COMMEDIA ORGIASTICA SULL’AUTOBUS PERSONAGGI: Uomo, Donna, Metalmeccanico, Vecchia, Studentessa, Studente, Autista, I Controllore, II Controllore ATTO UNICO SCENA PRIMA La scena è ambientata su un autobus di una linea qualunque, di una città qualsiasi, in orario non troppo affollato, né poco. Una coppia è in piedi accanto all’obliteratrice; una vecchietta poco dietro, nei sedili avanti un studente delle scuole superiori; ovviamente l’autista sta guidando. DONNA: (rivolta all’uomo al suo fianco, parlando sotto voce) Coraggio, fallo ancora. Ti fa tirare l’uccello toccarmi il culo con le tue mani sporche? Allora fammi sentire anche il tuo uccello contro le mie chiappe, accostati vicino. Sì, continua così, palpami il sedere. Porco, sei un porco lurido maiale. Tocchi spesso le signore sull’autobus? Sei proprio la feccia dell’umanità, insulso volgare molestatore. UOMO: Non provocarmi così, mi fai perdere il controllo di me stesso. Non riesco a staccare la mano dal tuo sedere rotondo. Sembra fatta apposta per essere palpeggiata e soppesata e strizzata dalla mano di un uomo, di un uomo qualunque incontrato su un autobus. Donna tentatrice: toccarti in pubblico, invitato da te, mi fa eccitare come un uomo primitivo. La mia volontà non può nulla contro le tue parole volgari; il mio pene diventa duro ogni minuto di più, non riuscirò a tenerlo a lungo nei pantaloni. Non sono io a molestarti: è il tuo sedere che attira la mia mano e la guida da una natica all’altra e nel solco tra esse, forzando la veste sottile che si adagia sulle tue curve. Senti. Accosto il mio sesso al tuo tabernacolo posteriore. (Ritraendosi) E’ troppo, non ce la faccio ad accostarlo a tanta superba eleganza di misure e morbidezza. Già così sognerò per lunghe notti questi brevi istanti di contatto, se continuo rischio di far esplodere colui che proseguirà la gente nelle mutande sozze di sangue. DONNA: Piccolo schifoso insetto. Cosa fai ti ritiri? Non hai le palle per avvicinarti ad una donna sull’autobus e puntarle il cazzo contro il culo? Cosa aspetti femminuccia, alzami la gonna e infila una mano sotto. Sotto tutta fradicia di umori per causa tua. Ora vorresti ritirarti? Alzami la gonna e scopami qui sull’autobus. UOMO: Non oserei mai. La mia dignità, ma soprattutto il rispetto della dignità di una donna, mi impedisce di compiere una simile sconcezza. DONNA: Mezzo uomo. Collegiale allevata dalle suore. Quando hai l’opportunità di scopare con un pezzo di figa come me ti comporti sempre così? Oppure ti spaventa il fatto che su questo autobus ci sia un paio di persone. Tu hai in così grande considerazione la mia dignità, ma io non ne tengo in nessuna la tua. (Urlando) Aiuto! Questo uomo mi sta molestando! Vuole violentarmi qui di fronte a tutti, fate qualcosa! UOMO: Zitta sciagurata! Cosa di viene in mente di combinarmi? Vuoi forse rovinarmi la vita? DONNA: Aiuto autista! Fermi l’autobus! VECCHIA: (Agitando l’ombrello) Che essere insulso. Ma come si permette questo vermiciattolo di importunarla? Se avessi qualche anno di meno glielo farei vedere io come si difende una donna dai maschilisti. STUDENTE: Autista la prego, fermi l’autobus: c’è un’aggressione. AUTISTA: Ma devono capitare tutte a me? (Ferma il mezzo) SCENA SECONDA Salgono sull’autobus un operaio metalmeccanico e una studentessa universitaria METALMECCANICO: Cosa sta succedendo signora? Perché urla così forte? DONNA: Questo uomo ha cercato di violentarmi. Mi si è avvicinato mentre timbravo il biglietto ed ha iniziato a sussurrarmi nell’orecchio delle frasi scurrili, volgari. Io l’ho pregato di smettere, ma lui si faceva sempre più vicino e alla fine mi ha messo anche una mano sul sedere. Io ero terrorizzata, non l’ho fermato perché avevo paura della sua violenta reazione: forse è anche extracomunitario. Ma quando mi si è fatto addosso premendomi contro quel suo coso orribile e puzzolente, quel contorto paonazzo, quel grosso strumento di perdizione… (scoppia in un pianto a dirotto) AUTISTA: Cosa succede la dietro? Devo chiamare la polizia? METALMECCANICO: Non si preoccupi. E’ tutto risolto. Ora ci penso io a sistemare questo malfattore. AUTISTA: Se mi dite che è tutto apposto… io me ne lavo le mani (riparte). STUDENTE: Cosa dite che dobbiamo fare? Lo portiamo alla polizia? VECCHIA: Non essere ingenuo ragazzino: la polizia lo tiene dentro per qualche ora poi lo lascia in libertà. Non lo metteranno neanche insieme ai carcerati sodomiti, come si meriterebbe. (Alzando l’ombrello sopra la testa) Dobbiamo provvedere noi cittadini per bene a sistemarlo. STUDENTESSA: Non mi sembra pericoloso, a dire il vero. E’ così spaventato che al contrario si direbbe indifeso. Signora, davvero questo uomo ha cercato di aggredirla? DONNA: Cara ragazza, se tu potessi provare quello che ho provato io, se anche tu fossi sfiorata dal suo gigantesco pene, non parleresti in modo così avventato. STUDENTESSA: O mio Dio. E’ davvero così grande il suo sesso? E’ davvero così spaventoso che il solo contatto attraverso i tessuti dei vostri vestiti l’ha terrorizzata in questo modo? Deve essere formidabile. METALMECCANICO: Lo scopriremo subito. Mettiamo a nudo le vergogne di questo infame parassita. Via i pantaloni! Non cercare di coprirti con le mani, verrai sottoposto alla pubblica gogna e al pubblico ludibrio di chiunque passerà in questo autobus. In effetti sembri ben dotato. Ti strapperò anche le mutande, così il mondo vedrà quale lurido svergognato tu sia e la tua reputazione sarà rovinata in eterno. Stai fermo, per farti passare la voglia di coprirti ti legherò le mani dietro la schiena con le tue stesse sozze mutande. STUDENTESSA: Fatemi passare, sono una studentessa in medicina. Lasciati guardare. Davvero notevole. Il tuo pene in erezione misura almeno trenta centimetri. Favoloso. E avrà una circonferenza di almeno venti centimetri. Straordinario. Per non parlare del glande: non ne ho mai visto uno così sviluppato; direi quasi in modo deforme. Non so se con queste dimensioni tu sia mai riuscito a penetrare una donna. Signora mia, questo criminale subnormale poteva farle davvero del male, ma non credo sarebbe riuscito a violarla. DONNA. Ne è davvero così sicura? STUDENTESSA: Dovrei fare degli studi, degli approfondimenti, degli esperimenti. Se potessi portarlo con me in un laboratorio dell’Università ed esaminarlo con le mie compagne… VECCHIA: Non dire sciocchezze ragazzina. Questo brutale maschilista va punito, non studiato. Non si studia l’empietà. Questa verga bitorzoluta non va messa sotto il microscopio. Va colpita con decisione, perché Dio così vuole. E io ti colpisco con la mia borsetta, vomito di cane che non sei altro, vedrai che il tuo uccello non volerà più tanto in alto. Ti fa male? Non ti preoccupare, i sensi di colpa saranno più forti. Guardate il pervertito, alla punizione inferta si eccita ancora di più. STUDENTESSA: Ma signora, non si comporti così. Rischia di arrecargli gravi danni all’apparato riproduttore. E il progresso scientifico, dove lo mette? VECCHIA: Ragazza mia, non sono ancora rincitrullita: mi sono accorta di quale cupidigia è carico il tuo sguardo. Sono sicura che gli studi ai quali vorresti sottoporlo sarebbero troppo piacevoli, sia per questa immondizia che per te. Se proprio vuoi saperlo, ai miei tempi ne ho presi molti e questo non è certo il più grande. Ti consiglio di darti da fare con i tuoi professori piuttosto, invece di cercare avanzi di galera. STUDENTE: Guardate che palle gonfie che ha. Saranno mesi che non scopa. Secondo me con questo cazzone non riesce neanche a farsi le seghe. Ma gliele sgonfio a forza di ginocchiate. E’ incredibile: è sempre più eccitato. Secondo me questo è una checca. Dì la verità, sei una femminuccia? Deve essere sicuramente così. E’ una di quelle checche che si fanno mettere sotto, che lo prendono di dietro, che ciucciano i piselli degli altri froci. Ti metti anche il rossetto e le calze di notte? Scommetto che ti piace farti inculare in bocca e nel culo dagli sconosciuti nel cesso di un bar. Magari paghi anche per farti scopare. Sei uno di quelli sottomessi che obbediscono agli ordini più umilianti e si fanno torturare? Ti fai pisciare in bocca? Ti fai schiacciare il cazzo duro con il tacco delle scarpe? Ti piace come ti massaggio i ciglioni a forza di calci con la punta delle scarpe, vero? Poverino, i tuoi padroni non faranno mai venire; a loro fa schifo toccare il tuo cazzo. E’ per questo che hai le palle tanto gonfie. Di esseri come te mi fa schifo solo a sentirne parlare. Sei di una razza inferiore. VECCHIA: Vediamo se si eccita anche con un ombrello nel culo. Prendi qua! Te la senti dentro la punta metallica del mio ombrello? Ti piace quando ti torco le budella muovendo il manico in questo modo? Non ci posso credere che tu sia ancora eccitato, devi avere una congestione all’uccello. Meglio così, ti scoppierà. Guardate: l’ombrello è appeso al culo per la punta, intorno alla quale il suo sfintere si è serrato; il manico pende giù come fosse una coda. Sei proprio un cane pulcioso stai alla larga. (Prendendolo a calci) UOMO: Autista la prego, mi salvi. Fermi l’autobus, questi mi ammazzano. AUTISTA: Non ci penso neanche, sono in ritardo. SCENA TERZA L’uomo è disteso a pancia in su lungo il corridoio dell’autobus, vicino all’autista che lo ignora. Ha la punta di un ombrello infilata nell’ano, le mani legate dietro la schiena dalle sue stesse mutande. Vicino a lui ora c’è solo la studentessa STUDENTESSA: Davvero notevole come resisti a tutte queste torture senza emettere neanche un grido. Il tuo pene poi non ha subito la minima flessione; è ancora nel pieno dell’erezione e sembra non voler diminuire mai, anzi mi sembra leggermente cresciuto. Come vorrei portarti con me nel laboratorio. Ma come faccio a liberarti dalla prigionia di quei pazzi maniaci. Ora sembra si siano calmati, stanno discutendo fra di loro, ma non credo riuscirò a farti scendere di qui senza dare nell’occhio. Tanto più che sei conciato in modo davvero pessimo. Potessi farti arrivare nel laboratorio, nasconderti dentro un armadio sicuro e tornare di notte con le mie amiche… ti divertiresti anche tu: con questo bel pezzo di carne che ti ritrovi fra le gambe ne hai abbastanza per farci tutti gli studi di questo mondo e ne avanzerebbe quanto basta per farci godere tutte. Alla fine avresti il permesso di godere anche tu, siamo magnanime noi. Ma cosa stai facendo? Non osare più guardarmi sotto lo spacco della gonna. Prendi questo calcio in faccia. Ti terrò un piede sulla faccia per punizione. Ma cosa fai? Mi lecchi la suola dei sandali? Sei proprio un insaziabile pervertito. Forse ha ragione quel fascistello che ti ha massacrato i coglioni a forza di ginocchiate e di calci. Ti piace essere sottomesso e umiliato? Sei uno schiavo? Non rispondermi, non hai il diritto di rivolgermi la parola. Fammelo capire. Direi proprio di sì: mi stai succhiando il tacco dei sandali come fosse un uccello. Lo sai che a casa ho un tanga con un fallo di gomma attaccato davanti? In genere lo uso per masturbarmi, ma quando incontro dei vermi come te, lo infilo e diventa il mio migliore strumento di tortura, il mio cazzone, ti inculerò con quell’attrezzo, che tu lo voglia o meno. Continua a succhiarmi il tacco, pidocchio. Salendo in autobus ho pestato un merda, spero sia di tuo gradimento. Puliscila per bene. Visto che ci sei, perché non mi lecchi anche i piedi. Sono tutti sudati, sono andata ! a piedi in Facoltà oggi. Aspetta che mi tolga i sandali. Ecco, ora puoi leccarmi i piedi. Così bravo, succhiami anche le dita, leccami bene tra una e l’altra, detergi il sudore. Vuoi forse prendere in bocca tutto il piede? Non scherzare, io lo faccio veramente. Non puoi sapere: io sono una donna d’acciaio, ma quando un uomo si fatte mettere in bocca un mio piedino, io non resisto, mi sciolgo. Oh mio Dio, mi fai impazzire, mangiami il piede, continua così, mi fai bagnare tutta. Oh Cristo, non riesco più a trattenermi, mi stai facendo venire! Basta! Basta, ti prego. Hai scoperto il mio punto debole: quando un uomo prende completamente in bocca un mio piede io perdo ogni controllo. Sei stato in gamba, schiavetto mio. Mi piaci. Chissà se potrò utilizzarti anche come ritirata. Ti fai pisciare in bocca? Non sai quanto mi scappi in questo momento. Il nostro professore ci tortura a lezione: oggi ci ha fatto bere due litri di acqua a testa e ci ha comandato di non utilizzare un bagno! fino ad ora di cena. Ebbene sì, noi povere studentesse siamo tutte schiave del nostro professore, il nostro Signore. Però tu non sei un bagno, potrei utilizzarti. (Si tira su la gonna, si abbassa le mutandine e si siede sulla faccia dello schiavo disteso a terra) Sei davvero sorprendente, hai bevuto tutto e mi stai anche lavando la micetta. Non vorrai farmi eccitare di nuovo? Porcellone! SCENA QUARTA L’autobus fa un’altra fermata. Salgono due controllori I CONTROLLORE: Biglietti! STUDENTESSA: Ecco qua. II CONTROLLORE: Ma signorina? Ma lei è seduta sulla faccia di un uomo? Chi è? E perché è nudo? Ma cosa state facendo, non si vergogna? STUDENTESSA: Veramente non lo so. Mi ero seduta qui in mezzo al corridoio e non mi ero accorta ci fosse qualcuno sotto di me. METALMECCANICO: Signori controllori, quel pervertito ha cercato di abusare di questa donna. I CONTROLLORE: Signor pervertito, lei è passabile di una denuncia per atti osceni in luogo pubblico e molestie sessuali. Favorisca il titolo di viaggio. UOMO: Il mio biglietto lo ha timbrato mia moglie (indicando la donna). I CONTROLLORE: Signora, favorisca il suo biglietto e quello di suo marito. II CONTROLLORE: Un momento, ma lei non è la signora che è stata molestata? Lei è anche la moglie di quest’uomo? DONNA: Veramente sì. I CONTROLLORE: Signora, favorisca i biglietti. DONNA: Credo di aver dimenticato di timbrarli.I CONTROLLORE: Possiamo passare sopra a tutto, anche al fatto che avete fatto torturare vostro marito in questo modo, ma se non ha i biglietti… II CONTROLLORE: Dobbiamo applicare una sanzione pari alle punizioni inferte da questi signori a quel pover’uomo. I CONTROLLORE: Signora, si tolga il vestito, altrimenti glielo strappo di dosso. Questa baldracca va in giro senza mutande. Ora le faccio sentire il duro bastone della legge come le entra nella figa. II CONTROLLORE: Fammi spazio, Dobbiamo multarla anche per il biglietto non timbrato del marito: le sfondo il culo. METALMECCANICO: Noi siamo stati presi in giro da questa donna, anche noi abbiamo diritto alla nostra vendetta. Prendimi in bocca il cazzo donna, non farti pregare: spalanca la bocca. STUDENTE: Lo sapevo: per me sono rimaste solo le mani: sempre seghe. Almeno fammela a due mani. AUTISTA: Non ci provare sbarbatello: una mano è mia! STUDENTE: Ma tu non devi guidare l’autobus. AUTISTA: C’è il cambio di orario. Devo aspettare fermo cinque minuti: giusto il tempo di una seghetta veloce veloce. Sì troia, scappellami per bene. Menamelo così, su e giù. Brava zoccola, mi piace tiri le seghe. Lo fai anche a pagamento? Qualche volta potrei passare a scoparti. VECCHIA: Bravi, bravi. Fottetevi quella baldracca. L’avevo capito subito che c’era qualcosa che non andava. Ben le sta. Io però, mi diverto con qualcos’altro. Dimmi cara, posso usare il tuo schiavo? STUDENTESSA: Prego signora, deve abituarsi ad essere posseduto anche da altre persone. Si faccia pure avanti. Aspetti, la aiuto ad impalarsi su questo ben di dio. Alla sua età non deve essere più facile. VECCHIA: Porta rispetto, verginella. Io alla tua età ne ho prese di verghe; questo cazzetto mi stuzzica appena l’appetito. Però devo ammettere che non ero abituata. La mia fica grinzosa non si bagnava così da anni. Mi hai capito? Mi stai facendo infradiciare tutta. Brutto porco, hai il cazzo di un toro. Dimmi cara, posso venire a trovarti qualche volta? Ho bisogno di un trattamento di giovinezza. STUDENTESSA: Certamente signora, questo maiale sarà a sua disposizione ogni volta che lo vorrà. Credo non ci siano dubbi che d’ora in poi sia la sua padrona e di quella zoccola di sua moglie. Vero? Bravo, leccami le suole, vedo che hai capito. SCENA QUINTA La studentessa, l’uomo e la donna sono scesi dall’autobus alla fermata successiva. La donna si copre con i brandelli del suo vestito strappato. L’uomo non è riuscito a richiudersi i pantaloni perché ha ancora una erezione. STUDENTESSA: Ma come fa? Quella vecchietta lo ha cavalcato per un’ora ininterrottamente e sono sicuro che anche lui è venuto almeno un paio di volte. Eppure ha ancora una erezione da fare paura. DONNA: E’ sempre stato così. Un toro da monta. Uno stallone. Quando scopiamo a casa mi sfonda la figa e il culo per ore ed ore. Se gli faccio un pompino, il giorno dopo non riesco a mangiare per il dolore alla mascella. Quando sborra mi riempie completamente di sborra. STUDENTESSA: Deve essere una donna fortunata e felice. DONNA: Invece no. E’ molto timido e non riesco a coinvolgerlo in storie un po’ più particolari e piccanti. Poi è fissato con l’onore della donna. Non capisce che per un cazzo del genere la donna ci si pulisce il culo con l’onore. STUDENTESSA: E’ per questo che ha combinato lo scherzetto di oggi in autobus? Per farlo venire fuori in pubblico? Però lei è una bella donna, ancora intatta. Si lasci vedere, apra il vestito. Ha due belle tette da fare invidia a una ventenne. Senta come sono sode! Non le dispiace vero se la tocco un po’? E che bel culetto: duro come il marmo. Un po’ slabbrato, si capisce, ma con quella verga che tiene suo marito… E che stacco di cosce: da sbavarci sopra. Perché non cerca qualche relazione extraconiugale? DONNA: Non è semplice. Ci ho provato, ma tutti i cazzi che ho provato non valevano un centimetro di quello di mio marito. Non li sentivo neanche. Quei cinque gentili signori che mi hanno scopata contemporaneamente, mentre voi vi divertivate con il giocattolo di mio marito, mi hanno fatto appena il solletico. STUDENTESSA: Dovresti provare con un’altra donna. Io saprei come martoriarti questi teneri capezzoli, come far sobbalzare la tua clitoride, come accarezzarti il buchino del culo con la lingua. Pensi che il mio braccio posso soddisfarti come il cazzo di tuo marito? Ti ho già messo dentro la mano, la senti? Mi sembra proprio di sì. Baciami, mettimi la lingua in bocca. Ma cosa sta succedendo? Tuo marito sta venendo. Si è tirato una sega mentre lesbicavamo e mi sto rovesciando litri di sborra sulla gonna! Fallo smettere! DONNA: Tesoro! Sei proprio incorreggibile. Aspetta cara, ci penso: ti pulisco via la sborra, così, con lingua. STUDENTESSA: Credo proprio che con voi due mi divertirò.
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