Ho conosciuto Adele in un pub, circa tre mesi fa. Capelli di un biondo insignificante, esile, seno e fianchi piatti. Gli occhi di un colore indefinibile, il naso sporgente. Un vestitino verde scuro, semplicissimo, stropicciato, senza alcun ornamento. Ebbi l’impressione di una donna che non ha di se la seppur minima cura. Raramente mi era capitato di vedere un donna così nitidamente brutta. Notai subito, però, la sua estrema simpatia. Mangiando un panino, parlammo del più e del meno e apprezzai subito la libertà del suo spirito. Aveva modi spontanei, improntati a una serenità e ad una sicurezza disarmanti. Mi stupì quando con disincanto lasciò cadere nel bel mezzo del discorso l’espressione “ardore muto”. Quelle parole si adattavano a meraviglia al suo sguardo, alle sue pause, al suo modo amichevole di posare le mani sulle mie braccia. Mi resi conto di avere di fronte a me una donna che pensava e agiva in sintonia con le mie sensazioni, come se ragionasse proprio come un uomo e che da ciò ne ricavavo una gioia inaspettata. Era come se davanti a lei, viste le sue inesistenti attrattive fisiche io mi sentissi veramente libero, in quanto certo di non poter essere coinvolto da lei, sessualmente. Da quella sera ci vedemmo spesso, in pratica tutti i giorni. Nacque tra noi un bellissimo sentimento di amicizia, si avverava un mio vecchio sogno: avere un amico con la sottana, un amico la cui disinvoltura non lasciasse affiorare in me alcun turbamento. Ci confidavamo ogni cosa, ci svelammo l’un l’altra senza alcuna ritrosia. Con lei per la prima volta rivissi le tappe più significative della mia vita sentimentale, analizzai i miei errori e risolsi dilemmi sottili che da tempo mi angustiavano. Ciò che Adele, invece, mi raccontava di se stessa, non aveva fatto altro che accrescere l’affetto che provavo nei suoi confronti. Aveva avuto poche esperienze, e malgrado, così mi disse, la sua forte carica sessuale, all’età di trent’anni, era ancora vergine. Lo disse sorridendo, come suo solito, senza alcuna malizia o malinconia. Una semplice constatazione. Come, con altrettanto disincanto mi confessò di essere, per necessità, disse ammiccante, amante accanita della masturbazione. In altre situazioni, presupposti simili, avrebbero agito sulla mia libido, accrescendola, con lei, invece, produssero l’effetto contrario. Acuirono l’indifferenza che, sessualmente, provavo nei suoi confronti. Almeno, così pensavo allora. Una sera, qualche giorno dopo, Adele mi propose di andare a prendere un gelato ad Arenzano e di lì, poi, magari, proseguire per Varazze e poi chissà… Disse proprio così, poi chissà.. Colsi, in quell’espressione lasciata in sospeso, una sorta di promessa. Sorrisi tra me e me, della mia immaginazione. Quando la vidi, notai però subito in lei qualcosa di manifestamente cambiato. Indossava un minigonna cortissima, forse l’unico capo di abbigliamento osè, che, grazie alle sua magrezza potesse indossare con una certa grazia, e un top nero, dove per indovinare il seno sarebbe stato necessario riformulare la teoria dei corpi sferici. Si era tagliata i capelli, cortissimi, mettendo in luce il collo, agile e svettante come un pino marittimo e le due piccole, perfette orecchie, su cui rilucevano due minuscole perle nere. Salì in auto e si sedette. La corta gonna le si sollevò sino al pube, mettendo in mostra lo slip, bianco e traforato. Lei non provò neppure a coprirsi, anzi tirò su la gonna ancora di più. Per non stropicciarla – mi disse sorniona – tanto con te non corro nessun pericolo, visto l’effetto che ti faccio solitamente. Io non le risposi, guardavo il suo slip e i folti riccioli biondi che debordavano dall’elastico, produssero da qualche parte dentro di me lo stesso effetto di una forte scossa elettrica che si dipartiva dal mio ventre per giungere sino al mio cervello. – Be’ questa è una cosa che non conoscevi di me. I peli mi crescono soltanto sul pube e nelle ascelle. Guarda – disse – alzando le braccia. Le guardai le ascelle. Due incavi deliziosi coperti da lunghe e folte virgole di peli chiari, dai quali nonostante la distanza, mi giunse, inequivocabilmente, una tiepida e profumata fragranza. Inconsciamente avvicinai il mio viso sino a immergervi il naso. Lei premette l’ascella ed ebbe un sospiro. Poi, senza dire nulla, mi prese la testa e l’abbassò sul suo ventre. Divaricò leggermente le gambe. Mi chiese di annusarla. L’afrore che risaliva era talmente forte che ebbi un soprassalto, ma Adele premette dolcemente la mia testa impedendomi di sollevarla. No, no caro il mio amico del cuore – disse Adele – ora sei qui e qui resti. Ti piace l’odore della mia vagina eh! Pensa che mi sono appena masturbata proprio per te, non mi sono neanche lavata. Sollevò appena le natiche e sfilò gli slip. Li appoggiò al mio viso e premette piano, piano. Poi, mi disse di guardare. Un incredibile viluppo di peli dorati copriva la sua intimità nascondendola completamente al mio sguardo. Con le mani si fece largo in quel cespuglio e mise alla luce due piccole labbra rosa e increspate. Proseguì, inarcando le reni, in quel labirinto, sino mostrarmi nel suo incredibile splendore il grosso clitoride e le profondità della sua natura. Un piccolo buco nero con l’imene intatta. Dentro e intorno un liquido lattiginoso sciabordava condensandosi in piccole gocce che cadevano sul sedile dell’auto. Le sfiorai con le dita e le portai alla bocca. Se l’ambrosia è esistita – pensai – deve avere avuto questo sapore. Spalmai sulla sua bocca un po’ di quel nettare e Adele rovesciò gli occhi imploranti. Mi fermai. C’era troppa gente intorno. Lei mi disse di andare. Ho sempre desiderato masturbarmi ed avere un orgasmo in auto mentre qualcun altro sta guidando – aggiunse. Misi in moto e andai. Non riuscivo a credere fossi proprio io a sperimentare quell’incredibile capovolgimento di sensazioni. Adele intanto mollemente sdraiata sul sedile era intenta a regalarmi il più conturbante spettacolo che mi fosse mai stato dato di vedere. Se ne stava lì dimentica di ogni altra cosa con le labbra socchiuse e le gambe spalancate ad accarezzarsi lentamente, prima piano,piano, poi, via via sempre più forte, per fermarsi, e per poi ricominciare daccapo, senza soluzione di continuità. Il suo viso che ogni tanto guardavo, ora era bello, di una bellezza disincarnata. Avevo spesso osservato, nelle donne, una strana e inspiegabile trasformazione. Qualcosa, un’aura che muta, nelle varie fasi in cui la sensualità si esprime, fa si che un volto bello diventi brutto allo sguardo, mentre un volto magari meno bello si trasformi sino a diventare meraviglioso. Quello era il caso di Adele, sulle cui fattezze, evidentemente, l’abbandono permetteva la sublimazione dell’esteriore, modificandole in un tutt’uno, appunto, di disincarnata bellezza. Disincarnata, però, reale. Cercai di controllare la mia eccitazione, ormai al culmine e di limitarmi esclusivamente a bearmi del suo abbandono. Non cercai di toccarla, non dissi niente. Ascoltavo. Ascoltavo Adele fare l’amore con se stessa e parlare al suo corpo, il suo unico, solitario amante. Percorsa la sopraelevata, con voce rotta, mi chiese di fermarmi e io posteggiai l’auto nella piazzola antistante il casello dell’autostrada. Poi mi girai ad osservarla. Era bellissima. Ci voleva poca fantasia per immaginare la ragione della sua richiesta. Da un po’ la sentivo gemere. Stava raggiungendo l’acme del suo piacere. Voleva che la guardassi. Sollevò le anche e si mise a schizzare come una diga, premendo e rilasciando la vulva con le dita. Rilasciava la mano e spruzzava, la premeva, e impediva all’acqua di uscire. Innaffiò persino il parabrezza e il cruscotto. Poi lanciò un urlo, s’accasciò sul sedile e rilasciò ogni suo muscolo, la vidi quasi contrarsi. Sentii un leggero rumore, lieve, come un zampillio. Mi scappa, non riesco a trattenerla, scusami – mi disse. Le chiusi la bocca con la punta delle dita. Mi sentivo un imbecille. Cercavo di comprendere cosa mi fosse sfuggito. Sino a pochi minuti prima ero certo di non provare nulla per lei. Se non affetto e amicizia. E poi, era stato sufficiente che Adele si mostrasse sotto una luce diversa, seppur con grande malizia, e in un amen le mie certezze erano svanite come fumo. Anzi. Adele si ricompose, scrollò all’esterno il tappeto allagato, e allargò le braccia, con una simpatica e falsa espressione di pentimento sul viso. La bellezza ancora l’avvolgeva. Asciugammo alla belle e meglio e proseguimmo il nostro viaggio. Ho conosciuto Adele, al pub, circa tre mesi fa. Raramente mi era capitato di vedere un donna così nitidamente brutta. Ma, non ho mai conosciuto, una donna bella che potesse, neanche lontanamente, uguagliare,la bellezza disincarnata di Adele quando si abbandona. Inutile dire che ho perso…un amico.
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