Antonella mi chiamò, non l’avevo più sentita, evidentemente le ero piaciuto come schiavo, ero felice. Mi disse di vestirmi elegante e passarla a prendere, dovevo portarla al ristorante. Arrivai sotto casa sua, dopo un po’ LEI scese, era ancora più bella di come la ricordavo. Indossava un tailleur, le donava incredibilmente, risaltava il suo corpo perfetto e, ciliegina sulla torta, era il piccolo spacco che aveva sulla coscia. Ovviamente indossava scarpe elegantissime, con un tacco altissimo, che io subito fissai con desiderio ardente. Mi arrivò subito un ceffone, seguito dalle parole: “apri la portiera coglione”, io eseguii e mi misi poi alla guida. Arrivammo al ristorante, io non potevo contenere l’eccitazione e continuavo a fissare i piedi della mia PADRONCINA, parcheggiai la macchina e stavo per scendere, ma LEI all’improvviso mi prese letteralmente per le palle e cominciò a stringere. Tirò fuori dapprima un collare, che mi ordinò di mettermi al collo, poi un arnese strano, composto da un anello e da un laccio. Cominciai a capire e, impaurito, mi eccitai. Questo facilitò il compito, la mia PADRONCINA, strinse l’anello intorno al mio pene, lasciando poi la cerniera dei pantaloni aperta e il laccio fuori dai pantaloni stessi. Scesi, costernato, pensando a cosa avrebbe pensato la clientela del ristorante e andai ad aprirle la portiera. LEI prese il guinzaglio e mi trascinò letteralmente dentro al ristorante. Io ero rosso, mi vergognavo tantissimo, ma ero sempre più eccitato, inoltre vedere la mia PADRONA da dietro, mentre camminava elegantemente sui suoi altissimi tacchi a spillo era una visione celestiale. Con mia grande sorpresa e sollievo il ristorante era semideserto, la cosa strana però era che le uniche clienti erano due ragazzine di circa 18 anni e tutto il personale era femminile. La mia PADRONA si diresse decisa verso un tavolo, la cosa che subito mi colpì però era che c’era una sola sedia. LEI si sedette e mi guardò con aria irritata: “che cosa fai lì come un imbecille, inginocchiati coglione” Ogni suo insulto era un colpo durissimo per me, le sue parole erano fredde e reali, per LEI ero davvero un essere inferiore e la cosa più assurda era che ci credevo anche io, mi sentivo un verme e la adoravo, più mi umiliava e più mi sarei fatto umiliare. Al ristorante erano tutti d’accordo, una cameriera mi portò subito una ciotola, ma, mentre nel piatto della mia PADRONA c’erano prelibatezze di ogni genere, nel mio c’erano probabilmente gli avanzi del giorno prima. Esitai un attimo, poi sentì tirare il laccio con violenza, mi arrivarono due calci nei testicoli e udii la mia PADRONA che mi ordinava di mangiare. “Cosa c’è verme non ti piace? Forse ci manca qualcosa….” Detto questo sputò nella ciotola, poggiò il suo piede sulla mia testa, spingendomela dentro la ciotola. “Mangia schiavo di merda” furono le sue ultime parole, poi si dedicò alle sue pietanze, scalciandomi di tanto in tanto e tenendo sempre premuta la mia testa dentro la ciotola. La mia PADRONA aveva organizzato tutto alla perfezione: dopo che ebbi “cenato”, mi ordinò di andare in bagno, lavarmi e spogliarmi. Quando tornai al suo tavolo c’erano le due ragazze di prima e tutte le cameriere del ristorante: erano tutte sedute su delle poltroncine, gambe accavallate con le scarpe che penzolavano dai loro piedi. Videro che ero eccitato e cominciarono tutti a deridermi, poi la mia PADRONA mi ordinò di portarle da bere, divenni quindi il loro cameriere, nudo come un verme, sempre più umiliato, ora non solo dalla mia PADRONA, ma da tutte. Le ragazze stavano in circolo, a me fu ordinato di inginocchiarmi in mezzo e una ad una posarono i loro piedi sulla mia schiena. Non so quanto passai in quella posizione, ma ero stanco e inoltre la mia bocca era piena di cenere, buttato con altezzosità dalle divine, che intanto continuavano a bere. Probabilmente cominciarono ad eccitarsi anche loro, alcune mi tiravano dei calcetti, altre degli scappellotti, tutto per il grande divertimento della mia PADRONA, che incurante delle mie sofferenze, continuava ad insultarmi e a deridermi. La situazione si fece pesante, i calci si intensificarono e cominciarono ad arrivare sputi sul mio corpo e nella mia bocca, ero in balia di quelle ragazze, ma ero consapevole di essere uno schiavo, non mi ribellavo, la mia PADRONA si stava divertendo e io volevo farle piacere. Venni usato come cavallo, ognuna di loro si fece portare in bagno, poi mi calpestarono tutte, ordinandomi di leccare le suole delle loro scarpe, non sentivo più la lingua, il corpo mi doleva a causa dei calcetti che continuavano ad arrivare. Ad un certo punto arrivò il momento della gioia e della mia definitiva sottomissione ad Antonella. Montò sul mio corpo, spinse le sue sole nella mia bocca, pulii tutto con lena, mentre LEI infieriva sui miei capezzoli, ma finalmente si stancò, alzò la sua gonna e si sedette sulla mia faccia (dopo avermela ben ripulita gettandomi acqua in continuazione…). Ero sotto di LEI, un oggetto, una sedia per LEI, ma ero a contatto con LEI, con il suo sesso, la mia PADRONA, LA MIA DIVINA PADRONA, ESSERE SUPERIORE. Ero stremato ma ero felice, ero stato deriso, annullato, ero uno schifoso verme, uno schiavo di merda, un coglione completamente sottomesso, ma ero felice.
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