“Secondo me, durante l’estate, i viaggi di lavoro dovrebbero essere vietati, già non bastano tutti i vacanzieri ad intasare le autostrade? Maledizione a quel fottuto del capo che mi ci ha mandato!” così rimuginavo imbufalito mentre stavo bloccato in autostrada tra Firenze e Bologna, fermo sotto il sole rovente; se non fosse stato per l’aria condizionata sarei andato arrosto, ma anche così non era un’oasi di freschezza! Ascoltavo la radio sui 103,3 aspettando il bollettino sul traffico per sapere almeno quanti km. di coda mi aspettavano e, nel frattempo, mi guardavo attorno scrutando attraverso i finestrini chiusi le facce più o meno stravolte degli altri automobilisti, miei compagni di sventura. C’era un campionario completo tra quelli rassegnati, quelli incazzati, gli stoici ed indifferenti, quelli che chiacchieravano coi compagni di viaggio, i genitori che combattevano una battaglia persa per far stare buoni i figli e altri soli come me, forse anch’essi in trasferta di lavoro o forse single che andavano in vacanza. Esaurita la panoramica posteriore attraverso i retrovisori cominciai a guardare la nuca di quelli che mi stavano davanti cercando di vederne le espressioni riflesse dai loro specchietti per ritrovare gli stessi visi disfatti dall’attesa. Nella noia mortale incrociai per una frazione di secondo un paio di occhi neri che subito però si volsero altrove; una testa di capelli altrettanto neri che scendevano lunghi e lisci sulle spalle ne denotavano l’appartenenza al genere femminile, ma altro non potevo sapere tranne che stava da sola alla guida di una vecchia Mini di almeno venti anni, tutta lucida e restaurata. Nuovamente lei guardò nello specchietto e di nuovo i nostri sguardi si incrociarono dandomi modo di riceverne un’impressione molto gradevole; questa volta sostenne più a lungo il mio sguardo per poi abbandonarlo scuotendo leggermente la testa, come a scacciare un pensiero inopportuno. La curiosità cominciava a contagiarmi e stavo chiedendomi chi potesse essere, che età poteva avere e via dicendo quando fui distolto dal notiziario di Isoradio che trasmetteva la situazione nelle autostrade. Dopo quelle del Nord passò alla A1: “…… in direzione nord tra Roncobilaccio e Rioveggio si è formata una coda di 20 Km per un incidente provocato da un mezzo pesante che si è rovesciato bloccando l’intera carreggiata – non ci sono vittime ma si prevedono diverse ore per il ripristino della viabilità”. La notizia mi lasciò sgomento, facendo apparire rosee le più nere previsioni che mi ero fatto sulla situazione; d’istinto scesi dalla macchina tirando un calcio ad una ruota accompagnato da colorite imprecazioni. In quel mentre vidi lo sportello della Mini che si apriva per farne scendere la bruna con cui avevo incrociato lo sguardo poco prima; la vidi venire verso di me con il passo lento di chi sa di dover attendere a lungo senza aver niente da poter fare e ciò mi consentì di apprezzarne rapidamente tutti i particolari: gambe lunghe e snelle, fisico asciutto con seno non molto vistoso ma ben delineato, vita sottile, altezza sul metro e settanta, occhi grandi e penetranti. Quando mi fu vicina mi tese la mano: “Ciao, non prendertela con la tua macchina, poverina, non è colpa sua se sei fermo qui!” e così dicendo ne accarezzò amorevolmente il parafango. Io la guardai tra il sorpreso e l’imbarazzato e le risposi “Si, hai ragione, lo so che lei non c’entra, ma tu hai un istinto materno per le auto per caso?”. Lei mi guardò di traverso e mi rintuzzò: “Non esagerare adesso, però ho una passione per le auto ed i motori e mi da fastidio quando vengono maltrattati!”. Questo breve scambio di parole, unitamente al tono caldo e morbido della sua voce fecero svanire per incanto il nervosismo e la frustrazione dovuti alla sosta forzata, così sorrisi e replicai: “Hai ragione, scusami, ma avevo appena ascoltato le notizie di Isoradio che dicevano che ne avremo per non si sa quante ore, comunque adesso che ci sei tu va molto meglio di prima!” e la guardai in modo vagamente complice. Lei ignorò il mio apprezzamento implicito e commentò: “Ah, diamine, e io che speravo di arrivare per cena! Vai a vedere che passiamo la notte qui in mezzo alla strada. Proprio non ci voleva! Sarà il caso di ascoltare gli aggiornamenti perché quanto meno dovrò avvertire mio marito che non si preoccupi . E anche tu immagino che sarai atteso, no?”. Ricevetti quel “marito” buttato lì come una mezza pugnalata anche se non seppi spiegarmene il perché; probabilmente il mio subconscio stava già ricamando sull’incontro fortuito, comunque finsi indifferenza e risposi tranquillamente: “Si, anch’io sono atteso ma per lavoro e non prima di domattina; sto andando a Milano per la mia azienda, comunque hai ragione, andiamo a sentire Isoradio”. La presi per un braccio (e il solo contatto con la sua pelle fresca e vellutata mi provocò un brivido leggero alla spina dorsale) e la condussi verso la mia auto, aprendole lo sportello. Salimmo entrambi ed accesi la radio che subito snocciolò le ultime notizie: “………sulla A1 il traffico è ancora bloccato per un incidente nel tratto tra Firenze e Bologna direzione nord – la polizia stradale sta invitando gli automobilisti in coda prima dell’uscita di Pian del Voglio ad utilizzare quell’uscita convogliandoli sulla corsia d’emergenza……..”. Ci guardammo perplessi e io dissi: “Sì, è già qualcosa poter uscire da questo inferno, ma che facciamo poi in cima all’Appennino a quest’ora? Fra un po’ farà buio e non è così piacevole andar per strade di montagna senza conoscerle ed avere riferimenti precisi sul dove andare! Mi sa che io, se riesco ad uscire, cerco un albergo e mi fermo per la notte, poi domani vedrò se hanno ripristinato l’autostrada, altrimenti proseguirò sulle provinciali ma almeno sarà di giorno e con qualcuno a cui poter chiedere indicazioni. E tu? Che pensi di fare?” Lei ci pensò un po’ su poi annuì: “Sì, penso che tu abbia ragione, mio marito è al mare ed io non sto morendo dalla voglia di raggiungendolo; e se lo conosco bene lui sarà più felice di avere un’altra sera per ‘ andare in caccia ‘, il porco!”. Io memorizzai l’informazione senza commentarla e proposi: “Senti, aspettiamo di uscire, poi, se ti va, andiamo insieme a cercare dove fermarci, così magari ci facciamo compagnia a cena, che ne dici?”. Lei fu d’accordo e rimanemmo a chiacchierare aspettando che la colonna si muovesse; seppi così che lei era sposata con un piccolo industriale che passava la vita tra i suoi impegni di lavoro e “seratine allegre” con compagnie occasionali e che lei rimaneva con lui solo perché tanto di meglio non aveva e almeno così poteva beneficiare degli agi e della libertà che il marito era ben contento di concederle; la Mini restaurata era stato l’ultimo regalino ricevuto per il suo trentacinquesimo compleanno. Intanto era passata una mezz’ora e vedemmo che cominciava un po’ di fermento tra le auto più avanti; così riprendemmo posto ai rispettivi volanti e ci accingemmo ad incolonnarci per procedere lentamente fino all’uscita. Mi lasciò passare avanti e chiesi al casellante se c’era un hotel lì vicino. Mi diede indicazioni per raggiungere l’unico nelle vicinanze, altrimenti avremmo dovuto macinare parecchi chilometri scendendo giù a valle, così, in una quindicina di minuti, raggiungemmo un piccolo albergo circondato da un bel giardino alberato e molto curato; l’aspetto prometteva bene ma il numero delle auto che vidi nel parcheggio mi fece capire che altri avevano avuto la nostra stessa idea. Parcheggiammo comunque e, prese le nostre borse da viaggio entrammo nella hall che confermò la prima impressione rivelandoci un ambiente caldo e molto curato. Un portiere sorridente ci accolse e, con un marcato accento emiliano ci chiese cosa poteva fare per noi. Cominciai a spiegare il problema dell’autostrada ma lui m’interruppe dicendo che già altri clienti prima di noi gli avevano spiegato tutto ma che eravamo fortunati perché gli era giusto rimasta l’ultima camera libera, una bella matrimoniale che sarebbe andata benissimo per una bella coppia come noi. Avevo appena iniziato un: “Ma, noi veramente non………” che la mia compagna di sventura mi interruppe, indirizzando un sorriso radioso al portiere: “Ma che fortuna, certo che andrà benissimo, mio marito voleva dire che normalmente usiamo i letti gemelli ma…….. un ritorno ai primi tempi sarà un piacevole diversivo, no?” e strizzò l’occhio al mio indirizzo. Il portiere ammiccò sornione consegnandomi la chiave e aggiunse: “Benvenuti al nostro hotel, dunque, se non indugiate troppo il nostro ristorante è ancora aperto e la nostra cuoca è la migliore di tutta la zona; vedrete che una buona cenetta vi rimetterà di buon umore!” e sorrise a trentadue denti alla “mia signora”. Aspettai di essere nell’ascensore per manifestare la mia perplessità: “Ma scusa, perché gli hai lasciato credere che siamo sposati? E poi come facciamo per dormire, facciamo i turni? Se avessimo insistito poteva trovarmi una sistemazione di fortuna, magari un divano nel salone o una camera privata, se no al limite potevo dormire in auto!”. Lei corrucciò gli occhi e mi apostrofò: “Hei, ma che hai la vocazione del giovane esploratore? Qualche anno più di me ce l’hai e non voglio avere la tua schiena sulla coscienza per averti fatto passare una notte in auto, o hai paura a passare la notte nel letto di una sconosciuta? Non ti ….. mangerò mica, almeno ….. non contro la tua volontà!” e scoppiò in una sonora risata. L’ascensore nel frattempo ci aveva portati al nostro piano e, trovata la camera, aprii scansandomi per lasciarle il passo. “Quanta galanteria!” osservò allora lei, ridacchiando “adesso non prendere le mie parole come un invito esplicito a corteggiarmi, però!”, ma entrò ancheggiando appena un po’ più del necessario. Dopo esserci rapidamente rinfrescati scendemmo al ristorante dove potemmo effettivamente gustare una cenetta di tutto rispetto che ci rimise in pace col mondo. Accompagnammo i piatti con un generoso vinello rosso giovane che, fresco di cantina, andava giù da solo con gran facilità; forse un po’ troppa perché lei alla fine della cena aveva gli occhi un po’ lucidi e rideva in continuazione, lasciandomi presagire che le sue difese sarebbero state abbassate ancora per un bel po’, con possibili evoluzioni positive della serata. Infatti, uscendo dalla sala ristorante, mi arpionò il braccio passandoselo dietro la testa facendosi abbracciare e circondandomi a sua volta la vita col suo braccio procedendo così nel tenero quadretto familiare di una coppia innamorata per la quale molti dei presenti sicuramente ci scambiarono, almeno a giudicare dai loro sguardi. Dopo un breve sguardo al tg della sera che ci rimandava le immagini del caos nel quale ci eravamo trovati fino a poche ore prima e la notizia che al mattino probabilmente la situazione sarebbe finalmente tornata alla normalità ci ritirammo nella nostra camera che, stando al mio stato d’animo nonché aspettative, vedevo più come alcova che non come ricovero alla nostra stanchezza. Lei, forse perché un po’ ubriaca, forse perché la serata aveva preso una piega allegra e spensierata, mi lanciò un’occhiata maliziosa e, recitando il classico ruolo da commedia americana, mi disse di aspettarla mentre si ritirava in bagno per prepararsi per la notte. Io obbedii e mi sedetti su una poltroncina aspettando il mio turno per l’uso del bagno; aspettai un bel po’ ma alla fine fui ricompensato vedendola rientrare vestita solamente di un baby-doll bianco abbondantemente trasparente attraverso cui si delineavano chiare le aureole dei suoi capezzoli leggermente prominenti e il triangolo scuro del suo pube. La reazione del mio corpo fu immediata e mi ritrovai con un eccitazione crescente abbondantemente manifesta. Lei si infilò sotto il lenzuolo invitandomi a cambiarmi a mia volta: “Dai, il bagno è tutto tuo, non metterci molto, ti aspetto…..”. Non mi feci ripetere l’invito e mi precipitai in bagno spogliandomi di corsa; lo specchio mi rinviò l’immagine della mia erezione che aspettava fremente l’esaudirsi dei suoi desideri e mi affrettai a lavarmi i denti passando poi rapidamente ad una doccia veloce. Quando uscii dal bagno erano passati pochi solo minuti ed avevo i capelli umidi ma ero tuttora gonfio di desiderio. La luce era spenta e mi infilai sotto le lenzuola in silenzio, assaporando quello che mi aspettava; allungai una mano ed incontrai la pelle del suo braccio che cominciai a carezzare aspettando una sua reazione; non sentendola venire passai oltre sfiorandole un seno ma ancora niente. Aguzzai la vista nell’oscurità e intravidi i suoi occhi chiusi e nel contempo il mio udito percepì il suo respiro regolare: si era addormentata! L’eccesso di alcool, forse sommato alla giornata stressante aveva avuto la meglio su altre priorità e mi aveva privato dell’anelato epilogo, lasciandomi solo con un impellente quanto inesaudibile richiesta tra le gambe. Mi girai su un fianco ignorando le pulsioni della mia virilità e cercai inutilmente di addormentarmi a mia volta. Neanche a parlarne: immagini e pensieri di natura erotica continuavano a turbinarmi nel cervello riattizzando e mantenendo vivo il fuoco del desiderio che non voleva sopirsi. Passai sull’altro fianco, poi supino, poi di nuovo dall’altra parte mentre lei rimaneva immobile e tranquilla nel suo riposo. Contai le ore sentendo i tocchi di un campanile lontano finché a notte fonda finalmente mi addormentai esausto. Mi sembrava fossero passati pochi minuti quando un leggero solletico sul torace mi riportò alla veglia; socchiusi gli occhi e dal po’ di luce che filtrava dalla finestra capii che doveva essere ormai l’alba. Ero supino e un’ombra incombeva sopra di me; strizzai gli occhi nella luce incerta ed intravidi dei lunghi capelli scuri che scendevano ad accarezzarmi il viso ed il collo; allungai una mano scostandoli e vidi il suo viso improntato in un sorriso vago; si chinò a sfiorarmi le labbra con le sue in un casto quanto sensuale bacio, poi la sua attenzione fu rivolta più in basso dove scivolò sfiorandomi sempre con le labbra e la punta della lingua fino a raggiungere la mia zona pubica. Il breve tragitto mi destò sensazioni sufficienti a farle trovare, al termine del suo viaggio, un membro eretto e vibrante, nuovamente ansioso di ottenere la soddisfazione negatagli qualche ora prima. Ci girò attorno coi capelli che lo avvolsero in un morbido bozzolo di seta esasperandone la già notevole turgidità. Dischiuse le labbra e lo introdusse lentamente nella bocca facendoci scivolare la lingua contro al passaggio; si arrestò solo quando lo aveva ingoiato completamente; dimostrò notevole esperienza e conoscenza dell’anatomia maschile perché con una piccola serie di risucchi, entrate ed uscite dalla sua bocca morbida mi aveva già portato molto vicino all’orgasmo, al punto che già alcune gocce di sperma affiorarono sulla punta. Lei le assaporò delicatamente per poi ritrarsi lasciando l’asta ad agitarsi nell’aria; si mise quindi a cavalcioni sopra di me e, chinatasi in avanti, offrì alla mia bocca i suoi seni perfetti, i capezzoli turgidi ed eretti come boccioli. Li leccai delicatamente e la sentii sospirare di piacere, passai quindi a mordicchiarli delicatamente e a risucchiarli nella mia bocca, alternando ora il destro ora il sinistro; ad ogni passaggio insinuavo la mia lingua giù nella dolce vallata tra le due meravigliose colline e dalla sua reazione capii che gradiva molto quel tipo di trattamento; la sua sensibilità in quel punto doveva essere notevole e lei si deliziava mugolando quando la lingua le percorreva il solco in profondità. Scivolò poi all’indietro fino a sostituire la mia lingua con il pene che non aspettava altro che di essere sollecitato e cominciò a muoversi avanti ed indietro, a sinistra e a destra strusciandosi contro l’asta facendovi scivolare sopra le sue tette vellutate. La cura ricevuta mi riportò nuovamente vicino all’orgasmo e altre gocce di sperma le bagnarono i seni, creando una lubrificazione ideale che moltiplicava la sensazione di piacere; nuovamente però lei si ritrasse lasciandomi ancora ad attendere quella fine che ormai era diventata la mia unica aspettativa urgente. Si portò, sempre a cavalcioni, fino a sovrastarmi il viso con il suo pube ammantato di un triangolo nero corvino e con le mani divaricò completamente le labbra della vagina rivelandomi la turgidità del suo clitoride che mi spinse invitante sulla bocca. Raccolsi anche questo invito e non mi feci pregare per dedicarmi con tutta l’esperienza e la dedizione a procurarle il piacere cui anelava. La mia lingua, come prima con i capezzoli, leccò delicatamente quella sporgenza dolcissima, sentendola crescere ad ogni passaggio; quando fu completamente estroflesso riuscii a risucchiarlo dolcemente in bocca massaggiandolo energicamente con la lingua. Come conseguenza quasi immediata la sentii emettere un leggero grido di piacere e contemporaneamente una notevole quantità dei suoi umori profumati si riversarono nella mia bocca; li succhiai avidamente e, nel tentativo di intensificare ulteriormente il suo piacere, infilai profondamente la lingua nella sua vagina, leccandone con forza le mucose gonfie. La mia lingua entrava ed usciva dal tunnel a mo di stantuffo, percependo le contrazioni che accompagnavano il movimento. Le afferrai i fianchi generosi con le mani e la spinsi ancora più giù con forza verso di me, penetrandola ancora più in profondità. Ormai lei accompagnava i movimenti della mia lingua ondeggiando su e giù, schiacciandosi contro la mia bocca per trarne il massimo del piacere. Vedevo i suoi seni ondeggiare alti sopra di me e la sua testa rovesciarsi all’indietro; il sudore le imperlava tutto il corpo e le mie mani facevano fatica a trattenerla scivolando sui fianchi, per cui passai a massaggiarle le natiche sode e tese procedendo sempre più verso il basso. Le mie dita incontrarono alfine la sua apertura anale che, al contatto, si contrasse d’istinto; il sudore unito alle sue secrezioni avevano però così intriso di liquido la zona che il mio dito, appena appoggiato sull’apertura, non trovò quasi ostacoli ad entrarvi delicatamente strappandole un altro grido di piacere. Lingua e dito si unirono quindi in un movimento sincrono per percorrere le sue meravigliose profondità portandola ad un livello di eccitazione molto intenso che percepii attraverso la tensione muscolare che si estese a tutte le sue membra. Stava già godendo da un paio di minuti un orgasmo controllato che evitava di far esplodere per protrarne il piacere quando rapidamente si ritrasse per scendere ad impalarsi sul pene che l’aspettava ansioso; cominciò quindi a scoparmi con forza crescente dandosi continui colpi di reni che la portavano ad infilzarsi sempre più in profondità. Arrivò a liberare il suo orgasmo senza freni e le sue grida di piacere squarciarono il silenzio dell’alba; non so quanto durò ma non fu certo un attimo perché faticai molto a trattenermi per resistere fino alla fine; quando sentii che ormai lei era agli sgoccioli mi lasciai andare a godere, rovesciando tutto il mio sperma dentro le sue profondità più recondite; sentivo il pene sussultare ripetutamente sotto le contrazioni che accompagnavano la successione degli schizzi e questo le provocò un ultimo breve ma intenso orgasmo. Avevamo finito quasi contemporaneamente e si accasciò sopra di me sudata ed ansante. Le accarezzai i capelli ed il corpo bagnato, assaporando, ormai sazio, la morbidezza delle sue forme e la piacevolezza della sua pelle liscia e tesa. Lei si aggiustò voluttuosamente sopra di me, continuando però a trattenere dentro di se il membro ancora parzialmente turgido attorno al quale sentivo scolare giù, sui testicoli e sulle cosce, il mischio dei nostri liquidi, ultima testimonianza del fantastico amplesso vissuto. Ci addormentammo così e ci risvegliammo che ormai era mattina inoltrata. Quando infine scendemmo il portiere ci guardò sornione ammiccando e chiedendoci se avevamo passato una buona nottata. Notai la perplessità nei suoi occhi quando lo vidi guardarci, attraverso i vetri, andar via su due macchine diverse!
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