“Amore, e… se sabato prossimo andassimo al lago?” chiese Marco con gli occhi fissi sul body perizoma in pizzo che copriva appena il corpo snello di Martina, la sua ragazza. Lei non rispose, e lui muto, ristette a fissare ancora per qualche attimo le dita di Martina che correvano svelte lungo le due strisce di stoffa soffice e traforata allacciate attorno al collo. Solo allora lei gli ricambiò lo sguardo squadrandolo circospetta “Da soli?” gli chiese con un leggero sospiro portandosi le mani dietro la schiena totalmente nuda a cercare i gancini del reggiseno. “No, inviterei anche Sandra” rispose piatto Marco aiutandola solerte con i gancini. “E perché?” chiese Martina voltando la testa quasi di scatto. Marco allargò le braccia fissando il volto contrito di Martina, e con estrema disinvoltura proruppe gioviale “E solo per fartela conoscere meglio e scopare un po’!” Lei tornò a voltarsi di scatto “Non ho capito lei con chi dovrebbe scopare?” chiese sempre più accigliata. “Ma con noi, no?” le rispose serafico giocando con il reggiseno di pizzo rimastogli in mano, imitando inconsapevolmente Martina che a sua volta con le mani stropicciava nervosa il corpetto. La stoffa era disegnata a fiori selvaggi ricamati sul pizzo, che s’arrampicavano verso il seno lasciandole scoperto l’ombelico. Quindi Martina con un sol gesto incrociò le braccia stringendo nei pugni i bordi frastagliati dell’indumento, e in un batter di ciglia si sbarazzò del corpetto che la rendeva ancora più sexy ed estremamente sensuale. I seni ondeggiarono liberi, il bacino oscillò dolcemente sensuale ma la replica fu dura e inequivocabile “Io con tua sorella non scopo!” Marco sbuffò accigliato. La sua donna non era il tipo di ragazza che si rifiutava per partito preso. Strinse gli occhi nell’inutile ricerca spasmodica di un qualcosa che non esisteva e indispettito rimase zitto. Era evidente che Martina era in polemica con lui, come era altrettanto vero che lei non aveva mai disdegnato senza un più che valido motivo una scopata con amici o dei semplici conoscenti. “Ma non dire stronzate!” ribatté sprezzante e assolutamente insofferente verso quegli atteggiamenti puramente ideologici “L’altra sera alla festa di facoltà ti sei fatta scopare da mezzo dipartimento di fisica” Lei l’affrontò in cagnesco, ma dalle sue labbra non uscì nemmeno un monosillabo. Era innegabile che la situazione era paradossale. Entrambi amavano il sesso di gruppo, e anche prima di conoscersi lo consideravano un gioco innocente da esaltare, da vivere. Non a caso erano soliti frequentare i loro comuni amici per allegri ritrovi dove la musica era alta, la birra scorreva a fiumi e dove c’era l’assoluto divieto di indossare alcun capo di vestiario, specialmente per le ragazze. Marco schioccò la lingua. Martina l’aveva conosciuta proprio ad una di queste feste di compleanno, e come voleva la migliore tradizione ci si era subito fidanzato. Grazie ad un invito galeotto fatto dagli amici per gli amici l’aveva notata con il viso immerso fra le cosce della festeggiata. Da quello sguardo era partito il fulmine! Da quel preciso istante aveva capito che non avrebbe mai più scordato tanto presto quel visetto luminoso dalle gote macchiate del suo sperma e dagli umori di chi sa quale altra ragazza, o ragazzo. A distanza di mesi, da quella fantastica domenica pomeriggio, ricordava distintamente i mugolii delle amiche e degli amici, la musica assordante e ovviamente il piacere di penetrare la diafana ragazza a carponi sul tappeto. Noncurante del gelo urticante che si era frapposto fra loro si trastullò indolente con i ricordi ancora orgogliosamente impressi in ogni sua terminazione nervosa. Canticchiò con spavalderia quel motivetto ritmato che lieto gli risuonava nelle orecchie, e che allora aveva piacevolmente ascoltato per la prima volta a tutto volume dall’impianto stereo della villa inframmezzato ai vagiti della festeggiata e degli altri presenti. Era innegabile. Le cose veramente belle da ricordare, quelle a cui appellarsi con tutte le proprie forze, erano tante e allo stesso tempo poche, ma essenziali. Non poteva e soprattutto non voleva ignorarle perché erano li a ribadirgli che quella ragazza arrabbiata che lo guardava odiosa era Martina, la sua Martina. Ed erano quelli i mille e più particolari, le mille e più sensazioni che lo rendevano ogni giorno più forte e fiero della sua donna. Tra i tanti momenti felici gli piaceva esaltarne uno, particolare e privatissimo: il momento del loro primo incontro. Aveva scolpito in qualche angolo del suo cervello un immagine così vivida che aveva il potere in qualunque istante di infiammarlo, di fargli perdere il controllo dei sensi. Quello speciale grimaldello, quel ripido dosso scosceso lungo il quale ruzzolava il suo entusiasmo era incarnato dalle lunghe mani affusolate di Martina, che sdraiata sul canapè e con la testa infilata sotto un bel paio di lunghe gambe femminili, teneva aperte le cosce della festeggiata ingolosita dalla penetrazione. Quello era stato il loro primo incontro: entrambi si stavano dedicando alla bionda dalla lunghe gambe di alabastro che festeggiava così il suo ventisettesimo compleanno. Prima di quel fatidico pomeriggio Marco non aveva mai avuto l’occasione di conoscere il suo grande amore, e così era stato per Martina, invitata dalla festeggiata sua grande amica. Marco indaffarato dalla penetrazione non aveva avuto il modo di scorgere il volto di Martina, ma era sicuro che gli occhi della sua futura donna non si erano persi, neanche per un solo instante, il suo pene affondato nella bionda. Era rimasta a lungo rintanata tra le cosce della festeggiata e solo di quando in quando, attenta a non disturbare il coito, aveva asciugato con la lingua quella vagina madida di umori e già occupata da un pene particolarmente eccitato. Questo era accaduto nella pause e Marco fermo dentro la sua dama di alabastro aveva percepito chiaramente il giocare di lingua di Martina che si infrangeva ora sul suo pene, ora sul clitoride della festeggiata. Ogni volta che le lunghe dita di Martina avevano toccato, giocato lusingando il corpo fremente della festeggiata Marco aveva subito la stretta dei muscoli vaginali, tanto da costringerlo istantaneamente ad accelerare correndo incontro all’orgasmo. Prima di staccarsi ed eiaculare sulla schiena bianca e liscia della bionda, inginocchiato e ancora conficcato tra quelle natiche, aveva impresso gli ultimi affondi decisi stringendole con forza i lombi guizzanti. E quando stava ancora prendendo la decisione se sprizzarle il seme sulla schiena o prendere la via del retto aveva di nuovo avvertito quell’ignoto tocco morbido di lingua che ora gli solleticava lo scroto. Con il pene conficcato per metà aveva guardato istintivamente verso il basso, e un viso radioso l’aveva inesorabilmente catturato. La fronte, le gote, il mento e i capelli umidi di sudore e sperma l’avevano intrigato a tal punto, che non aveva potuto fare a meno di inginocchiarsi immediatamente sulla sconosciuta offrendole il pene prossimo all’eiaculazione. I giorni successivi, per quanto avesse cercato di ricostruire l’accaduto, non era mai riuscito a ricordare quando la statuaria Martina s’era infilata tra le cosce della festeggiata. Ma adesso quel visino angelico e disarmante lo stava squadrando cattivo “Embé? Con tua sorella, no!” impose una volta di più Martina. Le labbra erano tirate, la fronte aggrottata ma gli occhi non erano duri. Marco si rilassò leggermente. Capiva che in fondo quelle erano solo delle rimostranze puerili d’una ragazzina inutilmente gelosa, e di conseguenza innocue malgrado non né avesse ancora appreso completamente la natura. Doveva capire, doveva comprendere ma assolutamente non voleva angariare gratuitamente la sua donna in alcun modo. Stavano insieme ormai da sei mesi; ed erano già un mucchio di minuti, di ore e di giorni che significavano molto per lui. Avevano potuto vivere assieme tanti bei momenti d’amore puro e molte feste di sesso sfrenato assieme ai loro amici. In tanti, nudi e nella stessa casa. Bei momenti ma vissuti sempre senza sua sorella. “Non fare l’isterica! Mi dici perché con Sandra non lo vuoi fare?” Martina in un unico gesto sì sbarazzò del perizoma di pizzo bianco maliziosamente fiorito sul pube. Giocò per qualche attimo sfregando i polpastrelli sul disegno esuberante a fiori che sembrava sbocciare sulla pelle. Poi, nuda, replicò “Se ho detto di no, ed è no!” Marco prima di risponderle perse gli occhi, la parola e la cognizione del tempo rimirando il corpo nudo ed atletico di Martina. Il collo era lungo, le spalle dritte ma non imponenti, il seno piccolo e tonico, i fianchi dolci e la vita stretta. Le gambe erano forse un po’ troppo lunghe ma si completavano alla perfezione con il ventre piatto dal pube perennemente rasato. Capì una volta di più d’essere vertiginosamente innamorato di lei, ma quello non era il momento delle smancerie e replicò con altrettanta durezza “Uh, che lagna! Te lo dico io perché non ci vuoi scopare, perché sei gelosa di lei!” Martina sfiorandosi il pube con le dita constatò che aveva ancora da radersi prima che il giorno fosse finito, e dirigendosi verso il bagno gli urlò dietro “Ma di che vai cianciando?” Marco rimastole dietro di qualche passo replicò con voce ferma “Vedi che ho ragione! Non vi eravate mai praticamente parlate prima e finché non ti ho detto che da anni ci scopo assieme… tu, tu non hai mai detto beh! Ma da quando lo sai… mi fai sentire queste scene di gelosia del cazzo!” “E allora non posso essere gelosa?” replicò Martina con la testa letteralmente ficcata nell’armadietto dei cosmetici nella ricerca scomposta di qualcosa che non si faceva trovare. Marco, gesticolando ampiamente, s’affacciò sulla porta del bagno e apostrofandola in tono canzonatorio l’aggredì verbalmente “No, no pallina! Così non va bene, io con Sandra ci posso scopare quando voglio, perché lei è solo mia sorella e a noi sta bene così! E se tu sei gelosa di una scopata è un problema solo tuo!” “Va bene! Allora è finita, me né vado. Vai pure a scoparti quella troia di tua sorella” gli rispose urlando tra le lacrime dopo avergli chiuso la porta in faccia. “Va bene! Cosa aspetti!?” le rispose rauco di rimanendo con il viso poggiato quanto più possibile alla porta. “Non lo so cosa mi trattenga dal metterti le mani addosso” replicò singhiozzando Martina. “La porta chiusa! E’ questa cazzo porta chiusa che ti impedisce di andartene” urlò Marco canzonandola e allontanandosi mormorò sottovoce “Oddio ecco un’altra finta gelosa, un’altra gelosa del cazzo!” sacramentò dando una manata contro lo stipite della camera. Lei sembrò comunque averlo udito e con voce più ferma chiese attraverso la porta “Come?” Marco con tre falcate ritornò nei pressi del bagno e appoggiatosi alla porta con voce alterata sbraitò “Non lo sai? Te lo dico io! In realtà non è la porta che ti trattiene, ma è proprio il sentirsi un po’ cogliona a lasciare il proprio uomo solo perché scopa con la sorella… e in effetti ed è da dementi essere gelose della cognata! A meno che tu non sia lesbica… non ti sarai mica innamorata di Sandra?” “Stronzo!” “Si, stronzo ma intelligente, sì stronzo ma libero… sì stronzo ma con dignità!” -Qualche giorno prima…- Erano passate da poco le diciotto quando Marco, rincasato dal lavoro, aveva trovato la sorella ancora china su i libri. Non sapeva se invidiarla, oppure no. Si era laureato da circa otto mesi e da quasi due lavorava in una grande multinazionale. Mentre Sandra, al terzo anno di economia e commercio, si stava ancora godendo appieno lo status di studentessa libera da qualsiasi vincolo lavorativo. Dal corridoio ristette a spiarla seduta alla scrivania della sua camera. Indossava i soliti shorts elasticizzati che lui tanto adorava. Il tessuto elastico aderiva e si modellava insinuandosi in ogni piega tanto da sembrare una seconda pelle. Infine una canotta bianca da uomo appartenuta a lui le copriva a malapena i seni che difficilmente potevano essere contenuti da un qualsiasi altro tipo di indumento. Il respiro era regolare e la matita si muoveva piano mossa da dita quasi immobili sul libro aperto. Marco senza fare rumore si avvicinò e quando le fu di spalle con un rapido scatto l’abbracciò iniziando a giocare con i suoi seni. Sandra saltò sulla sedia ma fu felice di sentire sul proprio corpo le mani impetuose e maschie del fratello. Marco la lusingò giocando con i suoi capezzoli duri e ritti per alcuni secondi. Lentamente e delicatamente le massaggiò i seni finché non finì per scegliere inevitabilmente la vulva dai contorni netti, segnati dalla stoffa elasticizzata degli shorts. “Sandra, hai voglia di farlo adesso?” le chiese quando il respiro della sorella cambiò inesorabilmente il passo. “No, dai Marco debbo finire di leggermi la dispensa per l’esamino di statistica, ed è solo la seconda volta che la leggo” rispose aggiustandosi il cavallo degli shorts insinuato, ancora più in profondità, dal massaggio del fratello. Marco non sì diede per vinto e presa la mano della sorella la poggiò sulla patta dei pantaloni “Ma dai sorellina, ho un cazzo così duro, ho una voglia così forte che se non me la dai mi faccio una sega, e me la faccio qui davanti a te!” Sandra fingendo d’essere piccata sbuffò “Uff ma vai da Martina, no? E poi non so perché ma da quando ti sei laureato sembra che il tempo per te si sprechi” poi smettendo di colpo la recita slacciò prima la cintura dei pantaloni e quindi abbassò la zip. Marco con estrema calma aiutò la sorella. Finì di abbassarsi i pantaloni e impalato rimase in piedi vicino a lei con indosso solo le mutande. Con un tintinnio la cintura aveva toccato terra e a Sandra non era restato che guardare con cupidigia il rigonfiamento delle mutande che avvolgevano il sesso. Il pene era a meno di un palmo dal suo naso, era così vicino che poteva già godere dei primi effluvi odorosi. Marco presala per la testa l’accompagnò fino a farle appoggiare la bocca sulla stoffa tesa delle mutande, sussurrandole malizioso “Va bene intanto io mi tolgo la camicia. Ma perché tu oggi sei vestita, non è che hai le tue cose?” “Ma no! Mi scopi da una vita e dovresti sapere che prendo la pillola” rispose Sandra infilando le dita sotto la stoffa delle mutande a cercare la carne tesa e calda. Marco sì abbassò l’indumento intimo ed il pene ritto senza più costrizioni reclinò sino a battere contro le tempie della ragazza. Sandra sì voltò leggermente verso il fratello ed il pene scivolò dalle tempie al naso rimanendo poggiato, fermo, sulle labbra “E allora perché sei vestita?” Sandra prima di rispondere impugnò il pene e, dopo averlo baciato in punta, abbassò completamente la pelle che ricopriva il glande “Perché se rimango con la passera al vento finisce che ho le mani sempre li” “Ma è proprio per quello che stiamo nudi, per toccarci, scopare” rispose il ragazzo stringendo i muscoli delle natiche quando la sorella posò nuovamente le labbra e poi la lingua sul glande ormai ben lubrificato. Sandra gli sorrise ed affondò il viso sul pube particolarmente peloso del fratello, tanto che la peluria si stendeva fin oltre l’ombelico. Strizzò il pene alla base un paio di volte e poi molto lentamente tornò a rilasciarlo solennemente “Sono infoiata, Marco lo capisci o no?” “Allora scopiamo, teh, guarda se non è bello oggi il mio bel corazziere” le propose sfiorando il pene, dal glande umido di saliva ed umori, disegnando magici itinerari sulle gote imporporate della sorella. “Ehi, ehi un cazzo così non lo sì può lasciar perdere” rispose giocosa Sandra dopo averlo impugnato di nuovo mimando l’uso d’un microfono. “Allora senti il mio programmino, te lo faccio sentire nella passerina finché non vieni e poi ti sborro addosso… ti macchio i capelli” disse d’un sol fiato aiutandola a togliersi la sua canotta, più larga di due misure. “Maiale” “Si! Sono il tuo porcello di casa… sono il tuo porcello personale e tu la mia maialina tuttofare” rispose rauco prendendole in mano entrambi i seni. Sandra sì gustò il massaggio del fratello finché i capezzoli non le fecero male, quindi con gli occhi brillanti d’eccitazione sì alzò dalla sedia abbassandosi gli short. L’indumento estremamente elastico sì arrotolò lungo i fianchi sino a cadere lungo le gambe lasciandola nuda, disponibile e vogliosa, ad un palmo dal pene teso di Marco. Rimasta in piedi di fronte al fratello tornò ad impugnare il pene “I capelli no, che sono stata ieri dal parrucchiere, e già l’altra volta mi ha detto: ma Sandra che gel usi? E’ parecchio fissante, ed è difficile da tirar via” Marco le restituì il favore e con due dita andò a contornare il perimetro esterno del pube meticolosamente depilato “E tu le potevi dire: è la sborra del mio fratellino porcellino” “Scemo!” rispose giocosa Sandra; le dita del fratello erano ormai quasi dentro di lei. “Allora, ti va il programma?” chiese Marco spingendola verso il letto. Sandra s’adagiò sul suo ampio letto dove spesso avevano dormito assieme. Si spalancò le labbra della vagina con le dita e lo invitò su di lei, esortandolo “Sì, ma vedi di venirmi in faccia dopo che ho goduto almeno una volta… oppure direttamente in bocca” “Si, sì miscredente, però, mettiti a pancia in giù. Perché io la sorellina porcellina me la scopo solo alla pecorina” le rispose con una calda voce arrochita dal desiderio carezzandole l’interno delle cosce. Sandra sì rivoltò all’istante offrendosi al fratello con il sedere spinto verso alto, in ginocchio sul letto. Percepì il lento schiudersi delle grandi labbra e il solco delle natiche sempre più divaricato. Gemette dal piacere e guardando il fratello dal basso verso l’alto quasi l’implorò “Marco, quando ho dato l’esame di statistica ci chiudiamo in casa per due giorni e tu mi insegni a prenderlo nel culo. Promettimelo, dai promettimi di sì” Sandra sempre inginocchiata sul letto sì spalancò la vulva con le dita abbassandosi sino a schiacciare i seni sul letto. Marco capì una volta di più che la sorella stava morendo dalla voglia d’essere penetrata. Si posizionò dietro di lei, le carezzò la schiena e con molta delicatezza s’apprestò a scoparla. Superò a stento la resistenza delle labbra esterne spingendosi lentamente in profondità fino a poggiare il pube alle sue natiche. Quando fu fermo dentro di lei raggiunse per un attimo i seni con le dita sussurrandole “Va bene Sandra però tu mi devi promettere che proverai a farlo con Martina. In fondo lei è la mia ragazza, tu sei mia sorella e la figa piace a tante ragazze, non capisco perché tu ti ostini a non voler venire con noi” “Coglione, a me la figa piace. E’ solo che non voglio farlo con lei” rispose Sandra. Marco rimase immobile ancora per qualche secondo senza rispondere. Le contrazioni vaginali che percepiva erano l’eco speculare delle sensazioni che la sorella stava provando. Si mosse leggermente dosando immobilità e movimento godendo di ogni minima contrazione fin quando percepì con sicurezza che la sorella stava per raggiungere l’orgasmo. Allora accelerò nei movimenti evitando gli strattoni, finché, dopo un paio d’affondi ben vibrati, spinse il pene ancora più in profondità. Sandra cominciò ad ansimare e a godere. L’esortava a continuare e lui in preda ad un arrapamento animale esaudiva ogni suo desiderio. Prostrata sulle ginocchia ansimava per l’affanno, e pian piano, in quella condizione di impotenza, s’eccitò a tal punto che iniziò a dimenarsi scompostamente persa nel turbinio della libidine. Il pene di Marco era bollente e sentirlo così prepotente dentro di lei la faceva urlare e incitare come un ossessa. Marco capiva d’essere al tempo stesso protagonista e spettatore, animale da monta e guardone. Era estasiato. Si muoveva in perfetto accordo con la sorella, ma la guardava anche muovere i fianchi con energia affondandosi il membro nella vagina, danzando contro di lui, scatenarsi e godere. La trattenne per i fianchi fin quando lei non raggiunse l’orgasmo urlando. Solo allora il letto smise di cigolare e i toraci di ansimare, e fermo immobile, inginocchiato dietro di lei la seguì con lo sguardo accasciarsi sul letto esausta. Aveva preferito vederla staccarsi da sola e allora, solo allora, con il membro gocciolate, l’aveva rovesciata sotto di se. Accovacciato sul suo torace le aveva poggiato subito il pene sul viso, e subito la prima goccia di sperma aveva zampillato festante sul mento, sulla bocca e sulle guance di Sandra. Dopo quel primo segnale le mani di entrambi avevano preso a muoversi frenetiche. Marco si masturbava e la sorella si spalmava lo sperma sul viso. Marco prendeva la mira e Sandra si succhiava le dita. “Tu non vuoi leccare Martina solo perché sei gelosa di lei” le rinfacciò in un attimo di calma. Sandra afferrò il pene del fratello e dopo aver risucchiato sonoramente l’ultimo grumo di sperma rispose quasi scocciata “Se la pensi così allora vai a scoparti la tua donna!” Marco tacque. Non poteva sapere ma la medesima risposta l’avrebbe ricevuta dalla stessa Martina qualche giorno più tardi. Sandra malgrado il commento poco felice non si mosse dal letto rimanendo sdraiata sotto il fratello, e lui con molta delicatezza prese allora a carezzarle la rettilinea e perfetta vulva fulcro idoneo per un paio di gambe nervose e sode. Introdusse il medio nella fessura sfiorando con estrema delicatezza clitoride bagnato. Sandra gemette ansimando di piacere, e fu allora che Marco le disse “Adesso non essere ingiusta, tu sei sempre mia sorella, con te scoperò sempre e proprio perché non voglio smettere di farlo è meglio che abituiamo Martina a scopare insieme a noi” Sandra sospirò gemendo “Illuso” replicò caustica malgrado si sapesse in quel atmosfera inebriante, sdraiata sul letto ad ammirare la bellezza infinita di un pene ancora in erezione e assaporando il gusto e l’odore voluttuoso del sesso che profumava la stanza di maschio e di femmina. “Ecco, e sarebbe anche il caso che tu ti trovassi un amico cosi facciamo doppia coppia” le rispose cocciuto Marco distendendosi tra le sue gambe. Sandra percepì le dita del fratello che l’aprivano tutta. Alzò la testa. Guardò il suo clitoride che svettava per il fratello. Iniziò a godere subito, non appena Marco iniziò a succhiare le labbra viscide degli umori di entrambi. “Cosa vuoi fare, la vuoi portare a casa quando anche ci sono io?” chiese Sandra in preda al godimento, ch’era il proseguimento dell’orgasmo precedente. Il suo corpo sembrava non voler smettere assolutamente di godere e di dimenarsi. Marco di conseguenza non aveva nessuna intenzione di smettere di succhiare e leccare la vulva della sorella, finché durante una pausa non le disse rauco “Si, voglio vedervi l’una sull’altra. Voglio vedervi venire in faccia l’una con l’altra, voglio vedervi ubriache delle vostre fiche” Il pensiero di rifiutare di incontrare la ragazza di suo fratello, prima forte e protervo, la sfiorò solo per un attimo, e quindi l’abbandonò. Era un gesto sciocco, infantile ed inutile. Richiuse gli occhi e dischiuse le labbra “Va bene, scoperò con lei” pensò “In fondo è solo al donna di mio fratello!” Martina cercò qualcosa nello zaino borsa. Un fazzoletto. Una penna. Un pacchetto di sigarette. Cercare oggetti nella borsa nei momenti di sconforto sembrava essere per una donna l’unica via di fuga. “Capisci? Vuole farmi scopare assieme alla sorella! Altro che sabato di relax, un bel sabato di merda!” disse impugnando delle chiavi, e così come un ebete rimase immobile per qualche secondo, artigliata dal terrore ottuso d’essere abbandonata. “E dai, adesso esageri! Ti conosco fin troppo bene per capire che c’è sotto dell’altro!” replicò la bionda alta e sottile. “No, no è come ho detto!” rispose sentendosi ingorgare il cuore in gola tanto da dover deglutire per poter ritornare a respirare. “Ma chi ci crede! Tu proprio tu che schifi scopare per due giorni di fila? Ma non farmi ridere! Di piuttosto che ti sta antipatica sua sorella, sei più credibile” Martina sveltì senza ragione il passo in quell’istante e barcollando tra la folla che la sfiorava percepì appena l’intensità dello sguardo di Lucilla che cercava di mantenere il contatto suoi occhi “Non è neanche quello il motivo” rispose netta chiedendosi in silenzio se l’amica avesse effettivamente compreso quel malessere che non calava, che dentro di lei non si placava. Ch’era così forte. Così prepotente “Sua sorella, se vuoi, mi è anche simpatica.” ansimò “No, no le cose sono altre!” aggiunse poi con un filo di voce. “Allora non dirmi che ti fa schifo scopare con la tua futura cognata?” “Ma quale cognata, stiamo assieme da poco, e poi il problema è lui! Che bisogno ha di scoparci assieme, eh?” chiese affogandosi con le sue stesse parole, ma gli occhi, al contrario della voce, brillarono lucenti. “Ma scusa, ma tu di che ti impicci? A te cosa frega se lui ci scopa assieme. E poi, parli proprio tu che sei sempre stata per la scopata libera. E anche lui mi pare, no? E se non sbaglio quando l’hai visto per la prima volta… il suo coso era dentro di me… e forse se tu non l’avessi distratto me lo avrebbe anche picchiato in culo! Ed era il mio culo, la mia fica che lui si stava scopando! Ricordi?” Martina annuì. “Bene, allora sei gelosa anche di me?” “No, di te no” “E allora, qual è il problema?” Martina in quel secondo desiderò essere nei pensieri di Sandra, di essere scrutata a fondo dalla sorella del suo uomo e a sua volta voleva ricambiare quell’ipotetico sguardo negli occhi “Ma è sua sorella! Io per esempio non ci scopo con mia sorella!” rispose rancorosa, ma al contempo desiderosa d’essere compresa per tutto ciò che era, per quello che significava la sua felicità, per la gioia d’essere la donna di Marco. “Certo, sei figlia unica!” la canzonò cattiva Lucilla “Ma poi che discorsi mi fai? Vi amate, state bene insieme… noi tutti scopiamo assieme, quando possiamo andiamo in vacanza assieme… facciamo tutto assieme, e allora perché vuoi rovinare le amicizie, per una scopata con la sorella del tuo moroso?” Martina respirò forte “Ma lei è appunto sua sorella!” replicò ricercando spasmodicamente nell’aria viziata del bar l’odore di Marco lasciatole il giorno prima. Delusa sbatté le palpebre. Non aspirò altro che fumo di sigaretta e caffè bruciato, ma nonostante tutto l’odore di Marco era impresso nelle sue narici. Come era altrettanto netto il desiderio di lui di volerla ad ogni costo abbracciata all’inguine della sorella, a coronare quell’esplicita volontà di possederle entrambe mentre si baciavano vicendevolmente la vulva. “Di nuovo! Ma che differenza fa, e se fossi io, o un’altra? Cazzo Martina, il maschio è maschio, la femmina è femmina ed è naturale che si scopi! E poi e poi, che discussione scema da alienate. Se solo adesso che sei agli inizi ti fai delle storie… per delle scemate, figuriamoci per le cose grosse!” Martina scrollò le spalle in gesto pigro, svogliato “Che vuoi dire, che i miei problemi non sono problemi, che ti sto annoiando, che… che dovrei stare zitta perché questi sono solo fatti miei… eh?” “Adesso che fai offendi? E no carina, adesso non dire stronzate! La verità è che sei troppo innamorata di lui per capire con lucidità quello che ti sta capitando. Ed io questo lo capisco, è naturale, hai perso la testa per lui. Ma dimentica questa cazzo di guerra ipotetica con sua sorella per… per una banale ciucciata. Se non allenti la corda lo perdi! Per paura di… di… conoscere una che è solo la sorella… Ti lasci indietro l’uomo e l’amore” “Ma adesso per non perderlo cosa dovrei fare? Seguirlo in ogni sua fisima?” domandò percependo il proprio alito denso, intriso di rabbia e di stordimento. “Martina, non mi sembra che farsi due giorni al lago sua sorella… sia una fisima! Dai, non mi prendere per il culo! Hai scopato per molto meno, e se debbo dirtela tutta non credo affatto che ci siano dei problemi, quelli veri intendo, tra te e lei! C’è solo che sei innamorata pazza di Marco ma sei ancora un tantino troppo ingorda di lui” “Che vuol dire ingorda?” “Voglio dire che questa gelosia da pianerottolo t’ha fatto perdere la testa. Più dell’amore che provi per Marco. Ovviamente lei deve accettarti come compagna di suo fratello in tutto e per tutto, ma è altrettanto vero che anche tu devi riconoscere che lei è sua sorella e c’era prima di te! E con questo devi ricordarti sempre che, cazzo, giocate su piani diversi. E’ impossibile che vi pestiate i piedi! Lei in fin dei conti è solo sua sorella, non so se ti è chiaro?” Martina fece per rispondere ma Lucilla la bloccò di nuovo “Te l’ho già detto! Occhio che se continui ad essere così gelosa… per un problema che non c’è, prendi una sbandata che la metà basta!” Le pareti del bar erano grigie, scure come una giornata nebbiosa, e una fila di minuscoli di faretti alogeni illuminavano il bancone spargendo luce diretta e bianca su tazzine e bicchieri non risparmiando neanche le calvizie del barista. Ombre e lampi scoccati altrove risvegliarono il groppo in gola di Martina che tornò ciecamente all’attacco “La fai facile tu! Però quando lui va a casa la sera è sicuro che dormono assieme, che fanno la doccia assieme… oppure se fa tardi ad un appuntamento è perché magari se l’é scopata” disse guardandosi e mani sottili abbandonate sul piccolo tavolino da bar non smettendo mai di pensarlo. Di volerlo, lì, con lei “E poi, poi c’è sempre il dubbio, c’é sempre l’angoscia di pensarlo con un’altra” “Alt! Fermati! Adesso sei ingiusta. Primo, questa eventualità potresti averla sempre senza scomodare sua sorella. Quindi, sta tranquilla, lei, non te lo porterà mai via. Secondo, mi dici perché tu non vai con loro? E, o perché non le diventi amica? E, o perché non ce la presentate? E, o perché non ci troviamo tutti e la conosciamo assieme?” Martina mosse la testa come per mescolare, riordinare la mente, così da rimuovere i rimasugli di una gelosia malinconia “Ma è qualche anno più piccola di noi, è ancora al terzo anno di economia e commercio… non credo sia fattibile… non abbiamo gli stessi interessi” rispose sbattendo gli occhi sbavati di rimmel. “Non abbiamo gli stessi interessi?” la canzonò Lucilla, poi cambiando tono di voce “Tutte scuse! E’ solo sua sorella e punto! Andate al lago sabato e smettila di farti queste gran menate!” Martina improvvisamente la vide, la immaginò, la sognò. In un luogo senza nome, in un momento senza tempo Sandra indossava una gonna stretta che scivolava, si sollevava; il tessuto che si ripiegava quasi fosse stato impalpabile e aereo. Quell’emozione che le si parò davanti a gli occhi significò in parte le emozioni di quell’idea “Ma cose le dico? Ho saputo che ogni tanto, anzi no quasi sempre scopi con tuo fratello” Lucilla sorrise, Lucilla la capì, Lucilla sapeva. “Accidenti, ma quando mai ci è voluta una scusa più stronza come questa per farsi una scopata, eh? Non è più semplice che lasci fare tutto a Marco, non più semplice farsi trovare pronte e basta?” Martina era più che sicura che Lucilla aveva percepito il suo fremito, di curiosità, di tormento. Quando sul volto della sua più grande amica si dipinse il sorriso del vincitore non cercò minimamente di difendere le sue posizioni. Osservò le vene del suo collo pulsare, continuando a sorriderle, ma senza rassicurarla. Non ancora “Ma” tentò di replicare. “Dormici sopra, e domani ne riparliamo, va bene?” Martina scosse il capo, senza dire nulla, il fiato gonfio le impediva di spiegarsi ed il suo respiro si era fatto quasi affannoso. Insistente. Scacciò quel palpito nella gola e proruppe d’un fiato “Si hai ragione, ma invece perché non ci vediamo a casa mia… o a casa tua, più tardi, ti va?” “Ma basta parlare di Marco, eh?” Martina inclinò di poco il capo, trattenendo un gemito voluttuoso che presto sarebbe eruttato dal profondo delle sue viscere. Continuando a stento a respirare rispose “No, no niente Marco… e poi lui ha un impegno di lavoro. Lo dicevo per vederci un po’, tra di noi” “Ah questo è parlare da femmina, va bene! Alle sette vieni a casa mia” “A casa tua?” “Si a casa mia! Stiamo meglio, e siamo sole” Martina si alzò d’impulso senza più concentrarsi, né attardarsi sui dettagli della confessione che aveva avuto un attimo prima con Lucilla. Si sentiva come rigenerata, e liberata di un peso che ora le sembrava remoto, trascurabile. Non le parve vero, ma in quell’istante, presa com’era dall’emozione, avvertì una sorta di compiacimento interiore. Non voleva spendere un secondo di più nell’intenzione vana di rifiutare la presenza di Sandra o di misurare la distanza tra loro. Decise. Decise e basta, nel secondo esatto in cui le sue gambe si mossero, fasciate appena dal collant. Nero. Scuro e umido sul cavallo. La calza seguì fluidamente le mutandine che erano bianche e bagnate. Lucilla sembrò aver capito il messaggio silenzioso, perché rimase seduta al tavolino con le gambe ripiegate e dischiuse. Gli occhi chiari la fissavano contenti. Sandra, come ogni mattino, si stava facendo una doccia bollente, anche se in realtà avrebbe avuto bisogno di una buona rilassante dormita tra lenzuola profumate di umori dopo una notte di ardori sessuali. Adorava stare distesa sul letto con le gambe unite, quasi intrecciate e giocare con l’ombra umida del suo sesso sul lenzuolo umido e spiegazzato. Umori che dovevano essere i suoi, uniti a quelli di un amico, di un amica… di Marco. Il fratello dormiva ancora, era tardi per lui ma l’aveva sentito rigirarsi nel letto tutta la notte, inquieto. Si insaponò veloce e senza perdersi in ulteriori distrazioni evitò di masturbarsi. Non pensò a nulla, neanche al piccolo impiccio che si era venuto a creare tra lei, Marco e Martina. I secondi passarono muti e ben presto il bagno fu invaso da una nebbia di caldo vapore tanto che le piastrelle gocciolavano lacrime di incertezza. E fu proprio tra i fumi prodotti dalla doccia, che dalla porta aperta emerse il volto assonnato e stanco di Marco. Sandra lo salutò ed uscì gocciolante dal box doccia danzando sulle sue atletiche gambe affusolate. Scosse il seno dalle larghe aureole marroni, e ballando maliziosa mosse flessuosa i fianchi. Stava offrendo, senza alcuna reticenza, il ventre piatto dal pube carnoso e depilato ad un Marco dalla vista annebbiata dal sonno. La risposta sua non si fece attendere, e con estrema tenera passione quelle mani impetuose piombarono sui seni e sulla vulva, per accarezzare, stringere, penetrare. Per Sandra tutto era cominciato fortuitamente cinque anni prima cercando un paio di tanga puliti nel cassetto del comò nella casa dei genitori. Nella fretta si era dimenticata di chiudere la porta, e le era bastato un solo momento per intravedere la figura di Marco ritrarsi di scatto per non farsi scorgere. Era stato per un solo istante, ma quando s’era nuovamente voltata verso la porta, Marco non c’era già più. Per nulla imbarazzata aveva acceso la luce della stanza e aveva proseguito senza fretta nella vestizione fingendo di non aver visto nulla. S’era sentita estremamente lusingata, affatto offesa o umiliata, per essere stata colta da quello sguardo malizioso che solo all’apparenza poteva essere considerato un gesto molesto, traditore. E proprio perché veniva da una persona per la quale provava un enorme affetto, da suo fratello, lo considerava ancora più sincero e profondo. Marco non aveva affatto violato la sua intimità, semmai era stato il suo chiudersi in camera un gesto di scortesia nei confronti del fratello. Rammarico subito riassorbito dalla consapevolezza che Marco, eccitato, si fosse masturbato in suo onore. Quel pensiero, come allora, la riempiva d’orgoglio, e in quella sera di cinque anni prima quasi non aveva chiuso occhio masturbandosi sotto le lenzuola. Uscì dalla doccia e frizionandosi il corpo con l’accappatoio si rivolse al fratello intento a radersi davanti allo specchio “Che bisogno c’era di parlarle del lago? Così l’hai messa di fronte ad una scelta obbligata, o me la lecca o vi lasciate!” Marco anch’esso nudo aveva la nera peluria riccioluta del petto imperlata d’acqua e sapone emolliente. Tendendo la pelle con una mano e passando il rasoio con l’altra rispose “Ma no, che dici!?” “Guarda che io non voglio responsabilità! Se vi mollate sono cazzi vostri! E la colpa è solo tua” rispose piccata, ma dentro di se sperava in quell’incontro. Era un motivo in più per evadere dalla quotidianità dello studio, che in quel periodo era pesante e si annoiava parecchio. Qualsiasi occasione di uscire di casa, che esulasse quotidianità, era la benvenuta. Marco si risentì a sua volta, e dopo essersi passato due dita sulla pelle appena rasata e viscida di sapone rispose a mezza bocca “Adesso sei tu che la fai tragica. Martina era solo furiosa quando mi ha detto così. In fondo non credo che dietro ci sia un razionale preciso, fa solo i capricci!” Sandra si tolse l’accappatoio e fiera, con il petto in fuori, si affiancò al fratello. Si aggiustò i capelli guardandosi nello specchio mentre la sua immagine riflessa, vicina a quella di Marco, la faceva sentire molto sensuale e desiderabile. Così era e così era sempre stato da quel fatidico giorno di cinque anni prima, e come allora godeva sempre di più di quella forma di esibizionismo. Aveva bisogno di sapersi guardata, sempre in ogni attimo della giornata, con occhi pieni di desiderio. “Che idee superficiali hai sulle donne! Sarà stato il modo con cui le hai proposto tutta la faccenda che l’ha fatta arrabbiare, e non il cosa!” gli rispose sfiorandosi delicatamente i capezzoli con il dorso della mano. “Ma per carità! Non è la prima volta che andiamo con qualche coppia di amici per il fine settimana a scopare da qualche parte. E non si è mai incazzata quando le ho proposto di ciulare con degli sconosciuti, neanche quando Japy s’è messo con quella ragazza francese che nessuno di noi conosceva. Eppure ho dovuto usare il cric per dividerle” rispose con vigore. Intanto il suo pene ad ogni respiro lambiva il bordo esterno del lavandino. Sandra prima gli carezzò distrattamente il fallo e poi lesta gli rubò dalle mani il pennello da barba ancora pregno di sapone. Quindi, dopo aver alzato la gamba e poggiato il piede sulla vasca, frizionò il sapone sul pube. Spostandosi percepì il tocco delle sue natiche sulla coscia irsuta di Marco e, come colpita da una scossa elettrica, rabbrividì di piacere. Perché ciò che la inebriava, che la faceva sentire protagonista di quel piccolo universo formato da lei e suo fratello, era la loro completa disponibilità. Il primo che aveva voglia, non ave! va che da chiedere, non aveva che da allungare le mani. “Sveglia Marco, è perché sono tua sorella!” tentò di spiegargli afferrando lesta del rasoio lasciato incautamente sul lavandino. Lo guardò eccitata. Era il suo personale ammiratore che la possedeva quando ne aveva il desiderio, e lei era sua la dea che si lasciava prendere senza tanti riguardi continuando ad essere normalmente la sorella. “E che cazzo centra?” interloquì burbero guardandola di sottecchi rasarsi il pube. La stava spiando, come l’aveva sempre spiata dagli inizi della loro relazione. E come allora lui continuò a spiarla. Sandra non disse nulla. Doveva ammettere che il fratello era stato molto discreto prima e molto aperto poi, nei suoi movimenti, e si era sempre comportato come il migliore dei fratelli. Sbatté il rasoio sul lavandino per ripulirlo della poltiglia di peluria ispida e guardandolo con una mezza smorfia gli rispose “Uh, quando fai così sei insopportabile! Ma non capisci che forse non gradisce che io sia presente, non ti viene in mente che io potrei raccontare tutto alla mamma… che potrei spifferare in giro cosa fa la nuova ragazza del suo figlioletto?” “Beh, non sarai così stronza! Questi sono cazzi nostri! I vecchi hanno la loro vita e noi la nostra! E tu non sei così bastarda da andare da mamma e papa’ a parlare dei cazzi nostri, no?” rispose secco Marco “… e poi qui a Milano, a casa nostra, facciamo quel cazzo che vogliamo! Ci mancherebbe altro!” Sandra pur capendo perfettamente che l’animo umano si adattava a tutto pur di difendersi, non desiderava affatto spingere a tutti i costi la fidanzata del fratello ad incontrarla di controvoglia. Tutto e solo perché Marco le desiderava entrambe, nello stesso letto. Per quell’estremo tentativo di giustificarsi provò per lui un sentimento simile al disgusto. In quei momenti riusciva più ad immedesimarsi in Martina, che nel fratello. Anche se dovette poi ammettere che l’idea di incontrala iniziava a stuzzicarla. Sempre più spesso, quando il fratello le parlava di Martina le capitava di pensare a come dovesse essere eccitato lui e a quanto dovesse essere lubrificata la vulva della sua quasi cognata. Allora misurando le parole replicò “Certo, ma questo lei lo sa? Io dubito, o forse non le hai raccontato bene come stanno le cose” “Vuoi dire che non si fida?” Non era l’esperienza con un’altra donna che le mancava e neanche le emozioni del sesso di gruppo le erano sconosciute, e spesso, vedendo un bell’uomo o una bella ragazza, le capitava di immaginare mille e più coinvolgimenti. Ben presto quindi si ritrovò a desiderare di incontrarsi assieme a Marco e Martina. Pur tuttavia desiderava che tutto si fosse svolto alla luce del sole senza mille inutili segreti. Passandosi con due dita la crema idratante su tutto il pube tentò di spiegare al fratello quanto fosse importante per lei la chiarezza “Voglio dire che lei ci tiene ad essere la tua ragazza, e ti vuole bene a tal punto che desidera che non ci siano malintesi, cose non dette, fatti nascosti… Marco raccontale di noi, raccontale tutto. Perché solo cosi la convincerai” “Ma io le ho già raccontato tutto, le ho detto di noi fin dal primo momento!” Sandra inaspettatamente tremò per un potente brivido che la scosse da capo a piedi. Il desiderio d’avere tra le labbra il pene del fratello ancora umido degli umori di Martina si tramutò nella voglia di toccarlo, di stringerlo nelle mani, di cacciarlo in bocca, di scorrere la lingua dai testicoli fino al glande e infine di conoscere l’impronta saporosa della fantomatica Martina. Sempre passandosi la crema, ora sulle cosce, commentò “Beh, se è così non hai più alternative. Però siccome ti conosco, e so che sei sempre un po’ distratto, allora, credo che tu debba riprovarci” “Ci proverò” “Si, ma ora! Subito!” Martina trafelata, gonna stretta e i tacchi alti, in qualche maniera arrivò al campanello di Lucilla. Il trillo stridente fu subito seguito dal ciabattare sordo dell’amica che le aprì con indosso solo l’accappatoio. “Stai bene? Come mai questo ritardo?” le chiese apprensiva non appena la trovò con gli occhi bassi ferma sulla soglia, gonfia di invidia e di voglia di sesso repressa. “Sono stata al telefono con lui” sussurrò a mezza bocca Martina. “E allora?” l’incitò Lucilla dando tre mandate alla porta dopo averla fatta accomodare. Martina ch’era sempre bella ma troppo stanca e sciupata non riuscì a dire nulla. “Dai, parla, avete litigato e vi siete lasciati, eh? Ho detto bene, vero?” tornò a domandarle Lucilla impaziente di ricevere un qualche tipo di spiegazione. All’amica che le chiedeva spiegazioni fu tentata di risponderle -non è successo niente- ma non era vero e la sua mente era popolata di immagini svariate, belle e brutte che irriverenti le salivano dal cuore e dal ventre “No, no! Beh sì, all’inizio ho messo giù. Ero in strada, stavo tornando a casa dall’università. Non potevo parlare, e poi son quelle cose a cui devi pensare molto prima di rispondere” “Cioè?” insistette Lucilla sbarazzandosi dell’accappatoio. E poggiando provocatoriamente le mani sui fianchi nudi guardò di nuovo l’amica con aria interrogativa. Focalizzò la sua attenzione sugli occhi che splendevano di una luce strana e insoddisfatta. Come la sua pelle che negli ultimi giorni stava diventando sempre più chiara. Quasi diafana. Sembrava che non avesse provato un orgasmo da mesi. Martina coinvolta in quello sguardo serrò gli occhi in un atto estremo di sfida. “Ci ho solo ripensato” rispose quindi brusca dischiudendo le gambe e lasciando che la punta della scarpa destra scivolasse di lato. La spavalderia la lasciò quasi subito e senza alcun preavviso fu una scossa da un brivido lascivo. Il fulmine partì dal cervello, rapido e violento. “Uh, come sei difficile, strana e complicata” commentò chiassosa Lucilla, e si voltò piccata. Di quella piroetta Martina ricordò per un istante il colore della sua pelle, un eccitante color latte e miele. Il collo lungo e aristocratico, il mento sfuggente e le spalle nude, soavi. Indugiò ancora qualche attimo sull’attaccatura superiore del seno dalle areole appena più scure, ben delineate. Forse era troppo alta e sottile nel corpo ma eccitava in egual misura uomini e donne. Ed anche Martina, malgrado tutti i suoi problemi, si stava eccitando. Lucilla stava risvegliando le sue voglie. Immaginò d’essere abbracciata all’inguine della sua migliore amica, succhiarle la vagina mentre le dita giocavano libere più in basso a molestare l’ano rilassato e circondato da tante pieghe. “Mi ha detto che tra lui e sua sorella c’è grande intesa e che per loro è una cosa troppo bella e naturale per smettere così, senza una ragione” spiegò all’improvviso affannata. Col cuore palpitante deglutì l’affanno. Lucilla era tornata a voltarsi e malgrado fosse quasi spigolosa, Martina le invidiava una volta di più il ventre piatto ed il sedere. Era un invidia che non era un invidia perché Lucilla le aveva sempre permesso di giocare con il suo corpo e perché era sciocco temere l’imponderabile. Tornò faticosamente alle sue ansie ed aggiunse “Io mi sono sentita una merda, un dettaglio trascurabile… E già, perché loro hanno scopato per anni, scopano adesso e sempre scoperanno! Qualsiasi cosa accada, loro scoperanno!” “Vieni in bagno che finisco di asciugarmi i capelli” l’invitò prendendole la mano con la sua ancora umida, come era ancora umida la sua pelle nuda dopo la doccia. L’estrema familiarità di Lucilla ebbe il potere di calmarla. Ricompose le idee, riorganizzò i pensieri, quelli veri, gli unici che dovevano avere il diritto di popolarle la testa. E solo lì, si dovevano concentrare, progredire e rimanere per sempre suoi. Perché quelli erano i sogni, i desideri, i suoi voleri che ogni tanto poteva accarezzare, enfatizzare e realizzare in solitudine, anche se erano stupidi o inutili. Banali o ovvi. Perché a lei piaceva così. Allora lottò con se stessa, doveva rimanere lucida, non poteva buttarsi ciecamente sull’inguine di Lucilla, anche se né aveva voglia, anche se entrambe ne avevano voglia. E allora senza malizia chiese “Posso spogliarmi anch’io?” “Beh, io in realtà ti avevo inviato per quello, ma lascia perdere e dimmi tutto” Martina non se lo fece ripetere due volte e subito si sfilò la giacca con estrema disinvoltura. “Si Lucy, ma lo sai quanto mi rilassa stare nuda” spiegò prima di iniziare quella confessione che sembrava essere già terminata, conclusa, risolta il giorno precedente “Quando lui se ne è andato mi sono fatta anche la barba alla milù per venire da te!” rispose nella dolorosa consapevolezza di non aver nessuna voglia di tornare a casa e rivederlo. Quindi cercò, trovò e quindi sganciò il bottone metallico della gonna così da assecondare fluidamente la discesa della cerniera, e anche la giacca finì buttata sul letto quasi nello stesso istante in cui si abbassò la gonna. “Ma non ti aveva chiamato al telefono?” chiese Lucilla ad alta voce per ridurre la distanza tra la camera ed il bagno, disturbata dal phon che ronzava nei loro timpani. Martina non vista si concentrò sulle mutandine che fece dissolvere come d’incanto “Si, questo pomeriggio” rispose quando finalmente si sentì a suo agio potendo mostrare il suo sesso, e allora solo allora si liberò anche dalla stretta del reggiseno di raso lucido. “Ma poi vi siete visti ancora, vero?” Martina equivocando sul rumore di fondo prodotto dal phon non rispose e si concentrò sui lacci che sostenevano le calze che sganciò ad uno ad uno con maliziosa precisione. Scalciò via le scarpe giusto il tempo per sbarazzarsi delle collant e poi le indossò di nuovo a piedi nudi. Da femmina sicura fece scivolare le spalline sulle spalle nude, e così anche i lacci bianchi della canotta bianca. Quando fu nuda ondeggiò sulle scarpe dirigendosi verso il bagno. Le scarpe erano sandali neri chiusi in punta con solo un intreccio di lacci che si rincorrevano attorno alla caviglia. Sistemò i capelli, lisci, all’indietro, agitati appena qua e là e fu pronta ad affrontare se stessa. Ciecamente aveva creduto in un insperato cambiamento del vento, che il tutto svanisse, che finisse in una bolla di sapone, e totalmente inerme aveva lasciato che quel suo incubo la occupasse tutta “Si quando io ho messo giù, ho anche spento il cellulare e allora Marco è corso ad aspettarmi sotto casa. E’ uscito prima dal lavoro ed è corso da me” “Ma poi lui non lavora in quel posto in culo ai lupi?” “Si è ha fatto prima di me!” “Beh, morale cosa ti ha detto?” “Mi ha ripetuto le stesse cose che mi aveva detto al telefono” “Ma c’è un ma, vero?” Nel privato e nel turbinio della sua mente, che non aveva mai smesso di girare e di pensare, qualcosa si mosse diversamente, e nel caos quel qualcosa si mosse in direzione contraria “Quando l’ho guardato in faccia… quella era la faccia di uno che l’aveva preso in culo… è stato come un cazzotto, una pappina sul naso. Lucy mi sono sentita male per lui, e sono scoppiata in lacrime” “Ma adesso lui dov’é, perché non sei con lui?” “L’ho mandato via!” dichiarò. E invece voleva che lui fosse li, come voleva che un mucchio di cose non fossero mai accadute. Voleva essere quella che non aveva voluto, o che altri non le avevano permesso essere. Oppure che non aveva avuto il coraggio di diventare. “Allora sei stronza, perché?” “Oh, non lo so! Gli ho urlato dietro… gli ho detto chiamarmi domani e sono scappata in casa” “Ottima mossa! Ottima mossa!” commento sarcastica Lucilla sbattendo gli occhi brillanti, accesi d’un colore vivido, quasi cattivo. “Sentiamo, tu cosa avresti fatto?” “Io sono dell’idea che è sempre meglio dirsi le cose, dirsi tutto e poi se è possibile… bisogna fare la pace. Per conto mio, se lui scopa con la sorella non è un problema. Il problema c’é se tu punti i piedi senza un motivo!” Sensi che mulinavano vorticosi, momenti già vissuti, macchie di verità, fatti accaduti “Non ho capito, l’unica che si deve giustificare, che si deve mortificare dovrei essere io?” replicò sfatta rispondendo al disordine del cuore “Ma avete sbagliato a capire, io che faccio la seconda, solo perché lui si scopa la sorella. No, no mi dispiace ma io continuo ad essere contraria””Non è questione di fare la seconda! Te l’ho già detto l’altro giorno. Non devi temerla come concorrente! E’ solo la sorella, e tu sei la sua donna. Lo capisco quando dice che lui con lei scoperà sempre. Certo è la sorella! Ma è da te che vuole essere amato, altrimenti non sì faceva quella corsa in macchina ed attraversare Milano da una parte all’altra” Martina si trovava sdraiata sul letto e Lucilla era lì, in piedi, di fronte a lei con la schiena e il bellissimo sedere illuminato dalle luci del tramonto che filtravano dalla finestra dalle tende tirate “Me lo deve ancora dimostrare… se mi ama me lo deve dire in cento, mille modi” Lucilla aprì il cassetto del comò e tirò fuori un fallo di gomma rosa. Il fallo era ricurvo e, dalla forma poteva essere usato da due donne contemporaneamente. “E tu forse gli devi dire il motivo del tuo rifiuto, il perché punti i piedi! Di cosa hai così tanta paura da rifiutare un banale invito per un week-end. Lo capisci vero che è abbastanza ambiguo rifiutarsi senza dire il perché su un qualcosa di così banale?” chiese mettendosi un’estremità del fallo in bocca umettandolo con perizia maniacale. “Io lo amo, ma ho paura che i suoi lo vengano a sapere e allora ho paura dello scandalo… perché potrebbe anche essere l’uomo che sposerò…” spiegò Martina aprendo le gambe, e Lucilla con estrema disinvoltura le infilò il fallo rosa nella vagina umida di umori. “D’accordo però mi sembra che Marco scopa con la sorella già da qualche anno, no?” chiese Lucilla iniziando a muovere avanti e indietro il fallo rosa. “Si cinque anni” sospirò laconica Martina distratta dalla coinvolgente penetrazione. Il fallo entrava estremamente fluido. “E la loro famiglia non ha mai saputo nulla?” Solo quando nell’eccitazione ormai esplosa, Martina rovesciò l’amica sul letto e raggiunse la sua vulva depilata replicò strozzata nell’affanno del piacere “Si, no… cioè la sua famiglia non sa niente, così pare” deglutendo guardò vogliosa il corpo spigoloso di Lucilla, e con la lingua rovente di chi ha sete iniziò a risucchiarle gli umori biancastri e abbondanti. La penetrò con la lingua in un momento. Dosando leccate e baci al clitoride, centellinandoli, ansimando nella vulva, divorando i suoi umori, in lunghi infiniti risucchi umidi e ribelli. Si tenne abbracciata al ventre di Lucilla sino a quando non si sentì chiamare. Chiedere. Pregare. “Sopra vienimi sopra!” Lucilla desiderava a sua volta la vulva di Martina. Voleva poter poggiare le proprie labbra sulla vagina, pretendeva ciò che le spettava di diritto: succhiare a sua volta. “Arrivo, arrivo ma non venire, aspetta” la pregò Martina sfilandosi il fallo bicefalo prima di accucciarsi come una furia sul viso di Lucilla. Appena la lingua e le mani dell’amica furono dentro di lei ritornò avida a succhiare e a tendere ogni piega di quella vulva arrossata e profumata. La bevve ancora e solo allora raggiunse l’orgasmo, e lo raggiunse quasi nello stesso istante in cui Lucilla con volto rapito, le ciocche chiare e disordinate, spettinate abbracciò con maggior vigore i fianchi palpitanti. Martina insinuò arrapata le dita tra le natiche inebriata di profumo e di piacere, poi con lo stesso singulto vorace, prolungato e devastante sibilò il suo godimento. Felici e pagate, con i volti sorridenti ed umidi franarono l’una accanto all’altra, rovesciate. Nel godimento che s’affievoliva pian piano, e che si tramutava in un nuovo desiderio, in una nuova visione del mondo tenera e lucente Martina si sentì chiedere “Lo fanno ormai da anni senza che i loro genitori sappiano?” “Sì” “E allora sei in una botte di ferro! Tua suocera non saprà nulla! Puoi contare sulla loro discrezione” “Tu allora cosa dici di fare?” “Devi fidarti di loro” La sera risplendeva di luce brillante, ma per Sandra non era così importante da perdersi nello sfolgorio del tramonto. Il fumo della sua sigaretta invece si confondeva con l’emozione della novità. Il suo sguardo fisso si perdeva nel caos di corso Vittorio Emanuele. L’area pedonale era stracolma di gente che lentamente passeggiava intenta nei più disparati commenti in un venerdì di fine maggio. Marco sarebbe arrivato con Martina e in quel momento lo sentiva abbastanza lontano, le era chiaro che il fratello con la mente stava con la sua donna. Sedeva sulla panchina di pietra nei pressi della fontana e la gente passava senza notarla, mentre lei fissava l’uscita della metropolitana. Il via vai di persone era ininterrotto e non c’era nessuno che lei conoscesse. Poi d’improvviso s’accorse del suo sguardo. Martina e Marco si stavano avvicinando tenendosi per mano, e lei la guardava sorridente. Sandra si alzò dalla panchina e Martina dopo aver gettato uno sguardo fugace d’intesa al fidanzato la salutò con la mano. Era così bella, così misteriosa ed affascinante che si stupì lei stessa per quella reazione. Continuò a fissarla. Le guardava i suoi occhi che sembravano rispecchiare le luci del corso tanto che poteva chiaramente notare il bellissimo azzurro di cui erano colorati. Era l’azzurro del cielo più limpido, era un azzurro così intenso che l’affascinò a tal punto da restarne incantata. Marco strinse affettuosamente la mano di Martina che impercettibilmente aveva sveltito il passo. Sandra era di fronte a loro seduta sulla panchina. Finalmente si erano visti, trovati, incontrati. Finalmente tutti e tre. Dopo giorni di poche parole e tanti litigi. Dopo i suoi silenzi, le frasi di circostanza di Martina, le sue telefonate, i toni scocciati di Sandra e le sue incursioni nel letto della sorella, alla fine si erano visti. Era al settimo cielo, era felice e sino alla sera prima non avrebbe scommesso nulla sul loro incontro e stava dolorosamente cominciando a pensare che Martina odiasse Sandra e di conseguenza odiasse lui. Ma in quel turbinio di folla che incrociava, strusciava vociando attorno a loro si sorprese. Si esaltò scoprendo i sorrisi di Martina e gli ammiccamenti di Sandra. “Sandra questa è Martina. Martina questa è Sandra” le presentò emozionato appena si furono riuniti. Nonostante Martina e Sandra vivessero su pianeti diversi, in mondi che si sfioravano solo grazie a lui, Marco aveva provato sempre più spesso la voglia, a volte la necessità, di volerle amiche e soprattutto amanti. Doveva faticare parecchio a ricacciare in gola il respiro affannoso quando cercava di trasmettere loro questo suo desiderio. E si emozionava come un fanciullo nel tentativo di spiegare alle sue eroine quanto gli sarebbe piaciuto guardarle, vederle ridere e sorridere sotto il suo sguardo. Ma prima di quella sera solo rabbia e noia, nervosismo e gioia, erano state le emozioni, le sensazioni ch’erano traspirate dai volti, dagli occhi e dai gesti delle due donne che amava. “Ciao, piacere di conoscerti” la salutò cordiale Sandra. Martina per un breve istante restò impassibile, come se fosse abituata ad essere fissata. Poi reclinò la testa e le sorrise “Sembra proprio che il nostro uomo abbia fatto di tutto per farci incontrare” disse stringendosi a Marco. “E’ strano vedersi solo ora, perché è un po’ che ci sei, no? Sono sei mesi vero?” chiese Sandra parlando abbastanza velocemente, ma la sua voce si manteneva calda. “Sei mesi e nove giorni” decretò con orgoglio Marco rispondendo per entrambe. Sentite quelle parole, Sandra, guardò orgogliosa il fratello, poi sorridendo ad entrambi si avvicinò di più alla coppia. E ad un passo da loro le venne spontaneo rivolgersi a Martina “Appunto. Ma in ogni caso io ti avevo vista di sfuggita solo un paio di volte a casa dei miei… qui nella nostra casa di Milano, io nei week-end non ci sono mai… vado a casa, a Cremona, mentre vuoi due scopate sul mio letto matrimoniale” Martina la guardò sorridendo dolcemente, poi tornò ad abbracciare Marco senza risponderle. Ma era innegabile. I suoi occhi volevano sapere e aspettavano un impressione. Era ansiosa di conoscere quale suo particolare aveva colpito Sandra, la sorella del suo uomo “Ti ha dato fastidio?” chiese allora titubante per tenere vivo il discorso. “Hei, hei quello è anche il mio letto matrimoniale” intervenne Marco cercando di sdrammatizzare. Ma non fu udito da Sandra che al riparo della sua mente aveva preso ad affastellare pensieri. Già si prefigurava il momento in cui avrebbe posato la bocca sulla vulva eccitata di Martina, bagnata ed intrisa dello sperma del fratello. I turbamenti si fecero sempre più vividi ed altri pensieri ugualmente slegati si ammucchiarono senza risposta nella sua testa “Ma figurati, non mi ha dato assolutamente fastidio. Per me il sesso è una cosa troppo importante per badare a queste stronzate” disse quando si fu come sbloccata. Martina cogliendo l’espressione smarrita ed eccitata le si avvicinò e dolcemente chiedendole sfacciatamente “Ma tu sei fidanzata?” Marco totalmente avulso dall’incessante flusso di pensieri silenziosi che si dipanavano compatti congiungendo quella coppia d’occhi femminili esplose gioviale “Ragazze perché ci girate intorno? Ditemi, vi piacete, cioè voglio sapere se vi trovate belle da mettervi le mani addosso!” “E dai Marco come sei materiale!” lo redarguì scherzosa Martina ridendo sincera per la battuta. Sandra invece si sentì sciogliere in quel caldo inizio di una sera di fine Maggio, e all’istante non ebbe più alcuna esitazione “E’ sempre stato così. Ma è un caro ragazzo, specialmente quando è esuberante” dichiarò senza esitazione. Ormai aveva definitivamente deciso. Si sarebbe abbandonata tra le braccia di Marco e le gambe di Martina, abbraccio, di cui era sicura non avrebbe più potuto fare a meno. Marco strinse a sé la sorella sfiorandole il sedere “Vuole dire che ce l’ho lungo” “Amore lo so!” lo canzonò Martina. “Beh Sandra è o non è fica la mia Martina?” chiese Marco, continuando nel suo elogio particolare, rivolto alla sorella sempre più coinvolta emotivamente dalla prospettiva di possederli entrambi. Martina sembrò non gradire e scostati fluidi capelli castani dispensò al compagno uno sguardo accigliato. Un brivido di gelo percorse la schiena dell’uomo. Marco fu di nuovo investito dal dubbio e metaforicamente fece un passo indietro e irrigidito rilasciò i muscoli solo quando Sandra non scoppiò a ridere “Sei un signore! Però ti rispondo lo stesso” accennò tra i singulti di riso ed aggiunse “Martina è una bella ragazza e devo dire che me la farei anche adesso. Va bene cosi?” Martina tornò a sorridere, e per Marco fu una festa. Quello era il vero sorriso della sua donna, il broncio era definitivamente scomparso “Siete proprio fratello e sorella!” decretò Martina pizzicando il fianco di Marco a mo’ di rimprovero. “Tranquilla, io sono meglio!” rispose giocosa Sandra che aveva percepito la troppa esuberanza del fratello, evidentemente eccitato all’idea che da li a qualche ora nulla li avrebbe dissuasi dal giocare con i loro corpi. Spostò leggermente il lembo della giacca di Martina zufolando “In ogni caso hai proprio un bel sedere e un paio di belle tette, e sono piccole come piacciono a me!” “Dai, sono io che ti invidio il tuo seno. Non vedi come è piccolo il mio?” “Farei volentieri a cambio con il tuo sai? Però c’é in effetti un vantaggio… un vantaggio che fa impazzire gli uomini” “La spagnola… che io però considero poco perché così ti perdi un sacco di…” si inceppò Martina “… di sborra?” suggerì Sandra scoppiando a ridere. “Sì, sì di sborra che ti finisce sul collo. Ed è dura leccarsi il collo!” concluse Martina sperando che la luce del crepuscolo nascondesse il suo rossore. Marco le guardò parlare l’una vicina all’altra, spensierate e sincere baciate dagli ultimi raggi del sole che illuminava i loro visi. Guance rilassate, fronti aperte e occhi vispi, dolci e furiosi a seconda della luce e delle sensazioni che provavano parlandosi da amiche, da quasi sorelle “Marty, digli come ci siamo conosciuti” disse allora esortando la compagna con una piccola pacca sul sedere. “Ma lo saprà!” rispose orgogliosa Martina scoccando al suo uomo un occhiata di profonda intesa. “No questa non me l’ha raccontata, almeno nei dettagli no!” “Non ti ha detto che ci siamo incontrati ad una festa di compleanno?” chiese Martina. Marco per non essere costretto a metterle in competizione non riusciva descriverle fisicamente, ma era inesorabilmente attratto dai loro corpi snelli, magri, sensuali. Né era eccitato “Si, dai questo te l’ho detto!” esclamò sentendosi una volta di più un uomo, un maschio arrapato che le stava già possedendo con i suoi occhi famelici. E loro erano belle. Era estasiato dai loro corpi che si congiungevano per essere ammirati, che distraevano ed emozionavano nei loro movimenti. Perdeva la vista tra le pieghe leggere e le morbide curve che venivano a crearsi. Atteggiamenti e pose che a volte sembrano nascere per caso, o volte con intenzione; ma non era importante. Erano comunque seducenti, erano femmine, e lui le possedeva. “Forse la festa di compleanno, mi dice qualcosa. Ma tanti si conoscono alle feste!” ammise Sandra cercando nel volto di Marco un cenno in risposta. “Si era una festa di compleanno” accennò Martina battendo sul tempo Marco “Ma era il tipo di festa che ha fatto la differenza. Praticamente lui sì stava scopando alla pecorina Lucilla, la mia migliore amica. La festeggiata. Io lo vedo, mi piace e sono pronta a dargliela. Allora vado verso di loro e mi butto tra le cosce di Lucilla per leccarla e guardarmi il suo cazzo che entrava e usciva, contando di spompinarlo appena sì fosse staccato” “E se avessi deciso di sborrare dentro?” domandò giocoso Marco “Non mi avresti più conosciuto, eh?” Martina non raccolse lo scherzo e rispose con estrema sicurezza “Non avrebbe fatto differenza, te lo avrei preso in bocca lo stesso! E poi lo sai anche tu che Lucilla sì fa sborrare solo in culo, vero? E tu te le stavi facendo di passera!” “E poi come è andata?” chiese Sandra tagliando corto. “Quando Lucy è venuta lui è uscito ed io glielo preso in bocca! Poi da cosa nasce cosa… e ci siamo messi insieme il mattino dopo. E’ venuto a casa mia alle sette e un quarto del sabato scusandosi di non avermi fatto fare neanche una scopata alla missionaria!” “Alla missionaria?” chiese Sandra stupita “Ma se lo sempre sentito dire che per lui la pecorina era il non plus ultra. Che fosse figa o culo, sempre alla pecorina!” rise e poi terminò recitando “A me dice sempre: la sorellina me la scopo sempre alla pecorina” “Eh, cara mia! La potenza dell’amore” rispose Martina fingendosi piccata nell’orgoglio. Fortunatamente, l’occhio e l’orecchio funzionavano in coppia e quando la vista volgeva altrove Marco riusciva ad eccitarsi ugualmente sentendole parlare. Martina e Sandra erano capaci d’attrarre l’attenzione, di far girare la testa, e di farsi notare. Erano belle perché anche in un breve, intenso scambio di parole, in un commento, un complimento riuscivano a colpire con il proprio profumo con il sorriso, con una parola gentile. “Adesso piantatela con queste stronzate e ditemi, chi sarà la prima che spoglierà l’altra?” chiese cercando di intromettersi nel discorso. Il piacere del comunicare era il piacere nel contatto, il piacere nello stare assieme e, seppur tra cognate, tra fratello e sorella potevano godere divisi in due mondi distinti che si sfioravano e che proseguivano sempre separati ma appaiati. Sandra non aveva ancora capito se si amavano o semplicemente se si volevano solo bene. Se avevano trovato conforto per ciò che avevano costruito o avevano pensato di costruire. Sapeva soltanto che le piacevano, per la complicità dei loro sguardi, per quelle carezze, per quegli amplessi desiderati e voluti assieme a lei per quell’intesa invisibile che traspariva da ogni loro gesto. Lei sperò che per loro fosse vero amore “Che ne dite di prendere l’aperitivo e poi la macchina?” chiese Sandra guardano l’orologio “E se partiamo tra mezz’ora in poco più di trequarti saremo a casa nostra” Gli occhi di Martina incrociarono quelli di Sandra in un lampo di foia rovente; i loro pensieri si unirono, mescolandosi in quella voglia di sesso che scorreva tra di loro “Per me sta bene, anzi credo che sia meglio per tutti… presentarci a dovere” E Sandra avvertì la supplica maliziosa farsi strada tra le sue gambe, avvertì la voglia schietta di Martina, e per un frammento di secondo, per un frammento impercettibile, lei volle non trovarsi lì. Non li voleva incontrare in una strada brulicante di gente, almeno non la prima sera. Marco intuì al volo il malessere della sorella e spezzando il silenzio delle due donne propose ad alta voce “Perché non saltiamo anche l’aperitivo e partiamo subito?”
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