È notte fonda ormai quando mia figlia ed io arriviamo al pronto soccorso. Siamo in vacanza in un piccolo paesino dell’Abruzzo; mia moglie è rimasta a casa con il piccolo mentre io e la grande, Elisa appunto, siamo qui ad aspettare che il medico di turno si degni di dare un occhiata al gomito di mia figlia. Sono già trascorsi alcuni minuti da quando “qualcuno” si è degnato di rispondere al citofono invitandoci ad attendere. Attendere. cosa ci sarà mai da attendere, poi, qui. In questo posto che saranno, si e no, mille anime. Fosse stato per me n’avrei fatto volentieri a meno di precipitarmi in ospedale ma tanto ha insistito mia moglie che eccomi qui, con una figlia poco più che adolescente, preoccupata per il suo gomito e soprattutto preoccupata di dover saltare il saggio di pianoforte di fine anno. “Elisa, non essere triste. Vedrai che non è niente. Una piccola medicazione, un massaggio e via! Potrai tornare a suonare il piano.” “Oh, papà! Lo sai quanto ci tengo. Ho studiato un anno per questo saggio.” “Pensa che da oggi, anzi da ieri, sei maggiorenne” provo a consolarla, io. “.e proprio oggi, che è il mio compleanno, dovevo farmi male!?” “Ti dico che non è nulla. Fammi vedere.” “Che dici, papà, il dottore mi farà male?” “E perché dovrebbe. Comunque per me non c’era bisogno di venir qui nel cuore della notte.” “Ma papà.” “Lo sai come la penso: tua madre ha la fissazione per gli ospedali e i pronto soccorso; basta un piccolo colpo di tosse che.” “Chi dei due?” ci interrompe quello che dovrebbe essere il medico. “E’ lei. Mia figlia. Ha urtato violentemente uno spigolo del tavolo.” “S’accomodi, signorina. Età?” “Diciotto anni”. “Si accomodi in quella stanza in fondo a destra. No. Lei non può entrare” mi dice il medico bloccandomi quando faccio per seguirli. “Non si può entrare più di una persona per volta e solo l’interessato. Tanto più che la signorina è maggiorenne.” “Veramente, mia figlia. Insomma, a quest’ora. E poi non c’è nessun altro.” “Disposizioni del primario. Se vuole passare il tempo.” “Tempo? Passare? Ma è una piccola botta!” “Lo lasci decidere a me se il colpo merita attenzione o meno. Ora visiterò la ragazza e se non c’è nulla, fra un minuto sarà di nuovo qui. Altrimenti. “Altrimenti che fa? la ricovera?” lo interruppi con sarcasmo. “Si rilassi, la vedo un po’ nervoso. Siamo in un piccolo centro, ma gli studi che ho fatto sono quelli che hanno fatto tutti i miei colleghi e la professione che svolgo, la svolgo da due decenni, ormai. Probabilmente dovrò farle una lastra. Dicevo che nell’attesa potrebbe compilare questo”. Mi rifila una fotocopia di un questionario che a malapena si legge e mi molla lì, senza neppure una penna. Dopo pochi secondi, rassegnato, giro e rigiro in quel piccolo ambito a caccia di una penna. Ora basta! – mi dico – chi crede di essere? Dottore o non dottore, se vuole che compili ‘sto coso dovrà pur darmi una penna. Mi avvio con decisione alla stanza in fondo a destra. Per non disturbare, cautamente, scosto di poco la porta. Il medico, mi volta le spalle e già la mia risoluzione comincia a vacillare. Non so più se è il caso di disturbare. Mi è sembrato così permaloso. “Bene, signorina. Come si chiama?” “Elisa” “Bene, signorina Elisa. Si tolga il giacchetto e la camicetta” Come! Ha male al gomito, penso io, e la fa spogliare! Ora entro gli faccio vedere io “Capisco la sua perplessità, Elisa. Ma per fare la lastra deve togliersi gli abiti, almeno la parte di sopra, il bracciale ed eventuali collane”. Che scemo sono stato. Ho pensato subito a male. E dire che non sono mai stato geloso di mia figlia. Ho sempre pensato a lei come una ragazza in gamba che sa cavarsela da sola. A volte anche con un piglio esagerato di indipendenza. Mentre sto riflettendo su questo, mia figlia si è già tolta il tutto ed è rimasta in reggiseno e jeans davanti al dottore. Un reggiseno senza pretese sexy; di cotone bianco, semplicissimo. Caspita. Non è la prima volta che la vedo così. C’è molta confidenza tra noi. Ma è la prima volta che la vedo così davanti ad uomo. Mi fa uno strano effetto, devo ammetterlo. Come se fosse la prima volta che la vedo, mi accorgo di quanto sia graziosa, attraente, con i suoi capelli castani, lisci, sulle spalle. E il corpo, affusolato, sottile. Sottile come le sue dita assottigliate dagli esercizi al piano. Quella sua caratteristica di avere pochissimo seno, poi, me l’ha sempre fatta vedere un po’ più piccola dell’effettiva età. “Salga qua sopra” le ordina il dottore. Ma che fa, le misura l’altezza? “Non si muova” Questo è troppo: ora anche il peso? Non faccio in tempo a finire i miei pensieri quando Elisa sfoggia uno dei suoi sorrisi ammalianti. Quei denti, gli incisivi, un po’ grandi, le hanno sempre conferito un viso da bimbetta, da coniglietto. Ma quel sorriso, ora, non è da bimbetta. Anzi. “Ora pieghi il gomito, lentamente, così. Se tocco qui le faccio male?” Vedi di non toccare troppo, stronzo. “Ora anche l’altro” L’altro? Ma a lei fa male un gomito. Uno solo! “Non sente dolore, Vero? Bene.” E’ l’altro, il gomito contuso. Cretino. Vorrei esplodere la mia incazzatura e uscire allo scoperto. Ormai ho capito con che razza di dottore mia figlia ha a che fare. Ma mi censuro. Non voglio intervenire subito. Ho l’occasione di vedere come sa cavarsela da sola. “Ha veramente delle belle mani, lo sa signorina? – le dice sfiorandole prima un palmo e poi su verso le dita fino ai polpastrelli – mani da pianista” “Grazie. E’ proprio così. La settimana prossima ho il saggio di fine anno. Che dice mi rimetterò? Farò in tempo a finire di prepararmi?” Di nuovo quel sorriso che le illumina il volto. Stavolta seguito da un gesto di candore: incrocia le braccia, quasi a voler nascondere le sue scarse nudità già coperte dal reggiseno. “Qui è tutto a posto. Abbiamo verificato che non c’è nulla di rotto.” La penna! Chissà perché mi viene in mente quella caspita di penna, adesso? Forse perché ormai hanno finito ed io non ho ancora compilato il questionario. Devo andare. “Alzi le braccia. Più in alto. Così. Ora si volti” Appena la schiena di mia figlia mi si para sensuale ed eccitante il medico con gesto rapido mette una mano sotto il camice . Sento il rumore della lampo. Credo che stia armeggiando per tirarsi fuori il cazzo dai pantaloni. La manovra dura meno di un secondo. Subito dopo comincia a carezzare con entrambe le mani, le braccia di Elisa per poi scendere fino ai fianchi. Mi aspetto una reazione di Elisa. “Verifichiamo come sta’ la colonna vertebrale poi le farò un piccolo massaggio che la farà stare meglio.” Evidentemente, per godere maggiormente del sensuale giovane colore della pelle, la volta a favore della luce, mettendola involontariamente di profilo a me . Le poggia le labbra alla base del collo e lentamente con la lingua le carezza le vertebre. Scendendo lentamente con la lingua sulla schiena ha preso a carezzarsi il cazzo molto lentamente. Ripete la carezza con la lingua un paio di volta, su e giù. Sono pietrificato. La mancata reazione di Elisa mi sconcerta ancor più che l ‘intraprendenza del medico. Ora è in ginocchio dietro mia figlia. Sfiora il viso da uomo maturo sugli jeans di mia figlia all’altezza del culetto; culetto che io so per certo molto sodo e tondo. Ne aspira i profumi, di pelle, di stoffa, non so. So soltanto che ne pare inebriato. E non è il solo. Lei ha abbandonato le braccia e abbassato il capo. Sta con gli occhi chiusi. Respira profondamente e con calma. Non mi sembra turbata. Occhi chiusi. Respiro calmo. Anche ora che da dietro lui le sta slacciando il bottone dei pantaloni; le tira giù la lampo e lentamente fa scendere l’indumento di tela rigida fino alle ginocchia di lei. La vista dei suoi candidi slip mi provoca un’erezione che, senza che me ne fossi reso conto, era già latente. Vedo la mano del medico, ora in piedi, farsi strada, dall’alto, nelle mutandine bianche. Mutandine delle quali per un momento mi sembra di sentire il fresco profumo di bucato misto agli odori del giovane sesso di mia figlia. Con l’altra mano dopo averle slacciato il reggiseno, senza sfilarglielo del tutto, si fa strada tra le due mele acerbe per catturarne con risoluzione una. Alla presa decisa, mia figlia, porge il collo all’uomo che coglie l’ invito e poggia a bocca aperta, le labbra sul tenero collo. Il gioco deve piacerle molto alla mia piccina. La sento gemere, anche se in maniera contenuta. La lingua del medico le rotea lentamente sul collo, fin quando, tolta la mano dall’attività che stava svolgendo negli slip, si passa le dita sotto il naso e dopo averne aspirato gli effluvi se le infila prima nella sua bocca poi in quella di Elisa. Sento la testa che mi ronza, come se stesse per esplodere. Gelosia, eccitazione, rabbia. Non so neanch’io cosa sto provando in questo momento. Mi sento arrossire dalla collera. Vorrei gridare. Fermare tutto. Sto per entrare quando mi accorgo di avere il mio cazzo in mano, stretto. Stretto. Capisco che lo sto stringendo per la paura inconscia di venire troppo presto. Mia figlia si volta o il dottore la fa voltare, non importa, non capisco più nulla. Uno di fronte all’altro. Il medico vorrebbe baciarla sulle labbra ma lei, per un atteggiamento che non capisco, si rifiuta reclinando il capo da una parte. Preferisce inginocchiarsi davanti a lui. Guarda il sesso dell’uomo come se fosse la prima volta che ne vede uno. Lo sguardo tradisce un’estasi covata troppo a lungo dentro di lei. Stento a riconoscere la mia fanciullina. Ho addirittura il sospetto che chissà quante volta avrà immaginato di fare anche a me quel che sta facendo a questo sconosciuto. Anzi ora che ci penso. una notte che sua madre era di turno. me lo son sentito prendere in bocca e nel sonno ho goduto continuando a dormire. Ma no che vado a pensare. Non faccio in tempo a sondare i miei ricordi che la mia piccola Elisa si appropria con le labbra di quel sesso pulsante e se lo infila in bocca, fino in gola. Lo fa scomparire e poi rimane immobile. Il medico non può trattenere un grido strozzato di esagerato godimento. Lei lo fa scorrere lentamente fuori dalla bocca e poi di nuovo, tutto in gola. Che arte, la mia piccolina, altro che la madre. che neanche in bocca. Mi sembra di impazzire. Mi scorre davanti l’immagine di mia figlia che mi riserva lo stesso trattamento, mentre io sono addormentato. Smetto di masturbarmi. Non è vero. Non voglio pensarlo. Non ci posso credere. Non ci voglio credere. Eppure lei è là, che sta facendo un bocchino ad uno sconosciuto, con un arte che io posso soltanto averla sognata. Alla quinta o sesta volta che Elisa se o lascia sparire in gola, vedo il medico piegarsi in avanti sussultando; lei lo afferra per le natiche e lo mantiene saldo dentro la sua gola. I mugolii del dottore sono inequivocabili. DIOMIONO! Le sta sborrando in gola!!!!! La mia piccola Elisa. Ho smesso da un po’ di masturbarmi ma il getto dal mio cazzo esce ugualmente copioso e incontrollabile. Non posso far altro che accompagnare gli ultimi sussulti con il movimento lento della mano. Con l’altra mi detergo il sudore della fronte. Non riesco a capacitarmi di ciò che ho visto. Ancora ho davanti agli occhi la visione del bel viso della mia angelica Elisa che gode del piacere di uno stronzo di dottore che ecco lei porsi in piedi di spalle allo stronzo. Le se strofina con le natiche contro il cazzo ancora prestante. Allo sguardo interrogativo del medico lei risponde col candore che le riconosco: “papà non vuole che lasci le cose a metà” e così dicendo si piega in avanti poggiando le braccia sulla lettiga di fronte a lei. Lo stronzo non se lo fa dire due volte e approfittando dell’erezione ancora in atto fa per montarla ma lei lo ferma. “No. Lì, no. Voglio mantenermi vergine per il mio principe azzurro.” “Come vuoi tu.” disse il dottore prima di sputarsi sul palmo della mano la saliva che da li a poco gli avrebbe lubrificato il cazzo, pronto ad incularsi quella splendida troietta di mia figlia.
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