Irene non aveva resistito ed era entrata nel soggiorno dove il padre e i suoi quattro amici erano impegnati col poker settimanale. Il suo ingresso non era passato inosservato. Indossava una maglia di poco conto, ampia e lunga, sopra una gonna jeans al limite della decenza, e i tre uomini che sedevano di fronte erano stati immediatamente attratti dalle sue gambe, dimenticandosi del gioco. “Allora, Andrea, passi o chiami?” “Scu…scusa. Due carte…. Ciao, Irene…” “Buonasera dottore. Signori….” “Che c’è, Irene? Non vedi che siamo impegnati?” “Mamma è già a letto, e sto per andare a dormire anch’io. Mi chiedevo se avevate bisogno di qualcosa, prima.” L’idea di una birra fredda aveva allettato tutti. “Vedrò di farcela. Bene…” “Passo!” Il padre di Fulvio aveva gettato le carte sul tavolo, “….aspetta, Irene, vengo ad aiutarti. Come fai a portare tutte quelle bottiglie e i bicchieri da sola?” “Oh! Grazie, dottore.” I due avevano lasciato il gruppo, impegnato in un giro dove sembrava che tutti avessero chiuso un buon gioco, e si erano diretti verso la cucina. Lì Irene aveva aperto il frigorifero quando le mani del dottore l’avevano cinta per la vita. “Irene, mi fai impazzire!”, già la baciava sul collo. “No! Qui no, per piacere….” Una mano, però, aveva avuto vita facile nel raggiungere il bordo delle mutandine, scivolando sotto. L’uomo la stava cercando con le labbra. “baciami!” “No, no! La finisca!” Si era mossa indietro per staccarsi, ma quello le era stato nuovamente di sopra, con una mano a cingerle il collo, accarezzandoglielo, e l’altra prima su una mammella, poi nuovamente sotto la gonna. La baciava e lei sentiva cedere la propria resistenza. Si era lasciata andare alle carezze, sperando che a nessuno venisse voglia di raggiungerli in cucina. “Pi… piano…per piacere, piano…siiii…si! No! Ma è impazzito?” L’uomo si era sbottonato i pantaloni ed aveva il cazzo fuori dalla patta. “stingilo! Stringilo, piccola.” In piedi, appena coperti dalla struttura del frigorifero si erano masturbati in fretta venendo uno dopo l’altra. Andrea si era ricomposto subito e le aveva dato un bacio casto sulle labbra. “Porto io le bevande, dico che sei andata subito a letto. Tu pulisci. Forse è meglio.” Irene lo aveva visto uscire dalla stanza. Felice e turbata al tempo stesso, aveva preso un panno di carta, inginocchiandosi, ed aveva iniziato a ripulire il pavimento dalle chiazze biancastre. Era corsa in camera sua, aveva chiuso accuratamente la porta, si era distesa sul letto ed aveva preso il telefono. “Ciao Sabrina, disturbo?.. Puoi parlare?” “Ciao Irene, vado in camera mia. Un attimo.” Era rimasta ad attendere sino a quando non aveva sentito alzare la cornetta. “Allora… è questa l’ora di chiamare? Puoi immaginare come sono stata agitata. Dimmi tutto..” Le aveva raccontato della sorpresa che c’era nello studio del dentista e di quello che era accaduto dopo. “Cazzo! Il padre di Fulvio!! Io non lo conoscevo, non potevo saperlo. Però, che stronzo! Se ne va con le ragazzine!!” “Si! Però è bravo.” “”Ti è piaciuto?” “Stavo per impazzire.” “Dici che lo devo fare anch’io?” “Col tuo ragazzo?” “No! Con Diego, ho il suo assegno. … Se tu hai preso quello del padre di Fulvio, è giusto che faccia lo stesso anch’io. E’…. è di quell’importo?” “Si..” “Cazzo! Quanti soldi!! Stiamo diventando ricche!!” “Però dobbiamo stare attente.” “Non ti preoccupare. Non ci facciamo scoprire. E poi, hanno da perdere pure loro se si viene a sapere.” “No! Non mi riferivo a questo.” “A cosa, allora?” “Ho paura di preferire il padre al figlio.” “Irene!!!! Non dirlo mai più!! Io telefono a quello lì, prima di ripensarci.” “..e poi come fai con Antonio?” “come faccio, cosa?” “se scopre che non è il primo…” “boh! Vedremo.” La ragazza aveva chiuso la conversazione e si era alzata a prendere il proprio cellulare dallo zainetto. Il numero, camuffato, era in memoria. Uno, due, tre squilli. “E dai!!! Una volta che mi sono decisa…dai!!” “Pronto!” Una voce femminile, cazzo!! “pronto… pronto??” “Buon…buonasera. C’è il dottore?” “Scusi? Mio marito non è dottore! Ma chi parla?” Che casino stava combinando?? Perché cazzo non aveva chiuso appena aveva sentito quella voce di donna?? “Oh! Signora mi scusi…. Sono la segr… la segretaria dell’Ing. Costanera…. Sono nuova, mi scusi….” “Ma è questa l’ora di chiamare??” “mi scusi, signora.” “non si preoccupi. Cosa vuole da mio marito?” “Ecco! ……… ecco, l’Ingegnere mi aveva detto di chiamarlo per disdire l’appuntamento di domani…. ed io l’ho dimenticato. …. Sono nuova, non volevo fare cattiva figura con l’ingegnere…” era certa che quella donna non la stava bevendo, ma che poteva fare, se non andare avanti con quella farsa, “….fortuna che avevo il post-it col numero con me, lo avevo nella tasca della giacca e quando l’ho uscito … ho ricordato di non avere più chiamato suo marito. Può riferirglielo?” “Rilassati, cara. Abbiamo iniziato tutti a lavorare e ne abbiamo combinate pure noi. L’ingegnere non lo verrà mai a sapere. Ti passo mio marito, era sotto la doccia ma è uscito..” una voce in lontananza, la donna che borbotta qualcosa, il rumore del passaggio di telefono …”chi? ….. pronto, sì?” “Sono Sabrina.” Silenzio! “Pronto? C’è ancora? … Sono Sabrina. Lo so che non dovevo chiamare a quest’ora, ma le devo dire una cosa importante..” “Ha fatto benissimo, signorina. Mi dica.” “Io… io lo voglio fare….” “Be… bene. …. Immagino che l’ingegnere abbia saputo di quanto è avvenuto oggi pomeriggio e voglia adeguarsi. Un’ottima decisione.” … Quegli stronzi si erano passati la voce dell’incontro tra Irene e il padre di Fulvio…”signorina, però dovrebbe dire all’ingegnere che è importante vederci già domani pomeriggio. Non vorrei attendere ancora…. Gli dica alle 18..” “alle diciotto? .. Va bene. Ma dove?” “Questo è un problema. Non so che dirle.” Aveva ragione. Come aveva fatto a dimenticare che doveva esserci la moglie nei paraggi. “va bene se l’aspetto dove ci siamo incontrati l’altro ieri e poi ci spostiamo? Facciamo un quarto alle sei?” “Ottimo, grazie signorina e … buonanotte.” “Buonanotte a lei”. La notte era trascorsa tranquilla; così pure la mattina a scuola. All’uscita, Antonio aveva accompagnato Sabrina a casa e, come di frequente, si era fermato a pranzo da lei. Dopo mangiato erano andati nella sua camera con la scusa di studiare. Il ragazzo si era disteso su una poltrona che occupava parte della stanza, Sabrina si era distesa sul letto. “Bella, cos’hai? Oggi sembri sulle spine…” “Chi, io? NO! …. Sono solo un po’ stanca..” Cazzo!! Era talmente presa dal cercare un motivo per allontanarsi da casa senza il suo ragazzo che, quasi, gli faceva capire di nascondere qualcosa. “Vieni qui. Basta studiare..” Con una mano gli aveva fatto cenno di stendersi sul materasso, accanto a lei. “e se arriva tua madre?” “Lo sai che quest’ora non si muove d’avanti alla televisione.” Antonio non se lo era fatto ripetere due volte. Si era alzato dalla poltrona ed aveva preso posto sul letto. Un secondo dopo erano avvinghiati in un abbraccio, baciandosi appassionatamente. La mano del giovane era scesa sotto la gonna, accarezzando una coscia. Quella di lei si era poggiata sulla patta dei pantaloni. “Ce la fai a prenderlo in bocca?” “sei un porco!”, ma gli aveva fatto capire che lo avrebbe accontentato, rialzandosi in ginocchio in mezzo al letto. Con i jeans calati alle ginocchia e gli slip appena abbassati, il ragazzo era rimasto nel più assoluto silenzio, osservandola mentre imboccava il suo cazzo, iniziando a succhiare, prima lentamente poi sempre più voracemente. La venuta era stata abbondante e appagante come al solito. Antonio si era ricomposto e le aveva ricambiato il piacere giocando con le dita sotto le mutandine. Dopo avevano ripreso a studiare. Le cinque! Era squillato il telefono. “Sabrina, è per te. Irene…” la madre aveva fatto capolino alla porta. “Grazie ma’.” Si era alzata ed era andata a sedersi sul letto, allungando un braccio verso il comodino per prendere la cornetta del telefono. “Pronto?” “Ciao! Sono troppo curiosa… ti stai facendo bella?” “Ciao, Irene. Sono con Antonio. Stiamo studiando.” “Che??? E come fai?? … ” “No!… non ne abbiamo ancora per molto. Un attimo che glielo chiedo…. Non penso che si scoccerà, so come convincerlo” Si era rivolta verso il suo ragazzo, facendogli cenno di avvicinarsi “Amore, ti scoccia se passa Irene ed io esco con lei?” Lui si era alzato e, sorridendole, le si era posto di fronte. La mano libera era corsa alla cerniera dei jeans. “No, piccola. Ma Irene passa subito?” “Irene, ok! … Ma non venire subito…. Facci finire.” Aveva poggiato la cornetta al suo posto. “presto! Mia madre può entrare in ogni momento.” Mezz’ora dopo le due ragazze, salutato Antonio, correvano verso la fermata del bus. “Ma come ti sei vestita? Non era meglio qualcosa di più femminile?” Irene l’aveva squadrata dalla testa sino ai piedi. Jeans scuri, scarpe basse e una camicia a righe verticali. “…sembri pronta per un colloquio di lavoro, non per…” “Come potevo, con Antonio in mezzo ai piedi…?” “proprio oggi doveva rompere così tanto! Ecco l’autobus!” Avevano smesso di parlare per un po’, salendo insieme ed immischiandosi alla gente che era sopra. Poi era stata nuovamente Irene a parlare. “Io scendo tra due fermate… magari vado a fare compagnia ad Antonio.” “Stronza!” Sabrina aveva riso di gusto a quella battuta. “…tanto lo troveresti abbastanza asciutto.” “Davvero? Vuoi dirmi che lo avete fatto pure oggi a casa tua?” “Dopo mangiato e … quando hai telefonato tu. Tanto per convincerlo.” “Ma stronza sarai tu. Fai sesso col tuo ragazzo mentre sei al telefono con me. Che schifo!”, ma rideva. Quando Sabrina era scesa aveva visto subito l’auto parcheggiata a poca distanza dalla fermata. Si era incamminata a passo svelto ed era salita dal lato del passeggero. “Mi scusi… mi spiace, ma l’autobus non passava mai.” “Scherzi! … Sei bellissima.” “Grazie!” Aveva tirato un sospiro. Era giunto il momento. L’uomo aveva fatto pochi chilometri, fermandosi vicino un caseggiato isolato. “E’ di Emanuele. Mi ha dato le chiavi.” Erano scesi e lui aveva fatto strada. “Come ti senti?” “Bene! … Un po’ in ansia, ma bene, grazie.” “Sicura di volerlo?”, intanto entravano in casa. “Si. Ma lei….” “Non preoccuparti. Ti piacerà.” Invece, i problemi erano sorti quasi subito. Erano in una specie di salone soggiorno. L’uomo seduto su una poltrona, lei, di fronte, su una sedia. “No! Non lo farò mai!” “ma perché, Sabrina?” “Non mi va…. E poi, cosa dico al mio ragazzo?” “beh! Che lo hai fatto per lui.” “No!” L’uomo si era alzato, avvicinandosi, baciandola sulle labbra per staccarsi subito. “In ogni caso, io vado a prendere quel che serve. Tu, intanto, pensaci. Scegli pure con calma. O mille euro in più, oppure mi restituisci l’assegno.”, ed era uscito dalla stanza. “oh cazzo! Che faccio?” Non poteva decidere così su due piedi, non da sola. Era socia con Irene e l’amica aveva accettato di fare sesso col padre del suo ragazzo, facendole guadagnare un sacco di soldi. Magari, se lei avesse rifiutato la proposta di Diego, si sarebbe incazzata, litigando. La mano era corsa al cellulare. “Irene, sono io, puoi parlare?” le aveva spiegato tutto e, alla fine, aveva interrotto la telefonata più tranquilla e consapevole di quel che avrebbe detto all’uomo. Eccolo che tornava! Teneva tra le mani una specie di fornello con sopra una bacinella di metallo piena d’acqua; dalle tasche sporgevano oggetti vari. Dopo essersi liberato le mani, poggiando fornello e bacinella sul tavolo. Si era rivolto verso di lei. “Allora, Sabrina, hai deciso?” “Va bene! … ma … possiamo alzare il prezzo per lo spettacolino?.. E poi….. poi vanno via prima di fare sesso noi due….” “Si può fare. Li vado a chiamare.” Era sparito per fare ritorno nella stanza subito dopo. Dietro di lui c’erano Emanuele, il dentista, Andrea, il padre di Fulvio, e Paolo, il più giovane. Tutti le si erano avvicinati salutandola con un bacio, poi avevano trovato posto nelle poltrone e nelle sedie. Diego aveva spiegato le condizioni poste dalla ragazza, nessuno aveva avuto nulla da ridire. “Bene, allora direi di iniziare.” Le luci erano state spente, lasciando accesi solo due lumi che illuminavano la zona dov’era Sabrina, lasciando in penombra il resto della stanza. Qualcuno, poi, aveva, acceso il fuoco del fornello. Era il suo momento! Sabrina si sentiva addosso gli occhi dei quattro uomini, in attesa di vederla all’opera e, non reggendosi sulle gambe, non aveva trovato di meglio che sedersi su una poltrona. Doveva trovare la forza, cazzo!! “fai finta di essere da sola!” le aveva detto Irene. e lei aveva adottato questa tecnica, cercando di non soffermarsi sulle ombre dei quattro uomini. La mano sinistra era scesa su una delle scarpe, slacciando la fibbia. Aveva ripetuto la manovra con l’altra scarpa, poi, rimasta a piedi nudi, si era alzata per un attimo, ed era salita, in piedi, sulla poltrona. Le mani era scese sulla camicia, sfilandola da sotto i jeans, e, subito, ma lentamente, le dita avevano iniziato a giocare con i bottoni, dal più basso verso l’alto, sfibbiandoli uno dopo l’altro. Nella manovra era riuscita, per pudore, a non fare aprire mai l’indumento ma l’ultimo bottone aveva decretato che era giunto il momento di fare vedere ai presenti quel che c’era sotto. Chiudendo gli occhi per l’imbarazzo, si era sfilata la camicia, rimanendo in reggiseno. “Pensa ai soldi” si ripeteva. La camicia aveva raggiunto le scarpe sul pavimento. Lei si era spostata e, per comodità, si era seduta sullo schienale della poltrona, con i piedi sul cuscino. Le dita erano corse al bottone dei jeans. Rimanendo seduta, lo aveva sfibbiato, aveva calato la cerniera e, rossa in viso, aveva iniziato a sfilarsi i pantaloni. Ora gli uomini le potevano ammirare il completino intimo bianco che le aveva regalato Antonio in occasione del suo onomastico. Sapeva che doveva continuare e, prima che la vergogna la bloccasse, aveva portato le mani sulla cerniera del reggiseno. Via in terra l’indumento! Velocemente, le dita erano scivolate lungo i fianchi a cercare il tessuto delle mutandine. Lo avevano trovato e lo avevano trascinato con sé verso il basso. Tutto era potuto durare non più di cinque minuti, ma a lei era sembrato un tempo infinito. Era rimasta seduta, in attesa. “Sabrina. Per piacere… facci felici” era il dentista, “siediti sullo schienale e … rimani con le gambe aperte..” “Così” “Si cara, così” I quattro uomini si erano alzati dai loro posti, avvicinandosi alla ragazza. Sabrina si sentiva osservata, scrutata, radiografata. Nessuno di loro le rivolgeva la parola, nessuno fiatava. Poi il più giovane si era allontanato per andare verso il tavolo. Aveva infilato un dito dentro la bacinella. “calda, ma non troppo. Perfetta!” Era tornato verso gli altri portando con sé il recipiente. “Sei pronta, Sabrina?” “Si, dottore.” Era stato Emanuele a rivolgerle la parola. Tutti, Sabrina compresa, erano rimasti a guardarlo mentre predisponeva ogni cosa. Poi le si era avvicinato con in mano una pezzuola inzuppata dentro la bacinella. Si era seduto sul cuscino della poltrona e gliel’aveva poggiata in mezzo alle gambe. “E’ troppo calda?” “No!” “Bene”, l’aveva tamponata una ,due, tre volte. “Siamo pronti. Paolo mi passi il pennello?” “Certo.” Così Sabrina aveva sentito i peli dell’oggetto solleticarle l’interno delle cosce, poi un po’ più su e più al centro ancora. Il dentista aveva ripetuto l’operazione, inzuppando il pennello in un bicchiere pieno di schiuma e passandolo sul suo corpo, innumerevoli volte sino a quando non lo aveva passato di mano a Diego. “ora possiamo andare avanti.” Qualcuno gli aveva passato un rasoio per le depilazioni. Il contatto con le lamette non aveva causato nessun problema a Sabrina. Più che altro era la vergogna che la faceva stare male. Si sentiva come se quegli uomini la stessero spogliando sul serio solo in quel momento e non quando si toglieva i vestiti. Le stavano portando via parte di sé per il loro capriccio e nulla più. Erano proprio dei maniaci stronzi!! Intanto la rasatura andava avanti. La vaschetta dove il dottore ripuliva il rasoio incominciava ad essere sempre più piena di piccoli peli neri, sino a coprire l’intera superficie dell’acqua. “Mi sembra che non ci sia altro.” La pezza bagnata aveva fatto la sua riapparizione. Sabrina se l’era sentita poggiare proprio al centro delle gambe. L’uomo l’aveva ripulita tutta. Si era allontanato col busto, rimanendo ad osservarla. “Perfetta! Vuoi vederti, Sabrina?” “No, dottore. Preferisco di no.” “Non essere giù, ragazza. Sei magnifica. Meriti un premio” e prima che lei potesse protestare la lingua dell’uomo era scesa a giocare con la carne rimasta indifesa. Sabrina era stata obbligata a godere davanti gli occhi dei quattro uomini, eccitati e divertiti. “Sabrina non potresti derogare… sai, guardandoti mi è venuta una voglia….. non mi sembra giusto che debba essere solo Diego a potersi sfogare” Era stato Paolo a lanciare la proposta e gli altri gli avevano dato manforte. Lei, però, non ne voleva sapere di fare sesso con tutti in presenza di tutti. Le faceva schifo, vergogna e glielo aveva ripetuto più volte. “Ragazzi così si fa soltanto tardi e … non possiamo.” L’accordo era stato raggiunto. Gli altri sarebbero stati nella stanza accanto mentre lei ne avrebbe lasciato sfogare uno alla volta con le sue mani e la sua bocca. “una cosa veloce, però!” aveva raccomandato Diego. Alle sette e dieci, Emanuele, l’ultimo dei tre, li salutava. “Finalmente soli.” Aveva esclamato Diego. “Si, dottore.” “Sei pronta a guadagnarti quei cinquemila?” “Si dottore.” “Brava! Facciamo così. Mettiti in ginocchio a terra e poggia i gomiti sulla poltrona. Bene! Brava! .. Mi senti?” Le era proprio dietro. La punta del pene poggiata sul solco della topa. “Si!…siiiiiiiiiiiii…ah! ahi!” Era dentro! Diego non si era risparmiato. Glielo aveva fatto assaggiare in tutti i modi e in tutte le posizioni. L’aveva distesa a terra supina, salendole di sopra da tergo; l’aveva fatta rimanere in piedi con le mani poggiate sul tavolo; poi schiacciata tra lui e la parete, prima di spalle e poi di fronte, con una gamba tenuta dritta all’insù dal suo braccio. L’aveva sollevata da terra; le aveva chiesto di stare sopra lei. In tutto il tempo era riuscito a tenere a freno il suo orgasmo mentre la ragazza, invece, si lasciava vincere dall’eccitazione due volte di seguito. “Per oggi basta così. Ora succhiami” “Si dottore.” Lo aveva accontentato e subito si era sentita inondare la gola. Ore venti e venticinque: Sabrina apriva la porta di casa. Ad attenderla c’erano la madre, il padre e Antonio. “Sabrina, ma dove diavolo sei stata? E’ questa l’ora di tornare?” Ne era seguito un putiferio, con la ragazza che si trincerava dietro ogni scusa ed i genitori che l’assillavano di domande. Antonio era rimasto in silenzio tutto il tempo. Quella sera dovevano uscire, era in programma la festa di compleanno di un loro amico. Alla fine i genitori avevano acconsentito a farla uscire, ma solo dopo che il padre aveva parlato, a quattr’occhi, col ragazzo. “Vedi di sapere tu dov’è stata. Non credo che abbia fatto nulla di male, ma non vorrei che ci fossero problemi tra voi due.” Come dire, la ciliegina sulla torta! In macchina erano rimasti zitti per parecchio tempo. Poi, era stata Sabrina a rompere il ghiaccio. “Forse è meglio non andare da Gianluigi…. Perché non trovi un posto tranquillo e chiariamo tutto?” Lui non aveva risposto, ma la curiosità gli rodeva il fegato e non si era fatto ripetere la proposta. Aveva svoltato verso la tangenziale e dopo poco posteggiava in un’area riservata ai clienti di un grande magazzino. Solo che a quell’ora era assolutamente deserta e buia. “Allora? Ti ascolto!” “Amore….” Cos’è che le aveva consigliato di dire Diego? Ah, si! “….io ….io non potevo dirlo ai miei dove sono stata. … E’ una sorpresa per te.” “Per me?… Cosa?” Non gli aveva risposto. Invece, aveva abbassato lo schienale del suo sedile e, lentamente, si era sfilata jeans e mutandine, lasciando che Antonio potesse guardare la novità. “Ma che hai fatto??” “L’ho fatto per te! Non…. Non ti piace??? ..Baciami, per piacere… baciami…” Anche se turbato da quel che vedeva, si era girato verso di lei, avvicinandosi alle sue labbra. “No! Non qui…. Scendi….” Come un automa, era sceso, poggiando la lingua, quasi con cautela, su quella parte senza più un pelo. Era diverso. Sì, totalmente diverso. Sabrina avrebbe voluto lasciarsi andare, ma Diego era stato categorico. “Approfitta dello stato di confusione del tuoi ragazzo. Assalilo!” E lei lo aveva assalito. Era riuscita a ricacciarlo dal suo lato e, mentre lui abbassava il suo schienale, aveva provveduto a liberargli il pene dagli indumenti. Antonio si aspettava di vederla scendere verso il suo inguine, invece era rimasto senza parole quando lei si era mossa mettendosi su di lui. “ma….ma.. ma Sabrina…” “zitto. Lo voglio!” Aveva stretto le gambe a più non posso, fatto una smorfia col viso come se stesse avendo difficoltà ad infilarselo dentro. “Fai finta di avere timore…. Approfitta del buio. Vedrai che non capirà nulla.” Le aveva detto Diego. Così era stato. Antonio era rimasto in estasi per tutto il tempo, lasciandole l’iniziativa per l’intera scopata. Quando lei era esplosa nell’orgasmo quasi le veniva dentro. La paura di metterla incinta era stata tale da scaraventarla sull’altro sedile giusto in tempo per schizzarle tutto il seme sulla pancia. “Oh, amore! Ed io che pensavo fossi uscita con un altro…. Ma dove hai…?” “Zitto! Questo rimane un segreto.”
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