Io e Marco ci conoscevamo da quando eravamo piccoli, il destino aveva voluto che frequentassimo le stesse scuole fino al diploma. La nostra era la classica amicizia tra uomo e donna che tutti dicono sia impossibile che esista se non supportata da qualche interesse da parte di uno dei due, ma per noi non era così, conducevamo vite separate fuori la scuola e la presenza di uno nella vita dell’altro non era mai invadente…per capirci, non c’erano mai state uscite a quattro con i nostri rispettivi partner, però sapevamo di poter contare l’una sull’altro per un consiglio, una spalla su cui piangere o un pettegolezzo su cui sghignazzare per un intero pomeriggio. A dicembre eravamo stati mollati entrambi dai nostri “lui” e “lei”, così a marzo pianificammo di partire insieme per le vacanze alla fine di luglio. Scegliemmo un villaggio sulla costa ma che si sviluppava alle pendici di una montagna, soddisfacendo in questo modo la sua grande passione per il mare e la mia per le alte vette. Arrivati però al villaggio ci comunicarono che a causa di problemi idraulici una ala dell’hotel era inagibile, quindi ci chiesero se potevano alloggiarci nella stessa camera, e per scusarsi dell’inconveniente avrebbero fatto pagare il soggiorno ad una persona sola. L’idea di spendere la metà ci convinse ad accettare, tanto non eravamo due estranei e poi anche durante varie gite scolastiche ci era capitato di dormire nella stessa stanza (ricordate quanto era divertente dividere la camera con otto tra compagni e compagne giusto per fare baldoria alle spalle dei professori?). Aprimmo le valigie, sistemammo alla meglio i vestiti nell’armadio e mentre lui era in bagno a cambiarsi e mettersi il costume, io indossai il mio bikini rosso corallo. Prendemmo ognuno un asciugamano, la crema solare, gli occhiali da sole e ci dirigemmo alla spiaggia. Dato che avevamo maggiori disponibilità finanziarie e la sua patente nautica presa l’estate precedente, affittammo un gommone per visitare le grotte dissemi! nate lungo la costa. Ogni angolo di mare di una tonalità di azzurro o verde differente da quello precedentemente visto, era la scusa buona per tuffarci ed esplorare le profondità marine, in apnea, mano nella mano. E quando risalivamo a prendere fiato era tutto uno sfiorarsi, un attorcigliarsi e un farci i dispetti, tanto che per ridere più di una volta avevamo ingoiato l’acqua. Trascorremmo la giornata fuori, tra calette inaccessibili dalla strada e grotte nascoste. Alla fine eravamo talmente stanchi che prima di rientrare in camera passammo al ristorante per prendere la frutta che avremmo mangiato per cena sul balcone della nostra stanza. Entrai in bagno per farmi la doccia, lo sportello arrivava all’altezza del viso. Lui bussò e mi chiese se poteva entrare per sciacquarsi le mani. Gli dissi di sì, tanto lo sportello aveva il vetro opaco lavorato sebbene fosse semitrasparente, ma mentre si asciugava le mani vidi che fissava le mie forme, indugiando all’altezza del pube e del seno. Scherzando sul fatto che stesse facendo il guardone lo invitai ad uscire, ma l’espressione che aveva assunto il suo viso mi turbò. Uscita dalla doccia infilai gli slip, il reggiseno ed una vestaglietta di seta rossa con disegni cinesi, corta fino a metà coscia e gli lasciai il bagno libero, andando a spazzolare i capelli bagnati sul balcone, asciugandoli con la leggera brezza che spirava dal mare e gli ultimi raggi di sole. Lui fece la doccia in un lampo, lo sentiì borbottare qualcosa riguardo ad un paio di calzoncini che non riusciva a trovare, ma non mi girai, rimasi poggiata allo stipite della finestra, con gli occhi fissi sulle piccole onde che s’infrangevano sulla spiaggia ormai deserta. Non mi accorsi che si era avvicinato se non quando le sue braccia mi circondarono le spalle, mi strinse al suo petto e mi sussurrò che ero bellissima immersa nella luce del tramonto. Reclinai la testa sulla sua spalla ed appoggiai la schiena sul suo torace;quando sentiì il suo membro ingrossato che premeva ! contro le mie natiche capiì che il mio turbamento era stato provocato dal suo sguardo carico di desiderio, uno sguardo che avevo visto solo nei miei fidanzati, mai in lui. Mi disse che il contrasto tra il rosso del bikini e la mia pelle candida gli aveva procurato erezioni talmente violente che il pene gli aveva fatto male tutto il giorno dato che non aveva potuto soddisfare la voglia di possedermi, ed ora che la mia pelle stava acquistando colore aveva voglia di esplorarla con la lingua e le labbra. Io gli dissi che non mi ero accorta di nulla durante il giorno e che se avessi saputo che aveva tali reazioni alla mia vicinanza avrei evitato di strusciarmi su di lui per giocare. Mi allontanai, ed andai a sedermi sul parapetto in muratura del balcone, piantando il mio sguardo verso di lui, la sua rivelazione mi aveva un pochino infastidita, soprattutto perché era una cosa che non avevo previsto, per me era una complicazione, mentre da lui volevo solo amicizia. Mi disse “lo sai che m’ infastidisce vederti seduta così, ho sempre paura che tu possa cadere”. In effetti quell’altezza avrebbe infastidito chiunque, eravamo al quinto piano, ma non me, non soffrivo di vertigini, anzi, il rischio di cadere nel vuoto mi aveva sempre affascinato e mi aveva spinto a praticare free climbing senza corde, solo con la forza della mia mente, dei miei muscoli e l’adrenalina che pervade il corpo in quei momenti. Venne verso di me, allargò le mie gambe e prendendomi per i fianchi avvicinò il mio bacino al suo. Indossava solo i boxer, ovviamente non nascondevano il suo membro eretto che ora spingeva contro le mie mutandine. Nonostante il disappunto, non me la sentiì di allontanarlo da me, non mi andava di ferirlo anche perché la sua voce ed il suo sguardo tradivano la forte emozione che stava provando, e quando mi bisbigliò contro la bocca “ho voglia di morire dentro di te”, non riusciì a dirgli che forse sarebbe stato un errore, che forse avremmo rovinato tutto, che forse anch’io stavo combattendo ! contro il desiderio fortissimo di lasciarmi andare. Non opposi resistenza quando tirò fuori il suo membro dai boxer, scostò le mutandine e me lo infilò dentro. Io reclinai il busto all’indietro, gli strinsi le mani dietro la nuca e lasciai che il suo pene uscisse ed entrasse, godendo delle stupende sensazioni che giungevano dal mio basso ventre. Lui venne quasi subito, e quando si ritrasse mi chiese scusa per non avermi aspettato, mi disse che era la prima volta che durava così poco e non riusciva a capacitarsi di come potesse essere accaduto. Lo rassicurai che era tutto a posto, ormai l’astio era stato sostituito dalla tenerezza, dall’eccitazione, dall’irrefrenabile voglia di abbandonarmi a lui. Mi prese tra le braccia e mi adagiò sul letto, togliendomi gli slip. Con un sorrisetto malizioso mi disse “Adesso mi riscatto e ti faccio impazzire”. Completamente rasserenata lo provocai invitandolo a dimostrarmi le sue capacità e non si fece attendere. Si mise un chicco d’uva in bocca e si avvicinò alla mia vagina, spremendolo leggermente mentre con la polpa fresca del frutto solleticava ogni angolo del mio sesso. Poi venne verso la mia bocca e lasciò che succhiassi quel nettare che gocciava dal chicco, un nettare agrodolce formato dal succo dell’uva, dal suo sperma, che precedentemente aveva lasciato dentro di me e dai miei umori, fino a quando poggiò il chicco sulle mie labbra e lo spinse dentro per farmelo mangiare. Mentre ancora gustavo quella delizia, prese le mie caviglie tra le mani, alzò le mie gambe e scese a leccarmi il succo rimasto sulla pelle, la lingua bollente s’insinuava in ogni piccolissima piega della mia vagina fino all’ano. Mi torturò a lungo in questo modo e quando il sapore dolce dell’uva svanì fece la stessa cosa con un pezzetto d’anguria, ma prima d’imboccarmi si fermò a torturarmi i capezzoli resi duri e sensibili da questo sensualissimo gioco. Mi stava facendo impazzire davvero e quando non ce la feci più ad aspettare lo implorai di rientrare dentro di ! me. Lui eresse il busto, mi fece agganciare i piedi dietro il suo collo e mi entrò nel buchino del fondoschiena. Ogni spinta provocava dolore misto a piacere e quando mi disse “Abbandonati alle emozioni, lascia che anche la tua mente abbia un orgasmo” le contrazioni coinvolsero non solo la vagina ma anche l’ano, e lui continuò a penetrarmi per godere del mio piacere. Ero sconvolta, perché mi era piaciuto da morire e non potevo credere su quel letto ci fosse proprio lui, il mio migliore amico. Se ne accorse, si mise seduto e mi prese tra le braccia come aveva fatto prima, toccandomi con delicatezza e sicurezza come se stesse maneggiando una preziosa statuina di porcellana che può cadere e andare in frantumi. Mi sentiì protetta e amata come non mi era mai successo prima. Lui mi prese il mento tra le dita, costringendomi ad incrociare il suo sguardo e mi disse “credo di essermi innamorato di te e credo che sia lo stesso sentimento che tu hai cercato di reprimere fin’ora”. Aveva ragione, come sempre, e fui felice per la prima volta nella mia vita, mentre l’ultimo pezzetto di sole affondava lentamente nell’orizzonte. Un bacio è un amabile trucco inventato dalla natura per far smettere di parlare quando le parole diventano superflue.
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