Dimessa dall’ospedale, Anna fu ospitata da Gianni. Iniziò così il periodo più bello della sua vita. Come due teneri amanti passavano insieme tutto il tempo a loro disposizione godendo di ogni piccola soddisfazione che la vita poteva loro concedere. Gianni non volle mai affrontare il motivo del tentato suicidio di Anna. Riferendosi all’evento lo riferiva come “l’incidente”. Trascorsero sei mesi di pace assoluta ed amore. Anna si riprese psicologicamente dai traumi subiti, anche se, di notte, gli incubi la assalivano. Allora si stringeva forte a Gianni e si riaddormentava felice. Anche nei momenti di intimità riassaporavano le cose semplici e nessuna perversione s’inseriva nella loro vita sessuale. Gianni era un uomo attento e premuroso anche in questo. Amava guardarla a lungo senza toccarla dopo averla svestita. La sfiorava leggero e non forzava mai l’amplesso. Spesso toccava ad Anna imporre un ritmo più sostenuto all’atto sessuale, proponendo qualche variante che lui accettava sempre di buon grado. Gli piaceva rimanere in balia di lei, facendosi toccare e leccare in ogni punto del corpo. Non disdegnava nemmeno i rapporti orali prolungati e gli piaceva assistere alle lunghe masturbazioni che lei eseguiva davanti ai suoi occhi. Tutto terminava con un’introduzione classica nella posizione più nota. Inizialmente ad Anna questo ritorno alla normalità piacque, ma lentamente la noia prese il posto della soddisfazione. Tuttavia il conforto psicologico della presenza di Gianni era tale da superare anche gli stimoli ormonali violenti di Anna. Nell’ultimo periodo si era sorpresa a toccarsi dopo i rapporti sessuali poco appaganti. Mentre era in bagno a lavarsi e Gianni dormiva stanco, aveva indugiato a lungo con il sapone sulla sua vulva aperta e disponibile, ricavandone sensazioni oramai dimenticate. Il sapone scivoloso le consentiva di introdurre senza sforzo tre dita ben in fondo a stimolare la cervice uterina. “Uhhhhmmmmmm….Ohhhhhh…..” ricordi del passato le riaffiorarono alla mente mentre la mano s’insinuava sempre più spavalda nella sua fessura. Complice l’acqua, il sapone e l’eccitazione, dalla sua vagina colava una sostanza viscida e molto lubrificante che invogliava ad aumentare l’introduzione della mano. Il quarto dito raggiunse presto le altre tre provocando ancora più eccitazione e tensione muscolare. Accovacciata nella vasca a cosce aperte, in equilibrio sulle punte dei piedi, si stimolava il clitoride con il sapone bagnato mentre premeva sempre più sull’entrata della vagina. Le grandi labbra erano stirate allo spasimo, le piccole scomparivano intorno alla mano e la cavità sembrava allargarsi a dismisura. “Ahhhhhhhhh…… siiiiiiiiii…. ancora…… entrami tutta….. cosììììììììì……” pensava Anna sconvolta dalle emozioni e dal godimento. Ancora qualche piccolo assestamento e la mano penetrò fino al polso trovando strada libera. “Aaaaahhhhh……. Che bello………”. Iniziò quindi un lento movimento di va e vieni ritmato dalla sua frenesia di godere. Ora si era inginocchiata nella vasca con una mano piantata nella vagina, gli occhi socchiusi ed un antico mondo che le balzava nuovamente davanti. Ripensò al periodo alla villa, ai rapporti inimmaginabili avuti e subiti e, stranamente, tutto questo la eccitò ancor di più. Le venne in mente quella volta che, nel salone della villa, si era ritrovata sola davanti a molte persone richiamate per una sua esibizione estrema: era divenuta così abile a far godere i presenti che spesso le serate alla villa avevano come principale attrazione solo lei. Fu introdotta vestita di un solo abito corto in latex. Al centro della sala un faro illuminava la scena e le rendeva impossibile guardare i presenti. Sola, al ritmo di una musica da discoteca, le fu ordinato di svestirsi. Lo spogliarello, data l’oramai consumata abilità di Anna, fu veramente eccitante, complice un vibratore a doppia punta presente in scena. Le repentine introduzioni fra la fessura anteriore e posteriore non si contavano ma, come sempre, la perizia e l’inventiva di Anna costituivano la differenza fra una sua prestazione e quella di una consumata spogliarellista. Forse il fatto che Anna era convinta di ciò che faceva rendeva più vera ogni sua performance. Dopo dieci minuti di singulti e penetrazioni del fallo artificiale, la platea si era scaldata al punto giusto. Le venne ordinato di lasciare il vibratore ed indossare dei guanti particolari: la stranezza risiedeva nel fatto che, mentre tutta la guaina era di morbida pelle, sulle dita c’erano minuscoli aghi corti e spessissimi. Sugli aghi una droga afrodisiaca molto potente in grado di stimolare gli ormoni sessuali. Il primo contatto con i guanti fu delizioso; morbida pelle di daino a coprire le manine di Anna. Con grande attenzione si passò dappertutto il dorso delle mani, godendo del contatto, La vulva sembrava gradire lo sfregamento di pelle contro pelle, in particolare quando, bagnata dai succhi copiosamente emessi da Anna, si rese ancora più morbida e scivolosa. La lasciarono giocare con il suo corpo qualche minuto affinché prendesse confidenza con il nuovo attrezzo, quindi le ordinarono di masturbarsi davanti a loro. Lei avvicinò delicatamente le dita all’interno delle cosce pungendosi un poco ed iniettandosi, senza sapere, l’afrodisiaco. Un calore le risalì immediato dall’inguine al cervello e il suo desiderio di toccarsi aumentò enormemente. Risalì fino alla biforcazione delle cosce premendo sempre più gli aghi contro la pelle e provocandosi dolore, arrivò all’apice della vulva ed infisse alcuni aghi nel clitoride, sobbalzando. A Mano a mano che trafiggeva aumentava nel suo sangue la droga e si acuivano maggiormente i punti più sensibili. Cominciò a punzecchiare l’interno delle grandi labbra e le piccole, urlando quasi per il dolore e per il piacere contemporaneo. La manovra circolare intorno al clitoride, che tanto le piaceva, era un supplizio e il sangue iniziava ad uscire a gocce. Lei non si fermò, al colmo del parossismo, si infilò due dita guantate profondamente in vagina, scatenando l’eccitazione di tutto il pubblico presente. Sanguinava e godeva, rotolandosi sul palco, sporcandosi del suo stesso sangue ed alzando urla non umane. Toccava e graffiava la sua vulva rendendola un ammasso irriconoscibile per il piacere degli astanti. Ad un certo momento l’orgasmo scattò impetuoso lasciandola tremante a terra scossa da singulti e spasmi. Fu risollevata e, tra i gemiti della folla dedita a godere delle sue gesta, venne portata via.Mentre Anna si masturbava da sola, in bagno, con una mano infissa in vagina pensando al passato, un dolce orgasmo le si presentò sollevandola sulle onde del piacere con assalti successivi e lentamente degradanti. Il passato ritornava sempre più prepotente alla mente di Anna, schiava dei suoi vizi e del suo patrimonio genetico che la induceva all‘attività sessuale estrema. Tornò in camera da letto parzialmente soddisfatta e mai paga. Saggiò con una mano la virilità di Gianni trovandola inerte. Infilatasi sotto le coperte prese in bocca il membro flaccido dedicandosi ad un’intensa attività di suzione e leccamenti, Nel giro di qualche minuto il suo sforzo fu premiato da un’intensa erezione e gemiti sommessi del partner che mal distingueva nel sonno la realtà dal sogno. SI divertiva molto a stimolare l’area alla base del pene con lunghe lappate intervallate a profonde succhiate dei testicoli che teneva in bocca rigirandoli come caramelle. Non disdegnava spingersi fino al buchino posteriore che amava leccare fra le minuscole grinze divertendosi nel costatare che da lì partivano delle contrazioni che ergevano ulteriormente il fallo maschile. A volte un dito malizioso prendeva il posto della lingua e scavava nelle profondità del retto stimolando la prostata che si trovava a pochi centimetri dall’entrata del canale. Così facendo vedeva aumentare le secrezioni lubrificanti maschili sotto forma di piccole gocce alla punta del pene. Strofinava questo liquido su tutta la parte superiore dell’organo con il palmo della mano aperta traendo sensazioni di particolare intensità per il partner. Ora si stava concentrando su una deliziosa quanto estenuante attività orale. Non le piaceva mai velocizzare le cose, anzi, la sua massima soddisfazione consisteva nel portare vicino all’orgasmo l’uomo per poi abbandonarlo gentilmente sull’orlo del punto di non ritorno. Era così abile che sarebbe bastato un ulteriore colpo di lingua o un massaggio alla base dei testicoli per scatenare la fuoriuscita di sperma. Invece lei sapeva riconoscere per istinto i momenti precedenti l’eiaculazione e dosava sapientemente la sua prestazione. Così era diventata famosa nella villa. Gianni oramai era sveglio e partecipava attivamente al rapporto. Si era girato in modo da vedere bene la sua vulva nella classica posizione del sessantanove. Lei leccava lui con lentezza spasmodica e lui la masturbava con foga quasi a recuperare il tempo perduto. Come al solito Anna era in un bagno di umori e Gianni si esaltava per la particolare bravura di maschio, non sapendo che il rapporto solitario di Anna aveva scatenato in precedenza la produzione dei suoi succhi, Era un piacere per un uomo possedere Anna; si presentava completamente fradicia già dalle prime perlustrazioni, scatenando nel partner la convinzione di essere abilissimo nell’eccitarla. In realtà dipendeva da una sua predisposizione ghiandolare e dal livello incredibilmente basso cui lei iniziava a godere delle stimolazioni sessuali. Gianni aveva divaricato le piccole labbra ed introdotto due dita in vagina mentre leccava rapido il clitoride alternando movimenti di suzione. Si fermava a rimirare il piccolo organo erettile femminile che si ergeva spavaldo prima di riprendere i succhiamenti e l’inevitabile fuoriuscita di liquidi femminili. Era impossibile sprecare tutti i succhi che Anna produceva, così di solito gli uomini se li spalmavano sulla mano e tentavano le introduzioni più audaci. Più Anna si sentiva stimolata, più secerneva, in questo interminabile gioco di eccitazione vicendevole. Gianni non era da meno degli altri amanti, pur difettando di fantasia. Così non esplorò neppure la cavità posteriore per dedicarsi solo alla vagina. Per la strana attitudine mentale femminile a desiderare ciò che gli uomini non considerano mai nello stesso momento, Anna avrebbe gradito oltremodo una sodomizzazione, in quella occasione. Fece di tutto per spronarlo ad invertire l’oggetto delle sue attenzioni ma Gianni, difettando di quel “feeling” che caratterizza le coppie affiatate, mirò dritto alla fessura anteriore. Lei mentalmente si rassegnò, ma fu a quel punto che capì che Gianni, per quanto tenero, premuroso, rispettoso non sarebbe mai stato l’uomo per lei. Anna amava le sensazioni forti, estreme, non aveva limiti invalicabili nella sua mente, tutto doveva essere provato e riprovato per raggiungere il massimo dell’appagamento e la perfezione. Faceva parte di quella eletta schiera di donne che amava il sesso in quanto tale, in tutte le sue sfumature, godere e far godere era l’unico ideale di Anna. Pretendeva però eguale attenzione dal partner che non le doveva negare nulla, anche nelle forme estreme. SI rassegnò così ad una nuova penetrazione vaginale, fremendo dal desiderio di ricevere qualcosa nell’ano. Imperterrito ed insensibile alle sue profferte, Gianni penetrava con le mani e la lingua in vagina traendone grande soddisfazione personale. Anna ebbe un’idea improvvisa per movimentare questo ennesimo gioco d’amore che la vedeva protagonista. Con dolcezza si staccò dal membro durissimo e violaceo di Gianni sempre sul punto di esplodere grazie alle sue sapienti manipolazioni. Lo quietò con qualche tenero bacetto sul collo e gli propose una nuova variante del gioco. Lui ansimava per l’eccitazione, pronto all’orgasmo. Lei prese da un cassetto un laccio di pelle e lo girò più volte alla base del pene separando bene i testicoli fa loro. Alla fine si ritrovò con un fallo svettante stretto alla base dal laccio che legava ed evidenziava bene, separandole, le due sfere maschili sottostanti. Rimirò la sua opera non senza gratificare Gianni di una leccata sulla punta del pene e sui testicoli stretti. Il sangue in queste condizioni non poteva più refluire dal membro, pertanto questo si irrigidiva sempre più senza potersi afflosciare in alcun modo. Era un metodo elegante per sfruttare al massimo le potenzialità dell’organo maschile senza rischiare, per la donna, di restare senza divertimento sul più bello del gioco. Non contenta del lavoro che rimirava da tutte le angolazioni godendosi la prepotente erezione, Anna legò davanti le mani del suo uomo e lo tenne in piedi davanti a sé. Era un grande spettacolo poter usufruire di un maschio eccitato, legato, pronto ad eiaculare a comando……. L’ultimo tocco fu l’applicazione di una benda nera davanti agli occhi di Gianni, il quale si trovava spaesato senza più riferimenti visivi. Lui però accettò di buon grado questa nuova stranezza di Anna. Si adeguava ma non condivideva i gusti particolari di questa donna, dotata di una fantasia sfrenata che doveva solo essere assecondata per giungere inevitabilmente ad un godimento sempre nuovo ed appagante.Anna si guardò il suo giocattolo umano per l’ennesima volta e decise che poteva bastare; ben altre cose aveva visto e vissuto Anna, molto più particolari di questa, ma pensò che per Gianni potesse essere sufficiente. Il suo uomo nudo, legato per il pene ed i testicoli, mani costrette ed accecato dalla benda, scatenava in Anna un desiderio spaventoso. In questo momento avrebbe potuto fare di lui ciò che avesse desiderato: frustarlo, sodomizzarlo, strappargli gli organi genitali, tirargli i capezzoli fino allo svenimento, oppure leccarlo fino alla morte per gli orgasmi successivi, morderlo, lasciarlo morire di sete o di fame, usarlo come schiavo…. Infinte possibilità si aprivano alla mente allenata e perversa di Anna. Decise di aspettare un po’ e decidere con calma. Prese Gianni legato e imbavagliato e lo portò vicino ad una parete alla quale erano stati applicati due ganci. Girato di schiena contro il muro gli fece alzare le braccia legate che appese ai ganci. Gli stimolò con la lingua i capezzoli fino a farli ergere quindi, prese due mollette dei panni, gliele applicò non senza lamenti della vittima. Diede qualche lappata al membro turgido per risvegliare il desiderio, una breve masturbazione con la mano per riportare al massimo voglia ed erezione e di nuovo aveva fra le mani un maschio pronto ad ogni desiderio. Gli leccò il torace e le gambe, si soffermò sull’inguine, lappò i testicoli duri come marmo e grossi come uova, si avventurò sotto lo scroto e fino all’ano chinandosi sotto di lui, gli infilò una falange nell’ano, giusto per farlo contrarre dal piacere e quindi lo abbandonò. Prese quindi una candela di cera e l’accese, aspettò che si formasse cera liquida che versò sul suo membro eretto e sui suoi testicoli gonfi. Ne ottenne urla di dolore che placò infilando in bocca a Gianni gli slip traforati che lei indossava perché a lui piacevano tanto. Ottenuto solo uno strano mugolio di disapprovazione, continuò con la sua opera di copertura a cera del povero schiavo. Riprese dove aveva interrotto, cioè dal suo membro eretto e dolente, coprendolo di cera fusa in ogni punto, nonostante i muggiti ed i movimenti inconsulti di lui. Non risparmiò le due sfere sottostanti e, giratolo ed allargate le natiche, gli fece colare della cera anche sull’ano scatenando movimenti folli del povero Gianni. Contenta della sua opera, gli diede un’ulteriore strizzata di capezzoli e lo guardò. Era meno vivace di qualche minuto prima, dolorante, piegato in avanti e coperto di cera sui genitali. Pensò che non era bello mantenere il suo schiavo in queste condizioni, anche perché l’erezione stava scemando nonostante il lavoro di legatura i pene e testicoli. Andò in cucina e trovò la scacciamosche, quella paletta di plastica attaccata ad un lungo manico che chiunque tiene in casa. La lavò accuratamente e quindi tornò nell’altra stanza dove il povero Gianni restava appeso e dolorante alla parete. Gli si mise davanti e iniziò a staffilarlo sui genitali con lo scacciamosche, con lo scopo dichiarato di levargli la cera, in realtà per il gusto di infliggergli una fustigazione sui testicoli. La cera cadeva a larghi pezzi ogni volta che lo strumento si abbatteva sui genitali di Gianni, ma così facendo il povero schiavo riceveva una frustata dolorosissima ogni volta che la cera rimaneva attaccata al suo pene. Nel giro di pochi minuti, che a Gianni parvero un’eternità, tutta la cera lasciò liberi gli organi arrossati e dolenti. Allora Anna si inchinò imboccando tutto quanto riusciva e succhiando avidamente. Non c’era molto da risvegliare nella virilità dell’uomo impossibilitato a perdere l’erezione, l’unica differenza rispetto a qualche minuto prima consisteva nel colore rosso acceso dei suoi genitali. Anna provvide con una spugna e dell’acqua fredda a lenire il dolore senza dimenticare di contrastare l’effetto dell’acqua fredda con rapidi movimenti di lingua diritti sul filetto. Nel giro di poco tutto era tornato apparentemente come prima, pene e testicoli gonfi al massimo, vogliosi di esplodere, Gianni più provato ma ancora desideroso di sesso, Anna fremente in cerca di nuove frontiere. Nella stanza c’era una vecchia bilancia, denominata stadera, di quelle con un braccio centrale cui restavano appesi due contenitori alle estremità. Staccò uno dei due contenitori, lo soppesò tenendolo per la catenella e quindi andò in cucina a prendere delle patate. Fece divaricare le gambe al povero Gianni e gli appese ai testicoli il contenitore della bilancia riempiendolo gradatamente con le patate. Ogni tubero che si appoggiava nello scodellino aumentava la trazione verso il basso dei genitali, traendo gemiti sempre più forti del malcapitato. Quando Anna ritenne sufficiente il trattamento non aggiunse altre patate. AI testicoli di Gianni erano appesi circa tre chilogrammi di tuberi. In tali condizioni l’erezione scemava, e allora Anna, afferrato la scacciamosche, ricominciò a frustare Gianni sui genitali urlandogli: ”sei un mezzo uomo, non riesci neppure a rimanere eretto per così poco… fallo alzare, muoviti”. Ed ogni cinque secondi giù una frustata nonostante vedesse che Gianni contraeva spasmodicamente i muscoli per rialzare il membro.”Voglio vederlo ancora in piedi, alzalo, presto….”. A queste frasi corrispondevano gemiti soffocati dal bavaglio e mute richieste di aiuto dell’uomo, incapace fisicamente a contrastare il peso applicatogli. Finalmente anche questa tortura cessò, il peso venne levato dai testicoli martoriati, ustionati, ed allungati a dismisura. Un sapiente lavoro di bocca ripristinò nuovamente una florida erezione oramai dolorosa per la lunga durata. Anna staccò Gianni dalla parete, gli levò la benda e le mutandine dalla bocca, ma non gli slegò le mani riservandosi ancora un trattamento particolare. Gli fece bere un caffè, controllando sempre il suo stato di erezione che voleva sempre massimale. Lo fece sdraiare prono sul letto con due cuscini sotto l’addome in modo da mostrare bene il suo posteriore. Con una mano infilata tra lui e il letto provvide a masturbarlo delicatamente in modo da eccitarlo senza permettergli di venire. Intanto prese una barattolo di vaselina che conservava in un cassetto e si unse bene le dita di una mano. Gli chiese di allargare le gambe, cosa che lui fece con qualche diffidenza, quindi iniziò un delicato ed incisivo lavoro intorno al suo ano. Il minuscolo forellino era in bella vista grazie ai due cuscini che sollevavano il sedere di Gianni, ed era praticamente inviolato, se si esclude qualche leccata di Anna in precedenza. Lo scopo della ragazza era di far conoscere al suo uomo la delizia delle penetrazioni posteriori. Iniziò quindi con un dito intriso nella vaselina a creare uno stato di sensibilità intorno al buchino. Passava e ripassava intorno, affondando ogni tanto senza molta convinzione. Leccò le piccole grinze e sentì rilassarsi lo sfintere, quindi introdusse il dito sempre più in fondo cercando la prostata e stimolandola. A questa manovra seguì istintivamente produzione di muco da parte dell’uomo e lei se ne accorse grazie al lavoro di mano che stava svolgendo davanti. Rinfrancata dalla pronta risposta continuò l’esplorazione aggiungendo un secondo dito. Quando l’accettazione di questo fu evidente, ricominciò a leccare tutto intorno all’ano sempre mantenendo le due dita infisse e in leggero movimento. Gianni aveva ripreso un’erezione clamorosa dimentico delle frustate e della cera. Il suo unico scopo era giungere all’orgasmo che sentiva sempre più vicino. L’esperienza di Anna le avrebbe consentito di tenerlo in questo stato quanto avesse voluto, anche alcune ore, ma lui non lo sapeva e cercava piccoli assestamenti contro le mani di lei per procurarsi piacere prima possibile. Anna capì ed interruppe per un poco la masturbazione lasciandolo sconvolto ed eccitatissimo. Lui colava liquido in quantità dall’uretra e di quel liquidi Anna si appropriava per rendergli ancora più dolce la manovra con le mani. Lo toccava solo delicatamente, circondando il prepuzio con le dita ad anello, sfiorandolo per il minimo indispensabile per tenerlo in eccitazione continua senza farlo godere. Lui stava impazzendo per il desiderio ma lei lo teneva sempre più in bilico, accelerando nei momenti di calma, lasciandolo quando la foga tentava di trascinarlo al non ritorno. Intanto le dita che frugavano il suo retto era diventate tre; senza grande sforzo lei introduceva ed estraeva nell’ano ormai dilatato per bene le sue estremità. Gianni, tutto concentrato sui suoi poveri genitali bisognosi di riposo, prestava scarsa attenzione a quanto succedeva di dietro, sentiva solo un lieve bruciore ampiamente compensato dalle sensazioni divine che lei gli faceva provare davanti. In tal modo anche il quarto dito raggiunse i compagni senza difficoltà. La manina di Anna sfiorava leggera l’apice violaceo del pene e scendeva sui testicoli marmorei a sfiorare lo scroto sensibile, risaliva quindi con una lunga carezza sul dorso del fallo per fermarsi prima della zona sensibilissima in punta. Titillava e fuggiva, prometteva senza mantenere, prolungava allo spasimo l’orgasmo definitivo accendendo i sensi del maschio inerme. Il quinto dito si trovò lo spazio da solo ed insieme a lui il polso penetrò con facilità, provocando solo un leggero senso di dolore subito sopito dalla nuova sensazione. Anna si sentiva realizzata: possedeva un uomo masturbandolo davanti e penetrandolo dietro fino al polso. Poteva fare di lui ciò che desiderava e, in quel momento, lui non le avrebbe rifiutato nulla pur di esplodere. Con pochi abili colpi di mano lei si assestò meglio nel retto di lui, quindi lo fece girare sul letto. Il membro liberato dalla pressione del corpo steso sul letto scattò svettante e di dimensioni veramente enormi per il lungo lavorio cui era stato sottoposto. I testicoli erano solcati da vene turgide e pulsanti così come l’organo eretto. Anna aveva visto raramente un simile quadro. Un po’ preoccupata slacciò finalmente le cinghie che serravano pene e testicoli, lasciandoli liberi di rimanere in un’erezione più naturale. Gianni non sentiva più nulla se non il bisogno di liberarsi di quella marea di sperma che si era accumulata nel corso del gioco di Anna. Rantolava frasi senza senso e spingeva il bacino in alto nell’attesa del tocco risolutivo che non veniva mai. Finalmente la ragazza, mossa a pietà dal comportamento del giovane, si assestò al suo fianco e, muovendo delicatamente la mano nel retto e la bocca sul fallo, lo portò nuovamente all’apice del godimento. Fu sul punto di smettere quando si accorse che lui stava per venire, ma per bontà continuò la sua opera e fu premiata da una serie di schizzi violenti, continui e copiosi che colpirono la sua gola. Fedele ai principi che avevano ispirato le più grandi amanti della storia, bevve tutto lo sperma di lui senza farne uscire nemmeno una goccia. Quando lui si calmò, gli deterse con la lingua il pene, pulendolo di ogni residuo, e guardandolo soddisfatta. Con delicatezza estrema gli sfilò la mano dal retto baciandolo tutto intorno per non fargli sentire dolore, quindi si alzò per andarsi a lavare lasciandolo in uno stato di semincoscienza. Questo grande lavoro di abilità di Anna non le aveva tuttavia consentito di sfogarsi, in quanto finalizzato solo a procurare piacere al suo partner. Si ritrovava perciò ancora vogliosa di sesso con il suo uomo distrutto dalla fatica ed inutilizzabile. Si rammaricò di non aver provato almeno quella erezione mostruosa quando c’era, ma era così presa dal desiderio di far godere lui che non aveva pensato a sé stessa. I pensieri non le calmavano il desiderio, così decise di masturbarsi con il vibratore che lui le aveva regalato pochi giorni prima. Tornò in camera e lo estrasse dal cassetto dell’armadio nascosto sotto la lingerie. Era nero, bitorzoluto e grosso, a batteria e con varie funzioni. Aveva anche un piccolo vibratore esterno aggiunto atto a stimolare il clitoride in modo selettivo. Ritornò in bagno e lo accese, avvicinandolo alla vulva. Era sempre una sensazione unica essere posseduta da un vibratore; certo non aveva le caratteristiche né l’odore del maschio, ma era tenero ed infaticabile al tempo stesso. Un amante senza richieste pronto a dare piacere in cambio di nulla. Così lo riaccostò alla vulva chiudendo gli occhi. Il piccolo satellite fremeva sul suo clitoride scatenando improvvise ondate di piacere ed il corpo centrale penetrava nella sua fessura con facilità, grazie alle solite, abbondanti secrezioni. Si godeva il caldo abbraccio del gioco di plastica Anna, piegando le ginocchia per introdurre meglio il palo vibrante. Sognava scene vissute alla villa, cercava nuove frontiere al piacere per il piacere senza vincoli moralistici. Non aveva mai secondi fini nel sesso, lei. Godeva e faceva godere perché le piaceva provare e dare piacere. Si beava di questo stato di calma che precede l’orgasmo, quando fu strattonata da Gianni, in piedi di fianco a lei. “Pensi solo al sesso, vero?”.”Ti piace così tanto che nella vita non vedi altro…”. Una strana espressione solcava il viso del suo compagno. Anna estrasse il paletto vibrante incredula della reazione di Marco. “Ma…. Marco….” Si accinse a rispondere… Lui inferocito la trascino con sé in cucina e la fece sedere. Estrasse dal mobiletto il rotolo della pellicola trasparente e cominciò a passarglielo intorno alle braccia, strettamente attaccate al torace. La legò così velocemente che lei non fece in tempo a riaversi, la mente ancora annebbiata dalla masturbazione recente e dai sogni. Una volta terminata la fasciatura, Anna non riusciva a muovere le braccia, le mancava anche un po’ il respiro per la costrizione della plastica e il seno inviava segnali di dolore per la costrizione. Lui la fece alzare, a gambe divaricate e, senza preamboli, le infilò fino in fondo alla vagina il vibratore acceso. Lei arretrò per l’introduzione e subito fu colpita da una scarica ormonale per il piacere intenso dell’apparecchio. Lui prese dell’altro cellophane e glielo passò tra le gambe in modo da bloccare l’aggeggio. Si lasciò libero l’ano, dove infilò un carota estratta dal frigo, quindi gelata. Ripasso sopra tutto ancora la plastica guardando poi il lavoro soddisfatto. “Visto che ti piace tanto godere, tieniti questi due regalini per un paio d’ore, intanto che io esco”. Detto questo si infilò sotto la doccia, si vestì e, senza degnarla di uno sguardo, se ne andò. La situazione poteva sembrare comica, se non fosse stata incredibile. Lei era praticamente impossibilitata a muovere le braccia, quindi non poteva liberarsi dei due corpi estranei infissi dentro le sue cavità. In più Gianni aveva bloccato le uscite con la plastica che aderiva strettamente al suo inguine. La speranza era che il vibratore smettesse di funzionare per esaurimento delle batterie, ma lei le aveva appena cambiate con altre a lunga durata perché odiava interrompere i giochi sul più bello. A peggiorare la situazione aveva bisogno di andare in bagno ed il vibratore stimolava enormemente il suo bisogno. La carota non le dava fastidio per le dimensioni, ben altro poteva sopportare, ma era gelata e si stava attaccando alle pareti rettali. Pensava perciò alla estrazione, più che alla sua permanenza. Lei in piedi, a gambe divaricate, impossibilitata ad andare in bagno a scaricare la vescica, senza potersi sedere per via della carota, non poteva che saltellare per la stanza cercando di placare lo stimolo di urinare. Non riusciva neppure a svuotarsi così come era, perché il corpo del vibratore premeva sull’uretra dall’interno impedendole di dilatarsi a far uscire la pipì. In più il satellite del vibratore svolgeva benissimo il suo ruolo, stimolando allo spasimo il clitoride e graffiandolo con le sue dita gommose. Situazione veramente incredibile!!!! Soffriva per lo stimolo vescicale e godeva per quello genitale… l’unico modo per ridurre le sollecitazioni consisteva nel muoversi continuamente e cercare di ruotare il bacino per cambiare i punti di stimolazione del vibratore. Sembrava un ballo tribale, quello che Anna stava effettuando. Gianni però era stato abile nell’inserire il meccanismo a vibrazione, perché, nonostante i movimenti di Anna, l’orgasmo si stava avvicinando. Quando avvenne fu traumatico, in quanto non ci fu alcun periodo di riposo fra una fase di eccitazione e l’altra. Anna continuava a ricevere lo stimolo anche subito dopo l’orgasmo e questo le provocava dolore ed eccitazione insieme. Nella prima ora ebbe tre orgasmi terribili, senza pace. Finalmente le batterie ebbero qualche segno di cedimento e il fremito si ridusse fino a scomparire dopo pochi minuti. Anna, ansimante, dolorante per la vescica e per il seno costretto, con qualche difficoltà di respirò, si gettò prona sul divano. Rimase in uno stato di agitato dormiveglia finché non tornò Gianni. Quando lui la vide così ridotta, pensò di avere esagerato con la punizione; le andò vicino, la sollevò, le sfilò l’imbragatura di pellicola trasparente. La accompagnò in bagno ove finalmente lei poté liberarsi. La aiutò ad entrare nella doccia e la guardò mentre riprendeva vigore sotto il getto dell’acqua. Infine le porse l’accappatoio spiegando il motivo della sua reazione. Si sentiva offeso per come lei l’aveva trattato durante il rapporto sessuale e voleva fargliela pagare. Si rendeva conto di aver esagerato e si scusò più volte. Poi tornarono a letto insieme e si addormentarono.Nel dormiveglia Anna consolidò ciò che aveva già realizzato in precedenza: quell’uomo non aveva né avrebbe mai avuto le sue stesse finalità.
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