la masturbazione che praticava più volte al giorno nel chiuso del bagno, l’unico posto dove gli fosse assicurata una certa intimità, ne aveva una necessità a volte impellente, l’unico modo per allontanare il pericolo di essere scoperto con quella enorme bozza che premeva nei pantaloni e della quale si vergognava. La sua esagerata timidezza non gli consentiva di cogliere le occasioni che pur gli capitavano con tutte quelle ragazze che l’adoravano.Non riusciva ad approfittare quando Rosetta ormai donna sempre ingenua e un po’ scemotta inconsapevole del turbamento del ragazzo, se lo stringeva al prosperoso petto facendogli repentinamente ingrossare la bestia nei pantaloni. Allora lui, appena poteva, si ritirava nel gabinetto per sfogare il desiderio impellente fantasticando di attaccarsi a quelle tette favolose succhiandone i capezzoli che sembravano nespole matura. Lui li aveva intravisti quando una sera entrò in bagno sorprendendo Rosetta inchinata sul lavabo intenta a detergere le prosperose mammelle che penzolavano.Non osava ad approfittare quando Giulia, ormai ventenne, sbaciucchiava e stringeva al suo corpo slanciato e pieno il ragazzo facendogli il solito complimento: ” Ma come sei bello, Angioletto mio! Chissà quante ragazzine farai impazzire?” Giulia era bellissima ora, aveva una carnagione dorata, abbronzata, lunghi capelli castani con riflessi rossicci e profondi occhi neri. Aveva un corpo da mozzare il fiato, con un petto colmo e rotondo, la vita sottile, fianchi rigogliosi e lunghe gambe affusolate. Anche Giulia era un motivo frequente per le solitarie masturbazioni nel chiuso del bagno. Lui conosceva tutto del bel corpo della bella ragazza, l’aveva ammirato di nascosto una sera, eccitandosi da sentirsi male, dal buio del corridoio, attraverso uno spiraglio della porta della camera da letto. Giulia era seduta sul letto, tutta nuda appena rientrata dal bagno dopo aver fatto la doccia. Era di fronte, i seni erano tondi e maturi, non grossi come quelli di Rosetta, ma duri, aveva appoggiato sul bordo del letto un piede di cui ne curava le unghia. Era perfetta la visuale delle cosce allargate e della fessura in mezzo in piena evidenza, era la prima volta che Angelo ne vedeva una. Quella visione paradisiaca tante volte solo immaginata ora gli si presentava in tutta la sua eccitante bellezza.La vulva di Giulia si presentava umida e tutta rosea con intorno una peluria rossiccia, più folta all’altezza del pube. Ciò che lo eccitò repentinamente fu la vista di quel solco ovale aperto, circondato dalle labbra leggermente sporgenti che si spandevano ai lati simili ad ali di farfalle, andando poi a chiudersi in alto a forma di triangolo allungato. Subito immaginò quel buco occupato da un membro pulsante che a lui piaceva immaginare essere il suo. Quella visione sconvolgente gli rimase nella mente per un lungo periodo. Giulia aveva già avuto diverse esperienze sessuali, era solita raccontare divertita i suoi amori, alla ingenua e strabiliata Rosetta facendola eccitare con i racconti piccanti, suggerendole di toccarsi se voleva provare il piacere che provava lei.Rosetta nella sua semplicità non provava vergogna a farlo anche in presenza di Giulia stessa quando questa la provocava. Viola, la madre, sempre bella nelle sue forme conturbanti, era divenuta anche lei causa scatenante delle masturbazioni del figlio, in quanto vivendo in un’‘unica stanza, a volte esponeva senza volere, alla vista del ragazzo le forme che facilmente lo eccitavano. Le forme di Viola non erano cose che potessero passare inosservate agli occhi di un adolescente con il chiodo fisso alle attrattive di qualsiasi donna. .Il ragazzo poi si vergognava e si pentiva dei pensieri lussuriosi nei confronti della madre.La madre si accorse dei turbamenti del figlio, ne aveva l’età ormai! Non le sfuggirono gli sguardi furtivi che a volte lui rivolgeva alle parti appariscenti del suo corpo, e si accorse come lo attraessero le eccitanti forme delle ragazze di casa che lo coccolavano lo stringevano e lo sbaciucchiavano come un bambino. Lo facevano senza malizia, lui era talmente bello! Non pensò di mettere in guardia Giulia e Rosetta, donne ormai. Ma per quanto riguardò lei corse ai ripari evitando qualsiasi atteggiamento in presenza del figlio che avesse potuto eccitarlo, ma rimase lei stessa sconcertata dall’eccitazione che le montò, quando un giorno rientrando da fuori scoprì il figlio che, pensando di essere solo in casa, era sdraiato sul letto con i pantaloni arrotolati sulle ginocchia ed il membro spaventosamente eretto che lui sbatteva energicamente.Viola vide, senza essere vista, quella protuberanza enorme e non avrebbe mai immaginato che quell’appendice, già tempo addietro per lei ragione di meraviglia, ora cosi prepotentemente tesa e voluminosa fosse fonte di un insolito un languore che immediatamente le aveva inumidito le parti intime e le stava facendo perdere l’equilibrio. Ma quello era il suo bambino! Non avrebbe dovuto farsi venire certe idee lascive, ma ciò non le impedì più tardi, quando fu sola di sfogare la sua voglia repressa di essere posseduta, da un membro così formidabile, nemmeno quello di Giacomo aveva quella dimensione. Indubbiamente quel fenomeno fra le gambe del figlio avrebbe fatto venire l’acquolina in bocca a qualsiasi donna. I continui sfoghi solitari di Angelo erano quindi dedicati a tutte quelle donne di casa, ma le fantasie più conturbanti, dolorose in un certo senso e di cui segretamente si vergognava erano rivolte alla cugina Dora che era bellissima, la più bella di tutte con quei modi, oltretutto, di fatina buona.Dora non era più la ragazzina ossuta degli anni passati. Il ragazzo ne aveva notato la finezza delle gambe, che aveva intravisto di sfuggita, la delicatezza e la bellezza del viso accentuata dagli splenditi occhi blu, sempre pronti a sorridere e pieni di bontà, il seno che sbocciava e premeva sotto i vestiti attillati intorno allo stretto vitino, la bocca perfetta con due labbra carnose rosse.Angelo andava a farle visita regolarmente in collegio anche da solo. Ammirava quel fiore di ragazza e non aveva il coraggio di guardarla negli occhi volgendo lo sguardo per paura che scoprisse i suoi pensieri, i brividi sottili che lo attraversavano dalla testa ai piedi, il segreto amore che lui ormai nutriva per quella bellezza unica per la quale avrebbe data la vita, ormai.Lui non immaginava, nemmeno lontanamente quali fossero invece i turbamenti che la ragazza provava per lui, del quale anche lei era sempre stata innamorata, con l’ingenuità infantile prima, con i pensieri romantici da adolescente, con lo sconvolgente desiderio che ora a 16 anni provava che riusciva a calmare toccandosi impudicamente, fra le cosce premendo sulla natura infuocata, intorno al sensibile clitoride e sognava mentre godeva certe sere, nel proprio letto nel silenzio della camerata, di essere fra le braccia del suo Angelo, di essere penetrata da questi. Immaginava soltanto la forma di un pene, come ne aveva sentito la descrizione dalle compagne più informate.Nel buio di quella camerata era certo che non poche ragazze provassero e sfogassero gli stessi istinti di Doretta e per alcune era probabile per lo stesso soggetto. Angelo non era passato inosservato in tutti quegli anni in quel collegio ove era ambito da non poche altre fanciulle di qualsiasi età. Difatti quando giungeva nel collegio si verificava un fermento insolito, fra tutte quelle orfane di guerra, alcune più timide di nascosto sbirciavano, altre più sfacciate gli sorridevano languidamente, altre più smaliziate facevano a gara per assicurarsi l’amicizia più intima di Dora per avere poi la possibilità, di farsi trovare in sua compagnia quanto il cugino giungeva. Tutte si agghindavano meglio che potessero, rischiando le ire e gli improperi antivanità delle suore. Ne valeva la pena per poter far colpo sull’incantevole ragazzo la cui perenne timidezza era una iattura per lui.Doretta sempre stata di carattere socievole e buona, pur infastidita non osava allontanare quelle più sfacciate e non riusciva a stare completamente solo con lui per poter fargli capire in qualche modo i propri sentimenti, allora non poteva fare altro che bearsi della presenza del bellissimo cugino, mangiarselo con gli occhi e si doveva accontentare di qualche suo timido sguardo quando questi riusciva fissarla negli occhi.Il tempo volava sempre in compagnia di Dora e le sue compagne e quando il ragazzo rientrava a casa si rifugiava in bagno finche non sfogava il pensiero di lei, il pensiero di come potesse essere fatta, l’immagine del suo seno, del suo pube.Così passò un altro anno quando Dora, dopo il ciclo di 4 anni si era diplomata maestra e lasciò il collegio per rientrare in paese. Angelo, per conseguire il diploma di ragioniere, doveva frequentare un anno scolastico in più durante il quale non vide la sua cugina Dora, la quale gli scriveva regolarmente, raccontandogli i progressi della fattoria in seguito alle iniziative di Tonio, gli insegnamenti che dava privatamente ai bambini della campagna intorno, agli adulti ancora analfabeti. Non esprimeva esplicitamente nelle sue lettere la segreta passione che continuava a provare per il cugino ora lontano , ma aveva il coraggio di confessargli che non vedeva l’ora di vederlo la prossima estate, che lei aveva cura del rifugio segreto come sempre ed aspettava per andarci insieme e raccontarsi tante cose come facevano da bambini..Angelo era ansioso di leggere le lettere della cugina, nelle proprie risposte riusciva a superare la timidezza, confessandole che anche lui non vedeva l’ora di vederla,: “mancano ahime! sei mesi, per poter constatare quanto sei diventata ancora più bella!” scrisse nell’ultima lettera che fece balzare il cuore di Doretta quando la lesse. Le, donne, le ragazze, però continuavano ad ossessionarlo e lui continuava a desiderarle tutte, a volte Angelo ne aveva tanta voglia da provarne una sofferenza fisica. L’inguine gli faceva così male che quasi non riusciva a reggersi in piedi. Doveva masturbarsi e non gli bastava una sola volta, spesso lo faceva a ripetizione, ed ogni volta pensava a tutte le sue donne che lui sognava di portarsi a letto, e imprecava e malediceva il suo destino, la sua timidezza. Il sesso ormai era il suo pensiero dominante, e non aveva ancora provato una ragazza, una donna e non poteva nemmeno recarsi in una casa di tolleranza, perché gli mancava solo un mese per i 18 anni ed aspettava quel momento per avere il coraggio di sfogarsi finalmente in una donna.La fortuna volse a suo favore per una sfortunata concomitanza di avvenimenti familiari.Tommaso, lo zio della madre era stato ricoverato in ospedale a Sulmona per un serio malore e Viola dovette partire per il paese dove si sarebbe trattenuta per un paio di giorni. La signora Venditti a sua volta dovette recarsi nello stesso giorno al loro proprio paese nella provincia Romana, insieme a Rosetta, per partecipare all’indomani ai funerali di una vecchia loro unica zia.Giulia era al lavoro presso il Ministero degli interni, dove il padre un importante diplomatico l’aveva fatta assumere ed ora anche lui era all’estero per ragioni del suo ufficio.Angelo era rimasto padrone assoluto della casa, quando rientrò da scuola, si annoiava tutto solo e non aveva gran voglia di studiare ma come al solito gli sovvenne il pensiero di Dora con quegli occhi splendidi, le forme deliziose quelle labbra che aveva tante volte immaginato di baciare ed ecco, come al solito, il suo membro inesorabilmente assunse un’erezione dolorosa che lui doveva necessariamente calmare.Era solo, quindi non aveva bisogno di precauzioni ma si appartò nel bagno, abbassò i pantaloni e si accinse a manovrare il membro teso, che ai suoi occhi appariva ancora una anormale protuberanza di cui continuava a vergognarsi segretamente.Ecco che come un fantasma vide entrare Giulia! Era uscita così presto dal lavoro?”Sono inopportuna?” sussurrò sgranando gli occhi nel fissare quel mostruoso pene, mai visto fino ad ora. Angelo rimase paralizzato, con un braccio appoggiato al lavabo mentre l’altra mano ora immobile reggeva il membro che così rigido non aveva bisogno di sostegno.Giulia si avvicinò ed appoggiandosi sulla spalla aveva abbassato una mano, gli scostò la sua e tentò di stringere in una piacevole morsa quel palo. La mano vellutata non riusciva ad impugnarne tutta la circonferenza.Il ragazzo era sbalordito, non riusciva a profferire una sillaba. Giulia gli sussurrò nell’orecchio:”Dimmi Angioletto mio, stavi facendo questo?” Iniziando a muovere la mano su e giù.Il ragazzo non trovava una parola, cercava solo di respirare normalmente, ma non ci riusciva, perché i colpi di quella mano decisi e dolorosi gli procuravano un respiro affannoso.Il piacere stava giungendo al culmine e il ragazzo dovette appoggiarsi con le due mani sul lavabo mentre gli sfuggiva un lungo lamento che cercò di soffocare. Senti gli schizzi di sperma fuoriuscire a fiotti intermittenti, imbrattando la mano di Giulia che disse:”Maialino, era tutto qui quello che volevi? Angioletto mio, qui hai un vero mostro ed io non ne sapevo niente!”Poi apri il rubinetto del lavabo, lavò la mano, gli diede un bacio furtivo sul collo e con voce suadente carica di desiderio lo invitò:”Seguimi malandrino!” Gli afferrò una mano trascinandoselo dietro, verso la camera da letto.Angelo la seguiva come un automa, con i pantaloni abbassati a metà cosce, retti dall’altra mano, con il cuore che sembrava sbalzargli fuori dal petto.Giunti a destinazione, Giulia si spogliò in un baleno, completamente nuda si sdraiò sul letto, con la testa sollevata sul cuscino, piegò le gambe verso l’alto allargando le ginocchia.Il ragazzo rivedeva quello splendido corpo, decisamente più maturo ed eccitante della prima volta, un paio d’anni prima, ammirò la fessura fra le gambe, palpitante, rosea, umida, tutta aperta. Lei con tono perentorio: “Spogliati! “Lui si denudò completamente, senza lasciare lo sguardo incantato dalla fessura sotto quello divertito e voglioso di lei.Poi lo invitò con un cenno ad avvicinarsi in fondo al letto. Il ragazzo tremante dall’emozione si inginocchiò, avvicinò la testa fra le gambe così vicino al pube che gli bastava avanzare di poco per toccarlo con la bocca.La stanza era illuminata a giorno per il sole che penetrava dalla finestra, cosicché Angelo potette scorgere la morbide pelle vellutata nell’incavo delle cosce, i rossicci peli radi attorno alla vulva, tutto il complicato marchingegno di quell’ apparato che lo aveva fatto sognare e godere in solitudine centinaia e centinaia di volte. Nessuna emozione fu così profonda come quella di osservare la natura di Giulia, notando un percettibile movimento di chiusura ed apertura e sembrava respirare di proprio. Un impulso istintivo, un coraggio temerario gli fece insinuare il dito nel buco umido. Penetrò fino in fondo, incoraggiato dai lamenti della ragazza che non potevano essere che di piacere, ma Giulia desiderava qualcosa di più! Gli afferrò la mano e la condusse la, sul punto dove il piacere era più accentuato, accompagnandogli le dita su una piccola perlina rosea. Il ragazzo capì che quello era il clitoride e si accorse subito quanto fosse sensibile. Cominciò a toccarlo lievemente ma lei gli spinse la mano mormorando con un leggero ansito, implorando :”Spingi di più, ti prego!”Il respiro di lei ora era quasi affannoso mentre portava la sua mano libera al seno stuzzicandosi un capezzolo.Angelo, sembrava più deciso ora, si rialzò senza abbandonare la mano fra le cosce che lei stessa ora guidava, si affiancò sdraiandosi di lato, allungò la testa posando le labbra umide sul capezzolo eretto che lei non si stava più toccando e lui imparò subito ad afferrarlo con le labbra unite cercando di succhiarlo. Stava realizzando quello che per lui era stato sempre un sogno. Sentì fra le sue dita le contrazioni della vulva sempre più veloci fino a constatarne una lunga accompagnata da un lamento ancora più prolungato di godimento finale. Rimasero sdraiati un po’ uno affianco all’altra sullo stretto lettino, lei per prima ruppe il silenzio, mentre con la mano più vicina afferrò il membro di nuovo a testa alta:”Angioletto mio, non avrei mai immaginato che avessi un batacchio simile! Scommetto che non l’hai mai infilato in una donna, vero?””Non l’ho mai fatto. ” Rispose impercettibilmente rammaricato.”Allora è la volta buona ! Pensa se l’avessi saputo prima quante seghe ti avrei fatto risparmiare! ” proseguì ridendo.Angelo finalmente ebbe il coraggio di proferire qualche parola in più:”Si non ho mai avuto il coraggio di farmi avanti con qualcuna.. sai anche tu mi hai fatto sognare tanto, specialmente quando ti ho vista una sera, due anni fa,… mentre ti curavi le unghie, eri tutta nuda. Mi sembrava di impazzire dalla voglia! “” Davvero?… e ti sei fatto tante seghe per me tutto questo tempo? Non dirmi solo per me… io credevo che in qualche modo te la intendessi un po’ con Doretta… mi sono accorta sai, come te la mangiavi con gli occhi qualche tempo fa ed anche lei a quanto pareva! Possibile che durante le estate che avete trascorso insieme non sei riuscito a farci proprio niente?”” No non ho mai avuto il coraggio con nessuna di farmi avanti, soprattutto con Doretta, lei mi sembra così fragile, delicata. Anche tu mi sei sempre apparsa tanto grande..così distante da me.. mi trattavi sempre come un bambino!””Si è vero.. io, Rosetta..ti abbiamo sempre coccolato come un bambino senza renderci conto di come crescevi. Ma dimmi ti ha eccitato anche Rosetta allora! “”Si, anche con lei con quelle tette! E…..” Stava per dire anche mia madre, ma si fermò in tempo…Proseguendo: “Poi devo confessarti una cosa, Giulia, io ho sempre avuto paura di farmi vedere da una ragazza per la mia diversità con gli altri””Sciocchino… tu non sai a quante donne fa venire l’acquolina in bocca una bestia simile… uhmmm se lo avessi saputo prima! Adesso vieni qui, non perdiamo altro tempo!” Così dicendo si rialzò per ammirare di nuovo il fenomeno e prosegui:”Oggi sei anche fortunato, puoi mettermelo dentro e starci fin che vuoi non c’è alcun pericolo in questo periodo”Angelo era ansioso di farlo. Finalmente una femmina!…e che femmina! Cercava di mascherare l’ansia che aveva ma Giulia capì ed allora si sdraiò di nuovo, allargò le gambe e con voce sensuale, roca:”Vieni… Angioletto”Lui emozionato, trepidante si inginocchiò fra le sue cosce, lei afferrò il bastone e lo tirò verso l’imboccatura.Il primo contatto in quell’umido tepore fu una sensazione unica esaltante ed affondò inesorabilmente in quel condotto già ben lubrificato, mentre lei emetteva un lamento profondo, sospirando:”Ohhhh.. nessuno mi ha mai riempita così tanto!!!”Era una esperienza fantastica per Angelo. Invece della solita mano intorno aveva trovato un rifugio morbido, caldo che sussultava e gli stringeva il pene. Non riusciva a credere a se stesso. Non era un sogno! Stava andando su e giù in una fica meravigliosa, aveva acquistato una certa cadenza.Giulia lo pregò: “Fai piano, ti prego è così grosso!.. Non temere puoi venirmi dentro… ma non subito….. ohhhh…. adesso più forte….. siii…..… più forteee…. ohh….daiii Angioletto mio… Oddioo…… sto godendo…… non uscire!! ti prego.. rimani dentro… ohhh… Angioletto mio…. è incredibileeee!”Angelo non aveva ancora goduto e proseguì con cadenza costante e veloce ed i gemiti e le grida di Giulia erano continui.. e lui scoppiò il suo primo orgasmo in quella femmina fantastica… ma non si fermò.. l’erezione non scemava.. e continuò a martellare.. ancora a lungo con un ritmo da forsennato, mentre lei gemeva, gridava, scuoteva la testa… e lui si fermò sfinito solo dopo un altro copioso orgasmo.Giulia aveva le braccia aperte, completamente abbandonata, sfinita con gli occhi fuori dalle orbite.Lui abbandonato su quel meraviglioso corpo con il membro ancora affondato nella natura che ancora gli pulsava intorno.Giulia riuscì a pronunciare:” Angioletto mio! E’ stato magnifico averti tutto dentro non ho mai provato un piacere simile. Tu sei fantastico!!”Angelo si rendeva conto solo ora che le dimensioni del suo pene, che erano state fonte di segreta vergogna per lui, in quel momento erano di colpo diventate motivo di trionfo.
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