Tutto iniziò con una cena veramente ottima; conversammo ditutto ma soprattutto discutemmo di bondage, mia grande passione.Le ragazze si mostravano molto curiose in merito e desiderose disaperne di più, pertanto non lesinai informazioni e risposte.Erano tre ragazze veramente simpatiche; era la prima volta che leincontravo dopo diversi contatti telefonici iniziati grazie acomuni amici ed interessanti scambi di lettere. Logicamentedunque non vedevo l’ora che la cena avesse termine per potermostrare loro anche qualcosa di più pratico, visto che avevoportato con me alcune riviste e foto, e anche qualche strumentovero e proprio. Usciti dal ristorante, dunque, una volta risalitiin auto, aprii la valigetta dove avevo messo parte della merce edattesi le loro reazioni. Reazioni che si rivelarono veramenteimpreviste!Ma andiamo con ordine. Esibii prima di tutto il bloccapollici,specie di mini-manette di acciaio, da cui si erano già dettemolto incuriosite. Infatti Gatta volle subito provare adapplicarlo a Pamela, cosa che mi ispirò favorevoli speranze nelpositivo proseguimento della serata, ma l’aggeggio venne rimossoquasi subito.Fu poi la volta delle manette; ne avevo con me due paia, lemigliori della mia collezione, ma non destarono altrettantacuriosità nelle ragazze, essendo oggetti già più conosciuti.Poi mostrai loro le corde, ed infine un bavaglio con la pallinadi gomma, dotato di una serie di cinghiette che girano da unaparte sotto il mento e dall’altra ai lati del naso e sulla fronteper finire dietro la nuca, il tutto in modo da fissarsi benesulla testa: tale caratteristica rendeva questo bavaglio quasisimile ad una museruola. Fu proprio prendendo in mano questobavaglio che Gatta, la più interessata delle tre, parveilluminata da un’idea e mi disse:-Dai, fammi vedere come ti sta.Ebbene… facciamo i dimostratori della merce!Dunque mi prestai alla prova, con un poco di finta ritrosa ed unpoco di vera vergogna. Gatta non ebbe ritegno nell’allacciarmil’aggeggio, e con mano fermissima tirò le cinghiette al punto dafarmi emettere un gemito che parve non sfiorarla minimamente.Subito dopo mi fu ordinato di scendere dall’auto per sedermi sulsedile posteriore insieme a Gatta e Desideria, mentre Pamelaavrebbe preso posto davanti.-Ma c’è gente fuori cercai di obiettare… e naturalmenteriuscii solo ad emettere una specie di ridicolo mugolio. A capochino e tentando di celare il più possibile con le mani il visocon il suo impegnativo addobbo, scesi e mi trasferii tra Gatta eDesideria.-Mani dietro la schiena.Il tono perentorio della vocina di Gatta non ammetteva repliche.Ben presto le manette scattarono a bloccarmi i polsi.-Il più è fatto, no? Ora vediamo un po’ cosa si era portatodietro questo stronzetto- propose Gatta scendendo dalla vetturaper aprire il baule. Effettivamente io avevo con me un certoarmamentario, è vero… ma non pensavo di mostrar loro propriotutto quanto; devo dire che mi vergognavo anche un po’. Guardaiimplorante Desideria sperando in un suo aiuto, ma lei mi sorriseintrigantemente cingendomi il collo con un braccio, ecarezzandomi il viso con l’altra mano.-Che c’è… hai paura?- mi disse.No, non molta… per adesso. Mi strinsi nelle spalle come aesprimere la risposta che potevo solo pensare, ridotto al mutismocome mi trovavo. Ma già rientrava Gatta con il mio borsone.-Guarda che malloppo che c’è qui! Peccato sia buio e ci manchilo spazio! Ma io direi di cominciare col bendarlo un po’: non miva che veda cosa gli prepariamo.Venni dunque bendato con un bel foulard di grandi dimensionipiegato a striscia. Chi non si è mai trovato in similisituazioni non può immaginare quanto strettamente si possabendare una persona, se si è abbastanza in gamba: sentivo i mieiocchi come compressi all’interno delle orbite. Un’altra strisciadi stoffa mi venne allacciata strettamente attorno alla bocca,cosa che spingeva la pallina ancora più indietro; in seguitoavrei constatato che questa stoffa avrebbe anche raccolto lasaliva, che con la bocca tenuta spalancata dalla pallina nonriuscivo a trattenere.-E con queste belle corde che ci ha mostrato gli blocchiamo lecaviglie, che dite?-Perchè non le ginocchia? Per le caviglie usiamo le altremanette visto che dice che gli stanno anche se strette!Non avevo dunque nessun avvocato difensore… anzi! Una voltastrettamente immobilizzato, mi sentii adagiare sul sedile con latesta in grembo a Gatta (lo capii quasi subito), mentre le altredue si trasferivano sui sedili anteriori e l’auto partiva.-Ehi ragazze, certo che ci portiamo via proprio una bella preda!Sì, è un bel gioco, ma non durerà molto, dove andrete se nonconoscete neanche questa città? Intanto Gatta rovistava ancoratra la mia attrezzatura; ad un certo punto la sentii esclamare:-Ma questo l’avevo visto nelle foto! Vediamo se è carino anchedal vivo.Aveva dunque trovato il mio cappuccio in lycra. È il miopreferito, di colore viola, dotato di pratici anellini laterali.Dopo pochi istanti mi fu calato sul capo.-Sì sì, è proprio simpatico, si modella sul viso e mette benein risalto tutti i lineamenti, vero?-Oddio, quelli che sono rimasti visibili,- corresse Pamelaridendo.Dal canto mio mi trovavo un po’ scomodo. Soprattutto i polsibloccati dietro la schiena ogni tanto mi dolevano un po’, ma nonappena cercai di risistemarmi meglio e di trovare una posizionemeno faticosa, mi sentii arrivare una sberla sul visoimpacchettato.-E stai un po’ fermo! Non ti senti legato a sufficienza?Accennai di sì col capo, ma ad ogni buon conto fui rigirato afaccia in giù sulle cosce di Gatta. Posizione che in altrecondizioni sarebbe risultata a dir poco sconveniente!-Ehi, guardate! Sta cercando di leccarmi la passera!- ghignòbeffarda la mia carceriera. Anche le altre due risero ed unamano, non so di chi, mi calò una pesante pacca sulle natiche.Logicamente mi vergognavo un po’ di tutto quel trattamento;specialmente di essere deriso da tre donne mentre mi trovavo inquelle condizioni. Che figura! Ma in quegli istanti non c’eraquasi nemmeno il tempo di riflettere.-Dài bello, lecca, forza! Non sarai mica frocio?- e insisteva aspingermi la testa tra le sue cosce. Mi mancava il respiro mariuscii a resistere per un po’ in apnea. Lei però continuava aspingere ridendo in coro con le altre due mentre Pamelabisbigliava di tanto in tanto qualcosa a Desideria. Ma chiavrebbe avuto l’ultima parola?Io cominciavo a sentirmi a disagio.Ma slegami, che ti dimostro io cosa so fare! Inoltre stavoesaurendo anche quel po’ di ossigeno che mi restava nei polmoni etentai di divincolarmi.-Ah, non ti piace la mia passera, brutto stronzo? Cos’ha? Puzza?Tu magari preferiresti che fosse un uccello eh? L’ho detto chesei frocio.-E giù tutte di nuovo a ridere. Ma ormai ero al limite! Chi sene frega delle vostre risate! Io devo respirare!E così raccolsi le forze e d’un colpo riuscii a vincere laresistenza della sua mano. Mi godetti una boccata d’aria, ridottada pallina, stoffa e cappuccio, ma senz’altro meglio che niente.Ma purtroppo nel compiere quello scatto, la urtai malamente,forse ad un seno.-Ahi! E stai un po’ attento, no?! Mi hai fatto male, sai?-protestò lei. E un’altra pacca mi piovve sulle natiche. Riconobbi la mano chemi aveva già sculacciato poco prima anche se più pesante: erasenza dubbio Gatta. Anche perchè le altre due sedevano davanti.-Adesso ti sistemo io,- promise Gatta: -Ti STRITOLO nelle corde, tanto tu ci godi, no? E il tempo non mimanca! Ehi Desy, vai pure piano che io mi sto divertendo unsacco!-Già, ma noi no!- replicò Pamela.-E va beh, vuol dire che quando arriviamo ve lo faccio spupazzarea voi, vi va bene?Arriviamo?… Dove?-OK, ma bada di non sfinirlo, mi raccomando, lasciacene un po’.-Figurati! Questo bel tipo è allenato a ben altro. Vero,schiavo?E che cosa le rispondo ora?-E rispondi quando ti si interroga, stronzo!- Il tono di questafrase e una nuova sculacciata mi imposero di rispondere con unmugolio e un cenno affermativo del capo.-Visto? Risponde sempre a tono, a me-infierì Gatta sogghignando, mentre si apprestava a mantenere lapromessa fatta pochi istanti prima. Sentivo infatti chearmeggiava con una corda. La dipanò e ne annodò un capo intornoal mio braccio sinistro, poco sopra il gomito; avvolse la cordaintorno a ambedue le braccia, tirandole e avvicinando i gomiti ilpiù possibile.-Ma che peccato! Non ti si toccano i gomiti,- constatò. -Chi lo sa però, magari è tutta questione di allenamento. Adogni modo vedrai che con noi ne farai molto, stanne certo,-aggiunse sempre sogghignando perfidamente. Nel frattempoprovvedeva ad avvolgermi le braccia con diversi giri di corda,immobilizzandole completamente. L’avvolgimento fu debitamentestretto al centro da altri giri di corda in modo che il tutto nonpotesse scivolare giù. Ma poi ebbe l’idea diabolica di farnepassare un capo verso l’alto girandolo sul davanti del collo perpoi farlo ridiscendere di nuovo in centro alle braccia.-Così la smetti di agitarti! O preferisci tirare e strozzarti?Non ci penso neanche ad agitarmi… È capace di lasciarmistrozzare davvero, questa qui! Non sento già più le braccia, hastretto troppo le corde… ma come faccio a dirglielo? Mentretentavo di mantenermi calmo e immobile, Gatta aveva evidentementeripreso ad esaminare la mia attrezzatura. Ad un tratto scoprìquello che speravo non scoprisse.-Ma guarda qua questo porcone! Anche un vibratore ha portato! Eche volevi farci con questo, eh? Infilzarci una delle nostrepasserine, magari?! Meriteresti proprio di provarlo tu, sai? Anziquasi quasi provvedo io a ficcartelo in quel posto! Voi che nedite, ragazze?Nessuna si oppose, inutile dirlo. Tentai di oppormi io, malogicamente con scarso esito! Ma certo non lo farà di certosubito e qui, pensai! Ma sbagliavo. Mi sentii rigirare nuovamentedi schiena; mani e braccia iniziarono a dolermi ancora di più,venendosi a trovare sotto il peso del mio corpo.Mi vennero slacciate cintura e cerniera dei pantaloni; dal cantomio, cominciavo veramente a vergognarmi, senza contare il timoreper l’inserimento del vibratore nel mio retto! Istintivamentecercai di divincolarmi, ma sentii la corda al collo iniziare astringersi pericolosamente: non avevo scelta, dovevo rassegnarmie starmene buono. Il laccio ai ginocchi impedì l’abbassamento dipantaloni e mutande oltre la mezz’asta, ma Gatta non se ne curò:le bastava.-Ehi, ha pure il pistolino ritto questo pervertito!- esclamò.E per forza! Mi trovo pur sempre tra le braccia di una donna chemi manipola in continuazione. Come pensi che possa reagire? Sonoun maschietto normale, in fondo! -Giù lì, sennò ti lego anche quello,- fu l’ingiunzione,corredata da una tempestiva pacca anche "lì". Masubito mi rigirò nuovamente: stava cercando il mio orifizio.-Però sono troppo buona io, con te…- considerò. -Visto che è la prima volta, il vibratore lo calzerò in unpreservativo lubrificato: così sarà anche più igienico, nontrovi? E ringrazia almeno, schiavo!- e, manco a dirlo, una nuova sculacciata calò a sollecitare unmio grato e sottomesso mugolìo. Poi percepii qualcosa che toccava, premeva,girando intorno al mio sfintere. Sarà tutto parte della messa inscena…?Ma ad un certo punto sentii che l’oggetto scivolava nel mioretto, progressivamente ma fermamente, e provai la insolitasensazione di sentirmi… penetrato da una donna! Feci ilpossibile per mantenere lo sfintere rilassato, poichè sapevo chefare resistenza in questi casi è il modo migliore persoffrire… e alla fine fui "pieno".Naturalmente Gatta non dimenticò di accendere l’apparecchio eall’umiliazione di venire penetrato si assommò anche unaincessante e assillante vibrazione che veniva logicamenteamplificata dalle vibrazioni e dai movimenti dell’automobile inmarcia. Ma la mia torturatrice non era paga.-Eppure ho dei dubbi,- considerava come tra sè e sè. -A me sembra perfetto, cosa c’è che non va?- chiese la voce diPamela, che evidentemente di tanto in tanto si voltava verso dinoi dal sedile anteriore.-Ho idea che lo espella fuori spingendo- chiarì Gatta.-Ci vorrebbe una mutanda stretta- commentò ironicamenteDesideria.Bada alla strada tu, mi raccomando… non oso pensare cosaaccadesse se avessimo un incidente o, peggio… se ci fermasse laStradale!-Ma sai che mi hai dato un’idea?- riprese Gatta dopo avermeditato alcuni secondi.-Che hai in mente?- chiese Pamela.-Gli faccio il pannolone!-E come?-Ecco, ti faccio vedere,- spiegò l’altra prendendo un tonodimostrativo. -Avevamo già visto prima questa bella cinghia dicuoio, no? Gliela vado a mettere in vita. Bella stretta, così.Piano, ti prego, ricordati che ho la cena ancora sullo stomaco! -E tu anche se mugoli sappi che è uguale, anzi, stai attento chela stringo anche di più,- minacciò Gatta, e Pamela le fece eco:-Sì, ti facciamo il vitino da vespa! Scommetto che saraicarinissimo,-ma Gatta subito la riprese:-Non distrarti, che devi imparare. Poi prendo quest’altra stoffache avevo visto prima e che è in un bel rettangolo grande…-Oh, ma io non posso vedere nulla- protestò Desideria.-Ti dico tutta la scena io, che volevi sapere?- si offrì Pamela.-Quanto è grande il pezzo di stoffa?-Bello largo. Lungo circa un metro e mezzo direi.-È quello il pannolone?-Sì,- confermò Gatta. -Lo faccio passare attorno alla cinghiain vita…-Sul dietro cioè, Desy,- precisò subito Pamela.-Ah ho capito,- fece Desideria: -poi glielo giri tra le gambecosì tiene il vibratore al suo posto, vero?-Esatto, proprio così, e poi… E girati tu, schiavo!Vuoi scherzare? Riesco appena a respirare!-Ah, ho capito,- accondiscese Gatta. -Ti giro io.-Giusto,- rise Pamela. -Come fa a muoversi, ormai, questo belsalamotto?-E infine,- concluse Gatta, -annodò la stoffa sul davanti sempre alla cinghia allo stessomodo. Che fai, schiavo, ti lamenti?E per forza! Già il vibratore in azione mi sta praticamentetrapanando il retto, tu mi fai questo pannolone che lo tira versol’alto e arriva praticamente a toccarmi l’osso! Ma di certo cosìnon me lo tolgo!-Che effetto fa? Mi viene voglia di fermarmi per guardarmelo pureio,- disse Desideria.-Poi lo vedrai con tutto il comodo-ribattè Pamela, ma poi esclamò rivolta a Gatta: -Guarda un po’sotto la stoffa sul davanti: c’è un rigonfiamento! Perchè nonridurlo un po’? Mi sembra un di più a vederlo così. Ridurlo??Ridurlo come?Comunque lo ammetto: quel rigonfiamento c’era e, in modo deltutto imprevisto (almeno da me) e nonostante la sodomizzazione,stava crescendo. Così Gatta decise di applicarvi una legatura.Aiuto, che fa, me lo strizza? Avrei capito ben presto che avevausato una cordicella sottile che girava alla base del mio peneavvolto dalla stoffa che lo ricopriva. Stoffa che quindi virimaneva modellata intorno, il tutto bloccando o quasi il penenella sua erezione. La tortura che così si realizzava era moltosottile, perchè con la legatura, un po’ per l’eccitazione e unpo’ per il naturale flusso sanguigno, il mio membro tendeva ad ingrossarsi di più mentre ne era impeditoproprio dalla stessa legatura. Più si sentiva costretto e piùaumentava di volume, e più si trovava costretto: una vera epropria autotortura di cui a me non restava che soffrire leconseguenze.-Ora sì che è perfetto,- sospirò Gatta e Pamela fu d’accordo. -Ma ora dobbiamo rivestirlo, non deve prendere freddo. Nonvogliamo che poi ci deperisse.Rivestirmi fu un’operazione penosa per me, sia per il mio rettoscosso dalle vibrazioni, sia perchè comunque ogni movimentosollecitava il famoso "pannolone", e con esso lacordicella. L’effetto di ciascun gesto della diabolica Gatta erapertanto molto doloroso. Ad ogni modo venni rivestito. Ma fu proprio allora che sentiiDesideria avvertire: -Ehi Gatta, coprilo che siamo al casello enon si sa mai. Al casello?Compresi solo allora di essere stato letteralmente sequestrato.Ed infatti nessuno sapeva dove mi trovavo ed in compagnia di chi.Ed in fondo le avevo appena conosciute: cosa mi sarebbe potutoaccadere? È vero che sembravano tipe a posto, ma si sa come possonocapitare certi fattacci di cronaca nera…!Comunque, visto che si trattava di nascondermi, ricevetti undeciso spintone e finii ginocchioni tra i sedili; mi ritrovai conla testa infilata sotto il maglione di Gatta. Altra posizione chesarebbe stata molto gradevole in diverse circostanze; ancheattraverso il mio bavaglio avevo modo di sentire il calore delsuo corpo. Sapere i suoi seni così vicini, ma cosìirraggiungibili, mi riempiva di frustrazione. Tutto questocomunque durò poco: i pochi secondi necessari a prelevare ilbiglietto autostradale.-OK, vieni fuori di lì ora, furbetto,-disse Gatta tirandomi fuori dal mio caldo rifugio. Non c’eradubbio, s’era sicuramente accorta dei miei tentativi diraggiungerle i capezzoli col capo: tentativi fatti in parte perfare qualcosa di gratificante e piacevole per lei, e in parte percercare di ammansirla e indurla magari ad essere clemente conme… vista la piega che avevano preso le cose!-E falla finita, ora puoi sederti normalmente, quindi forza ericomponiti.La fai facile tu… io invece con questo coso vibrante neldidietro che dovrei dire? Alla fine comunque riuscii a sedermiseppur a prezzo di grandi pene e lunghi disperati mugolii, che agiudicare dai risolini delle signorine dovevano essere per lorocausa di grande eccitazione. E parlò ancora Gatta, cheevidentemente aveva ripreso a dissacrare il mio armamentario: -Eora posso guardare con un minimo di calma nel tuo borsone.-Se trovi roba interessante avverti… Specialmente se è robacompromettente, così lo ricattiamo e lo teniamo schiavo a vita-disse Desideria che era di certo innervosita dal fatto di nonpotersi godere lo spettacolo. Gatta non raccolse e continuò aesplorare, mentre io lì accanto tentavo di capire da ciò cheudivo cosa le capitasse tra le mani. Tintinnio di… catene?Fruscio di… foulards? Ma ad un certo punto Gatta esclamò:-Toh! Che bella museruola questa qui! Prima non l’avevo vista, miera sfuggita, quasi quasi gli metto questa!L’aveva trovata alla fine! La museruola in questione non era cheuna imbragatura di cinghie in cuoio scuro, che fissano unamascherina sagomata per aderire a bocca e mento. Molto semplicenel concetto, è molto efficace perchè le cinghie passano dietrola nuca, intorno al collo, attorno al contorno del viso e sullafronte. Il risultato è chiaro: stringendo molto le cinghiette, enon dubitavo che Gatta avrebbe fatto proprio ciò, la mia testasi sarebbe ritrovata praticamente costretta e compressa… maalmeno la bocca avrebbe avuto riposo! Non potevo chiedere di meglio: avevo la mandibola ormai dolorantedopo quella cura intensiva di mordacchia ben stretta. Avevo anchedolore agli angoli della bocca e la tensione delle cinghiette micomprimeva tutto il cranio ormai da tempo.-Ma no, aspetta, che gli levi la pallina a fare? Mettiglielasopra tutto, non credi sia meglio?Oh no, no, ditemi che ho sognato! E invece era proprio la Pamela,quella che solo poche ore fa mi era parsa la meno entusiastariguardo al bondage! La risposta era ovvia:-Buona idea, così aumentiamo l’effetto del bavaglio e questo beltomo ci disturberà di meno coi suoi versi.Ma ti pareva… Tanto sono io la vittima, vero? Sentii le mani diGatta armeggiare con le cinghiette e le loro fibbie, poi misfiorò la testa con le sue mani e me ne approfittai cercando disfregarmi, come un gatto, su di esse, per goderne il contatto ilpiù a lungo possibile. E al momento sembrava assecondarmi:sentii una delicata carezza attraverso il cappuccio, carezza chela sua mano mi offriva partendo dalla mia fronte, che scivolavain su, fino ad arrivare dietro la mia nuca.Che tenerezza…Ma ben presto capii il motivo di tale tenerezza. La mano, giuntadietro alla nuca, in realtà era lì per tenermi fermo mentre leimi applicava la museruola sul viso. Ben presto il cuoio miavvolse il mento insieme a tutta la parte bassa del viso,premendo se pur in modo anomalo. Infatti, la forma dellamuseruola era sagomata in modo da aderire alle labbra chiuse; mavisto che la pallina di gomma sottostante causava una sporgenza einoltre la mandibola era totalmente flessa, tutto il copriboccarisultava piuttosto stretto: altro motivo di penosa scomoditàcertamente destinata, col passare del tempo, a trasformarsi inuna vera e propria tortura.E per di più eravamo solo all’inizio del viaggio! Ma dove siamodiretti? Sì certo, siamo in autostrada, ma quale autostrada? Efino a che punto vogliono arrivare nel loro gioco? Ma è poi ungioco per loro??Tutte queste domande si affollavano nella mia mente mentre lapressione che sentivo man mano distribuirsi sulle mascelle milasciava indovinare quali fibbie venivano chiuse mano a manovenivano messe in tensione. E se al momento non era sensazionedolorosa, non ardivo sperare che mi venissero lasciate cosìlente: di certo Gatta sapeva che non conviene stringere subito unsingolo tirante; è molto più efficace applicare la tensionegradatamente e progressivamente una fibbia alla volta, facendopiù volte il giro.-Oh, stai attenta a non soffocarcelo veramente… Se no poi conche cosa ci divertiamo noialtre due?- Era la voce di Desideria,che probabilmente sbirciava dallo specchietto retrovisore.Mi definiscono con un "che cosa", non con un"chi"… Non sono dunque più una persona, un uomo…Un oggetto, un giocattolo nelle loro mani! Sì, per loro sono ungiocattolo. Beh, un giocattolo che certo spera di non esserebuttato dopo l’uso! E per il momento il giocattolo è ancorasoddisfatto di essere tale nonostante tutto! Ma in seguito…?-Ma figurati,- replicò Gatta: -questo qui non soffocherebbe neppure se fosse sott’acqua! Citiene troppo a continuare il gioco… Vero, ciccio bello?Rispondi!Emisi il solito mugolio con cenno affermativo del capo; Gatta,soddisfatta del mio consenso, continuò a stringere le cinghie.Di questo passo mi farà soffocare… Anzi, direi piuttosto chesembrano scoppiarmi le mascelle! Questa pallina cacciata dentrocon le sue cinghiette che mi straziano gli angoli della bocca…La fascia di stoffa che mi stringe le guance… E ora anchequesta pressione sulla mandibola!..E in più non vedo proprio nulla, sono cieco. Il buio è il miomondo: a pensarci mi hanno privato di quasi tutti i miei sensi!Mi rimane solo l’udito: anche il tatto mi è andato a zero conqueste legature strettissime!Non so quanto potrò ancora resistere!Anzi… Lo so perfettamente! Il mio destino è di resistere finquando lo vorrà Lei! Crudelmente semplice! Che ironia, sidirebbe che sia persino bello essere schiavi: non c’è più nullada decidere, nessuna responsabilità. Ci pensano gli altri invece tua! Naturalmente Gatta non poteva fare a meno di notare glianelli che, posizionati alla sommità della testa e sotto ilmento, robusti e fissati saldamente alla museruola, dovevanoservire per l’appunto come agganci per ulteriori legature atte avincolare la testa ancora di più. Spinto da due braccia energiche dovetti spostarmi sul lato destrodel sedile, a ridosso della porta, e sentii agganciare la cinturadi sicurezza; subito dopo mi sentii forzare le ginocchia versol’alto. Compresi che Gatta, tramite una corda, stava collegandole mie ginocchia già legate fra loro con il tratto di corda chemi passava davanti al collo. Questo, è vero, allentava latensione sulla mia gola facilitandomi la respirazione; ma nelcontempo le mie braccia, legate per i gomiti dietro la schienacon quella stessa corda a strozzo, si ritrovavano giocoforzasollecitate verso l’alto. Il che mi provocava nuova ed ulterioresofferenza. Ma non era finita. La stessa corda veniva evidentemente collegataad un punto che poteva benissimo essere il poggiatesta di Pamela(che occupava il sedile davanti a me); proprio Pamela iniziòinfatti subito a lamentarsi:-Brava, eh? Così come faccio io a godermi lo spettacolo?-E che dovrei dire io?- la tacitò Desideria.-E non fate le mocciose, vi ho detto che poi toccherà a voi,-tagliò corto Gatta con un tono un po’ seccato: forse non lepiaceva che le altre due si intromettessero nelle sue scelte!Il tocco finale al mio impacchettamento comunque stava pergiungere: l’ultima sollecitazione infatti fu applicata tramitel’anello fissato alla museruola sulla sommità della mia testa.Gatta lo aveva agganciato, non so tramite quale genere di laccio,alla maniglia di sostegno che era appena al di sopra dellaportiera.Un agnello destinato al macello! Che illuminazione! Sì, è quelche sono. Mi ritrovo bloccato completamente, quel coso vibrantelì nel sedere ormai da non so quanto… la testa compressaall’inverosimile come in una morsa… e questa posizione assurda,metà tirato in avanti e metà appeso alla maniglia… leginocchia anch’esse tirate su…Proviamo un po’! No, non ce la faccio ad abbassare la testa… Ela cintura di sicurezza poi… Mi pare che i polsi e le bracciaproprio non ci siano più! Ma poi quando vorranno fermarsiqueste? Dove stiamo andando?Inaspettatamente la vettura iniziò a rallentare.Il casello?E si fermò.E col casellante come si fa? Scegliessero almeno la portaViacard! Invece la macchina effettuò alcune manovre e intuii cheDesideria era entrata in un’area di servizio e stavaposteggiando.Speriamo che abbia scelto una zona buia…-Sì, ma ora voglio vedermelo bene pure io come è conciato ilnostro bel salamino,- esclamò la Desy girandosi verso di me, equasi subito aggiunse in tono esultante: -Fantastico! E come sislega più? Sei un master, Gatta! Ohi ragazze, andiamo a berci uncaffè?Ehi, e mi lasciate qua così? Ma ormai nemmeno i mugoliipassavano più attraverso i bavagli che mi affliggevano. Sentiichiudere impietosamente le portiere e lo scatto della serratura.Almeno questo! Ci mancherebbe solo una visita a sorpresa!Immaginavo comunque che attraverso il finestrino si potessechiaramente vedere in che condizioni mi trovavo! Solo. Nelsilenzio della notte.Infatti ero solo nella notte, impacchettato, imbavagliato eimpastoiato quasi totalmente: gli unici movimenti che potevo fareerano ridicoli spasmi delle gambe al di sotto delle ginocchia. Ecomunque non osavo nemmeno prendermi troppo quella insignificantelibertà, visto che le manette mi stringevano ancora e moltoefficacemente le caviglie: ogni movimento poneva in tensione imuscoli e faceva sì che il metallo mi torturasse ancor di piùla carne.Ma poi che cavolo mi muovo a fare? Liberarmi o sperare diliberarmi è proprio fuori discussione: lasciamo perdere i varilegami, ma le manette si aprono solo con la loro chiave. E dovesi trova la chiave? Nel taschino di Gatta? O a pochi centimetridi distanza dalle mie dita? Ma nello stato in cui mi trovo, seanche fossero qui accanto sarebbero irraggiungibili come sefossero su un altro pianeta.L’unica mia parte libera era la mente, infatti; cominciai dunquea farla lavorare, soprattutto a riflettere sulla situazione incui mi ero cacciato. Tornai idealmente indietro nel temporievocando il momento in cui fu organizzato quell’incontro. Edalla mia ingenua gioia all’idea di incontrare tre nuove amicheconsapevoli delle mie passioni in campo erotico. "Chissàche non ci scappi qualcosa?" avevo pensato nella miapresunzione di maschietto. Una bella orgetta, magari? Prego,accomodarsi! Un’orgia di legamenti e costrizioni su di me, ne èvenuta fuori… e soprattutto io vi recito un ruolo ben diversodal previsto!Ripensando a tutta questa storia oggi, riconosco che quando ildiscorso cadde sull’argomento bondage avrei dovuto accorgermidelle occhiate ammiccanti che quelle tre si scambiavano, per nonparlare di tanti cenni col capo e sorrisetti vari.Avrei dovuto magari anche avere un minimo di cautela quando michiesero di vedere qualcosa. Non erano esperte, dicevano loro, evolevano proprio imparare. E io, cascandoci in pieno a mò dipera cotta, mi ero pure gasato all’idea di mostrare loro le mietecniche; solo che pensavo che una (o magari non solo una) diloro si offrisse o accettasse il ruolo di cavia. E invece..!E poi questo fatto di rapirmi. Oh certo, intrigante, ma dove maimi avrebbero portato? E per di più mi ero reso conto che Gattanon era affatto tenera nell’applicazione di corde e lacci. Anzi!Naturalmente lei non si rendeva conto di ciò che provava la suavittima, quindi poteva stringere a suo piacimento. A benpensarci, me l’aveva anche detto che vedere uno che soffre laeccita e vedere fino dove poteva arrivare un’esperienza le davauna carica eccezionale. Sentivo per l’appunto gli effetti deisuoi esperimenti su me stesso e proprio in quel momento: nonaveva scherzato!Iniziai dunque un viaggio esplorativo mentale: passai in rassegnatutto il mio corpo dolente. Le braccia. Vediamo… cielo, mi paresiano tutto un blocco unico e privo di sensibilità. Con questecorde ai gomiti la circolazione si è fermata quasi del tuttoormai da un po’. Le caviglie. Così serrate dalle manette. Lesento ancora quelle, almeno. Ma ora anche le corde alle ginocchiacominciano a farsi sentire! E ci credo, le gambe si sono trovatepiegate ed i muscoli si sono dilatati. Ma che dire? Di certo lamia nuova Padrona non è a conoscenza di questo meccanismo e chei muscoli dilatati risentono maggiormente della pressione dellecorde. Ma temo che lo imparerà a mie spese!Mi teneva compagnia il vibratore che era ancora acceso. Purtroppoper me, le batterie erano nuove (le avevo cambiate il giornoprima), e pertanto avrebbero continuato a fornire energia, cioèa causare vibrazioni, ancora per ore. Ormai questo trattamento miaveva quasi inebetito: le vibrazioni si trasmettevano dallosfintere anale, ai tessuti rettali, all’osso sacro e da questo alresto del corpo fino a risalire proprio al centro del cervello.Pensare che mi ci eccito a pensare queste storie! E invece l’ideadi eccitarmi (ammesso che ne avessi ancora voglia) non misfiorava nemmeno. Ed era un bene, in fondo: non appena il miomembro avesse iniziato ad irrigidirsi, le cordicelle lo avrebberoinciso e tagliato come un salamino regalandomi fittedolorosissime. E dopotutto la zona genitale è sensibilissima!Per di più, anche la cinghia in vita mi torturava: se è veroche mi era stata applicata solo per fissarmi il vibratore, nonera affatto lasca. Era come se le mani della mia torturatrice fossero ancora lì acingermi la vita fino a togliermi il respiro e a bloccarmi ladigestione. Era come se le sue dita mi scavassero nel rettocercando di arrivare, su su, fino alla gola. Che potenza puòavere la fantasia! Ma invece non era frutto di fantasia l’affannoche aveva iniziato a impadronirsi di me mio malgrado: il miorespiro si era fatto corto ed affannoso, un po’ a causa deldolore ed un po’ perchè le costrizioni impostemi mi rendevanoalquanto difficile trarre lunghi respiri, specie in quellaposizione per nulla comoda: mi trovavo infatti come in equilibrioinstabile sulla punta delle natiche; meglio ancora, le natichestesse non poggiavano quasi sul sedile, poichè le mie ginocchiaerano tirate verso l’alto e la testa risultava forzata in avantie impossibilitata ad inchinarsi. Una posizione decisamenteinnaturale! E infatti cominciavo a sentire crampi in varie parti del corpo,anche in punti non costretti dai legami. Il collo ad esempio:seppure sollevato dall’ansia di quella minacciosa corda con cuiavevo rischiato di strozzarmi (ne era stato ottenuto un comodoancoraggio per altro legaccio), doveva sì sopportare solol’appoggio di una delle cinghiette della museruola; in cambioperò il collo stesso era severamente tirato in avanti, enaturalmente rimaneva solidale col cranio, divenuto per l’appuntol’unica parte ben fissata ed assicurata. Infatti, paradossalmente(e penosamente per me), la testa che risultava agganciata edancorata da due direzioni diverse era come sostenesse interamenteo quasi il resto del corpo.Ed era la testa, infatti, ad essere la più oppressa. Questapressione me la sento su ogni centimetro del viso… intorno alletempie poi è come se mi avessero calzato un cerchio di ferrocome quelli con cui si torturava nel medioevo! Si trattavalogicamente del cuoio di una di quelle infernali cinghiette… maavevo potuto efficacemente constatare che nelle mani di Gattaqualsiasi cosa, anche la cosa più dolce e morbida, potevadiventare strumento di crudeltà! Ad esempio il foulard che mibendava comprimendomi gli occhi: percepivo pulsazioni nelleorbite e "vedevo" strani lampi di luce inframmezzati damari di stelline puntiformi. Anche il naso aveva iniziato a darmi problemi: il cappuccio inlycra è carino, morbido e sensuale se portato per poco tempo, maa un certo punto diviene insopportabile con la sua costante,implacabile pressione; la punta del mio naso per l’appuntorisultava deformata dal cappuccio, ripiegata di lato: ciòostacolava, se pure in parte, la regolare respirazione. La boccapoi era ormai insensibile anch’essa, intrappolata da gomma,stoffa e cuoio. Tutto il viso, in definitiva, così avvolto ecostretto nelle cinghie della museruola, era espressione delladecisione di Gatta quando si trattava di stringere un legaccio.Il mio corpo. Un ammasso di carne martoriata. Una mente inebetitada dolori e torture. E se per disgrazia questo fosse solol’inizio? La mia unica possibilità di sopportare il tutto èstare del tutto immobile… scelta obbligata, sì, ma qui devoriuscire a non muovere proprio neppure un muscolo. Altrimenti quifinisce che faccio il gioco dei legacci che replicano ad ogni miomovimento con la loro immancabile reazione stritolante!Mi imposi dunque la totale immobilità, calando in una specie didormiveglia, di limbo sensoriale nel quale la mia situazionediventava persino tollerabile. Il tempo passava. Le mie rapitricinon tornavano. Nei momenti di maggiore coscienza mi ponevonuovamente le tre domande che, per il momento, sarebbero restateprive di risposta:Dove mi trovo?Dove mi stanno portando?Non mi sarò per caso cacciato in una situazione di cui mi dovròpentire?Sentii un ticchettìo sul vetro del finestrino del mio lato erientrai nel mondo della realtà. Chi mai può essere? Loro? Inun autogrill circola un sacco di gente… E se fosse qualcheestraneo?I colpi sul cristallo si ripeterono, stavolta più forti. Sentivoche qualcuno parlava ma i bavagli ed il ronzio che l’intontimentomi iniettava nelle orecchie mi impedivano di capire ciò cheveniva detto e persino di rendermi conto se chi parlava era una opiù persone, e se si trattava di una donna o di un uomo. Sietevoi? Vi prego, fatemi capire che siete voi!All’improvviso uno scossone fece ondeggiare l’automobile e la miatesta, collegata con le corde a sedile e maniglia di sostegno,subì un pesante strattone. Cielo, che male! Infatti la decisatrazione si trasmetteva alle cinghie che la scaricavano sotto ilmento, sulla mascella e, attraverso i legami diventati quasisuccedanei dei miei nervi, giù giù sino alle caviglie. Lostrattone mi costrinse a riemergere del tutto e bruscamente dalmio limbo sensoriale; sperai che si trattasse di un gestoisolato, quasi di sfogo o dispetto, invece altri scossoni venneroe la vettura iniziò addirittura a ondeggiare ritmicamente.Pensai con terrore che si poteva anche trattare di un gruppo di giovinastri, di teppisti o di ubriachi che avevanonotato la situazione e si erano messi a sospingere lateralmentel’auto facendola ondeggiare sulle sospensioni. Per fortuna nonpossono entrare! Ma se sono tanti potrebbero anche riuscire arovesciare l’auto!!Ogni ondeggiamento, per l’inerme sottoscritto, era come unasferzata: mi sentivo strattonare da ogni direzione, soprattuttola mia testa pareva lì lì per staccarsi dal collo! Ma come ilCielo volle, gli ondeggiamenti cessarono. Quasi piansi diriconoscenza. Il tempo si fermò di nuovo. Non sentii più nullaancora per parecchio e avevo iniziato a cercar di ritrovare laprecedente posizione di quasi quiete in cui i legacci miavrebbero tirato meno.E ci ero appena riuscito quando sentii scattare la serraturadelle portiere. Le mie torturatrici erano alfine di ritorno…Solo che avevano bevuto, a quanto pare, e non caffè! Le sentivoridere quasi sguaiatamente e parlare ad alta voce: eranoveramente eccitate, ancora di più di quando erano uscite. Oh,no! E adesso chi le trattiene più?Ma tant’era: mi conveniva prepararmi spiritualmente alproseguimento del viaggio. Quasi subito una decisa spintalaterale mi investì facendomi emettere quello che in assenza dibavagli sarebbe stato un vero ululato di dolore. Un risolinovenne dalla voce di Desideria:-Oh scusa! Poverino… L’ho praticamente spappolato,- e le risadelle altre due non mancarono di farle eco; -Non ricordavo che ilnostro fagottino stava da questa parte… E ho fatto per entraredi qua.E a chi vuoi farlo credere? Dal tuo tono non mi sembrimica troppo dispiaciuta! A dire il vero non ci credo nemmeno, alfatto che ti sei sbagliata passando da questo lato… Insomma, losapevi bene che così appeso tra maniglia e sedile non possocerto spostarmi e farti posto!-Certo che a tenerlo in auto ingombra un po’, eh? Che dite, se lomettessimo nel portabagagli?Questa non può che essere Gatta: solo a lei poteva venireun’idea simile. Intervenne Pamela: -Ma non sarà pericoloso? Non sbatterà la testa da qualcheparte?-Ma dai, basterà che lo fissiamo per bene- la rassicurò Gatta.-E come respirerà?-Scosteremo un poco lo schienale del sedile posteriore, così unfilo d’aria per lui passerà.Non sapevo se auspicare o temere un cambio di posizione. Ad ognibuon conto mi venne sganciata la testa dalla maniglia ed ebbimodo finalmente di rilassarmi e sentii calare la tensione sulcollo. Poi venni liberato dal tirante attaccato al sedile davantia me. Fu il legaccio che univa collo e ginocchia l’ultimo avenire sciolto e potei allontanare e stendere, almeno in parte,le gambe e appoggiarmi allo schienale per riprendere fiato. Siallentò così anche la stretta delle corde alle ginocchia: imuscoli si rilassarono diminuendo di spessore di quel tanto chebastava.E già solo quelle piccole libertà riconquistate mi fecerotirare un sospiro di sollievo; le mie carceriere non lo devonoaver nemmeno notato, perchè tutto quello in cui si risolse ilsospiro era una violenta espirazione dal naso, unica apertura dacui potesse uscire aria. Ma non ebbi molto tempo per riposare.-Bene, e ora mettiamolo dietro,- disse Desideria. -Aiutatemiperò perchè questo non collabora.Collaborare? Ma, di grazia, come potrei? Tutti i lacci e lemanette sono ancora lì dove stavano prima! Mi avete staccatodall’auto e basta! L’unica libertà che avrei ora è quella diessere spostato… Due mani mi afferrarono le caviglie e iniziarono a sollevarmi perle gambe; io di conseguenza mi ritrovai sbilanciato e crollaisteso sul sedile mentre venivo trascinato verso l’esterno. Altredue mani si aggiunsero alle prime e il "trasloco" sifece più spedito. Le mie mani però, trovandosi tra il mio corpoe il sedile, vi strisciavano contro con qualche difficoltàquando ne incontravano le profilature. Le infernali manette adogni breve tratto "inciampavano", spingendo i polsiverso l’altro e tentando di frenare quell’inesorabile movimento:inesorabile a causa della determinazione dimostrata dalleragazze.Al momento di venir estratto dall’abitacolo, trovandomi con lasola testa poggiata sul sedile, temetti di sbattere il capo aterra e cercai di avvisare le ragazze. Inutile! La massa digomma, stoffa e cuoio in cui mi pareva si fosse trasformata lamia testa non lasciò uscire che qualche mugolìo. Per fortunaqualcuno provvide: venni preso dai due lati per le braccia esostenuto. Non fu comunque piacevole: così sorretto per lebraccia, esse tiravano sulla corda che avevo ai gomiti dandomi lasensazione di dividerli nettamente in due. Senza contare leimplacabili manette che mi bloccavano e straziavano i polsi. Agiudicare dal bruciore che sento i miei poveri polsi, se ancoranon sanguinano, devono essere diventati blu! Fui trasportato perquei pochi metri fino dietro all’auto. Ancora una volta nonvolevo convincermi che stessero facendo sul serio. E sì, ècosì: una cosa è essere tenuto in braccio da loro, anche se poifiniscono per toccarmi certe torture… in fondo è anchepiacevole! Ma un’altra cosa è starmene rinchiuso nel baule da solo e perchissà quanto! E per di più chissà come hanno intenzione dilegarmici. Perchè sicuramente queste mi ci vogliono legaredentro! E intanto loro proseguivano come avessero avuto a chefare con un pacco qualsiasi:-Dai, issa! Ma quanto pesa questo qui!-Vuol dire che lo metteremo a dieta! O magari a digiuno?-Oh voi due, aiutatemi invece di scherzare!-Ma sì, noiosa, eccomi!-E appoggialo con la schiena sul bordo, no? Ecco, così!-Occhio ora che bisogna farlo scivolare dentro.-Così?-Sì, sì, ecco, brave.Non poteva che essere Gatta che dirigeva le operazioni: come unabrava sceneggiatrice e regista, aveva preso l’iniziativa edecideva come gestirmi. Così mi sentii mano a mano adagiare,poco per volta, nel baule dalle loro mani. Devo dire che eranoaddirittura gentili: mi poggiarono sul fondo della bagaglierarigirandomi alcune volte, e sostenendomi con particolare cura latesta per evitarmi di sbatterla contro le sponde. Le ringraziaimentalmente per questo loro buon cuore, e fui alfine sistemato edin attesa delle loro decisioni sul modo migliore di assicurarmi.Decisioni che vennero ben presto.-Io direi di incaprettarlo,- propose Pamela, -e poi fissiamotutte le corde a questi ganci, che dite?-Ma sì, se deve stare lì dentro bisogna che sia impacchettatoin modo che non ingombri.-Sì,- riprese Pamela, -però gli toglierei le manette, avetevisto come gli hanno segnato i polsi?Ti bacerei! Come lo hai capito che era la cosa che piùdesideravo, l’essere liberato da questa morsa di metallo? Se mivolete incaprettare fatelo almeno con corde o stoffa!-Che generosa che sei con gli schiavi, tu,- la canzonòDesideria. Ma ad ogni modo la chiave delle manette girò nelleminuscole serrature, e prima la mia mano destra poi la sinistrafurono libere.La cosa non aumenta certo la mia libertà, coi gomiti cosìstrettamente legati non posso comunque muovere le braccia. Dopopoco, anche le caviglie furono liberate dalla loro morsad’acciaio. Provai un senso di vero e grande sollievo, che non siaffievolì neanche quando polsi e caviglie vennero di nuovocatturati ed avvolti da qualche materiale morbido che nonriconobbi: stoffa o corda? Ma che importa, l’importante è chenon si tratti di metallo!L’incaprettamento fu perfezionato con stupefacente maestria conil classico collegamento tra polsi e caviglie che vennero unitida un tirante. Un incaprettamento veramente ricco di tensione: lemie torturatrici…O dovrei dire: le mie Padrone?…non smisero di tirare finchè polsi e caviglie non sitoccarono tra loro. Venni adagiato sul fianco, e fu un bene vistoche la posizione prona mi avrebbe causato certamente seriproblemi di respirazione, a lungo andare.Di nuovo grazie… che lo abbiate fatto di proposito o no!-Uffa che fatica, dài, fissiamolo,- incalzò la voce di Gatta,-e vediamo di far presto che comincio ad aver sonno. Su, ungancio ad ognuna. E infatti sentii armeggiare da diversedirezioni quasi contemporaneamente: la testa mi fu catturatapresumibilmente da legacci ancorati agli anelli che si trovavanosotto il mento e sopra il capo. Un terzo legame mi catturò leginocchia, ove i muscoli a causa della posizione si erano dinuovo dilatati causando una profonda penetrazione dei lacci cheli serravano. Comunque la mia testa risultò tirata all’indietroe assicurata a un qualche gancio di cui ignoravo addirittural’esistenza, nel baule della mia vettura. Ben presto però questasevera trazione venne equilibrata da un aggancio analogo grazieal quale la testa veniva tirata anche verso l’avanti.Insomma, l’avete proprio imparato l’uso di questi anelli! Tutti itiranti, inutile dirlo ormai, vennero tesi allo spasimo, e comerisultato la mia povera testa non poteva muoversi nemmeno di uncentimetro. Anche le ginocchia mi vennero bloccate allo stessomodo, da due direzioni diverse. A dire il vero, una parte rimastalibera c’era ancora: era il torso, che poteva effettivamenteoscillare sulla spina dorsale, se pur leggermente e nei limitiimposti dagli ancoraggi applicati a cranio e ginocchia.-OK ragazze, a me sembra che sia ben fissato, possiamo andareora?Non capii cosa le altre due risposero a Gatta: il botto delcofano richiuso con decisione coprì ogni altro suono e inoltre imiei timpani sollecitati dalla pressione dell’aria schioccarono.Suppongo comunque che le risposte fossero positive, tanto è veroche dopo un breve istante sentii le porte dell’auto chiudersi conforza mentre il motore si avviava.Ingenuo, ingenuo, ingenuo! Come ho fatto a cascarci? Questecosiddette inesperte di bondage si sono trasformate in pochedecine di minuti in tre perfette rapitrici! Ed eccomi quiimmobilizzato e tutto dolorante a dover affrontare un viaggio chesi preannuncia per niente confortevole. Ma fosse un viaggio!Questo è, oserei dire, un banale trasporto! Mi avessero almenoliberato da questa infernale cinghia alla vita… E per di piùsto ricominciando a sentire il lavoro del vibratore che prosegueall’interno del mio retto!Benedissi il fatto di possedere un’automobile dotata disospensioni morbide, anzi formulai il voto di scegliere sempre,per il futuro, di possedere vetture ben molleggiate. Efortunatamente il percorso era tutto autostradale. Non subiidunque eccessivi sballottamenti: l’unica trascurabile noia eracausata in curva, visto che la guidatrice di turno abbordava lecurve a velocità sostenuta e il mio corpo veniva di conseguenzaspinto lateralmente. Fortunatamente…Che ironia!…la grande tensione delle corde che mi bloccavano, oltre atormentarmi ginocchi e cranio, mi impedivano di prendere urti.Col trascorrere del tempo trovai un passatempo: dato che un altropunto molto dolorante erano gli angoli della mia bocca dove lacinghietta del bavaglio premeva ormai da ore, mi applicai nelcercare di allentare la pressione, con la lingua, per smuovere lapallina di gomma e dare sollievo almeno ad un angolo alla volta.Naturalmente la tensione della cinghia era tale da richiedere unnotevole sforzo da parte mia; inoltre anche la museruola esternacontribuiva applicando la sua pressione. Il risultato era unaccrescimento della fatica che dovevo impegnare nell’impresa.Povera la mia bocca! Deve essere ormai ridotta ad un’unica grandepiaga!Il tempo passava. Stavo ormai cedendo al consueto dormiveglia,quando una frenata improvvisa causò da parte mia un mugoliotalmente acuto che, non so come, lo sentirono dall’abitacolo. Unavoce, impossibile tentare di riconoscerla nelle mie condizioni,gridò una frase che lì per lì mi parve dire:-Oh! Buono tu lì, se non vuoi che ti leghiamo di più!Una minaccia che sarebbe da ridere! Di più? Come se fossepossibile…! Ma almeno ora sono quasi certo che il famosospiraglio per lasciarmi respirare esiste e non si sonodimenticate di aprirlo!Comunque decisi di starmene tranquillo: a quanto pareva, conquelle tre tutto era possibile. Solo che la frenata mi avevafatto balenare il dubbio di cosa sarebbe accaduto se qualcuno ciavesse tamponato. Qui c’è da fare la fine del topo! Sì, la miaauto è piuttosto robusta, ma siamo a velocità d’autostrada! Viprego, badate alla guida! Io non ci posso fare nulla!Mi conveniva cercare di rilassarmi, visto che oltre che sperarenon potevo. Se c’è speranza, perchè disperarsi? E se non c’èsperanza, perchè disperarsi? E incredibilmente riusciiaddirittura ad assopirmi, evidentemente grazie allo spossamento econ l’aiuto delle vibrazioni della vettura. Restai appisolato nonso per quanto tempo. Sognai qualcosa che non ricordo se nonvagamente: piovre che mi stringevano nei loro tentacoli e ditratto in tratto prendevano volti femminili, e enormi tenaglieche mi stritolavano il corpo. Anche troppo facile dedurre che ilsogno era influenzato dalle mie condizioni nella realtà!E infine ci fermammo. Come spesso capita, l’arresto dell’auto edil repentino silenzio del motore mi destarono.Finalmente… Forse ora potrò distendere le membra! Supponendodi poterci ancora riuscire. Sentii le portiere aprirsi e le vocidelle tre che parevano un po’ assonnate. Le porte si richiusero.Poi percepii il suono di quel che mi parve una serratura dicancellata o portone che scattava. Le voci delle tre siallontanarono. La serratura del portone scattò di nuovo.No! Santo Cielo, non possono abbandonarmi qui per l’intera notte!E ora come faccio? Mi pare che mi manchi l’aria già ora…nonostante lo spiraglio. E poi, in questa posizione. E con questadovizia di bavagli, cappuccio e museruola!L’ansia non mancò di causarmi un eccesso di sudorazione,soprattutto sotto il cappuccio: alcune gocce di sudore siinfiltrarono in qualche modo sotto lo stretto foulard che micopriva gli occhi e giunsero a bagnare le mie palpebre, causandogrande bruciore. Di certo anche la crisi di ossigeno (o la paurache essa sopravvenisse) contribuiva a causare questa vampata diumido accaloramento.Al sudore si contrapponeva un feroce senso di freddo nei mieiarti; esso era causato certamente dal forzato blocco dellacircolazione sanguigna. Erano soprattutto i legàmi applicati agomiti e ginocchia che, solcando la carne in profondità,impedivano od ostacolavano seriamente il deflusso venoso. Tuttequeste cose mi sono molto chiare ora, ripensandoci col senno dipoi, ma di certo in quei minuti ero molto meno sereno! Mi sentivo anche come castrato: i miei genitali erano diventatidel tutto insensibili, come inesistenti: non avevo nemmeno mododi capire se il mio membro si fosse rilassato sfuggendo allamorsa della cordicella che lo stigmatizzava, o se essa inveceavesse infine vinto, rendendolo completamente insensibile.Mi sentivo sempre più debole. Le forze mi abbandonavano. Inutileormai pensare di potermi liberare! Speravo solo perdutamentenella pietà e nella compassione delle mie rapitrici. Ma poi…per queste tre potrebbe essere veramente la prima, primissimavolta! E se fosse così? I principianti possono giocare in modotroppo pesante, senza rendersi conto del punto limite cui puòarrivare la resistenza di un corpo umano! Qui queste rischiano diperdere il loro "giocattolo" senza nemmeno renderseneconto..!Ebbene sì, poi magari piangeranno! Ma a me chi ci pensa? Sono ioora che vorrei piangere… Io non voglio morire! Testa pesante.Ronzio alle orecchie. Battito frenetico del cuore. Io percepivocosa mi stava accadendo, ma avevo già rinunziato a tentare diliberarmi. Era come se la mia mente fosse uscita dal corpo: vidime stesso incaprettato in quell’infernale bagagliaio e mi parve d’essere già morto e di guardarmi da un’angolazione esterna.Questo delirio non mi abbandonò: vidi il mio proprio corpo, comein una ripresa in contro-zoom, rimpicciolirsi, ridursi… fino adiventare un piccolo punto, una microcellula che scompariva nelgrande buio.E forse a quel punto svenni, ma non ne sono del tutto certo.Tornai alla realtà accolto da un illogico mal di mare. Il mondoondeggiava. Era ancora un effetto delle costrizioni? Ma mi parevadi riconoscere un profumo che non riuscivo a identificare. Misforzai di tornare alla coscienza per il minimo necessario acapire, e alfine mi resi conto che mi trovavo tra le braccia diqualcuno, o meglio sostenuto e trasportato da altre persone, dicerto più di una. Sì, sì, sono tornate… Meno male!Le mie tre rapitrici avevano deciso di tirarmi dentro proprioall’ultimo istante: il mio corpo era divenuto ormai pressochèdel tutto insensibile, percepivo solo vagamente anche il toccodelle loro mani. Comunque mi stavano effettivamente trasportando,e infine mi trovai adagiato, con inaspettato rispetto, su unasuperficie morbida che a me parve credibilmente essere un letto.La morsa delle cinghiette della mia museruola venne allentata, lamuseruola stessa fu asportata, il cappuccio in lycra sfilato. Ilrepentino percepire l’aria fresca sulla pelle del viso umida disudore mi svegliò completamente. Sentii armeggiare attorno allefibbie che trattenevano in sede il bavaglio a pallina, e benpresto anch’esso venne rimosso. La rimozione mi offrì effettivamente sollievo ma fu comunquedolorosa: le cinghiette si erano scavate un alloggio agli angolidella bocca e vi si erano incastrate, ed erano anche praticamenteappiccicate sul mio viso, anche a causa della saliva che avevoimmancabilmente emesso, e che si era asciugata tra cuoio e pelle.La mia mandibola rimase macchinalmente bloccata, spalancata, dopoquel lancinante ma breve assalto di dolore. E mi causò dolore anche la rimozione del foulard che avevo sugliocchi, anch’essi come incementati dalla notevole pressione che lastoffa esercitava sulle mie palpebre e anche da sudore elacrimazione. Non riuscii ad aprire subito neppure gli occhi chemi pulsavano! Rinunciai per il momento, e rimasi fermo e quietomentre sentivo che ad uno ad uno mi venivano rimossi i legàmiagli arti. Potei alfine allargare gambe e braccia, che si mosserodisincastrandosi a fatica, quasi scricchiolando, dalle loroposizioni, e sistemarmi supino sul letto assaporando la miaritrovata libertà. Ma il sollievo fu di breve, brevissimadurata. La circolazione sanguigna, evidentemente, si eraarrestata in più punti del mio corpo e riprese ben presto,causandomi quello che, in condizioni ordinarie, sarebbe stato unbanale formicolìo. Ma dopo costrizioni tanto durevoli e legaturetanto strette, fu come se migliaia di spilli mi venisseroconficcati contemporaneamente su pressochè tutta l’estensionedella mia pelle.Rimasi per un attimo stordito da tanto repentino dolore, poiemisi un disperato urlo di dolore. Due o tre mani provviderosubito a turarmi la bocca, aggiungendo altro dolore a quellocausato dalle piaghe agli angoli delle labbra. Nulla, comunque,in confronto agli arti. Ma chi se ne frega, almeno se mi tengonola bocca chiusa posso sfogarmi a ululare…! E poi, se siamo acasa di una di loro, è giusto, non possono permettermi di farcasino a mio piacimento.Dopo un po’ anche quest’ultima scarica di dolore mi diede tregua;rimanevo comunque formicolante e come paralizzato. Piùimpossibilitato a muovermi ora di quando ero legato! Le ragazze,accorgendosi della situazione, mi lasciarono la bocca escoppiarono a ridere. Così insensibili… ridere di fronte ad unuomo ridotto in questo stato! Dovrei far loro quanto meno pena, einvece…!A un certo punto però le sentii di nuovo armeggiare: misbottonarono i pantaloni e li calarono. Fino a poco prima misentivo come un castrato, avevo assolutamente dimenticato cheanche i miei genitali e il mio retto erano in stato dicoercizione. La cinghia alla vita fu rimossa, e di conseguenza latensione della stoffa che era servita a tenere in sede ilvibratore calò sensibilmente. Il laccio al pene fu allentato, eme ne accorsi appena. Fu il vibratore a non spostarsi affatto dalmio retto dove ancora scaricava le sue energie sulle mie viscereormai anestetizzate: dopo tanto tempo, anche l’apparecchietto siera saldamente incastrato nel mio sfintere anale, come incollato,ed era chiaro: non sarebbe di certo uscito senza venircoadiuvato.E fu forse proprio per rimuovere il vibratore che una delle trefece per afferrarmi per una gamba, evidentemente per rigirarmi.Quel fugace tocco fu peggio di un centinaio di frustate! Ilformicolìo si trasformò nuovamente in tormento e non riuscii atrattenere un nuovo grido disperato, lanciato a pieni polmoni.Fui mollato subito, ma ricevetti quasi subito un sonoro ceffoneche mi fece rigirare il capo su una guancia, e subito udii lavoce di Gatta:-Ma brutto stronzo! Vuoi far svegliare tutto il quartiere?-Forse,- azzardò Pamela, -soffre davvero e non si trattiene. Glidobbiamo rimettere il bavaglio.Gatta tacque per un istante, poi esclamò:-Ma sai, Pamy, che mi hai dato un’idea? Avvicinati un po’.Le sentii sussurrare qualcosa e poi ridacchiare, poi di nuovoGatta decretò:-Dunque facciamo così! Avanti, Pamy, togliti le mutandine.Ma non vorrete mica..?E infatti era così e le mie gentili ospiti provvidero aliberarmi di ogni dubbio circa le loro intenzioni: con una spintadecisa, le mutandine in questione, appallottolate, riempironodebitamente e repentinamente la mia bocca che era rimastastupidamente aperta dopo quel doloroso schiaffone applicato atutta mano.-Così potrai gridare a tuo piacimento,- commentò beffardaGatta.-Con cosa gliele fermi dentro?- s’informò Pamela.-Con questo,- rispose Gatta, e quasi subito sentii nuovamente lesue mani che mi premevano qualcosa su bocca e guance. La"cosa" venne applicata e sistemata con una ferma eprecisa pressione delle mani. Quando le mani di Gatta miabbandonarono avvertii una inconfondibile sensazione di tensionesulla pelle. Provai a muovere le labbra ed ebbi la conferma: miavevano incerottato la bocca con un cerotto di buone dimensioni.La sua trazione costante andava dal mento fino appena sotto ilnaso, quasi da un orecchio all’altro. Un bavaglio semplice,efficace, applicato con precisione e soprattutto sopportabileanche per lunghissimo tempo.Una volta ridottomi al mutismo, le mie torturatrici potevanoprocedere nel loro lavoro. Venni infatti fatto girare, o megliorigirato, in posizione prona. Questo provocò altri forti doloriagli arti in cui il sangue non aveva ancora ripreso a defluirenormalmente. Ma le mie grida questa volta vennero efficacementesoffocate dalle mutandine di Pamela. Strinsi i denti per ildolore e fu così che percepii distintamente il sapore che lestesse portavano: erano state indossate presumibilmente tutta lagiornata, ed avevano recepito senza dubbio sudore, dovuto anchealla fatica di sottomettermi, ma quasi certamente recavano ancheun altro genere di umore, dovuto alla eccitazione.Un sapore strano, ma non sgradevole… ma spero che la Pamela nonsia anche incontinente! Non dovrebbe, ma…! E poi non ho scelta!Mi trovavo dunque prono; due mani allargarono le mie natiche peresaminare la situazione. Avevo ormai riacquistato del tutto oquasi l’udito, pertanto le sentii chiaramente discutere sul comerimuovere il vibratore.-Glielo strappiamo via di colpo?No! Pietà!-Ma no, rischi di fare danni! Meglio estrarlo lentamente.Stavolta me ne sto buono! Anche se l’idea di una estrazionefulminea mi terrorizza… ma di certo non voglio dar loro modo didivertirsi ancora con le mie sofferenze! Decisero evidentementedi estrarre l’apparecchio gradualmente: provvidero dunque asfilarlo un poco alla volta dal mio sfintere. Fu comunqueun’esperienza dolorosa: il vibratore si era veramente comeincollato, incastrato nel mio retto e l’estrazione mi causògrandi bruciori.Alla fine anche questa ultima tortura ebbe fine; rimasi alcuniminuti sul letto, nella posizione in cui mi trovavo, mentresentivo che le ragazze si preparavano ad andare a dormire.Ripensandoci oggi posso dire con una certa sicurezza che fuisalvato dalla loro stanchezza… non dalla pietà.Mentre pensavo se non fosse il caso di tentare di riaprire gliocchi, le mie carceriere tornarono per portare a termine la miasvestizione. Questo mi causò altro dolore visto che, anche seormai quasi tornati alla normalità circolatoria, i miei artierano rimasti molto doloranti: ancora non riuscivo a muovermi.Non sarebbe nemmeno stato indispensabile legarmi le mani perimpedirmi di togliermi il bavaglio: almeno per il momento nonsarei certo riuscito a staccarmi quel cerotto con le dita cosìdolenti e formicolanti.Ad ogni buon conto, sentii che, appena fui ormai nudo, mivenivano ammanettati nuovamente i polsi dietro la schiena. -Sai, caro, non è per cattiveria,- disse suadente Desideria, -maè che vogliamo essere certe di trovarti qui domattina. E poi nonle ho strette come prima.-E dai, lascialo rilassare,- ribattè Pamela.-Dài, voi due, che siamo tutte stanche, non solo lui!Sentii ancora un buffetto sulla guancia, attraverso il cerotto,un interruttore della luce scattò, e Desideria concluse:-E ora riposati, che domani ne avrai bisogno.Cullato da questa promessa troppo simile ad una minaccia,finalmente caddi in un sonno profondo e denso come il piombo. Nonavevo nemmeno tentato di riaprire gli occhi.
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