Risvegliata nel cuore della notte, Antonietta ci mise qualche secondo per capire che si trovava nel lettone di suo padre. Ti piacciono così tanto i miei piedini che me li lecchi in piena notte? Mi fanno impazzire, vorrei mangiarteli. Lei scoppiò a ridere, poi disse che doveva andare a pisciare e lui la seguì nel bagno. La guardò pisciare poi, mentre lei era ancora seduta sulla tazza, le si piazzò davanti, si abbassò il pigiama e cominciò a pisciarle addosso. Cosa fai, sei impazzito, mi bagni tutta la camicia da notte. Aspetta almeno che me la sfili! Non me ne frega un cazzo della tua camicia da notte. Aveva il cazzo duro e il getto di piscio, compiendo un lungo arco, colpiva la ragazza sul viso, sul collo e sui capelli e le colava dappertutto. Lei cercò inutilmente di ripararsi con le mani e, alla fine, lasciò che il padre si svuotasse su di lei la vescica. Lui quella sera aveva bevuto parecchio e si fece una pisciata lunghissima. Dopo averle fatto fare una bella doccia, l’uomo le disse di vestirsi e di truccarsi come una puttana e andò ad aspettarla in camera sua dove, tanto per arraparsi sempre di più, si guardò un filmetto in cui una coppia di brasiliane facevano godere, con le mani e con la bocca, un magnifico cavallo nero dal cazzo gigantesco fino a farlo prorompere in una sborrata incredibile che le due ragazze, accovacciate sotto la pancia dell’animale, si prendevano su tutto il corpo come se stessero facendo la doccia. Stava pensando che gli sarebbe piaciuto vedere anche Antonietta alle prese con quel tubo di carne lungo ottanta o novanta centimetri e capace di buttare secchiate di sborra, quando lei entrò nella stanza. Scarpe col tacco alto, calze nere a rete, minigonna a fil di culo e camicetta attillata, truccata e carica di bigiotteria sembrava proprio una troia di strada. Ahh la mia puttanella! fece lui soddisfatto, pregustandosi la prossima mezz’ora, vieni qui e lasciati guardare per bene. Le sollevò la minigonna: reggicalze e mutandine nere di pizzo: molto bene, proprio quello che piaceva a lui. Siedi qua, vicino a me, ti faccio vedere una cosa interessante. Fattala sedere sul lettone al suo fianco, proiettò nuovamente quel filmetto brasiliano in cui le due tizie si facevano lo stallone e, invitando la figlia a non perdersi neppure un fotogramma, cominciò, lasciandola tutta vestita da troia, a palpeggiarla dappertutto. Hai visto che cazzo che ha quel cavallo! le diceva mentre le infilava le mani nelle mutandine. Guarda come glielo leccano quelle due baldracche! Guarda come cola mentre la bruna gli ciuccia la punta. Sembra che stia pisciando e invece è tutta bava di cazzo. I cavalli fanno così. Sbavano in continuazione quando glielo lisci. Guarda la bionda come gli massaggia le palle. Sembrano due meloni. Lei fa così per fargliele riempire. Tra un po’ vedrai che sborrata! Quando sta per godere, il cazzo gli balla come un bastone impazzito, la testa gli si apre a raggiera diventando larga come una mano e dal tubicino che c’è proprio in cima la bava esce a fiotti. Antonietta, che non aveva mai visto niente di simile, stava con lo sguardo incollato allo schermo mentre il padre, con tutta la mano dentro le sue mutandine ormai infradiciate dai suoi succhi, le sbatteva la passera. Quando vide le due donne accovacciarsi sotto la pancia del cavallo mentre il cazzo dell’animale, oscillando paurosamente si preparava ad innaffiarle, chiese al padre di sbattergliela con maggior vigore. Le brasiliane, intanto cercavano di afferrare la mazza della bestia, ma quella oscillava con tale forza che non riuscivano a tenergliela ferma neppure a quattro mani. Nitrendo e cercando di scalciare (era ovviamente legato) l’animale si produsse, addosso alle due sventurate accovacciate sotto di lui, nella più gigantesca sborrata che Antonietta potesse neppure immaginare. Immaginatevi un tubo durissimo di quasi un metro col diametro di una bottiglia che scarico addosso a due povere donne una quantità di sborra, a vederla del tutto simile a quella umana, capace di riempire diversi bicchieri. Uno spettacolo di potenza davvero sconvolgente che la fecero venire in maniera quasi dolorosa da tanto che fu intensa. Mentre il padre la faceva godere lei era talmente partecipe della scena del cavallo da sentire non solo il rumore che faceva la sborra colpendo a fiotti le ragazze, ma le parve pure di sentirne l’odore ed il sapore. Anziché placarla, quell’orgasmo squassante le aveva fatto venire una terribile voglia di cazzo. Voleva sentire l’odore del maschio, l’afrore della sborra. Senza spogliarla l’uomo se la fece sedere in grembo e, scostatole solo l’orlo delle mutandine, s’infilò dentro di lei e cominciò a farsela scorrere sul cazzo. Non sapevo che tu guardassi quei film, babbo, disse mentre li e la faceva scorrere su e giù per tutta la lunghezza del cazzo. Mi piace guardare delle troie che si fanno i cavalli e li fanno sborrare. Chissà quanti seghe ti sei tirato. Scommetto che piacerebbe anche a te fare sborrare un cavallo. Perché no. E un uomo, l’hai mai fatto sborrare, dimmi la verità, babbo. Certo che l’ho fatto sborrare. Quando sono infoiato da non farcela più e non trovo una donna vado in un cinemino a luci rosse frequentato dagli extracomunitari e dai soldatini di leva e trovo sempre qualche bel ragazzo che non vede l’ora che io gli svuoti le palle. E tu, brutta troietta, quanti ne hai già fatti sborrare? Parecchi, più di quanti tu non immagini. Giovani o vecchi? Giovani e vecchi. Anche dei vecchi! Brutti bastardi, dimmi chi sono! Scordatelo! Incazzato per quell’inattesa rivelazione se la sfilò dal cazzo, la scaraventò sul letto, la mise a pecora e, sempre senza neppure levarle le mutandine, s’infilò nel suo culetto. Adesso t’insegno a fare sborrare i vecchi, bruta troietta! E giù a incularla. Infilato fino alle palle tra le sue chiappe cominciò a prenderla a schiaffi e più lei si lamentava e piangeva, più lui si eccitava. Adesso ti sborro nel culo, le annunciò senza smettere di batterla. Alzatosi quasi in piedi nel tentativo d’infilarsi più profondamente che poteva, si lasciò andare alla sua terza colossale sborrata, questa volta negli sfinteri della figlia. Mentre lei andava al cesso a liberarsi gli intestini, lui preparò il caffè. Adesso si sentiva quasi soddisfatto, ma prima di prendere sonno voleva farsi raccontare da Antonietta tutte le sue malefatte. Non certo per punirla, voleva solo eccitarsi di nuovo per farsela un’altra volta. Allora, raccontami tutto. Cosa vuoi sapere? Quanti uomini hai fatto godere? Tanti, te l’ho già detto. Lo hai preso anche nel culo? Per forza. Quelli grandi vogliono soprattutto mettermelo nel culo. Mi dicono tutti che ho il più bel culetto del mondo e mi promettono qualsiasi cosa se acconsento a darglielo. Il farmacista ha detto che se voglio mi sposa. E’ pieno di soldi e ogni volta che mi vede sbava. Ha più di quarant’anni ma vedessi che affare ha in mezzo alle gambe. Poi prende delle medicine speciali che tiene in negozio e riesce a farsene un sacco. Una volta mi ha portato nel retro della farmacia e ha sborrato sei volte di fila, giuro. E ogni volta buttava come un cavallo. Mi ha detto che sono delle fiale che gli arrivano dall’America. Io allora non gli avevo ancora dato il culetto e lui mi sborrava addosso. Penso che ho dovuto fare il bagno tre volte per togliermi dalla pelle l’odore della sua sborra. Mi aveva ricoperta dalla testa ai piedi. E poi gli hai dato anche il culo? Si, e mi sono anche fatta picchiare. A lui piace un casino. Vedessi come sborra mentre mi picchia. Sembra impazzito. Sborra in continuazione. Mi spoglia nuda e all’inizio mi batte piano. Poi, a mano a mano che si eccita mi batte sempre più forte e comincia a sborrarmi addosso. Si ferma solo dopo che ha goduto cinque o sei volte di seguito. Però sa come picchiarmi e non solo non mi lascia segni, ma dopo qualche minuto non sento neppure più alcun male, come se non fosse successo niente. E chi altri? Zio Antonio, il fratello di mamma. Ti picchia pure lui? No, lui mi fa un sacco di regali e non me lo mette neppure nel culo. A lui piace infilarmi le mani nelle mutandine fino a che non si viene nei calzoni. Qualche volta l’aiuto io e gli infilo una mano nella patta. Però non vuole che glielo tiri fuori. Dice che ce l’ha piccolo e si vergogna di farmelo vedere. E poi? Poi c’è don Pietro, il parroco. A lui si che piace il mio culetto! E’ stato lui a rompermelo per primo, dicendomi che era per il bene della mia anima. Voleva che gli confessassi tutti i miei peccati, che gli raccontassi nei minimi particolari tutto quello che facevo coi ragazzi e con le mie amiche, di come ci toccavamo e ci baciavamo. Dovevo raccontargli di cosa mi faceva il mio ragazzo e di come ci leccavamo la figa quando eravamo tra ragazze. All’inizio lo vedevo che si toccava attraverso la tonaca, poi ha voluto che fossi io a toccarlo, sempre attraverso la tonaca fino a che non sentivo bagnato. Poi si è aperto la veste e ha voluto che gli infilassi una mano nella patta dei calzoni. Di li è stato sempre un crescendo, ha cominciato a spogliarmi, a baciarmi, a leccarmi tutta. Mi faceva inginocchiare sul tavolo della sacrestia, mi sollevava la gonna, mi abbassava le mutandine e mi leccava soprattutto il culetto. A volte me lo leccava per delle mezz’ore, non si stancava mai. Ogni tanto sentivo che veniva. Me ne accorgevo dalla foga delle sue leccate e poi sentivo l’odore della sborra che si spandeva nell’aria. Anche lui doveva godere un sacco di volte prima di soddisfarsi. Quando siamo andati in vacanza non mi ha vista per un mese e la prima volta che sono tornata in parrocchia era cosi infoiato dal lungo digiuno che mi ha spogliata di bruto, mi ha inginocchiata sul solito tavolo e mi è montato sopra. Urlavo come un’aquila mentre mi rompeva il culetto ma a quell’ora non c’era nessuno e lui ha potuto agire indisturbato. E tu, piuttosto, raccontami di te. Così te ne vai nei cinema a rimorchiare ragazzi. Solo ogni tanto, quando ne ho voglia. Come li trovi? Non è difficile. Li vedi subito quelli che non aspettano altro che tu li aiuti a fogarsi. E cosa gli fai? Dipende. Li tocco, gli liscio la fava, li faccio godere. Se sono dei bei ragazzi li bacio anche in bocca e gli lecco il petto, i capezzoli. Se sono proprio tanto infoiato anch’io glielo prendo anche in bocca. E li fai sborrare? Eccome. Anche con la bocca. A volte. Se sono proprio dei bei ragazzi me li porto in fondo al cinema dove è abbastanza buio e gli calo i calzoni. Ce ne sono certi che hanno delle fave magnifiche e allora gliele ciuccio fino a farli godere. E il culo? Se sono puliti li faccio sedere in ultima fila col culo sul bordo della poltroncina, gli faccio raccogliere la gambe in alto, mi inginocchio a terra e gli lecco tutto, anche il culo. E glielo metti? Qualche volta. In genere quei ragazzi non sono froci e non lo prendono volentieri nel culo. A loro piace che uno li faccia sborrare, uomo o donna non gliene frega niente. Hanno vent’anni, le palle gonfie e una foia in corpo da fare paura. A volte si fanno tra di loro e a me piace guardarli mentre coi calzoni abbassati si menano reciprocamente quei begli uccelloni duri. Vedessi come si toccano! Si toccano le palle, il culo, si baciano anche in bocca e intanto vedi le loro nerchie farsi sempre più gonfie e dure, vedi quelle belle cappelle lisce diventare sempre più viola e allargare e ispessire i bordi. Senti nell’aria l’odore di cazzo, di palle e di culo. Poi vedi che i loro cazzi cominciano a colare e le loro mani, sempre più frenetiche, accarezzano vogliose il compagno mentre, perso ormai ogni pudore, le loro lingue si cercano disperate. Allora sai che stanno per sborrare e vedi i loro schizzi partire potenti e spandersi dappertutto. E’ uno spettacolo fantastico, credimi. Antonietta e il babbo si erano confessati. Adesso sapevano tutto l’uno dell’altra. Più arrapato che incazzato dai racconti della figlia, l’uomo se la fece ancora un paio di volte e, stanco ma felice, prese finalmente sonno.

