Lo sapeva che sarebbe stato pericoloso, poteva cambiarle la vita una decisione così, ma oramai era pronta a tutto. S’incamminò a passo deciso verso la limousine chiamata per lei e si sedette sulla morbida pelle beige. Mentre silenziosamente la macchina si avviava, ripensò agli eventi che l’avevano condotta a quella scelta.Qualche mese prima, per scherzo, aveva deciso di frequentare un club privato, un po’ per l’eccitazione, un po’ per la novità. Seduta al tavolo rimase colpita da un uomo atletico, abbronzato, dai capelli neri che manifestava sicurezza e che tutti trattavano con deferenza. Quando un cameriere le portò un messaggio, si stupì che lui l’avesse invitata in un ambiente separato con luci soffuse, un gran divano e musica soft. La fece accomodare, le versò champagne ed iniziò una sottile seduzione che lei accettò volentieri. Quando l’atmosfera si fece più intima, senza fretta lui le chiese di svestirsi e lei, stranamente, trovò normale tutto questo. Con delicatezza sfilò la camicetta, il delizioso reggiseno nero di pizzo, la gonna. Ebbe un attimo di esitazione quando si trovò di fronte a lui con le sole autoreggenti e un tanga microscopico nero. Lui restava tranquillamente seduto ammirando l’eleganza di quella venticinquenne mora, slanciata, dai capelli castano chiari che si stava spogliando. Un po’ imbarazzata lei non sapeva più che fare, ma lui la invitò con gesto ad avvicinarsi. Fattala girare, le sfiorò le cosce e le natiche e le chiese di piegarsi in avanti appoggiandosi al tavolo con il busto. Sentì il freddo del marmo sui capezzoli e questo li fece irrigidire, mentre lui iniziò una sapiente esplorazione nel solco coperto dal filo del tanga. Passava leggere le dita, alternando piccoli baci e avvicinandosi sempre più alla vulva che iniziava a inumidirsi sotto l’effetto dell’eccitazione. Era di una lentezza esasperante, sfiorava e fuggiva, ma ogni tocco era una scarica per Anna, che si muoveva ansimando per il piacere. Lui non aveva fretta, avrebbe imparato a conoscerlo, e assaporava ogni istante di quella visione. Il tanga non copriva nulla e gli umori di lei erano ben visibili mentre iniziava a formarsi un piccolo rivolo denso che scivolava lungo le cosce, Lui si chinò ad assaporare il frutto dell’eccitazione con la lingua che sfiorava la pelle sensibilissima e scostò il minuscolo tanga; le chiese di girarsi e rimanere in piedi di fronte a lui, immobile a gambe aperte. Anna sentiva una tensione terribile che la faceva fremere, ma, senza dire una parola, si girò guardandolo negli occhi. Marco (questo era il suo nome) l’aiutò a sfilare il tanga ormai bagnato e avvicinò il viso al pube di lei, che sempre a gambe aperte, sentiva mancare il respiro e non riusciva quasi più a trattenersi. Con delicati colpi di lingua divaricò le grandi labbra e s’insinuò fra le piccole, senza dimenticare di titillare il clitoride con leggeri soffi e sfioramenti di lingua. A Anna sembrava che il mondo girasse e che l’universo dipendesse solo dalla sua vagina e dal suo clitoride, mentre i capezzoli svettavano eccitati. La lingua s’insinuava sempre più profondamente e seguiva il solco che porta all’ano, che lui non smetteva di sfiorare con un dito, tentando un’introduzione che fermava sempre alla prima resistenza. Leccava alternando furia a dolcezza, sfiorava, giocava, titillava con maestria infinita. La portò più volte al limite per decrescere il ritmo e la voglia, ma riprendeva dopo un attimo lasciandola sempre tesa e bagnatissima. Sfiorava e suggeva, succhiava il clitoride senza pietà, sconvolgendola, costringendola a movimenti involontari con il bacino alla ricerca di qualcosa di grosso, di duro che la penetrasse fino alla morte, facendola sanguinare e morire di piacere e dolore. Cercò di infilarsi due dita nella fessura, ma lui le allontanò, senza però sostituirle con qualcosa di suo. Era impazzita, si muoveva senza ritegno, era pronta a tutto per il suo fallo, che immaginava potente e grosso. Avrebbe dato qualsiasi cosa per godere, per sentire gi spasmi liberatori della vagina che si contraeva e rilasciava ritmicamente senza controllo, a lungo. Voleva poter assaporare il languore che deriva dall’orgasmo, ma lo voleva subito, adesso. Mentre Anna, dopo l’ultimo assalto, si preparava a godere di colpo Marco si fermò, mentre lei era paurosamente vicina all’orgasmo. Rimase ansimante e tremante con le sole autoreggenti, di fronte a Marco, desiderando che lui morisse per quello che le aveva sottratto all’ultimo momento, Si sentiva ridicola, offesa e derubata di un orgasmo che era suo, doveva averlo. Con un lampo negli occhi si chinò a cosce aperte di fronte a lui e cercò affannosamente la cerniera dei pantaloni. Estrasse un membro grosso, pulsante già eretto, accarezzandolo delicatamente con la mano. Se lo passò sul collo, sulla fronte, lo vellicò con la lingua, aspirandone il profumo e godendo del contatto. Era punta era lucida ed una gocciolina di liquido dimostrava l’eccitazione dell’uomo. Lei lo afferrò per saggiarne la consistenza e quindi lo diresse verso la sua bocca spalancandola al massimo per accogliere quell’enormità. Si soffermò sul filetto e sul solco, lambendo con attenzione e cercando di cogliere dei segni di cedimento da parte di Marco. Leccò avidamente e fece scorrere la mano ora rude, ora delicata sul palo di carne mentre con la lingua seguiva tutto il membro fino all’attaccatura e proseguendo verso i testicoli gonfi e duri. Marco sembrava apprezzare quando lei si spingeva nella zona oltre i testicoli e verso l’ano e cercava di invogliarla a continuare con la lingua nel suo forellino, cosa che lei faceva al colmo dell’eccitazione, mentre con una mano si toccava la vulva oramai grondante. Quando le sembrò che lui fosse pronto a penetrarla si alzò e con lo sguardo lo invitò sul divano, non prima di essersi languidamente sdraiata con le cosce completamente divaricate. Si toccava e lo guardava, aspettando quel suo membro teso e lucido. Marco, con molta lentezza, si distese di fianco a lei e la penetrò, delicatamente, non spingendo fino in fondo. All’inizio a Anna andò benissimo, ma dopo poco desiderava essere posseduta completamente fino a gridare per la distensione della sua vagina dilatata. Lui invece inseriva solo di poco il membro e ritirava appena lei faceva i movimenti che l’avrebbero portato all’introduzione completa. L’eccitazione di Anna era nuovamente al massimo, perché lui non la voleva fino in fondo? Cercò in tutti i modi di spingersi contro di lui, ma niente da fare, Marco non entrava che pochi centimetri nella sua anima pulsante. D’improvviso sentì una scossa elettrica ed un orgasmo imprevisto ed improvviso la lasciò senza fiato, La sua vagina pulsava e stringeva ed il fallo parzialmente inserito non si muoveva di un millimetro, lasciandola sola nel momento del piacere. Provò degli spasmi feroci ma insieme la frustrazione di essere stata usata come un oggetto da quell’uomo che non partecipava alla sua gioia. Marco però non smetteva di andare avanti e indietro e Anna ebbe un nuovo violentissimo orgasmo, mentre lui la guardava sfigurarsi mentre si contraeva senza pace. La fece godere tre volte, prima di sfilare quel mostro enorme dalla sua finga paurosamente dilatata e dolente, un rivolo di sangue le usciva dalla vulva, ma lei sembrava anestetizzata. Lui, senza dire una parola, si alzò, si vestì e, deposto un biglietto sul tavolo sul quale aveva scarabocchiato qualcosa, uscì.La frustrazione di Anna era grande; non era riuscita a far godere quell’uomo e lui l’aveva usata come una puttana facendole fare cose che aveva solo sognato da piccola. Piangente, ora dolorante, raccolse i suoi vestiti si lavò nel bagno vicino. La rabbia, la cosa che dava più dolore era la rabbia. Non poteva fare nulla, non era riuscita a ingoiare il seme di quell’uomo e lei amava deglutire il frutto del suo lavoro. Quello schifoso, l’aveva usata e ora se ne era andato, senza parlare, senza darle nulla di suo. Improvvisamente ricordò il bigliettino. Furiosa lo raccolse e lesse quelle poche parole ed un numero di telefono. Fece per gettarlo, poi lo buttò in borsetta, aprì la porta e uscì.Questo succedeva tempo addietro, prima che lei razionalizzasse l’accaduto e si calmasse. Dopo due giorni da quella storia ricercò il bigliettino, rilesse infinite volte il messaggio e il numero, poi crollò.Le dissero di prepararsi per qualche giorno dopo e restare in attesa. Fu così che Anna iniziò la sua avventura.La macchina si diresse verso la periferia addentrandosi in una tenuta di notevoli dimensioni. Al termine della strada ghiaiosa una villa ottocentesca svettava fra i castagni, circondata da un meraviglioso prato. L’autista la accompagnò fino all’entrata, dove una cameriera l’accolse, dopo averle tolto la piccola valigia. Fu preceduta fino al primo piano e lasciata sola in una camera spaziosa finemente arredata. Sul letto erano adagiati degli abiti molto attillati ed elegantissimi. Un top nero corto ed una gonna lunga di identico colore con uno spacco laterale che giungeva in vita in modo da non coprire nulla quando aperto. Le scarpe, con tacchi a spillo altissimi, erano appoggiate al bordo del letto.Anna fece una doccia e si depilò completamente, così come le era stato richiesto. Indugiò a lungo intorno ai peli del pube eliminandoli con accuratezza, finché la pelle non fu liscia e setosa come quella di una bimba. Ammirò il suo lavoro nel lungo specchio del bagno arrossendo per la sua nudità resa ancora più evidente dalla mancanza di peli all’inguine. Quando si vestì notò con piacere che gli abiti aderivano perfettamente al suo corpo snello. Le era stato chiesto, ma in realtà ordinato, di non indossare mai biancheria intima, né calze. Infine, terminato quanto era nelle sue possibilità, si sedette ed aspettò.Dopo 20 minuti la cameriera bussò alla porta e la introdusse nella sala principale. Davanti al camino, seduto su una poltrona, c’era Marco che l’accolse con un sorriso. Insieme a lui altri due uomini. Fu fatta accomodare al centro del gruppo, in piedi. Marco si alzò e le sfilò il top mentre la cameriera provvedeva alla gonna. In pochi secondi fu nuda, al centro dell’attenzione. Gli uomini si erano avvicinati e toccavano Anna in tutto il corpo, provocandole piccoli brividi di piacere. Apprezzavano la freschezza della vulva introducendo piano le dita e costringendola a eseguire piccoli movimenti per assecondare la penetrazione. Si soffermavano sulle grandi labbra dischiudendole e palpandole. La fecero inginocchiare e, a turno, le offrirono i loro membri eretti perché li leccasse. Anna imboccava alternativamente un uomo mentre masturbava l’altro con la mano e la sua tensione cresceva durante il rapporto. Quando furono pronti Marco fece un cenno alla cameriera che fece alzare Anna e la sospinse verso un grande divano al bordo della sala. Marco si sdraiò mentre Anna continuava a leccarlo fino a spingere il suo membro in fondo alla gola e lambire i peli. Le venivano le lacrime agli occhi dallo sforzo di ingoiare quell’enorme fallo, anche perché gli altri due invitati si erano posti ai lati del divano e le strizzavano i capezzoli, alternando la stretta alle carezze. Era al centro di un triangolo nel quale ogni uomo aveva il membro impegnato da Anna che, con le mani e con la bocca, cercava di far godere contemporaneamente tutti. Mentre masturbava e leccava, la sua vagina continuava ad emettere umori e si sentiva eccitata, avrebbe voluto avere una mano libera per sfregarsi il clitoride ingrossato e sensibile, ma gli uomini la tenevano impegnata senza avvicinarsi alla fonte del suo piacere. Faceva godere gli altri, ma non le era permesso toccarsi per partecipare alla frenesia comune. L’unica eccezione veniva dalla introduzione progressiva di dita nella sua cavità posteriore. Non aveva mai amato particolarmente l’introduzione di oggetti nell’ano e la faceva sentire in difficoltà avere un dito che la esplorava dietro anziché davanti. Questo gioco andò avanti per parecchio tempo, finché Marco si alzò in piena erezione e si diresse verso un mobile dal quale estrasse numerosi vibratori di varie fogge e dimensioni. Dopo avere oliato il vibratore più grosso, delle dimensioni di un polso di donna, lo avvicinò alla sua fessura rovente, iniziando una lenta penetrazione che portava il vibratore acceso sempre più in profondità. Un invitato non dimenticava di stimolarle il clitoride mentre il secondo leccava la sua vulva ed il suo posteriore. Marco stimolava i capezzoli e sadicamente introduceva senza pietà l’arnese che vibrava violentemente. Anna si sentiva squartata da questa operazione, anche se l’eccitazione era così violenta da farle dimenticare il dolore. Mentre si abituava gradatamente al corpo estraneo che le frugava all’interno, sentì appoggiare sul dietro un altro vibratore di dimensioni inferiori ma egualmente grosso. Non era mai stata penetrata da due uomini e tanto meno da due oggetti. Si dovette rassegnare anche al secondo oggetto, delle dimensioni di una banana. Era penetrata da tutte le parti, quando cercava di emettere una smorfia o un suono, la sua bocca veniva riempita con un membro che doveva succhiare senza indugio. Queste manovre non facevano che aumentare il suo stato di eccitazione, oramai parossistico. Vagina e cervello erano la stessa cosa, i capezzoli bruciavano e dolevano, ma ad ogni sfioramento emanavano sensazioni deliziose, il clitoride era paurosamente ingrandito e pareva un piccolo fallo proteso all’esterno delle labbra. Una simile situazione non poteva continuare a lungo e, infatti, i primi segnali dell’orgasmo la colsero violenti. La contrazione delle pareti vaginali era quasi impossibile intorno a quel tubo vibrante e l’ano si contraeva spasmodicamente ad ogni pulsazione orgasmica. Anna era squassata da contrazioni muscolari violente e non controllabili, dolorose e piacevoli, senza fine. Gli uomini intanto si masturbavano sul suo viso contratto dal piacere e dal dolore. I due invitati le schizzarono addosso contemporaneamente, affogandola in un mare di liquido seminale, che lei cercava di lambire al colmo del piacere. Riuscì a raccogliere in bocca qualche goccia prima di provare delle contrazioni vaginali come mai prima. E come mai prima, insieme alla violenza del secondo orgasmo emise degli schizzi di urina contro la sua volontà. Era così eccitata che non riuscì nemmeno a vergognarsi per il suo gesto e continuava a cercare i membri maschili da succhiare..Marco aumentò la vibrazione di entrambi gli apparecchi scatenando una corrente elettrica nel corpo di Anna che oramai era impazzita dal piacere, venne ancora una volta e questo fu l’ultimo atto perché al culmine del piacere svenne.Si risvegliò con una piacevole sensazione e vide che Marco, giratala, la possedeva da dietro in vagina, Dilatata, lubrificata a dismisura non sentiva più le stesse sensazioni violente di prima e allora si concentrò sulla contrazione volontaria dei muscoli interni. Il membro di Marco era enorme ma, complice il vibratore, penetrava senza sforzo in fondo alla vagina, traendone ancora gradevoli sensazioni. Anna strinse ed allentò più volte i muscoli, finché sentì Marco ansimare violentemente ed uno spruzzo violento di liquido non la inondò. Quando ebbe finito di emettere il suo succo, Anna si sfilò il suo fallo e glielo prese in bocca lappandolo avidamente mentre lo guardava negli occhi. Gli uomini erano tutti soddisfatti oramai e sedevano sulle sedie di fianco al divano. Anna venne fatta alzare e portata sotto la doccia e quindi nella sua camera.III capitoloPassò la notte in un dormiveglia agitato e ricco di fantasie erotiche. Stranamente l’intensa attività non aveva ridotto la sua immaginazione sessuale. Al mattino si recò in bagno, riempì la vasca idromassaggio e si sdraiò, completamente rilassata. Le bolle di acqua le lambivano i fianchi e le cosce e i getti le pizzicavano la pelle; si assestò meglio e involontariamente si diresse il flusso d’acqua verso la vulva. Con grande piacere scoprì che la violenza dell’acqua allargava le sue grandi labbra penetrando fra le piccole; allargò ancora le cosce con un gemito di soddisfazione e lasciò scorrere così meglio l’acqua verso la sua intimità. L’alternanza della pressione faceva sì che il getto fosse sempre differente e mai nell’identico punto creando un effetto delizioso di massaggio su zone sensibili e scoperte. Si lasciò andare sempre di più al languore allungando le mani per infilare un dito nella vagina fresca e stimolata, gemendo con maggiore intensità. Al primo dito ne seguì un secondo e quindi un terzo, mentre l’altra mano seguiva il solco delle natiche per sfiorare il grazioso forellino posteriore. Si trovò dopo qualche minuto con quattro dita in vagina e due nell’ano. Lo sciabordio dell’acqua e la sua dolce carezza la facevano muovere in continuazione per cercare la migliore posizione del getto che lei voleva si dirigesse subito di fianco al clitoride. Aveva anche imparato a stimolarsi in una zona particolare della vagina che la faceva letteralmente saltare. Così fra il getto dell’idromassaggio, le dita avanti e dietro e la particolare stimolazione, si godette un orgasmo dolcissimo e infinito. Sapeva di aver trasgredito ad una delle regole della casa che le erano state spiegate prima del suo arrivo e che, circa, sentenziavano così:1) nessun indumento intimo2) depilazione totale 3) pulizia assoluta4) nessuna pratica sessuale non richiesta dagli ospiti della casa ma consentita solo con il personale domestico5) parlare solo quando interrogataLe dissero anche che, con il permanere in villa, alcune restrizioni sarebbero diventate più ferree. Anna aveva capito queste semplici direttive e vi si era subito adeguata senza problemi; tuttavia non era abituata a frenare i suoi istinti né pensava che questa fosse una grave infrazione. Ben altre erano le cose brutte della vita…Si asciugò quindi completamente e ammirò ancora una volta il suo corpo meraviglioso, girando più volte su sé stessa davanti allo specchio. Soddisfatta, aprì l’armadio e trovò una minigonna rossa cortissima ed una camicetta con un solo bottone a serrare il suo seno prorompente.Infilò gli indumenti e calzò le scarpe a tacco alto in tinta con la gonna. Pronta per la colazione, discese le lunghe scale per recarsi in sala da pranzo. Al suo arrivo trovò un signore distinto vestito di grigio che la squadrò intensamente. Salutando il commensale si sedette al tavolo in attesa della cameriera. L’uomo la fissava intensamente quasi a scoprire qualche punto debole, lei rimase in silenzio con una sensazione di fastidio e consumò la sua breve colazione. Fece per alzarsi ma l’uomo, per la prima volta parlò inchiodandola alla sedia: ” ferma dove sei “. Anna trasalì per il tono della voce e perché non si aspettava di essere ripresa. L’uomo si alzò, le passò dietro al sedia e, infilandole le mani nella minuscola camicetta strinse brutalmente i capezzoli rosei e delicati facendola urlare. Si divertiva a vederla soffrire e intensificava gradatamente la stretta delle dita, rilasciando per poi stringere ancora, con cattiveria. Anna lo interrogò con lo sguardo, per capire il motivo di questa punizione. Prima che potesse realizzare il motivo, l’uomo le disse “ora alzati e vieni vicino al camino”. Lei obbedì prontamente cercando di placare quello scatto d’ira ai suoi occhi immotivato. Giunta al camino le fece alzare le braccia, in modo che la gonna scoprisse la vulva. Immobile lei lo vide girare intorno e scrutare le sue pieghe femminili, quindi, prese una piccola chiave dalla tasca, aprì l’armadio dei vibratori. In breve tornò con due minuscole mollette. Le fece riabbassare le braccia e strappò l’unico bottone della camicetta. Mentre sadicamente tastava il seno soffermandosi sui capezzoli le chiese se fosse a conoscenza del motivo per cui si trovava in quella situazione. Anna rispose di no ed un ceffone colpì il suo seno destro già martoriato. Stringendo i denti, con le lacrime che iniziavano ad affiorare, ascoltò la violazione commessa relativa alla masturbazione nella vasca idromassaggio. Si domandò come potessero sapere di una sua pratica tanto intima ma non ebbe il tempo di razionalizzare la domanda perché le venne applicata una pinzetta al capezzolo destro, già colpito in precedenza. Di per sé le pinzette non erano molto fastidiose, assomigliavano molto a quelle che i fioristi applicano alle confezioni di fiori per fissare il biglietto di accompagnamento. Creavano sì una pressione ma non era quello il problema; qualcuno si era divertito a scavare dei solchi nel punto di unione delle due barrette in modo da creare dei dentini seghettati che incidevano la cute delicatissima. Se al primo momento il dolore fu causato dalla applicazione dei piccoli arnesi, in seguito subentrò un dolore sordo, continuo che peggiorò quando anche l’altro capezzolo subì le stesse attenzioni. Anna era sul punto di svenire, voleva chiedere perdono per la mancanza, sperando che questo sminuisse la sua colpa e riducesse l’entità della tortura. Le lacrime scendevano copiose e lei non riusciva a trattenerle. L’uomo la fissava e cercava qualche suo segno di cedimento che si poteva peraltro intuire dagli occhi imploranti. Quando Anna riuscì a riprendersi cercò di scusarsi piangente e tremante per il dolore. Così facendo però contravvenne ad un altra regola della casa. L’uomo, che aveva ascoltato i singhiozzi della ragazza con un sorriso beffardo, estrasse due pendenti dalla tasca dei pantaloni. Erano due sottili catenelle di cinque centimetri di lunghezza e terminavano con un monile d’argento massiccio. Godendo, lo sconosciuto applicò le catenelle a piccoli fori previsti alla base delle mollette. In questo modo alla pressione si aggiungeva anche il peso dei ciondoli. Guardandola in viso disse: ” le pinzette ti ricorderanno la prima violazione ed i pesi la seconda. Non togliere nulla fino all’ora di pranzo”. Detto ciò la penetrò con un dito, spingendo con cattiveria fino in fondo alla vagina. Contento per la sua opera la lasciò in piedi in centro alla stanza e se ne andò.Anna si ricompose tolse la camicetta non senza difficoltà e si avviò verso la sua stanza a passo infermo. Mentre saliva le scale incontro un altro ospite della casa che, incrociatala, le tirò con forza un pendente. Lei urlo “Nooooooo….. basta….!!!” Ma aveva compiuto un’altra infrazione senza volere. Questo nuovo ospite la afferrò per la mano e, senza dire una parola, la guidò verso il maneggio annesso alla villa. Anna tirata per mano, con il seno scoperto e i monili appesi che si muovevano ad ogni passo, lo seguiva docile. Lo stalliere capì al volo la situazione e, scambiato uno sguardo con l’altro uomo, si accinse a preparare un cavallo. In fondo alla stalla c’era un giovane puledro, nero, lucido ed irruente. Venne condotto al suo cospetto e lì sellato. Anna già immaginava la sofferenza dei capezzoli durante la cavalcata e, ad occhi chiusi, si stava rassegnando a questa nuova dolorosa punizione. Con la sola minigonna rossa cortissima, fu aiutata a salire sul cavallo. Grande fu la sorpresa quando scoprì che la sella presentava un’escrescenza a forma di fallo umano d notevoli proporzioni. Una volta sulla sella dovette riempirsi la vagina con questo perno, facendolo affondare completamente. La situazione era terribile; ad ogni passo del cavallo le catenelle sussultavano ed il fallo entrava ed usciva dalla vulva martoriata. Lo stalliere teneva il cavallo con lunghe redini e lo faceva girare intorno alternando passo e piccolo trotto. Gli uomini godevano delle manovre di Anna sulla sella finalizzate a sentire meno dolore. Eseguiva dei movimenti scomposti che mal si adattavano ad una cavallerizza….. Quando finalmente gli uomini ritennero di aver avuto soddisfazione la fecero smontare sorreggendola, finché il finto fallo non venne espulso dalla vagina con un rumore osceno. Stremata, dolorante, avvilita, Anna svenne.Si risvegliò nella camera è balzò sul letto come se avesse avuto un incubo, sentiva ancora dolore al seno a alla vagina e ci volle un attimo perché riuscisse a ricordare ciò che le era accaduto. Pianse silenziosamente per la sua scelta, si chiese per la millesima volta perché avesse accettato volontariamente la prigionia. Certo non si aspettava un simile trattamento e dov’era Marco ? l’aveva visto solo il giorno prima e poi era scomparso nel nulla. Si sentiva sola senza un’amica con cui confidarsi. Si ricordò che sul comodino esisteva un campanello per la cameriera e, piuttosto che rimanere sola, pensò fosse meglio parlare con qualcuno (era concesso rivolgersi al personale di servizio). Mentre seduta sul letto valutava il da farsi si guardò i capezzoli e scoprì che si erano allungati dopo il trattamento subito. Non volle guardare la vulva perché sapeva che non sarebbe stata in grado di valutare nulla dall’esterno, comunque sembrava che non fosse accaduto nulla di grave. Si alzò e fece una doccia. Ritemprata e più tranquilla pose la mano sul campanello e suonò. Non sentì nulla e si chiese se fosse solo un altro modo per sradicare le sue certezze ed isolarla dal mondo esterno. Invece dopo pochi secondi qualcuno bussò alla porta. Anna si ridiscese sul letto, si coprì con il lenzuolo e concesse il permesso di entrare. Ripresentò ai suoi occhi una ragazza bionda forse più giovane di lei, su tacchi altissimi. L’unico suo indumento consisteva in un grembiule bianco traforato molto corto. Si presentò ad occhi bassi in attesa di ordini. Istintivamente le fece tenerezza e la studiò meglio. Alta circa un metro e settanta, esile, con grandi seni sodi, fisico atletico, molto carina, qualche efelide sparsa sul viso. Le chiese di avvicinarsi e la cameriera obbedì. Senza che le dicesse nulla la ragazza s’inginocchiò di fronte a lei aspettando gli ordini. Anna ebbe un impulso immediato e tentò di allungare la mano per sollevarla. Ma si trattenne e dentro di lei scattò una molla. In un decimo di secondo il suo atteggiamento cambiò, forse per rivalsa, forse perché istintivamente aveva trovato una giovane in una posizione più umile della sua in quella casa. Si alzò e girò intorno alla ragazza. Le ordinò di alzarsi e di levare il grembiule. Senza esitazioni la biondina eseguì l’ordine. In piedi tutte e due, nude, vittime della situazione ma in una differente posizione sociale nel microcosmo della villa, si affrontavano in una battaglia psicologica che aveva già una perdente. Anna poggiò una mano sulle natiche della bionda, la tastò provando piacere non tanto per il contatto fisico con una donna, quanto per il senso di potere che poteva esercitare nei confronti della cameriera. Con tono duro le chiese: “Qual è il tuo nome? “. La ragazza rispose docilmente “mi chiamano Elena”. La spinse verso il bagno per vederla bene alla luce. Scoprì con sorpresa che aveva due minuscole barrettine infisse nei capezzoli e che il sesso era violato da tre piccoli anelli, due sulle piccole labbra e una proprio sul clitoride. Questa visione stranamente la eccitò perché non aveva mai manifestato impulsi lesbici ma in quella villa il mondo normale non esercitava le sue leggi. Le ordinò di leccarla mentre si posizionava di fronte a lei a cosce lievemente divaricate. Elena la stupì quando, invece di iniziare dal sesso, si chinò profondamente leccandole i piedi e le dita, per poi risalire senza fretta verso le gambe e l’interno delle cosce vellutate. Questa variazione di approccio diede ad Anna scariche adrenaliniche mai provate e deliziose. Quando si avvicinò all’inguine Elena manifestò tutta la sua maestria, lappando, leccando, succhiando come solo una donna può fare con un’altra donna. Ad Anna iniziavano a mancare le forze e si dovette appoggiare al lavabo per non cadere. Una nuova idea si stava facendo strada nella sua mente infiammata dal desiderio. Le ordinò di fermarsi e le ingiunse di adagiarsi sul letto a gambe divaricate. Prese quindi un filo da un rotolo nell’armadio e con una rapida manovra fece passare il filo attraverso i tre anelli del sesso di Elena, quindi lo girò intorno alle barrette dei capezzoli ottenendo delle sottili redini che si attorcigliavano intorno ai punti più sensibili della giovane. Quindi con un sadismo che non si conosceva, iniziò ad innalzare il filo provocando la trazione degli anelli e delle barrette. La visione era stupenda: Elena a gambe aperte sul letto, inerme, sopportava un progressivo aumento degli stimoli che le giungevano da seno e vagina. Man mano che Anna aumentava la trazione Elena manifestava sofferenza che le si dipingeva in volto, nonostante la ragazza non emettesse un solo suono. Con cattiveria Anna iniziò a tirare con forza e lasciare altrettanto violentemente il filo, scatenando movimenti inconsulti in Elena. Piangeva in silenzio bagnando il cucino ma senza urlare mai. Stanca del gioco e della resistenza della ragazza Anna snodò il filo e lo attaccò al solo anello sul clitoride. Quindi tirò il filo costringendo Elena ad alzarsi e seguire Anna per la stanza. La guidava come si porta un cane e godeva di questa sua superiorità mentre la cameriera seguiva obbediente e silenziosa. Infine si avvicinò al muro e fissò il filo ad un chiodo infisso badando a tenerlo il più possibile in trazione. Elena era così girata viso al muro in punta di piedi per mitigare la sofferenza dell’anello che le strappava il clitoride. Anna si allontanò di un poco per ammirare la sua creazione. Prese una altro filo e le legò le mani che la ragazza usava per mantenere l’equilibrio. Così facendo Elena era trattenuta in piedi dal suo equilibrio sui piedi e dal clitoride!Ma la nuova scoperta di Anna non poteva esaurirsi così banalmente. Girò lo sguardo nella stanza e trovò ciò che cercava. Nel comodino in entrata era posto un fascio di candele per le emergenze elettriche di una casa in campagna. Erano i modelli lavorati, a spirale, rosse e lunghe 30 centimetri. Sorridendo fra sé Anna le prese e si avvicinò ad Elena bloccata al muro ed oramai stanca per la posizione forzata. Aprì con delicatezza le natiche liberando il forellino scuro posteriore saggiando la consistenza dello sfintere con un dito e incontrando poca resistenza. La cameriera doveva essere abituata all’introduzione di diametri ragguardevoli per la cedevolezza dei tessuti dimostrata. Per evitare di farle male Anna cercò di pensare ad un lubrificante ma non le venne in mente nulla di raggiungibile; poi un sorriso le increspò le labbra; Infilò la prima candela nella sua vagina lubrificata dall’eccitazione, ne raccolse gli abbondanti succhi quindi la posizionò all’entrata dello sfintere premendo e ruotando a vite l’oggetto. Grazie alla conformazione della candela, alla lubrificazione ed alla scarsa resistenza offerta, la vite di cera penetrò con facilità nell’intestino della giovane che intanto non poteva muoversi pena dolori lancinanti. I piedi le dolevano perché costretta sulle punte da parecchi minuti, il clitoride si era allungato paurosamente e la padrona la possedeva da dietro senza possibilità di movimento alcuno. Alla prima candela Anna ne aggiunse un’altra ed un’altra ancora, sempre avvitando la cera nell’intestino di Elena. Alla quinta candela un urlo lacerò l’aria “basta, basta per carità non ne posso più, la prego mi squarcia…. Farò tutto ciò che vuole ma smetta”. Con cattiveria Anna diede un’ulteriore avvitata alla candela e si sedette sul letto ad ammirare l’immagine della ragazza torturata davanti e dietro. La lasciò ancora un minuto a singhiozzare e poi, impugnata la cintura della minigonna indossata al mattino, la frustò sulle natiche indugiando sulle candele con cattiveria. Altri urli e piccoli movimenti di assestamento sui piedi insensibili. Allora Anna depose la cinghia e snodò il filo dal chiodo al muro. Fece girare Elena, le sfilò dall’anello il sadico cavetto, le candele vennero svitate letteralmente, quindi la fece adagiare sul letto, ordinandole di restare a cosce aperte e ad occhi chiusi. Aspettò qualche secondo per consentire alla ragazza di calmarsi quindi affondò con violenza una frustata sul clitoride paonazzo provocando un dolore allucinante ed un urlo inumano con una contrazione improvvisa ed involontaria degli sfinteri. Elena schizzò urina e feci sul letto raggomitolandosi su sé stessa e guaendo come un cane, restando poi estenuata in posizione fetale. Allora Anna ebbe un singulto e si rese conto di avere quasi ucciso dal dolore quella ragazza. Capì che non aveva nulla con Elena ma voleva vendicarsi di quello che le era stato fatto il giorno prima e questa occasione le aveva offerto la possibilità. La parte femminile di lei prese il sopravvento e, chinatasi sulla cameriera, le cinse le spalle rincuorandola, l’aiutò con dolcezza ad alzarsi, l’accompagnò in bagno dove lei stessa preparò la vasca per la povera fanciulla. La adagiò nell’acqua e la spugnò delicatamente, cercando di farle meno male possibile nei punti dove fino a pochi minuti prima aveva infierito. Era preoccupata per la dimensione raggiunta dal clitoride (quasi tre centimetri) ma la ragazza le disse che in un’altra occasione le era stato applicato un aspiratore che la aveva stirato l’organo fino a cinque centimetri. Anna la consolò e l’aiutò a rivestirsi, accompagnandola poi alla porta. Le disse di guardarla negli occhi e la baciò sulla bocca che Elena teneva semichiusa, quindi la accomiatò definitivamente.
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