Manuel e Antonio si erano conosciuti durante una partita di calcio ed erano subito diventati amici. Il primo frequentava fisica all‘università di B., il secondo lavorava come tecnico in una ditta di computers. Avevano entrambi vent’anni e condividevano l’amore per lo sport, le ragazze e la lettura dei fumetti. All’inizio si frequentarono poco, perché Manuel, che era in periodo di esami, aveva poco tempo libero, ma quando arrivò l’estate presero a vedersi quasi tutte le sere. Con la moto di Antonio, una vecchia Honda che aveva conosciuto tempi migliori, i due ragazzi facevano lunghe corse lungo le strette e tortuose stradine che attraversavano le colline di B. in cerca di refrigerio dalle torride nottate di luglio. Avevano trovato un piccolo locale, in cima ad un colle, dove, sotto un pergolato di vite, si poteva bere della buona birra e chiacchierare in tranquillità. Manuel ed Antonio erano due bei ragazzi dal fisico sportivo e dai modi franchi ma, nonostante ciò, erano sempre a corto di ragazze e a vent’anni, si sa, non è certo la voglia di sesso che manca. Così, quando, a notte fonda, rientravano a casa dopo aver passato l’intera serata a parlare di donne, l’unica possibilità che avevano per sfogare i loro dirompenti istinti sessuali, era quella di masturbarsi. Lo facevano entrambi quasi tutte le notti, nella solitudine della loro cameretta e, spesso, sia l’uno sia l’altro, trovavano il modo di farlo anche durante il giorno. Manuel aveva una sorella poco più grande di lui, Consuelo, che era fidanzata con uno stronzo, pieno di grana e di boria, che lui non poteva soffrire. Consuelo era una vera bellezza, come la loro madre, d’altronde, ed aveva la pessima abitudine, non rendendosi conto della foia perenne che albergava nei pensieri e nei lombi del fratello, di girare per casa mezza nuda, soprattutto durante quella torrida estate che faceva mal sopportare qualsiasi tipo di indumento. E il povero Manuel, che soffriva, si fa per dire, di uno stato di perenne erezione, pativa le pene dell’inferno nel vedersi gironzolare intorno lo splendido corpo seminudo della sorella la quale, insofferente del caldo, se ne andava per casa con indosso solo mutandine e reggiseno, entrambi quasi sempre semitrasparenti, e calzando quei maledetti sandaletti dorati col tacco alto, che Manuel trovava la cosa più sexy del mondo. E, come se non bastasse, la bella Consuelo, che era animata da grande amore fraterno, non perdeva occasione, ogni volta che incrociava Manuel, di baciarlo e abbracciarlo stringendo il proprio corpo, dalle forme piene e sode, al suo. Il ragazzo, che voleva altrettanto bene alla sorella e non le avrebbe mai, per nulla al mondo, mancato di rispetto, soffriva in silenzio maledicendo la propria sciagurata libidine e l’attrazione quasi dolorosa che provava per quelle forme appetitose e, continuando a maledirsi, doveva rinchiudersi nel cesso dove, squassato da giganteschi sensi di colpa, si tirava dei lunghissimi rasponi pensando alla pelle vellutata, al grosso seno ed al culetto rotondo e sporgente di Consuelo. Certe volte la sua eccitazione era tale che un solo raspone non era sufficiente a placarla e doveva tirarsene anche due o tre di seguito prima di sentirsi appagato. Bisogna aggiungere, per amore di verità, che la bella Consuelo non era così ingenua come poteva apparire ed era perfettamente conscia degli effetti che la propria seminudità e le continue effusioni d’amor fraterno provocavano su Manuel, dal momento che le potenti erezioni di quest’ultimo, mal trattenute dalla sottile stoffa dei calzoni estivi, non potevano passarle inosservate, né visivamente, né fisicamente quando, abbracciandolo stretto, sentiva la sua mazza dura premere contro di lei. Il fatto è che la cosa la divertiva e, per dirla tutta, la eccitava anche un po’. Quel suo fidanzato pieno di grana, rampollo di una delle famiglie più ricche e potenti della città, era si un buon partito ma, quanto a sesso, valeva meno di zero. Spesso, al suo rientro a casa dopo che avevano fatto l’amore, lei era costretta a tirarsi un ditale, e magari anche due o tre, per soddisfarsi e, in quelle occasioni, era al fratello che pensava, e non certo al suo fidanzato e al suo cazzetto semimoscio. Antonio, invece, era figlio unico. In compenso anche a lui piaceva Consuelo. L’aveva conosciuta a casa dell’amico e se ne era praticamente innamorato dopo pochi minuti. Conscio del fatto che lei non avrebbe mai neppure preso in considerazione un ragazzino, per di più squattrinato, come lui, non l’aveva mai corteggiata limitandosi a sognarla, spesso anche ad occhi aperti, e ad ammazzarsi di seghe pensando a lei. Manuel si era accorto dell’attrazione che l’amico provava per la sorella ma entrambi, per pudore, non avevano mai neppure accennato all’argomento. Così, in separata sede, e senza scambiarsi impressioni in proposito, i due ragazzi si sfinivano di pippe per la bella Consuelo; la quale, dal canto suo, si sditalinava non poco pensando al fratello e a quel suo coso sempre ritto che, quando si abbracciavano e se lo sentiva premere contro, le sembrava fatto di puro acciaio; e, spesso, pensava anche a quel suo bellissimo amico, quello che giocava a pallone con lui, come si chiamava, accdenti,… Antonio, ecco come si chiamava. Chissà come ce l’aveva, Antonio, magari ce l’aveva bello grosso e, a sensazione, doveva anche sapere come farlo funzionare. Certo che era davvero bello, accidenti; peccato che fosse così giovane e così squattrinato. Doveva avercelo grosso, e duro; come Manuel, ne era sicura; e, con quel suo fisico atletico, doveva pompare come un forsennato. Forse è il caso che mi tiri un altro ditale, pensava in quelle ocasioni. Un pomeriggio, verso la fine di luglio, Antonio telefonò all’amico. – I miei sono partiti – gli disse – staranno via un paio di giorni. La casa è libera, perché non vieni a cena da me, così mi tieni compagnia. Non mi piace mangiare da solo. – D’accordo. A che ora vengo? – Quando ti pare. Io rientro verso le sette. – Bene. Devo portare qualcosa? – No, c’è tutto. Mia madre mi ha lasciato il frigo pieno. Porta magari della birra. – OK, a più tardi. La mamma di Antonio aveva lasciato un sacco di roba e, perbacco, era davvero una cuoca eccellente! Dopo cena, seduti nel piccolo terrazzo, bevvero un paio di birre ma faceva un caldo davvero insopportabile. L’aria, immobile, grondava umidità che ti si appiccicava addosso e, complici l’abbondante cena e le birre gelate, ti faceva sudare ininterrottamente. Decisero di farsi una doccia quasi fredda e, finalmente rinfrescati, poterono sedersi in soggiorno, dove le poltrone erano più comode e si poteva ascoltare della musica. Con indosso solo i boxer ed una lattina di birra ghiacciata in mano, comodamente sprofondati, l’uno di fronte all’altro, in due ampie poltrone di velluto, i due ragazzi iniziarono a parlare dei loro argomenti preferiti, ossia di sport, di automobili e, soprattutto, di ragazze. – Saranno almeno due mesi che non mi faccio una ragazza – si lamentava Antonio. – A chi lo dici – gli ribatteva l’amico – l’ultima volta che me ne sono scopata una è stato subito dopo pasqua. – E l’Angelina? – Non me ne parlare! Quella è una stronza, se non la vai a prendere con la Porsche non te la fa neppure vedere. Le sono stato dietro due mesi, mi ha fatto spendere un sacco di soldi in regali e discoteche e non si è lasciata neppure baciare. – Che troia! Certo che è un gran bel pezzo di figa, però! – Eccome! Ha due tette da sballo e un culo talmente rotondo che sembra disegnato da Giotto. L’ho rivista qualche sera fa in compagnia di un vecchio pieno di grana. A quello gliela da, puoi starne sicuro. La riempirà di regali, quel bastardo, e lei glielo lascerà mettere in ogni buco. – Mi ha raccontato Alonso, un amico mio che se l’è fatta ai tempi di scuola, quando lei ancora non rincorreva i polli con la grana, che tira dei bocchini stupendi, di quelli che ti succhiano l’anima, e che se ci sai fare se lo fa anche mettere nel culo. – Lo so, mannaggia. Pare che se lo sia fatto rompere dal suo professore di matematica, un vecchio bastardo che approfittava delle sue studentesse più carine ricattandole coi voti. – Che bastardo! Certo che a rompere il culo ad una così deve esserci da impazzire dalla libidine. Erano questi i loro discorsi quando, all’improvviso, squillò il telefono. Antonio andò a rispondere. – Ciao, sono Consuelo, la sorella di Manuel. Mio fratello è da te? – Ciao Consuelo. Si è qua, te lo passo. Antonio avvisò l’amico che la sorella gli voleva parlare. – Cosa c’è – chiese preoccupato – è successo qualcosa a casa? – Ma no, stai tranquillo. Ho solo bisticciato con quello stronzo del mio fidanzato e l’ho piantato in asso. Adesso, però, non so come tornare a casa. – Chiama un taxi. – Ci ho provato, ma non vengono fino qua, è troppo tardi. – Ma dove sei? – Alla spiaggia della Principessa. – Cazzo! Saranno almeno trenta chilometri! – Venite a prendermi, dai. Non posso mica passare la notte qui, da sola oltretutto. – D’accordo, arriviamo. Nel frattempo cerca di non fare brutti incontri. – Fate presto, ho paura. – Ok. Tirando il collo alla vecchia ma fedele Honda e rischiando più volte di andare a schiantarsi contro la scogliera, i due amici raggiunsero la bella Consuelo che, al vederli apparire tirò un sospiro di sollievo. – Grazie ragazzi, siete i miei salvatori. – Sei una pazza incosciente – la apostrofò il fratello – avrebbero potuto farti la festa in questo posto sperduto. Come ti è saltato in mente di farti lasciare qui, da sola? – Quel bastardo mi ha fatto talmente incazzare che se non fossi scesa dalla macchina l’avrei ammazzato. – E lui ti ha mollata in un posto come questo? – Ti ho appena detto che sono stata io a voler scendere dalla macchina. – Se lo incontro gli spacco la faccia – disse Manuel, come se non avesse udito le parole della sorella. – Ragazzi – intervenne Antonio – litigherete poi a casa. Adesso dobbiamo risolvere il problema del rientro. – Nessun problema – fece Manuel – tu accompagni mia sorella ed io dormo qui, in spiaggia. – Tu sei matto, fratellino mio, ci stringiamo un po’ e torniamo tutti e tre. – Se ci becca la pula mi sequestrano la moto – protestò Antonio – non si può andare in tre. – Sai che perdita! – lo sfottè la ragazza – a chi vuoi che interessi un catorcio del genere. – Interessa a me, io la uso per lavorare. Comunque, non essendoci alternative, fecero in quel modo. Antonio alla guida, Consuelo in mezzo e Manuel in coda. Lo spazio disponibile era poco per tre persone e dovettero stringersi parecchio per non rischiare di scivolare dal sellino della moto. Dovettero andare piano ed il viaggio fu piuttosto lungo, ma tutt’altro che spiacevole. Con le braccia serrate intorno al corpo di Antonio, la ragazza sentiva sotto le sue mani il guizzare dei potenti ed elastici muscoli pettorali del ragazzo, mentre il fratello, avvinghiato a lei per non cadere, non poteva fare a meno di premerle contro le natiche la potente erezione che non voleva saperne di abbandonarlo. Niente male come fine serata – pensò Consuelo – questo ragazzo deve avere un fisico da sballo e mio fratello, con quella mazza dura che mi preme dietro, mi sta facendo venire una voglia che non vedo l’ora di arrivare a casa per tirarmi un ditale. Mi sembra di sognare, pensava intanto Antonio, Consuelo mi sta abbracciando e, sarà una mia impressone, ma mi sembra che le faccia piacere stare così avvinghiata a me. Ha un profumo stupendo e quando i suoi capelli mi sfiorano il viso mi pare d’essere in un prato di ciclamini. Che vergogna! – pensava invece il povero Manuel – Consuelo si sarà accorta della mia erezione e penserà che sono un maiale. Perché ho una sorella così maledettamente bella e sexy? Perché devo arraparmi così ogni volta che mi si avvicina? Durante il percorso trovarono anche il tempo per fermarsi un paio di volte per bersi una birra e, giunti che furono a destinazione, i due fratelli si separarono dall’amico e poterono, finalmente, andare tutti a coricarsi. Nessuno di tre, però, prese subito sonno. Ci vollero tre rasponi tirati uno di seguito all’altro, per placare i bollori di Antonio che, al pensiero dell’oggetto dei sui desideri, delle sue braccia strette intorno al suo corpo, delle sue mani che indugiavano pigramente sui suoi pettorali e del suo dolce profumo che gli inebriava le narici portato dal vento della motocicletta, scaricò un quantitativo impressionante di sperma lanciando lunghi e spessi schizzi che andavano a spiaccicarsi contro le piastrelle del bagno dove si era rinchiuso per scaricarsi. E ci volle un ditale lunghissimo che le procurò una serie quasi ininterrotta di orgasmi per placare le smanie della ragazza che, con un lungo arretrato dovuto all’inettitudine del suo fidanzato, si era eccitata come una maiala in quei tre quarti d’ora di motocicletta, serrata tra Manuel ed il suo amico. E, per poter prendere sonno, ci vollero un paio di robuste pippe anche per quest’ultimo che, seppure agitato dai suoi perenni sensi di colpa, sgattoiolò nel bagno dopo che la sorella ne era uscita per procurasi, frugando nel cesto della biancheria sporca, le di lei mutandine, annusando e leccando le quali, si fece, una dietro l’altra, due colossali sborrate. L’indomani era un sabato e Manuel, che aveva combinato con l’amico di andare al mare, chiese alla sorella di unirsi a loro. Cercando di non farsi beccare dalla polizia tornarono, sempre in tre sulla sgangherata Honda, alla spiaggia della Principessa dove trascorsero una bellissima giornata nuotando, prendendo il sole, conversando e giocando con la sabbia come tre bambini. I loro corpi, coperti solo dal costume da bagno, suscitavano l’ammirazione, l‘invidia ed il desiderio dei gitanti che affollavano la spiaggia. Non c’era uomo che, vedendo le forme giovani, piene e sinuose di Consuelo, non desiderasse possederle almeno per una volta e non c’era donna, giovane o vecchia, che, di fronte ai corpi agili e muscolosi dei due ragazzi, non provasse pensieri maliziosi. Dopo il tramonto la spiaggia si svuotò e quando vide che anche i suoi due compagni si apprestavano a levare le tende, Consuelo li bloccò. – Perché non ci fermiamo – propose – abbiamo avanzato un sacco di roba da mangiare. Potremmo cenare qui e fare il bagno di mezzanotte. I due ragazzi si guardarono, interdetti. – Eh dai! – li incalzò lei – non fate gli impiastri. Accontentatemi! E da un sacco di tempo che non faccio il bagno di notte. Stanotte ci sarà la luna piena, sarà bellissimo! – D’accordo – acconsentirono entrambi. – Bisognerà avvertire casa – fece Manuel. – I miei genitori sono partiti oggi per le vacanze – disse Antonio. – Papà e mamma sono fuori a cena – aggiunse Consuelo – non c’è bisogno di avvertirli che non rientriamo Quando diventò buio accesero un bel falò e cenarono intorno al fuoco, ridendo, scherzando e divertendosi come, da tempo, nessuno dei tre aveva più fatto. Finito di cenare e bevuta l’ultima birra, Consuelo propose di buttarsi in acqua. – OK, buttiamoci – disse Manuel. – Tutti in acqua – gli fece eco Antonio. – Allora – fece Consuelo di rimando – via i costumi. I due ragazzi, ammutoliti, si guardarono nuovamente in faccia. – Non vorrete mica fare il bagno di notte col costume – scoppiò a ridere la ragazza – il bagno di note si fa rigorosamente nudi. Forza! bando alle ciance! E, davanti allo sguardo esterrefatto degli altri due, si slacciò il reggiseno e lo gettò sulla sabbia, seguito, subito dopo, dagli slip. Alla vista dello splendido corpo nudo di Consuelo, illuminato a giorno dalla luna piena, ai due ragazzi quasi prese un colpo. Quel seno candido, pieno e maestoso, quel pube piatto appena adombrato da un velo di sottile peluria bruna e quel culetto alto, rotondo e sporgente, con quelle due mezzelune perfettamente arrotondate, carnose e dall’aria soda, ben separate da un solco profondo, li lasciò letteralmente senza fiato. – Come vado? – chiese lei ridendo e facendo un mezzo giro su se stessa come a voler meglio mostrare la propria merce. – Uno schianto – balbettò Antonio cercando di riprendersi. – Sei bellissima – convenne Manuel. – Adesso tocca voi, forza! Levatevi quei maledetti costumi. Quando i due ragazzi si sfilarono finalmente i boxer, la ragazza scoppiò a ridere vedendo i loro membri quasi completamente irrigiditi. – Ei ragazzi – disse ridendo – andateci piano con quegli arnesi. – Accipicchia – aggiunse poi, valutando le proporzioni decisamente notevoli di entrambe quelle attrezzature – certo che madre natura è stata parecchio generosa con voi. Hai capito il fratellino! Adesso, finalmente, ho fatto la conoscenza con quel grosso coso duro che mi preme da dietro quando siamo sulla motocicletta! E, mentre la sorella e Antonio scoppiavano a ridere, il povero Manuel, sentendosi avvampare dalla vergogna, pensò di cavarsela buttandosi in acqua, subito seguito dagli altri due. Dopo un lunghissimo e bellissimo bagno si asciugarono, rivestirono e, spento il fuoco, risalirono sulla motocicletta diretti in città. Dopo poche centinaia di metri Consuelo, avvinghiata come sempre ad Antonio, gli infilò le mani dentro la camicia. – Ti dispiace? – gli disse in un orecchio per superare il rombo del motore – quest’aria notturna mi fa sentire freddo alle mani. – Figurati – disse lui, che non gli pareva vero di sentire le mani della ragazza a contatto della propria pelle – fai pure. – Grazie. A proposito, hai delle bellissime orecchie. Mi verrebbe voglia di leccartele. Quelle parole, unite al fatto che le dita della ragazza gli stavano distrattamente stuzzicando i capezzoli, gli fecero quasi perdere il controllo del mezzo. Quanto a Manuel, la ragazza gli stava facendo patire le pene dell’inferno sistemandosi sul sellino in modo da mantenere sempre il più stretto contato possibile con la sua mazza dura e approfittando di ogni più piccolo sobbalzo della strada per strusciarcisi contro, apparentemente senza accorgersene. Dopo alcuni, inutili, tentativi di ritrarsi, il fratello lasciò che le cose andassero per il loro verso e cominciò a muoversi in sincronismo con la sorella, tanto che ci mancò poco che non si venisse nei calzoni. Giunti in città i due amici proposero di andare in un locale a bere qualcosa. – Ci sarà un casino tremendo – si lamentò la ragazza – è sabato sera. – In spiaggia hai detto che i tuoi sono partiti – aggiunse rivolgendosi ad Antonio – perché non andiamo a casa tua? – Volentieri, ho il frigorifero pieno di birra. Seduti in soggiorno conversarono, bevvero birra ed ascoltarono musica. – Che mortorio – fece ad un tratto la ragazza – fatemi ballare. Dopo qualche ballo veloce misero dei lenti e i due ragazzi si alternarono per far ballare Consuelo, la quale se li stringeva appassionatamente al proprio corpo facendo loro sentire il turgore del proprio seno ed aspirare il profumo del proprio corpo e dei propri capelli e ricevendone, in cambio, la percezione delle loro mazze, ormai dure da scoppiare, che premevano contro le sue cosce e contro il suo ventre caldo. Aveva voglia, la bella Consuelo, una voglia pazza; era assolutamente intenzionata a farsi quei due bei ragazzi e se anche uno dei due era suo fratello, beh, chi se ne fregava! Che male c’era in fondo, a divertirsi un po’! Sentiva che anche loro avevano voglia, lo sentiva da come la stringevano ballando, come aspiravano il suo profumo, come cercavano il contatto col suo seno ed il suo bacino. E poi, c’erano quelle mazze! Quelle mazze dure che premevano contro di lei e le trasmettevano un desiderio, quasi doloroso, di farsi possedere da loro. Quel desiderio era nell’aria, lo si poteva quasi toccare, lo si riscontrava nei gesti eccessivi dei tre ragazzi, nelle loro risatine quasi isteriche, nei loro volti arrossati, nel tremolio delle mani che reggevano il bicchiere. E il desiderio, la libidine, la voglia di fare sesso, chiamatelo come volete, venne finalmente allo scoperto. – Ma insomma – sbottò ad un certo punto Consuelo, dopo l’ennesimo ballo lento nel corso del quale il ballerino di turno le si era strusciato contro come un bassotto in calore – quei due grossi affari che vi penzolano tra le gambe, ce li avete per figura o per farne qualcosa? Possibile che non riusciate a capire quando una donna ha voglia di farsi sbattere? Era incazzata Consuelo, o forse solo infoiata, e li trattò davvero male quei due ventenni imbranati che non riuscivano a prendere l‘iniziativa. – Consuelo – cercò di protestare Manuel, peraltro senza troppo convinzione essendo ormai, anche lui, arrapato come una bestia – io sono tuo fratello! – Al diavolo! – s’incazzò ancor più lei – se è così, spiegalo anche al tuo uccello chi sei.! E’ tutta la sera che me lo strofini contro! Non sono mica di ferro, cosa credi! Dopo quella sfuriata e qualche secondo di assoluto silenzio, durante i quali la tensione presente nella stanza si sarebbe potuta tagliare col coltello, scoppiarono tutti e tre a ridere. – Scopatemi ragazzi, ve ne prego, scopatemi! E’ la prima volta in vita mia, ve lo assicuro, che mi capita di dover pregare qualcuno per farmi scopare, e mi tocca farlo con due ragazzini imbranati! Senza più dire una parola, i due amici la sollevarono di peso e la portarono nella camera dei genitori di Antonio, dove, dopo averlo liberato da coperte e cuscini, la adagiarono sul grande letto matrimoniale. – L’hai voluto tu – riuscì solamente a dirle Manuel mentre l’amico, con mani tremanti, le stava sfilando la maglietta. Poi, mentre Il fratello le sfilava i sandali e le abbassava la cerniera dei jeans, l’amico le tolse il reggiseno liberando il suo splendido seno. Quando, dopo averle tolto i jeans, il fratello si apprestò ad abbassarle le mutandine, gli tremavano talmente le mani, che la ragazza dovette aiutarlo. Era nuda, adesso completamente nuda. – Fatemi godere, ragazzi, fatemi godere tanto, ne ho proprio bisogno. Sono mesi che non godo come dico io. Nonostante la manifesta inesperienza, i due ragazzi, ben guidati dalla bella Consuelo che di esperienza, invece, ne aveva parecchia, fecero del loro meglio per soddisfarla e, naturalmente , per soddisfarsi. – Mioddio che belle mazze – fece Consuelo quando anche i due maschi si spogliarono e la raggiunsero sul letto, con i loro ceri ritti che puntavano orgogliosamente la testa, ancora incappucciata, verso l’alto – e voi ve li tenevate nei calzoni, brutti stronzi! – Venite, avvicinativi, non mordo mica, sapete! Antonio, preso coraggio, si sdraiò al suo fianco, subito seguito da Manuel che, oramai arresosi all’ineluttabilità del destino, non riusciva a capacitarsi del fatto che stava, finalmente, dopo tanto averlo agognato, per godersi quel pezzo di figa della sorella. E così, rotti gli indugi, partirono, come si suol dire, le danze. Nei successivi venti minuti i due amici, che non riuscivano ancora a capacitarsi di quanto stava loro avvenendo, si dedicarono ad esplorare meticolosamente quello splendido corpo femminile che potevano, finalmente, avere a loro completa disposizione. Dal canto suo la bella Consuelo, che di cazzi, peraltro, ne aveva già presi in gran quantità, ma sempre in dosi singole, nel sentirsi così desiderata da quei due giovani maschi, così belli e così infoiati, si predispose per farsi una goduta memorabile, da vera maiala e ripromettendosi di soddisfare, oltre ai propri, tutti i desideri, anche i più incoffessabili, di quei due giovani stalloni di cui bramava, con una libidine quasi dolorosa, le nerchie dure e ben tornite. E i due, bisogna dirlo, si comportarono al meglio. Dividendosi i compiti come una squadra già ben affiatata, le toccarono, carezzarono, palparono, baciarono, leccarono e succhiarono ogni centimetro di pelle, dalla testa ai piedi. La baciarono in bocca, leccandole e succhiandole la lingua, le labbra, il palato e scambiando con lei le loro salive. Come due lupacchiotti affamati, si tuffarono su di lei a leccarle il viso, gli occhi, il collo, le orecchie. Mentre l’uno si dedicava alle sue meravigliose poppe, candide e dure come di marmo, leccandole e ciucciandone i piccoli capezzoli rosati, l’altro le leccava e ciucciava i piedini per poi risalire a leccarle le caviglie affusolate, le ginocchia ben fatte, le splendide cosce. E quando, fattala adagiare sulla pancia, l’uno le leccava la schiena diritta e morbida ed il collo lungo e fine, l’altro le leccava il dietro delle cosce per risalire, delizia delle delizie, fino alle sue meravigliose chiappette, tonde, piene, sode e al tempo stesso burrose. La ragazza, completamente concentrata con tutta se stessa sul proprio godimento, si lasciava fare da quei due giovani montoni di cui sentiva le mani e le lingue scorrere affamate lungo tutto il corpo. Si sentiva come bruciare dentro e desiderava, come mai prima di allora, farsi montare per placare quella passione struggente, quel desiderio di maschio che la lacerava; ma, al tempo stesso avrebbe voluto che i e non smettessero mai di baciarla, di toccarla e di leccarla. Quando Manuel, fattala nuovamente girare sulla schiena, le spalancò le cosce e si sdraiò, a pancia in giù, col viso a pochi centimetri dalla sua apertura, potè finalmente ammirare l’oggetto dei suoi desideri, il soggetto di tante sue fantasie, ciò per cui aveva riversato tanti fiumi di sperma sfinendosi di pippe. Era bella, davvero bella quella giovane fighetta; appena scurita da un sottile velo di peluria morbida e sottile, le labbra gonfiate dal desiderio e l’apertura spalancata, madida di umori il cui profumo, forte e dolce al contempo, gli sollecitava così piacevolmente le narici. Ne percorse coi polpastrelli il contorno trovandolo morbido come seta, poi ne carezzò il clitoride, già indurito, che rispose al suo tocco con una quasi impercettibile vibrazione che strappò un gemito alla ragazza. Poi allungò il collo e cominciò a leccarla delicatamente con la punta della lingua.. Lei gemette. Mio dio che sapore divino! Si protese in avanti con tutto il corpo e ci si tuffò quasi dentro, con tutto il viso, e cominciò a leccarla, a succhiarne le labbra, il clitoride, ci infilò la lingua, sembrava volesse mangiarsela. Dovette fermarsi perché sentiva di essere prossimo all’orgasmo. Leccare in quel modo la figa della sorella lo stava facendo letteralmente impazzire e non voleva venire in quella maniera. Soprattutto, non voleva venire. Voleva prolungare il più possibile quel piacere pazzesco che gli stava gonfiando in maniera quasi dolorosa i coglioni. Antonio, nel frattempo, si stava dedicando alle sue poppe. Non ne aveva mai avute tra le mani di così belle e le impastava, le leccava, le ciucciava, le mordicchiava, dava loro dei piccoli schiaffi non dolorosi che mandavano un bel suono pieno. Anche lui doveva trattenersi per non venire e prolungare al massimo quell’incommensurabile piacere. Consuelo, invece, non si poneva di quei problemi e quando si sentì montare l’orgasmo si lasciò andare, lasciò che il piacere prendesse il sopravvento. Con la faccia del fratello tra le cosce e la bocca e le belle mani affusolate dell’amico avventate sulle sue poppe, si fece squassare da un tremendo, lunghissimo, potentissimo orgasmo che la fece sobbalzare come in preda al demonio e urlare di libidine. Quando riprese fiato i due ragazzi si sdraiarono al suo fianco e, continuando a palparla e ad accarezzarla, la baciarono in bocca; prima a turno, poi in un bacio a tre che intrecciò tutte le lingue e mescolò tutte le salive. Ebbri di desiderio, i tre si baciarono fin quasi a mordersi; poi Antonio si sostituì a Manuel infilando la faccia tra le cosce di Consuelo, mentre il fratello, inginocchiato a terra, si dedicava ai suoi piedini. Antonio era decisamente più bravo del fratello, pensò Consuelo spalancando bene le cosce e tenendo leggermente sollevato il bacino per permettere al ragazzo di leccarla più agevolmente. Ci sa fare con la lingua, accidenti a lui. E’ quasi più bravo della Dolores. Con quest’ultima, una sua collega di lavoro regolarmente sposata e madre di due bellissimi bambini, aveva trascorso dei bellissimi interludi nel corso dei quali si erano leccate e vicenda godendo fin quasi a perdere i sensi. Antonio, a differenza del fratello che l’aveva leccata con famelica irruenza, si stava dando da fare a lingua piatta, lentamente e metodicamente, insistendo sul clitoride e sulle labbra esterne, che si sentiva gonfie e sensibilissime. Era proprio bravo, quel ragazzino, la stava davvero facendo godere. E le piaceva anche un casino come il fratello le stava leccando i piedi e le ciucciava le dita. Ce ne vorrebbe un altro, pensò mentre sentiva arrivare il secondo orgasmo, che mi ciucci i capezzoli. Mi piace tanto farmi ciucciare i capezzoli, vedere come gli uomini perdono le bave davanti alle mie poppe. Il pensiero le riandò a Dolores; nonostante le due gravidanze aveva anche lei delle bellissime poppe ed era così piacevole leccargliele e ciucciargliele mentre l’amica la frugava sotto il grembiule da lavoro, le infilava le dita nelle mutandine e la carezzava così delicatamente nella sua intimità. Il secondo orgasmo fu meno violento del primo, ma più lungo, più intenso e, ciò nonostante, la lasciò ancora inappagata. – Venite qua – disse ai due ragazzi quando si fu calmata – datemi le mazze. Sedette sul letto all’indiana, a gambe incrociate, e fece inginocchiare i ragazzi al suo fianco, uno per parte in modo che i loro cazzi fossero all’altezza del suo viso. Sul lenzuolo una larga macchia di umidità lasciata dagli umori della sua figa denunciava i suoi due orgasmi e, tutt’intorno, tante piccole macchioline lasciate dalla bava che, di tanto, fuoriusciva dai cazzi congestionati dei suoi partners, lasciavano intendere che i due erano al limite della tenuta e dovevano scaricarsi. Quando si ritrovò le due nerchie a pochi centimetri dal viso, le esaminò rapidamente: quella di Manuel era lunga, abbastanza grossa, liscia e diritta. Aveva la testa mezza scappucciata e, sulla punta, brillava una goccia di bava biancastra. Quella di Antonio era decisamente grossa, più scura e piena di nodosità che le conferivano un’aria minacciosa. La cappella, completamente scoperta, era larga e tozza e coi bordi spessi e rialzati. Con una cappella così, pensò, quando te lo mette dentro ti deve massaggiare a meraviglia le pareti della figa. Nel culo invece, se non ce l’hai slabbrato, deve essere un problema. Poi passò all’esame dei coglioni. Entrambi i ragazzi avevano due sacche formato king size, degne di un toro, e le palle, a occhio, sembravano grosse come uova. Questi due, pensò ancora, devono sborrare come cavalli. Non come quello stronzo cornuto del mio fidanzato che faceva due gocce che nemmeno si vedevano. All’esame visivo, durato non più di qualche secondo, seguì quello tattile. Una per mano, impugnò le due mazze e ne saggiò la consistenza. Erano entrambe dure come ferro e pulsanti di vita. Quella del fratello era rivestita di pelle fine, morbida e liscia come seta, quella dell’amico di pelle più spessa, meno liscia, e sotto le dita, ne percepì le nodosità. Saggiò anche la consistenza dei coglioni: erano pesanti e, al tatto, ancor più grossi di come gli erano apparsi alla vista. Sgranò con le dita le palle sentendole dure e gonfie: questi due devono sborrare davvero come cavalli, fu il suo pensiero. Poi se li imboccò, prima uno poi l’altro. Ciucciò e leccò le cappelle, ne percorse il contorno con la punta della lingua e ne ciucciò i bordi con le labbra, mentre i due beneficiati la palpavano le poppe. Riuscì ad imboccarsi entrambe le cappelle e i due ragazzi cominciarono a scoparle la bocca che, ben presto, si riempì della bava dei loro cazzi che, oramai fuoriusciva sempre più copiosa dai loro buchetti dilatati. I due stavano per godere. – Sborratemi in faccia – disse sfilandosi di bocca le due cappelle – sborratemi addosso, sborratemi dappertutto. Fatemi vedere di cosa sono capaci questi due bei cazzoni. Reclinando leggermente la testa all’indietro e ritraendosi di qualche centimetro, si mise in posizione per ricevere le bordate di cui quei due giovani pezzi di carne fresca stavano per gratificarla. Scarmigliata, col volto leggermente arrossato, le pupille dilatate dalla passione e la bocca contratta in una smorfia di piacere, i due amici non l’avevano mai vista così bella. Il pensiero di poter scaricare su quel bel musetto dall’espressione così porca e su quel corpo sontuoso il fiume della loro sborra li eccitò a tal punto che, appena udite quelle parole, si sentirono entrambi ribollire i coglioni e, sentendo l’ondata di piacere risalirgli i lombi, si misero anche loro in posizione per eseguire al meglio ciò che gli era stato richiesto. Manuel, sapendo che avrebbe lanciato dei lunghissimi schizzi, indietreggiò per poterla colpire meglio mentre Antonio, che sapeva di colare più che non schizzare, le si fece più sotto. Il primo a partire fu Manuel, che la colpì in pieno viso, con una mira perfetta, lanciandole uno schizzo talmente lungo e violento da farle lanciare un urlo di spavento, subito seguito dall’amico che iniziò a scaricarle in faccia un vero fiume di sborra, spessa come crema, che, fuoriuscendo a fiotti intervallati da un paio di secondi di tregua, le ricoprì le guance, la fronte, gli occhi, il naso, le labbra, per poi colare, spessa e densa, lungo il collo, sulle poppe, sulla pancia e sulle cosce. Il fratello, nel frattempo, continuava a bersagliarla coi suoi schizzi di sborra, più liquida ma forse ancor più abbondante dell’amico, che la colpivano dappertutto mescolandosi a quella di Antonio. Fu per i due amici, la sborrata più grossa della loro vita e la beneficiata, completamente ricoperta dalla furia dei loro cazzi assatanati, gliene diede atto. – Mio dio, che sborrata! – sbottò mentre cercava di ripulirsi almeno gli occhi col bordo del lenzuolo – non ho mai assistito a niente di simile. – Avevo intuito che mi avreste fatto la doccia, ma non pensavo che sarebbe stata un‘esperienza così sconvolgente. – Che sborrata! – ripetè quasi incredula di quanto era appena successo mentre i due, col cazzo ancora perfettamente ritto e gocciolante, contemplavano estasiati lo spettacolo del suo dolce visino e del suo corpo perfetto, completamente imbrattati dal succo dei loro possenti coglioni. – E ce l’avete ancora duro, accidenti a voi. Scommetto che volete farvene un’altra. Per tutta risposta i due amici l’aiutarono a ripulirsi alla meglio col lenzuolo ormai ridotto ad un vero schifo e, non essendo per nulla esauritasi la loro voglia della bella Consuelo, la fecero sistemare alla pecorina. Antonio, inginocchiatosi dietro di lei, prese a leccarle il dietro delle cosce, poi risalì a baciarle, leccarle e mordicchiarle quelle due chiappette burrose che tante seghe gli avevano ispirato e infine, separatele con le mani, ammirò la sua fighetta grondante umori ed il buchetto rosato del suo culo. Infine, sistematale la faccia tra le chiappe, cominciò a leccare il solco che le separava, a lappare l’interno delle due mele e a titillare con la punta della lingua l’orifizio anale che, sotto i suoi colpi, andava inspessendosi e, seppure di poco, dilatandosi. Consuelo, dal canto suo, deliziata da quel trattamento, unito al fatto che suo fratello, sdraiato sotto di lei, le stava nuovamente leccando la figa, stava godendo come una maiala e, aiutandosi con ritmici movimenti peristaltici, cercava di fare in modo che il suo buco del culo si dilatasse il più possibile per permettere ad Antonio di infilarci la punta della lingua. A forza di spinte e con l’ausilio dei massaggi linguali del ragazzo, i suoi sfinteri divennero spessi un dito e, finalmente, si aprirono consentendo ad Antonio, che stava quasi per godere di nuovo talmente si stava arrapando al pensiero di poter leccare a suo piacimento il culo della ragazza, di infilarvi la punta della lingua ed assaporarne l’interno. Quando i due ragazzi si scambiarono di posizione, la faccia di Manuel era completamente impiastricciata dal sugo di lei, la cui figa completamente spalancata colava a più non posso. Col viso piazzato tra le chiappe della sorella, il cui buco del culo si stava dilatando sempre di più, Manuel si fece una leccata lunghissima che lo portò ai limiti dell’orgasmo. Sentiva di doversi nuovamente svuotare i coglioni e il suo cazzo stava colando bava come un rubinetto mal chiuso. Quando, dopo una leccata che gli parve intermniabile, sollevò la faccia annunciando che doveva sborrare, l’amico, che nel frattempo si stava facendo ciucciare la cappella, confermò la stessa necessità. – Aspettate – disse allora la ragazza sfilandosi di bocca il cazzo di Antonio – dovete prima mettermelo, tutti e due. Voglio i vostri cazzi, li voglio in corpo, li voglio sentire dentro di me. Mi dovete prima sbattere come una troia, poi vi faccio sborrare. Non dentro, però, è pericoloso. In questo momento non sto prendendo nessun anticoncezionale. Sdraiata sulla schiena, a cosce spalancate, si tirò addosso Manuel. – Prima il mio fratellino – disse – so che è da troppo tempo che me lo vuole mettere. Quando Manuel, sistematosi tra le cosce spalancate della sorella, s’infilò dentro di lei scivolando morbidamente fino ai coglioni, credeva di stare sognando. Non è possibile, si diceva, non è possibile che me la stia sbattendo a questa maniera. E non capiva neppure lui, a dire il vero, se tale sua incredulità fosse motivata dalla soddisfazione di potersi fare una gnocca così appetitosa e arrapante, o se fosse dovuta alla situazione decisamente incestuosa che stava sperimentando. Fatto sta che, sdraiato sopra di lei, con la lingua infilata nella sua bocca e le mani che le brancicavano tutto il corpo, la pompò a ritmo sempre più elevato fino a che non capì che non sarebbe più stato in grado di trattenere l’incipiente orgasmo. Allora si fece dare il cambio dall’amico che, come Consuelo aveva previsto, provvide con la sua grossa cappella dai larghi bordi a strofinarle e massaggiarle ben bene le parti interne della passera facendola letteralmente urlare di piacere. I due amici si dettero per un po’ il cambio facendola venire un paio di volte e strappandole mugolii e urletti e facendole esprimere ogni genere di oscenità nei loro confronti e, soprattutto, nei confronti dei loro cazzi che la stavano pompando con tanto vigore e le regalavano così tanto godimento. – Vi voglio entrambi – disse ad un tratto la ragazza – vi voglio entrambi dentro di me. – L’ ho visto fare in un filmetto porno, ho visto una ragazza che prendeva due cazzi in figa contemporaneamente. Provate, forza, provate a mettermelo tutti e due. Trovare la posizione giusta non fu facile e riuscire ad infilare due mazze di quel calibro nella sua fessura, per quanto spalancata, fu ancor più difficile. Ma alla fine ci riuscirono con Manuel sdraiato sulla schiena, Consuelo sdraiata sopra di lui ed Antonio sdraiato sopra la ragazza, faccia contro faccia. Con entrambi i cazzi infilati in figa che la pompavano ritmicamente, all’inizio Consuelo si sentì quasi squartare in due ma poi, a poco a poco, le sue carni si adattarono a quella gigantesca intrusione e cominciò a godere come mai aveva goduto in vita sua. Con pochi contorcimenti del collo riuscirono a baciarsi in bocca e ad unire le loro lingue. I tre ragazzi, ora, erano una cosa sola. Sembrava che non esistesse più distinzione di sesso. I due ragazzi, coi cazzi serrati insieme dalla figa di Consuelo, oltre a scoparsi la ragazza si stavano scopando tra di loro e le loro lingue, intrecciate con quella della ragazza, si scambiavano baci appassionati. – Sto per godere – fece Manuel ad un tratto – devo sfilarmi, presto. – Sto per godere anch’io – ribattè l’amico sfilandosi di colpo e saltando di lato. Come in un esercizio ormai ben collaudato, in un lampo i tre ragazzi si rimisero nella identica posizione tenuta al momento della prima sborrata. – Innaffiatemi come prima – li incitò Consuelo mettendosi seduta e reclinando leggermente il capo all’indietro – datemi la vostra sborra calda. Forza, fratellino, fammi vedere che begli schizzi lunghi sai fare. E tu, Antonio, metti la testa del tuo cazzo sopra il mio viso e fallo colare più che può. Ho voglia di sborra, ragazzi, ne voglio tanta, bella calda e profumata. – Senti che roba – aggiunse soppesando loro i coglioni, mentre i due ragazzi, con le mazze dure da scoppiare che perdevano un bel filo di bava biancastra e collosa, si apprestavano a farsi un’altra colossale goduta – senti che roba – ripetè – sono gonfie come bisacce, mi sa che state per farvi un’altra sborrata peggio della precedente. Questa volta il primo a partire fu Antonio che si sollevò quasi in piedi per far si che il suo cazzo fosse ben posizionato sopra la faccia della ragazza e, con lenti movimenti di sega che gli coprivano e scoprivano la sua enorme cappella, cominciò a riversarle in volto, su quel bel visino che lui tanto amava, un’interminabile colata di sborra, talmente spessa e oleosa, che le si appiccicava alla pelle senza neppur scivolare giù. La visione del cazzo dell’amico che stava inondando il visino Angelico della sorella e il forte odore di sborra che si spandeva nell’aria fecero si che Manuel, che si era ritratto e reggeva la sua mazza lunga e sottile come fosse stato il tubo di un idrante, cominciasse a lanciare una raffica di schizzi, a distanza talmente ravvicinata l’uno dall’altro, da parere uno schizzo unico che si spiaccicava contro ogni parte del viso della sorella. Colpita da due parti, la ragazza lanciava urletti di soddisfazione mentre i suoi due partners sembravano non dover mai finire di svuotarsi i coglioni. Se la prima sborrata fu gigantesca, questa apparse addirittura colossale. Quando, finalmente, i due cazzi sembravano avere esaurito la loro carica esplosiva, c’era sborra dappertutto. Oltre al viso e al corpo della fanciulla che ne erano letteralmente ricoperti, c’era sborra sul letto, sul muro dietro al letto – qualche schizzo di Manuel era stato talmente violento da sorvolare la ragazza e andare a spiaccicarsi sul muro – sui comodini da notte. – Siete proprio due animali – disse lei ripulendosi un po’ con le dita e leccandone il contenuto – due veri cavallini da monta. – E’ buona la vostra sborra – disse ancora raccogliendone nuovamente con le dita e mettendosela in bocca – ha un buon sapore. Non è acida e neppure troppo salata. Poi, raccogliendone ancora un po’, allungò il braccio per fargliela assaggiare. I due ragazzi si guardarono interdetti. – Non ditemi che non avete mai assaggiato la vostra sborra – fece lei. – La mia, si – rispose Manuel. – Anch’io ho assaggiato la mia – disse Antonio. – E allora – concluse lei – vi siete baciati in bocca, vi siete scopati il cazzo, potete anche scambiarvi il sapore delle vostre sborre. Diedero entrambi una leccata alle sue dita poi, contemporaneamente, si abbassarono verso di lei e cominciarono a leccarle il viso ripulendoglielo con le loro lingue. Ai due amici il sapore delle loro sborre mescolate non dispiacque affatto e leccarono anche quella che era colate sulle poppe, sulla pancia, sulle cosce e sui piedini di Consuelo. La quale, da quel fervore di lingue e dalle loro mazze ancora semidure, intuì che i due non si erano ancora del tutto soddisfatti. E i due, infatti, si erano, per così dire, rimessi al lavoro, Antonio dedicandosi agli stupendi piedini della ragazza e Manuel alle sue sontuose poppe che sembrava voler divorare con la sua famelica bocca. Dopo circa un quarto d’ora nel corso del quale il corpo di Consuelo fu nuovamente carezzato, palpato, strizzato, baciato leccato e morsicato in ogni angolo, anche il più recondito, le due mazze si ergevano perfettamente diritte e pronte ad una nuova tenzone. Senza dirsi un parola ma provando, evidentemente, lo stesso desiderio, i due la fecero mettere alla pecorina e, dandosi ogni tanto il cambio, le lavorarono con la lingua, con le labbra e con le dita il buco del culo fino a farne inspessire di un paio di centimetri il contorno e, finalmente, a farlo dischiudere come un piccolo fiore rosato. A quel punto, mentre Manuel, con la punta della lingua infilata nel buco del culo della sorella, ne leccava il contorno interno, Antonio corse in bagno a prendere della crema. Al suo ritorno premette la testa della ragazza, che era sempre alla pecorina, contro il letto e le fece rialzare il più possibile il bacino in modo che il suo bellissimo culetto sporgesse ben in alto e fosse ben esposto e raggiungibile. Poi spalmò ben bene di crema il contorno dell’ano e, con due dita, unse abbondantemente anche l’interno. Poi, con estrema naturalezza, prese in mano il cazzo di Manuel e lo ricoprì di un abbondante strato della stessa crema. Bisogna dire che quest’ultima operazione si protrasse per un tempo ben più lungo del necessario e che il modo con cui Antonio unse il cazzo dell’amico massaggiandogli al contempo i coglioni fu li lì per trasformarsi in una vera e propria sega. E, per amore di verità, bisogna anche aggiungere che il piacere col quale Manuel si fece ungere il cazzo dall’amico fin quasi a venire, fece si che i due si scambiassero anche un furtivo bacio in bocca. Che, però, non sfuggì allo sguardo attento di Consuelo la quale, nel frattempo era impegnata a spingere col bacino, con movimenti ritmici, per cercare di farsi dilatare al massimo il buco del culo. Per quanto quello del fratello non fosse certo il primo cazzo che l’angelica fanciulla si beccava nel culo, la penetrazione richiese qualche sforzo da parte di Manuel che, con la punta della cappella piantata contro il suo buchetto posteriore, dovette spingere non poco prima di riuscire ad infilare tutta la testa del cazzo. A quel punto, però, la strada era stata aperta e, infischiandosene degli urletti di dolore della sorella, Manuel si infilò dentro di lei, lentamente ma inesorabilmente, per tutta la considerevole lunghezza della sua mazza. Inginocchiato dietro di lei, cominciò scorrere in quel pertugio caldo che lo fasciava come un guanto di velluto facendogli provare delle sensazioni talmente intense che lui nemmeno pensava potessero esistere. Affondato nei suoi sfinteri fino all’elsa, sentiva il rumore dei suoi coglioni sbattere contro le chiappe di lei, che, coi movimenti del bacino, cercava di agevolare al massimo la cavalcata del fratello. – Stai godendo? – gli domandò. – Come una bestia. – Hai sempre sognato di rompermi il culo, è vero? – Si, è vero, l’ho sempre sognato. – Mi accorgevo, sai, di come mi guardavi quando giravo per casa mezzo nuda. E non credere che non sapessi che cosa andavi a fare quando, subito dopo, ti rinchiudevi nel cesso. – Adesso, però – aggiunse lui – ti sto inculando di gusto. – Inculami, fratellino, inculami, voglio farti godere. E dopo voglio fare godere anche Antonio, voglio prenderlo in culo anche da lui. Quando Manuel, un po’ a malincuore, si sfilò dal culo della ragazza per fare posto all’amico, quest’ultimo, che nel frattempo si era ben spalmata la mazza di crema, ne raccolse un bel po’ sulla punta di tre dita e, senza alcuna difficoltà, le ficcò nell’ano di Consuelo, dilatato dall’inculata fraterna, e ne unse ben bene l’interno. Poi, piazzatosi dietro la ragazza, l’afferrò per le spalle e, puntata la testa del cazzo contro la sua apertura posteriore, cominciò a spingere. La sua mazza, però, molto più grossa e dotata di una cappella molto più larga di quella dell’amico, e fece parecchia fatica ad entrare e provocò alla ragazza dei dolori lancinanti che le strapparono urla, lamenti e lacrime e la fecero implorare l’amico di togliersi. Cosa che lui non avrebbe fatto per nulla al mondo. Anzi, più la ragazza si lamentava e lo implorava di non farle male, più lui le montava in groppa e affondava la sua nerchia nodosa tra le sue meravigliose chiappette. Quando, non senza notevoli sforzi, riuscì ad affondare fino alle palle si arrestò in quella posizione per qualche secondo, poi si sfilò di colpo ed invitò l’amico ad ammirare lo spettacolo del buco del culo della ragazza che, completamente dilatato, sembrava l’apertura di un nero e profondo tunnel in cui riuscì agevolmente ad infilarci le cinque dita che aveva abbondantemente riempito di crema. Allora, rotti gli indugi, saltò letteralmente in groppa alla fanciulla e, afferratala saldamente per le spalle, con un sol colpo ben assestato, s’infilò per intero dentro di lei iniziando ad incularsela con un impeto e una violenza di cui lui stesso non si credeva capace. Sotto i colpi tremendi di quella mazza nodosa che le squassava i visceri, la ragazza perse quasi i sensi e solo l’intervento del fratello, che prese ad accarezzarle delicatamente il viso e a rivolgerle ogni sorta di dolci parole, le diedero un po’ di sollievo. A poco a a poco i muscoli della ragazza si rilassarono e Antonio potè scorrere senza più sforzi per tutta la lunghezza della sua formidabile minchia. Manuel si zittì e nella stanza, si udivano solo i flebili lamenti della ragazza e l’ansimare di chi se la stava letteralmente cavalcando con tanta furia e, sopra tutto, il rumore dei colpi delle palle del cavaliere contro le burrose chiappe della sua vittima. D’un tratto Antonio serrò con le mani ancor più saldamente le spalle della ragazza e, piegatosi sopra di lei, le affondò i denti in una deliziosa piega di carne tenera e fresca della schiena. La ragazza lanciò un urlo di animale ferito e lui cominciò a sborrarle in culo tutto la sua spaventosa libidine. Con la faccia sfigurata dal piacere, Antonio sentiva la sborra defluire dai suoi lombi e invadere gli sfinteri della sua vittima sul cui viso scorrevano le lacrime. – Che inculata! – disse all’amico mentre sfilava la mazza gocciolante e finalmente non più dura – non ho mi goduto tanto. Adesso tocca a te. – Basta – li implorò Consuelo – vi scongiuro. Manuel, però, non aveva ancora goduto e, incurante delle sue suppliche, prese il posto dell’amico che, nel frattempo, teneva ben ferma la ragazza per impedirle di cambiare posizione. Il culo di Consuelo, completamente spanato dalle terribili spinte della formidabile nerchia di Antonio, lo accolse senza difficoltà e lui vi affondò fino ai coglioni sguazzando nella sborra dell’amico che, unitamente alla crema e alle secrezione della ragazza, formavano un ambiente caldo, umido, scorrevole e quanto mai piacevole. Aggrappandosi ai suoi fianchi, ne abbrancò le carni tenere e sode e si produsse in una magistrale inculata che cercò di protrarre il più a lungo possibile prendendo di tanto in tanto fiato mentre Antonio, ormai esausto, cercava di consolare la ragazza baciandola in bocca. Quando sentì di non riuscire più a trattenersi, Manuel salì ben in groppa alla sorella e, affondato dentro di lei fin quasi a schiacciarsi i coglioni, le lasciò partire negli intestini una serie interminabile di schizzi fino a che, del tutto prostrato, si sfilò da lei per accasciarsi sul letto. Sentendosi finalmente affrancata, la giovane, incazzata come una biscia, cominciò a tempestarli di pugni e calci e a lanciare al loro indirizzo ogni sorta d’insulti che i due accolsero senza reagire. Poi, apparentemente soddisfatta dallo sfogo, si alzò di colpo dal letto e, a chiappe strette si precipitò verso il cesso subito seguita dai due che, non capendo cosa stesse succedendo, temettero si fosse sentita male. Solo quando la videro sedersi precipitosamente sul cesso e udirono il rumore dei suoi sfinteri che si stavano svuotando capirono cosa fosse successo. – Coi vostri maledetti cazzi e la vostra stramaledetta sborra mi avete smosso gli intestini, maledetti bastardi. – A me, invece, è venuta una gran voglia di pisciare – le rispose serafico Antonio e, senza chiederle il permesso, iniziò ad orientare uno speso getto di piscio caldo contro di lei. Al che Manuel, cui tutta la birra bevuta in precedenza stava cominciando a dare i suoi effetti, si unì all’amico inondando di piscio la sorella dall’altro lato. – Siete proprio due bastardi – urlò quest’ultima, due schifosi bastardi figli di puttana. Ma il rumore di una sua scarica, seguita da una lunghissima scoreggia, li fece scoppiare a ridere tutti e tre. Arresasi all’ineluttabilità delle cose, Consuelo lasciò che i due le inondassero di piscio tutto il corpo, la faccia ed i capelli e, per ultimo, si lasciò anche pisciare in bocca. Dopo una lunga doccia ristoratrice e purificatrice, i tre ragazzi andarono in cucina a mangiare della frutta e, quando tornarono a letto, non fecero neppure in tempo ad appoggiare la testa sul cuscino per cadere in un sonno profondo. Fu il suono di una sirena a svegliare Antonio che, giratosi bruscamente svegliò Consuelo la quale, alzatasi per andare a pisciare, inciampò in una sedia e svegliò a sua volta anche Manuel. Era ancora notte fonda e il caldo si era fatto davvero opprimente. I due ragazzi cercarono un po’ di fresco sul terrazzo, raggiunti dopo poco dalla fanciulla che, con indosso una sottile vestaglia di seta della madre di Antonio, arrivò con una caffettiera fumante. Accidenti quanto è bella – pensò il padrone di casa guardando con desiderio Consuelo, cui la seta bianca della vestaglia, stretta in vita dalla cintura, faceva risaltare le forme e l’espressione assonnata del viso conferiva un‘aria fanciullesca e al contempo da porca. Possibile che abbia di nuovo voglia di farmela, pensava intanto Manuel, al quale la vicinanza con la sorella, il suo odore di letto e le sue movenze feline avevano nuovamente fatto drizzare la mazza che premeva dolorosamente contro la stoffa dei boxer che aveva indossato per andare sul terrazzo. Sono davvero due bei tipi, ragionava dal canto suo la bella Consuelo, soppesando con lo sguardo mentre sorbiva il suo caffè i due ragazzi. Manuel è più fine, col fisico più slanciato, ma Antonio i fa più sangue, con quei muscoli guizzanti e quella pelle abbronzata. Notò che Manuel, come lei d’altronde, era pochissimo peloso, mentre l’amico, di carnagione più scura, era più peloso, ma non troppo. A lei non piacevano gli uomini tanto pelosi. Seduti in terrazza, con le tazze del caffè in mano, i tre vagavano, silenziosi nella notte calda e silenziosa, tra i loro pensieri. Con la vestaglia, Consuelo aveva trovato anche un paio di sandaletti col tacco alto che, quando li notò, attirarono l’attenzione di Manuel. La ragazza, accortasi degli sguardi di concupiscenza che il fratello lanciava all’indirizzo dei suoi piedini, scoppiò a ridere. – Ti stai nuovamente infoiando – gli disse – ti piacciono così tanto i miei piedi? – Mi hanno sempre fatto impazzire – le rispose lui – soprattutto quando indossi dei sandaletti come quelli, col tacco alto, che ti slanciano il piede e la caviglia. Per tutta risposta la ragazza, gratificata dagli apprezzamenti del fratello, allungò una gamba e sollevò un piede offrendolo al fratello per farselo carezzare e scoprendosi, con quel gesto, le bellissime cosce. Alla vista delle sue cosce e dell’amico che aveva preso ad accarezzare, quasi in adorazione, il piedino della ragazza fasciato dal sandaletto argentato, Antonio si alzò e, piazzatosi alle spalle di lei, le infilò le mani nella scollatura della vestaglia ed iniziò a brancicarle le poppe mentre la sua mazza, dentro i boxer, prendeva vita diventando sempre più dura. – Sarà meglio che rientriamo- fece lei quando il fratello aveva preso a leccarle e ciucciarle l’adorato piedino e l’amico aveva estratto dalla vestaglia il suo sontuoso seno e, piegato, sopra di lei, glielo stava leccando a lingua piatta – altrimenti ci arrestano per atti osceni. Quando furono nuovamente sul letto la ragazza li fece inginocchiare al suo fianco e abbassò loro i boxer liberando le mazze che dure e fiere, si ergevano in tutta la loro ritrovata potenza. Soppesando i coglioni e sgranando le palle, fu percorsa da un brivido di piacere al pensiero di tutta la sborra di cui sembravano essersi nuovamente riempite. Dopo avergliele massaggiate e ciucciate per tutta la lunghezza, s’imboccò la testa delle due aste rigide le lavorò a lungo con la lingua e con le labbra, poi leccò i coglioni di entrambi e, infine, disse ai due ragazzi di sdraiarsi sulla schiena, fianco a fianco, con le gambe raccolte contro il petto ed il culo che sporgeva un poco dal bordo del letto. Quindi, inginocchiata a terra, prese a leccarli, a turno, da dietro. Dopo avere nuovamente leccato i loro coglioni, gli leccò a lungo quella zona morbida e sensibile che sta tra le palle e d il buco del culo e, infine, con la sua guizzante linguetta, prese a leccargli il buco del culo. Quello di Manuel, completamente senza peli, era piccolo e rosato come quello di una femmina mentre quello di Antonio, più scuro e peloso, era anche più spesso e più grosso. Mentre lei leccava loro il buco del culo i due ragazzi, infoiati come bestie, presero a baciarsi in bocca e, subito dopo, le mani dell’uno andarono a deporsi sulla mazza e sui coglioni dell’altro. Consuelo, che aveva intuito già da tempo che i due ragazzi si piacevano, non se ne stupì affatto e, mentre leccava il buco del culo di Manuel, provò ad infilare il dito medio in quello di Antonio. Il quale, ormai disposto a tutto, prese a spingere più che poteva per dilatarsi gli sfinteri e Consuelo, che nel frattempo aveva recuperato il vasetto della crema e lo aveva unto a dovere, riuscì a penetrarlo per tutta la lunghezza del dito iniziando a fargli, con la punta di quest’ultimo, un lento massaggio alla prostata. Manuel, con la lingua della sorella sempre intenta a leccargli il contorno dell’ano che, sollecitato a quella maniera e grazie anche alle spinte che anche lui aveva cominciato a dare, si stava inspessendo e schiudendo, sentiva il cazzo dell’amico, stretto nella propria mano, pulsare sempre di più e farsi sempre più grosso e duro; facendone scorrere lentamente su e giù la spessa pelle che lo ricopriva, ne sentiva le nodosità e, carezzandone con la punta delle dita il contorno della grossa cappella, ne sentiva i bordi allargarsi e farsi sempre più spessi e con la pelle sempre più tesa. Antonio, dal canto suo, che il massaggio alla prostata, la cosa più goduriosa che avesse mai provato, aveva portato ai limiti della resistenza, baciava appassionatamente l’amico, che ricambiava con altrettanta passione, e gli lisciava ritmicamente la mazza. Quando anche il buchetto di Manuel si fu dilatato a sufficienza Consuelo, sempre aiutandosi con la crema, tirò anche lui, con l’altra mano, un ditale al culo massaggiandogli ben bene la prostata. I due ragazzi, prossimi entrambi a sborrare, si baciavano fin quasi a farsi male e quando i loro cazzi cominciarono a sbavare sporcando le dita del compagno, si scambiarono le bave ficcandosi le dita in bocca e leccandosele a vicenda. A quel punto Consuelo, stanca di sditalinare loro il culo, tornò sul letto e cominciò a tirarsi un ditale. Allora i due, presala senza tanti complimenti, la rovesciarono sul letto e quando cominciarono ad ungerle il culo e lei intuì che stavano nuovamente per incularsela, cominciò a divincolarsi come un’anguilla, dovettero imobilizzarla Mentre il muscoloso Antonio la reggeva forte, Manuel le spalmò un’abbondante dose di crema intorno e dentro al buco del culo, poi si unse la mazza e infine, sdraiatosi sulla schiena, si fece aiutare dall’amico ad impalare la sorella che, dibattendosi come un’indemoniata, non fece che agevolare loro il compito. Quando Manuel se la fece scorrere fino a che non sentì le sode chiappe di lei sbattere conto il suo ventre, Antonio, inginocchiato tra le cosce spalancate dell’amico, si introdusse nella pancia della sorella e i due, trovando subito il ritmo giusto, cominciarono a pomparla, uno nel culo, l‘altro nella figa. Dopo qualche minuto di pompaggio Antonio manifestò il desiderio di sostituirsi all’amico nel culo della ragazza la quale, memore dell’inculata precedente, lo supplicò, con le lacrime agli occhi di non farlo. Ma lui, per nulla impietosito dalle preghiere di Consuelo, pregò l’amico di tenergliela ferma e, dopo averla posizionata alla pecorina, si piazzò dietro di lei e, puntata la cappella contro il suo orifizio anale, cominciò a spingere. Per farvela breve i due amici se la incularono e se la scoparono nuovamente di brutto in tutte le posizioni e solo quando furono davvero sazi di godersi il suo culo,la sua figa, le sue poppe e la sua bocca le scaricarono in culo un bel fiume di sborra e, finalmente appagati, si addormentarono tutti e tre.
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