Prendevo l’autobus tutte le mattine, per andare a scuola, e notai un ragazzo che fino all’anno prima non c’era, alla fermata dell’autobus. Sicuramente aveva un anno in meno rispetto a me. Di mattina in mattina, notavo sempre di più che mi guardava continuamente, e quando mi voltavo verso di lui, subito guardava verso terra. In più, diverse volte mi è capitato di non trovare posto a sedere, e lui, gentilmente e senza che io gliel’avessi chiesto, toglieva lo zaino dal sedile accanto a quello in cui era seduto e mi faceva sedere. Anche lì era un continuo a guardarmi. Io facevo finta di niente. Una mattina, però,la mia curiosità non poté più resistere, così presi un pezzo di carta, per non farmi sentire dalle altre persone sull’autobus, e scrissi: “Ciao. Sai, ho visto come mi guardi. E m’imbarazza molto quando le persone mi guardano fisso. Ho un po’ di paura e vergogna a chiedertelo. Per caso ti piaccio?”. Gli passai il foglietto e la penna. Lui lesse lentamente, e nel frattempo arrossiva. Rilesse molte volte ciò che gli avevo scritto, ed alla fine, molto lentamente, scrisse “Sì”. Quando mi ripassò il foglio e lessi quel “sì”, mi s’illuminarono gli occhi. Era la prima volta che conoscevo un ragazzo gay, come me. Quando arrivammo a scuola, scendemmo e lì potei parlare apertamente. – Piacere, sono Luca – gli dissi. – Ciao, io sono Lorenzo. E gli detti una stretta di mano. Era molto timido. io arrivai subito al punto, chiedendogli se aveva mai fatto sesso con un ragazzo. Mi rispose di no, così presi un altro pezzo di carta, strappandolo da una pagina del mio diario, su cui scrissi il mio indirizzo ed il mio numero di cellulare. Poi gli dissi: – Va bene se ci vediamo oggi alle quattro? – Certo. Prese il foglietto e se lo mise in tasca. Poi si allontanò. Le sei ore di scuola passarono molto velocemente. Già pianificavo cosa avremmo fatto. Certo, non molto: era la prima volta anche per me. Non saremmo arrivati alla penetrazione. Tornai a casa e dissi a mia madre che dovevo uscire con un amico che lei conosceva. Alle quattro in punto mi fece uno squillo per farmi capire che era arrivato. Scesi le scale a due a due, e mi fiondai contro il portone per aprire. Appena si richiuse, mi si avventò addosso e mi dette un bacio così dolce e caldo che non me lo dimenticherò mai. Mentre ci baciavamo, ci avviamo verso le scale, per scendere in cantina, l’unico luogo in cui nessun componente della mia famiglia poteva disturbarci. Aprii il portoncino, entrammo e richiusi a chiave. Ricominciammo a baciarci e, nello stesso tempo, cominciavamo a spogliarci a vicenda. Sfregammo le nostre mazze, già in tiro, l’una contro l’altra. Sentivo il suo cazzo crescere sempre di più negli slip. Cominciò a baciarmi i capezzoli, leccandomi i peli del petto ed accarezzandoli. Mi faceva eccitare da morire. Per essere la prima volta, ci sapeva fare. Scese lungo tutto il torace, ed arrivò laggiù, dove la mia asta non riusciva più a stare nelle mutande. Non credo di essere mai stato così eccitato in vita mia. Mi tolse i boxer, e con avidità cominciò il suo lavoro. Si mise il mio cazzo in bocca, per tutta la sua lunghezza e cominciò a farmi un pompino di quelli che non si scordano. Nel frattempo, mi toccava le palle, piene di sborra pronta a schizzare ovunque. Dopo poco che aveva iniziato, cominciai a sentire la sensazione di godimento perfetto, così cominciai ad urlare: – Ahh! Sì! Mmm… Vengo, vengo! Allora abbandonò il mio cazzo e cominciò a farmi una sega, che dopo poco ebbe i suoi frutti. Sborrai tantissimo, come non avevo mai fatto prima, e tutto il mio seme cadde un po’ per terra, un po’ sulle sue mani. – Ora tocca a me – dissi. Lui si alzò, mentre io mi abbassai. gli tolsi gli slip, e scoprii un meraviglioso palo di venti centimetri. Non mi aspettavo che fosse così lungo. Era anche molto grosso. Lui era piccolo, ma sotto sotto era grande. Per prima cosa, gli leccai i coglioni, grossi e tondi. Lo sentivo mugolare. Poi gli leccai la cappella, che era rossa e già con quel sapore di sperma che mi fa impazzire. Mi misi in bocca il suo palo, non senza difficoltà, infatti dovetti aprire al massimo la bocca, e non riuscii ad infilarlo tutto fino in fondo. Lui continuava a mugolare, e teneva la testa leggermente chinata all’indietro, con gli occhi semichiusi. Lentamente cominciai ad entrare ed uscire con la bocca. Il ritmo era un po’ lento, così mi mise una mano dietro la testa e cominciò a spingerla avanti e indietro, facendomi aumentare il ritmo delle pompate. Poi mi prese per la testa con tutte e due le mani e cominciò a scoparmi in bocca. “Che bello”, pensai. “Essere scopato in bocca, il sogno della mia vita”. E godevo come non mai. Continuò con lo stesso ritmo per altri dieci minuti, poi anche lui non poté più resistere, e disse, urlando: – Togliti, sto per sborrare… Ahh” Invece di togliermi il suo bel cazzo dalla bocca, continuai tranquillamente a succhiare. Continuava a dirmi di smettere, ma io continuavo, finché non mi sentii inondare la bocca con il sapore di sborra che avevo già sentito dalle mie seghe, a casa, quando avevo sete di sesso. Il primo spruzzo fu potentissimo, tanti che tossii perché mi era finito dritto in gola. Poi mi gettò in bocca tanti getti cremosi e corposi di sborra. Continuò a sborrare, credo, per più di sedici secondi. Sborrò così tanto che non riuscii a trattenere tutto in bocca, e della crema bianca mi usciva dai bordi della bocca, per poi scivolare lungo il viso e ricongiungersi sul meno, con una goccia lunga e viscosa. Sentivo il suo sapore di uomo nella mia bocca. Decisi di staccarmi dall’asta e di ripulirgli la cappella. Mentre lo facevo, uscivano ancora gocce di sborra, che io ero pronto a ripulire con la lingua. Ci baciammo intensamente, e gli feci sentire il suo sapore, poi mi ripulii la sborra sulla bocca, ci rivestimmo ed uscimmo dalla cantina, come se niente fosse. Ci salutammo.
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