E’ proprio vero che quello che si ha a portata di mano non lo si vede e………….. beh, in questo caso dire a portata di mano non è proprio il termine giusto, comunque è andata così: era un po’ di tempo che sul lato sesso c’era calma piatta e la cosa che mi dava fastidio non era tanto il fatto di non combinare niente ma piuttosto che cominciavo a non sentirne più la voglia. Mi ero perciò messo alla ricerca di una “soluzione” ma la mia mente impigrita non riusciva a trovarne; mentre stavo lì in ufficio alla mia scrivania, con le mani sulla tastiera del PC ma con la testa in giro per strada a pensare a dove andare a cercare avventure, sento aprirsi la porta della mia stanza ed eccola lì………………. la mia collega della stanza accanto, quella moretta magrolina, quella con cui tutti i giorni scambio frasi di lavoro e, solo occasionalmente, qualche parola sul tempo o sulla salute. Fino ad oggi, a parte un’automatica valutazione dei suoi attributi, non mi ero mai soffermato a ricamarci un po’ su ed invece…………. guarda guarda che dietro la poca appariscenza, al fatto di non mettersi in mostra, sotto quegli abitini da mogliettina tranquilla aveva p! roprio un bel corpicino, con tutte le cosine al posto giusto………….. e io che l’avevo sempre un po’ snobbata, bel cretino! Sì, è vero, sapevo che è sempre meglio separare certe cose dal lavoro, per cui la parte senziente della mia mente cancellò queste rifleriflessioni ed alzai la testa ad incrociare il suo sguardo per sentire che cosa le occorreva. FLASH! Quegli occhioni neri e profondi, in barba a tutte le elucubrazioni della mia parte cosciente, mi agganciarono come un magnete e ci precipitai dentro con tutta l’anima. Tutti i pensieri di un attimo prima, quelli ricacciati giù a forza, invasero come un fiume in piena il mio cervello e i miei occhi la spogliarono da capo a piedi, evidenziando tutto quello che per tanto tempo non avevo notato. Sentii che mi stava parlando ma ero come in trance e non capivo cosa mi stesse dicendo. Mi ridestai da quello stato confusionale solo quando, vedendo che non le rispondevo, venne a scuotermi un braccio:”Hei, ma che hai oggi, non ti s! enti bene?”. Io, preso alla sprovvista e non trovando argomenti validi risposi: “Beh, sì, in effetti oggi non so cosa ho, non mi sento proprio per niente bene!”. Lei mi guardò con aria un po’ preoccupata e, con fare da mammina premurosa, mi disse: “Senti, mi sembri proprio fuori fase, forse è meglio che ti accompagni a casa, lascia solo che posi questi fascicoli ed avverta il personale, torno subito, OK?” e, senza darmi il tempo di replicare, girò sui tacchi e se ne andò. Ormai completamente in me il cervello cominciò subito a lavorare freneticamente per elaborare una strategia atta a portare a mio vantaggio quella inaspettata opportunità; non ebbi però il tempo di concludere molto perché lei fu subito di ritorno con borsetta e chiavi della macchina in mano. Decisi così di improvvisare sul momento; intanto avevo il vantaggio di avere casa libera perché avevo la famiglia al mare, il resto si sarebbe visto lì per lì. “Su, andiamo, coraggio!” mi disse prendendomi sottobraccio e! conducendomi fuori. Mi sentivo un po’ come il lupo cattivo che tende le trappole ai porcellini ma…. la guerra è guerra e poi, in trappola ci si era messa da sola, no? Così accettai di buon grado l’aiuto e mi strinsi a lei, più vicino del necessario (tra l’altro stavo benissimo) gustando il suo profumo ed il contatto col suo corpo. Mentre stavamo in macchina avevo già un eccesso di testosterone che se ne andava in giro per le mie vene così, giunti a casa mia, non mi fu difficile simulare giramenti di testa perché in effetti un po’ ne avevo; questo servì egregiamente ad indurla a parcheggiare ed accompagnarmi fin dentro il mio appartamento. Finsi un po’ di imbarazzo mentre entravamo dicendole: “Ma dai, non è necessario e poi ……….. beh in casa non c’è nessuno e non è carino da parte mia……….. approfittare così di te”. Lei mi guardò di sfuggita e rispose con una smorfietta: “Ah, va bene! Allora dovrò pure metterti a letto e rimboccarti le coperte, è così, eh?, e al! lora, dov’è la tua camera?”. Sempre sorretto da lei le feci strada però, giunto accanto al letto non riuscii più a continuare la mia farsa quindi, riassunta la mia postura normale le confessai: “senti, è troppo tempo che ti conosco e non posso fingere oltre, la verità è che io sto benissimo, non mi sono sentito male lì in ufficio, solo che per la prima volta ti ho visto non come collega ma come donna e la……….. differenza mi ha fatto un effetto………….. notevole, così non ho saputo resistere alla tentazione di cercare di approfittare dell’equivoco in cui eri caduta. Adesso però non me la sento più e ti chiedo scusa per averti portato con l’inganno qui a casa mia”. Dissi tutto così d’un fiato, guardandola negli occhi ed alla fine aspettai l’esplosione delle sue rimostranze. Lei, però, rimase in silenzio, mordicchiandosi un labbro e continuando a guardarmi negli occhi; sembrava riflettere su qualcosa ed infatti, dopo un po’ ruppe il silenzio e, abbozzando un sorriso ! tra il dolce ed il malizioso mi disse: “Beh, le donne in genere non fanno mai confessioni però, lo hai detto tu, ci conosciamo da troppo tempo, quindi anche per me vale lo stesso discorso; voglio dirti che non ho creduto per un attimo che tu stessi male e che ho recitato tutta quella commedia perché quando mi hai guardato in quel modo ho capito che finalmente mi stavi desiderando, era tanto tempo che speravo accadesse e mi sono sentita sconvolgere: non potevo aspettare ancora, ti volevo e subito e …………………….. eccoci qui, adesso!”. Non fece in tempo a finire la frase che mi afferrò stringendomi a se; sentii il suo corpo spiaccicarsi bramoso contro il mio; alla mia immediata ed evidente reazione la sua mano corse veloce a dare sollievo al mio sesso liberandolo dalla costrizione di pantaloni e slip e, sentendoselo vibrare in mano, cominciò a praticargli carezze e massaggi. Subito dopo con l’altra mano afferrò la mia e la guidò sotto le sue mutandine spingendola tra le sue cosce e invitandomi a restituirle le attenzioni. Il mio medio non ebbe difficoltà ad introdursi tra le labbra umide e scorse su e giù dall’ano al clitoride più volte strappandole sospiri di piacere che si tramutarono in gemiti quando glielo infilai profondamente nella vagina, fino a raggiungerle l’utero con la punta. Sentii la sua mano stringersi forte attorno al mio membro e strattonarlo avanti ed indietro con furia fino a che, sentendo avvicinarsi il piacere, la fermai allontanandola da me. Mentre aspettavo di calmare la mia sensibilità la spogliai lasciando cadere a terra i suoi indumenti, quindi feci altrettanto con i miei; restammo lì a guardarci un minuto poi, sentendomi ormai al sicuro da indesiderati orgasmi precoci, la feci inginocchiare a terra, spingendola poi giù a stendersi sul bordo del letto. Comprese il mio desiderio e si abbandonò col busto sul materasso mentre allargava le gambe poggiate sulle ginocchia. Le feci sentire la punta del pene che le girava attorno alla sua fessura…….. destra……… sinistra……….. in su………. in giù……….. e di nuovo più volte così. Lei mormorò “bastardo, mi fai soffrire così, che aspetti?”. “Aspetto che tu non ce la faccia più, così proverai maggior piacere quando entrerò” risposi continuando il gioco. Per peggiorare la situazione cominciai a massaggiarle col pollice il clitoride mentre il glande si muoveva avanti e indietro per uno o due centimetri dentro la vagina. La vedevo sculettare cercando la penetrazione ma stavo attento a mantenere la posizione per ottenere il massimo risultato. Quando capii che stava per venire ormai con un orgasmo clitorideo abbandonai ogni reticenza ed affondai decisamente ma senza fretta il pene nella sua vagina. Alzò la testa rovesciandola indietro mentre l’asta la penetrava fino in fondo ed emise un rantolo di soddisfazione. Vidi le mani che artigliavano le coperte e la bocca morderle quando iniziai a scoparla con un movimento piuttosto lento e allungato: indietro fin quasi ad uscire e avanti fino in fondo, con le mani ad allargarle le natiche e bloccarla nella posizione. Non avrebbe potuto fare molto in quella posizione ma comunque si abbandonò completamente alla mia iniziativa lasciandomi a decidere come darle il piacere. Io aggiustavo progressivamente il tiro passando da un ritmo lento ad uno veloce, con movimenti ora dolci e delicati, ora bruschi e decisi. Il trattamento mi consentiva, tra l’altro, di controllare le mie reazioni riuscendo così a prolungare il rapporto che altrimenti sarebbe terminato in pochi minuti. Dovetti fare uno sforzo di volontà e pensare ad altro quando la sentii venire in un primo orgasmo ma in qualche modo riuscii a mantenere il ritmo, prolungandole il piacere per un bel po’. Non so se ebbe un unico lungo orgasmo o una serie di orgasmi ravvicinati, so solo che smaniava e si dimenava. Mi sentivo bagnato fin sulle cosce e ormai il pene non aveva più il minimo attrito. Mi venne cos! ì l’ispirazione e al pensiero fui colto da un improvviso desiderio di possesso selvaggio; senza pensarci estrassi l’uccello dalla vagina e, puntatolo velocemente sul suo ano, la penetrai di colpo inchiodandola letteralmente sul letto. Emise un grido misto tra dolore e stupore ma fu un attimo perché subito dopo provò un nuovo diverso orgasmo. Il suo rinnovato piacere, insieme al maggior attrito delle sue mucose contro la mia pelle mi fecero arrivare velocemente ad un orgasmo liberatorio che eruppe dentro i suoi visceri rovesciandovi ripetuti schizzi di sperma, accompagnati da altrettante contrazioni del pene che ancora oggi, al ricordo, mi ridestano gli echi del piacere che mi provocarono allora. Restammo lì incastrati uno dentro l’altro finché i muscoli si rilassarono quanto bastava a staccarci ed anche allora restammo inginocchiati accanto al letto a prender fiato. Non abbiamo più ripetuto quell’esperienza, anche se ci vediamo tutti i giorni, e non ne abbiamo più parlato, forse per timore che, se vi accennassimo, non saremmo capaci di astenerci dal ripeterla; peccato, ma forse è meglio così……………… per ora.
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