Era proprio come me l’ero immaginata. Quando avevo ricevuto la sua cartolina in cui mi scriveva, con quella calligrafia elegante e minuta, che sarebbe finalmente arrivata nella mia città tra una settimana, quasi non ci credevo. Morivo dalla voglia di conoscerla. Quella mattina mi ero alzata all’alba dopo aver trascorso una notte tormentata al pensiero che l’avrei finalmente conosciuta, abbracciata. Avevo fantasticato i modi e i tempi in cui ci saremmo sfiorate, baciate, accarezzate, in cui avremmo goduto l’una dell’altra senza le barriere della lontananza e della costrizione. Avevo tanta paura: paura di non piacerle, di vivere un sogno, di non riuscire ad amarla abbastanza. Forse per la prima volta mi sentivo come il mio ex ragazzo che non riusciva a fare l’amore con me perchè il suo timore di deludermi era più forte della sua eccitazione, e in quel momento mi ritrovai con l’animo vicina a lui come non lo ero mai stata. Vederla lì alla stazione, dritta in piedi davanti a me, con quel cappottino nero aperto, la minigonna nera che lasciava ammirare le splendide gambe, infinite e sottili, mi aveva tolto il fiato ed ero stata incapace di proferire parola fino a quando riuscii a dire: “Laura, mi riconosci?” Quando i nostri sguardi si incontrarono, non fu più come prima. Mai più. Non potevamo essere due persone più diverse. Io timida e chiusa, lei esuberante e sempre a proprio agio in ogni situazione. Era stata una conoscenza casuale, un errore, uno scherzo del destino: aveva sbagliato l’indirizzo e-mail e il messaggio era arrivato alla mia casella di posta. Lo ricordo a memoria, quelle parole mi si sono impresse a fuoco nella mente e non ne sono mai più uscite: “Se una donna è libera è posseduta dal Demonio… e allora io sono un demone, ma non ti trascinerò con me se non lo vuoi. Questo è il mio addio.” Si era firmata col suo nome. Io molto timidamente avevo risposto alla sua e-mail, dicendole che doveva esserci stato uno sbaglio, che non ero la destinataria del suo addio e che se il messaggio era importante avrebbe fatto meglio a ricontrollare la validità dell’indirizzo. Con mia grande sorpresa, lei rispose nuovamente scusandosi molto e chiedendo di me. Non so che cosa mi spinse a risponderle: solitamente la mia timidezza mi impedisce di dare corda agli sconosciuti, figuriamoci a chi non riesco nemmeno a vedere in viso. Ma c’era qualcosa di enigmatico, misteriosamente attraente in lei e traspariva dalle sue parole, dalla poeticità dei suoi scritti e dalla passione che metteva nell’esprimere i suoi pensieri. Sin dalle prime settimane mi ero resa conto che era vero ciò che aveva scritto di se stessa: lei era un demone, e mi stava trascinando con sè. Non ricordo come abbiamo iniziato a fantasticare, forse è partito tutto dallo scambio delle nostre foto: io ero rimasta molto colpita dalla purezza dei suoi tratti e non riuscivo a capacitarmi di come quel viso d’angelo nascondesse una mente e un’anima così infuocate e vitali, così rosse di vita e di sensualità. Le labbra carnose e il suo seno erano così invitanti che spesso, sola in casa nel mio appartamentino da giovane single, mi toccavo pensando a quanto sarebbe stato bello baciarli, morderli, accarezzarli. Ogni volta che mi immaginavo stesa sopra di lei con le mani e la mia lingua sui suoi capezzoli ero investita da orgasmi così violenti e intensi che iniziavo a chiedermi se la maliarda non mi avesse davvero fatto un incantesimo. La prima volta che l’avevo chiamata così in una delle mie e-mail aveva risposto con una risata, dicendo che lei non si sentiva affatto così: mi aveva detto, di rimando che “era solo una femmina”. Femmina. Anche io lo ero, ma non come lei. Mi sentivo come un bocciolo di rosa ancora chiuso, mentre lei era una rosa giovane e meravigliosa che si mostrava in tutta la sua bellezza e in tutto il suo ardore, fiera di esserlo. Fiera. Adoravo il suo essere fiera e orgogliosa della sua sensualità. Quando sentii per la prima volta la sua voce al telefono, credetti per un attimo che il mondo intorno a me fosse totalmente scomparso. C’era solo lei, la Femmina con quella voce calda e con quella risata allegra da bambina che di tanto in tanto scoppiava tra un discorso e l’altro e alleggeriva la tensione sessuale che percepivamo entrambe. “Sei una tipa per cui farei follie, ma non ti voglio forzare. Appena sarai pronta me lo dirai.” Me lo ripeteva ogni volta che ci sentivamo e ne ero lusingata: aveva capito il mio bisogno di essere compresa e io non chiedevo altro nella vita che trovare una persona che intuisse questa mia esigenza. Era Lei. Lei che giocava col suo corpo mandandomi le foto in cui si mostrava nuda, lei che aveva riposto in me la sua fiducia, lei che aveva capito che in me c’era altro e che lo stava facendo emergere, con quella calma e quella sicurezza che solo i veri maestri hanno: io ero l’allieva e imparavo tutto ciò che lei mi insegnava. Quella mattina, quando la sveglia suonò alle 7, io ero già in piedi da un’ora e mezzo: mi ero alzata sfinita, avevo riempito la vasca con acqua calda e qualche goccia di essenza di rosa, mi ero concessa un bagno rilassante e mi ero coccolata accarezzando il mio clitoride ed eccitandomi pensando ai suoi occhi verdi e alla sua lingua che si intrufolava nel mio sesso. Il bagno di prima mattina mi aveva ridonato vigore e quando alle 8 scesi per salire in auto e correre a prenderla alla stazione ero realmente bella: tacchi alti, pantaloni aderenti e camicetta slacciata sino all’incavo tra i seni, un tocco leggero e naturale di trucco e capelli raccolti in una coda alta. Ma sarei stata alla sua altezza? Il suo sguardo non mentì e rispose subito alla mia domanda. “Sei splendida” sembrava dirmi con quegli occhi che brillavano come due pietre preziose nel sole del mattino. “Lo sono grazie a te” avrei voluto dirle, ma mi trattenni. Mi trattenni sino a quando, arrivate a casa, iniziammo a spogliarci frenando il respiro, baciandoci e cercando di non rovinare con la fretta e con il desiderio quel momento tanto atteso. La sua pelle delicata e liscia sotto il tocco delle mie dita, i suoi seni alti e pieni adornati dai capezzoli piccoli e rosati che si increspavano quando la mia bocca si soffermava a baciarli, il suo sesso depilato e invitante mi fecero perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Quando mi alzai dal letto era notte inoltrata. Andai in cucina a preparare un paio di toast con un po’ di latte freddo, e quando tornai in camera la vidi ancora addormentata, spossata dalla giornata di sesso appena trascorsa: ammirai la sua splendida nudità, i piedi curatissimi, le caviglie sottili, le gambe lunghe, il sedere morbido e sodo, la vita sottile, il seno marmoreo, la posizione lasciva e quel viso d’angelo. E mi chiesi il motivo di quella fortuna, perchè tutto la rendeva assolutamente, totalmente, perdutamente Femmina.
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