Io e Donatella ci conosciamo da una vita, abbiamo quasi la stessa età, lei un anno di meno, e siamo cresciuti nello stesso paese. Da adolescenti capitava spesso che uscisse con la nostra compagnia, di invitarla alle feste, poi ci siamo persi di vista avendo preso ognuno la propria strada, lei all’università, io ho cambiato paese per questioni di lavoro, anche se ogni tanto mi capitava di passare a trovare i miei amici di un tempo.Proprio in una bella giornata di luglio in cui ero tornato al mio paese a fare un giro la incontrai in centro, bella come non mai. Donatella era sempre stata un ragazza molto carina, ma ora, a venticinque anni, era arrivata al culmine: mi chiesi come mai non facesse la modella o qualcosa del genere, non sfigurava certo al confronto con tante ragazze che si vedono in televisione, anzi. È abbastanza alta, sul metro e settanta, ha lunghi capelli scuri, lisci, la carnagione leggermente scura che la fa sembrare sempre abbronzata, in tutti i periodi dell’anno, dei bellissimi occhi marroni, le labbra carnose. Quel giorno era vestita in maniera sexy, cosa insolita in quanto non amava esibirsi, era piuttosto discreta: una canottierina rossa con un’ampia scollatura che rendeva giustizia al suo seno abbondante e perfetto, una quarta misura di reggiseno che non aveva certo bisogno dell’indumento nero di cui si scorgevano le spalline; i pantaloni erano lunghi e nascondevano purtroppo le sue belle gambe, tuttavia le aderivano addosso e il suo culo faceva capolino invitante.Come ho detto era molto tempo, forse alcuni anni, che non ci vedevamo e quell’incontro fortuito fu molto apprezzato da entrambi, ci salutammo molto calorosamente con un abbraccio e un bacio sulle guance. Ci scambiammo qualche notizia sulle nostre vite, lei ormai era alla fine dell’università, non le mancavano che un paio di esami abbastanza semplici e la tesi.Stava andando ad un appuntamento con alcune sue, le solite di quando eravamo ragazzi, ma mi invitò a prendere qualcosa in un bar e subito telefonò a una di loro dicendo che non sarebbe andata, o che perlomeno avrebbe fatto tardi.«Non ti dispiace vero se facciamo quattro chiacchiere?» mi chiese.«No, anzi Donatella. Ho proprio piacere di vederti» la rassicurai io mentre andavamo a sedersi in un tavolino all’aperto di un bar piuttosto tranquillo che dava sulla piazza principale del paese. Iniziammo a parlare della nostra gioventù fra quei bar e quelle strade, i ricordi affiorarono a ondate, uno dopo l’altro, intrecciandosi fra loro. Di tanto in tanto ci scambiavamo qualcosa delle nostre vite, di cosa ci era successo nel periodo in cui c’eravamo persi di vista. Le parlai anche di una storia che avevo avuto con una ragazza del paese dove mi ero trasferito, durata più di un anno ma poi finita male.«Ma hai la ragazza ora?» mi chiese Donatella a quel punto.«No, sono single. E tu?» feci di rimando.«Non me ne parlare! Ultimamente l’argomento uomini è il peggiore di cui potrei parlarti!» esclamò lei.«Scusami, se non ti va possiamo evitare benissimo la cosa».«Non preoccuparti, sono stata io la prima a chiederti. Negli ultimi periodi sono stata insieme a dei grandissimi bastardi che volevano fare solo sesso e lo facevano pure male. Mi hanno tradita, mentre continuavano a fare la bella faccia, facendo gli sdolcinati e sussurrandomi che mi amavano come nessuna altra donna al mondo. Dopo la solita recita via le mutande e di corsa letto!» mi confessò mentre gli occhi le brillavano pieni di lacrime.Le presi la mano e con la destra le carezzai la guancia, asciugando la lacrima che aveva iniziato a scendere: «Dai, non fare così. Sei bellissima, simpatica, intelligente: vedrai che si innamorerà di te anche l’uomo giusto»«Sì, ma non è possibile, finora ho trovato solo dei fottutissimi bastardi!» esclamò arrabbiandosi. Era sempre stata così, mi ero sorpreso a vederle piangere, di solito reagiva con la grinta di una tigre: ora la riconoscevo!«Non hai nemmeno idea allo squallore a cui mi ha ridotta l’ultimo. Ne ero perdutamente innamorata e lui ne ha approfittato con le sue perversioni sadomaso: borchie, manette, cinture, fruste, grossi vibratori. Godeva furiosamente in quella maniera e io, pur di farlo contento, ero disposta a tutto: iniziò con l’abbigliamento, un po’ dark. Poi fece pressione per ammanettarmi e poi scoparmi: fino a qui nulla di particolare, devo dire la verità che piaceva pure a me. Non passò molto perché rivelasse il suo gusto perverso nel vedermi gemere per il dolore: ecco allora i vibratori, me li ficcava in profondità, anche dietro, mi sculacciava e mi frustava, mi pizzicava ovunque, coprendomi di insulti e parole oscene. Le ultime volte è stato terribile: è arrivato a pisciarmi addosso, a costringermi di spalmarmi addosso i suoi escrementi, minacciandomi» un nuovo groppo alla gola la prese, mentre io ero diviso dalla pietà verso di lei, dalla tenerezza nei confronti di una mia cara amica e dall’eccitazione che mi prendeva a quelle parole.Quasi piangendo continuò rivelando il terribile segreto che la attanagliava: «Dieci giorni fa mi ha bendata, fatta vestire con tacchi a spillo altissimi, borchie e via dicendo. Ero nel mio appartamento in università e mi ha portato a casa sua, dove, tenendomi bendata, ha iniziato a scoparmi. Non ci è voluto molto per farmi capire che non era solo, ma con due suoi amici. Ho dovuto soddisfarli tutti, in tutto e per tutto, uno dopo l’altro dopo avermi tolto la benda perché vedessi cosa mi facevano. Mi hanno frustata, umiliata terribilmente, sono venuti su di me, mi hanno pisciato e cagato addosso, pretendendo che li leccassi ovunque» ed esplose in un pianto a dirotto. «Mi viene il voltastomaco solo a pensarci…» aggiunse singhiozzando disperata.Non tardò che un cameriere si avvicinò: «La signorina si sente male? Devo portarle qualcosa?».«No, grazie, non occorre. Ha solo bisogno di tranquillità…» risposi calmo, cercando di calmare anche lei.Dopo qualche minuto Donatella riuscì ad allontanare il ricordo così doloroso e si asciugò i begli occhi: «Scusami, non volevo. Non l’ho mai detto a nessuno, non so perché vengo a dire tutto a te. È che sei stato così gentile con me, così comprensivo come nessuno lo era più da tanto tempo».«Avevi bisogno di sfogarti, sono contento che tu ti fidi di me. Non stai meglio ora?» chiesi premuroso.«Sì, molto. Grazie» disse semplicemente baciandomi sulla guancia.«Ho davvero bisogno di un po’ di tranquillità, perché non andiamo a casa mia?» chiese.«Va bene, io non ho impegni, sono venuto a fare un giro» risposi io dimostrandomi completamente disponibile.Lei si piegò a prendere la borsa che aveva appoggiato per terra vicino alla sua sedia: in quel momento il bordo della sua canottiera scese rivelandomi le sue forme giunoniche. Potei esplorarle il suo bel seno abbondante ben oltre il bordo del reggiseno nero: all’istante quella visione, andando ad assommarsi alla mia precedente eccitazione, mi causò una erezione gigantesca.Lei, una volta rialzatasi, mi guarda e colse il mio turbamento, pur non capendone il motivo: «Cosa c’è, stai poco bene».«No, niente, stavo ripensando al tuo ex… Scusami, non volevo farti tornare quei ricordi!» mentii alzandomi e prendendolo sottobraccio e uscendo in strada.Casa sua mi aveva sempre affascinato, era particolarmente carina, e lei lo sapeva.«Com’è, ti piace ancora tanto?» fu la sua prima domanda appena varcata la soglia.Io mi guardai attorno, erano cambiate alcune cose ma non avevano fatto che migliorarne l’aspetto. «Sì, è sempre fantastica!» risposi pochi secondi dopo. «Cosa darei per far cambio col mio buco di appartamento»Lei rise, mentre appoggiava la borsa e mi invitava a sedermi sugli alti sgabelli del bancone della cucina. Prese dal frigo qualcosa da bere, era una giornata particolarmente calda e la sua casa, essendo molto esposta al sole, non era certo fresca. Riprendemmo a chiacchierare dei nostri progetti, di cosa aveva intenzione di fare dopo la laurea, dei nostri sogni, delle vacanze che avremo fatto di lì a poco. Poi, immancabilmente, tornammo a parlare del passato e della nostra adolescenza.«Ti ricordi in quanti ti facevano il filo allora? Credo che la maggioranza dei ragazzi che hanno da ventiquattro ai trent’anni abbiano desiderato mettersi con te».«Dai, non esagerare!» si schernì lei.«No, credimi, è proprio così. Molti non te l’avranno mai detto, però…».«Di veramente innamorati però ce n’erano gran pochi. Per molti era solo infatuazione, più ancora ci provavano sperando di divertirsi un po’ con me».«Così tu non hai mai accontentato nessuno!» sottolineai: Donatella si era fatta la fama di una ragazza difficilissima da conquistare nel corso degli anni, si contavano sulle dita di una mano i ragazzi del paese che avevano avuto una storia più o meno lunga con lei.«Non è vero! Ho avuto le mie storie da ragazzina, magari non tutte qui in paese. Poi mi dispiaceva da morire dire di no a certi, che erano così cari, qualcuno davvero timido e si vedeva che sforzo facevano a confessarmi il loro amore».«Ah, una rubacuori dal cuore tenero» commentai ironicamente.«Dai, non fare il deficiente!» rise lei divertita. «Mi fai sentire in imbarazzo. Poi uno almeno non l’ho mai nemmeno scalfito».«Ah sì, e chi?» chiesi incuriosito.«Ma tu, stupido!» disse lei ridendo. Sì, in effetti era vero, non c’avevo mai provato e nemmeno mai ci avevo fatto un pensiero, seppure la sua bellezza e la sua avvenenza mi avesse sempre colpito.«Be’, perché non sai i miei pensieri segreti. Di certo mi sarebbe piaciuto mettermi insieme a te» confessai candidamente.«Però mi sei sempre stato amico» ribadì lei.«Ho cercato di fare del mio meglio».«Io ti ho sempre apprezzato molto per questo. Qualcuno ha sempre detto di essere mio amico, ma alla fine sperava sempre che nascesse qualcosa».«E chi questo?».«Roberto!» rispose di botto.«Ma non ci stavi insieme?» chiesi io stupito, avevo sempre creduto che avessero una storia.«No, sembrava fosse il mio più fedele amico, poi un giorno mi ha confessato il suo amore e poi ha continuato a provarci. Allungava spesso le mani, anche…» confessò.«Be’, aveva due belle motivazioni» dissi io con un allusione al suo seno che aveva attratto più di un ragazzo.«Stronzo!» mi rispose con uno schiaffo sulla gamba.«Se trovo uno che dice che sono brutte, o è gay o è cieco» risposi.«Un complimento un po’ particolare» ribatté lei fingendosi piccata.«Ma levami una curiosità dopo tanti anni, anche se è un po’ indiscreta» iniziai e subito lei mi interruppe: «Vedrò cosa posso fare, tanto oggi mi sembra siamo in vena di confidenza. Poi casomai ti confiderai anche tu, ok?».«Va bene, mi sembra equo» accettai il patto.«Ma chi è stato il primo fortunato a toccarti le tette?».«Fantasia tipicamente maschile… Ale, naturalmente» rispose subito, senza falsi pudori.«Ale chi?» risposi io non ricordando questo ragazzo.«Ma Alessandro, no? Ero insieme a lui quando avevo quindici anni».«È vero, ora mi ricordo di lui!».«C’ha messo un po’ a convincermi, molti baci e molti regalini. Che tenero era! Quando mi ha messo le mani sotto il reggiseno per la prima volta si vedeva che era agitato, praticamente fuori di sé dalla gioia. Non so se ti ricordi, ma allora era già ben carozzata» disse scherzando. «Avevo una terza abbondante» riprese quasi a ribadire quel concetto.«A te è piaciuto?» la cosa mi incuriosiva.«Sono venuta» spiegò lei sinteticamente con un sorriso.«E per te chi è stata la prima a farsi toccare le tette?» chiese lei a sua volta.Io risi: «Non ci crederai mai, né il luogo né tanto meno la persona».«Non vorrai dirmi che è stata…?» chiese lei incredula.«Sì, proprio lei, quando avevo diciassette anni. Al tuo compleanno…» ammisi leggermente imbarazzato. Era la prima volta che lo raccontavo, questa ragazza era la migliore amica di Donatella, non bella come lei purtroppo, e in più mi vergognavo per aver iniziato tardi.«Cosa?!?!» chiese lei con grandissimo stupore. «Non ci posso credere!! Non me l’ha nemmeno mai raccontato. Sapevo che ti moriva dietro, però non pensavo fosse arrivata a tanto. Tu nemmeno la cagavi!».«Sì, lo so. Sai che non mi è mai piaciuta, ho provato a farglielo capire in tutti i modi, ma non c’era verso. Quella sera abbiamo bevuto molto tutti quanti, noi due compresi, e quando ci siamo ritrovati solo, fatti due passi, ci sono cascato. È stato così, quasi improvviso, ero seduto dietro di lei, con le mani sotto il suo reggiseno che le carezzavo i capezzoli».«Ma dai, questa non l’avrei mai immaginata» poi si fermò un attimo a pensare. «Come tu non immagineresti mai dove e con chi ho perso la verginità».«Non mi dire, sempre nella solita casa di montagna dove festeggiavamo i tuoi compleanni!» feci io.«Esatto. Era la notte dei miei diciotto anni, grande festa, come al solito. Roberto si era già dichiarato, c’aveva provato parecchie volte e ormai sembrava rassegnato. Me lo sono trovato davanti, ad un certo punto, con i suoi occhioni tristi, sembrava un cane bastonato. Mi disse: “Donatella, ti amo, non posso vivere senza di te”. Erano quasi via tutti, quelli che c’erano erano o a letto ubriachi fradici, o da basso che continuavano a bere. Salii in camera, chiusi a chiave e facemmo l’amore».«Ma se avevi detto…??» chiesi stupito: non riuscivo a credere alle mie orecchie.«Lo so, fu l’impeto di una notte, la voglia di festeggiare i miei diciotto anni in grande stile. In quel momento era la sola cosa che desideravo, pensavo che forse mi sarei pure innamorata di lui. Comunque quella notte fu fantastica, pur essendo la prima volta per entrambi godemmo a non finire. Ci baciammo e toccammo dappertutto, con ardore: furono ore di fuoco, fin quasi a mattina. Ci addormentammo esausti, nudi, abbracciati. Quando mi svegliai lo guardai per un po’: magrolino, non molto bello, accoccolato su stesso non era per niente bello, pensai a cos’era successo e mi prese una gran rabbia, iniziai a piangere. Mi calmai un po’ e stavo decidendo sul da farsi, mentre lui si svegliava e mi cercava, il cazzo già duro fra le gambe. Voleva solo una cosa da me, l’aveva avuto per primo ed era più che abbastanza. Lo evitai in tutti i modi e finalmente mi lasciò in pace. Vissi quindici giorni di terrore: l’avevamo fatto senza precauzioni e avrei potuto restare incinta. Le mestruazioni mi arrivarono con due giorni di ritardo, due giorni di angoscia, fu una liberazione quando mi vennero…» concluse.Io ero stupito come non mai, proprio non me l’aspettavo: «E pensare che c’ero anch’io a quella festa, proprio non avrei mai immaginato che fosse andata a finire così».«Davvero c’eri anche tu? Proprio non mi ricordo di te…» fece lei dubbiosa.«Sì, eccome che c’ero» confermai.«Dovrei anche avere le foto di quella volta, vieni che te la faccio vedere. E così controllo se c’eri davvero!» disse lei, ancora non del tutto sicuro che fossi stato presente anch’io. Salimmo in camera sua e andai a sedermi sul comodo divanetto proprio di fronte al suo letto, mentre lei frugava fra i vari album di fotografie che facevano bella mostra sullo scaffale.«Eccolo qui!» esclamò venendo a sedersi al mio fianco. Passarono rapidamente le pagine del campo scout, qualche foto in montagna e infine quelle del suo compleanno. C’erano anche delle foto di gruppo, con tutta la compagnia al gran completo.«Ah, sì, eccoti qua! Proprio non mi ricordavo…» si vide costretta ad ammettere a quel punto. Svoltò poi pagina: c’erano alcune foto di lei e una sua amica bionda, prosperosa ma bruttina, che prendevano il sole su di un prato in mutandine e reggiseno.«Però, niente male nemmeno queste foto!» scherzai.«Ti piacerebbe un paio di diciottenni in deshabillé tutte per te, no?» stette al gioco lei dandomi una lieve gomitatina sulle costole.«Se sono disposte a qualche giochetto particolare sì!» continuai su quel tono.«Hai mai fatto qualcosa a tre?» mi chiese Donatella mentre sbirciavo il suo fisico mozzafiato nelle foto. Qualcuno era proprio venuta bene, le si vedeva una bella porzione del suo seno.«No, mi sono sempre limitato a farlo nella maniera tradizionale. Però dove confessarti che mi piacerebbe provare l’emozione di farlo con due donne contemporaneamente, dev’essere qualcosa di straordinario».«Sì, è vero» confermò lei.«Hai provato tu?».«No, due donne e un uomo no, ma due uomini tutti per me sì» disse sorridendo. «Credo di non aver mai goduto tanto in vita mia» mi disse appoggiandomi la mano al braccio quasi a dare maggiore veridicità a quello che sosteneva.«Ti troveresti a disagio a letto nuda con un’altra donna altrettanto nuda, per condividere lo stesso uomo?».«No, a dire la verità no perché…» sembrava volermi dare la spiegazione ma si interruppe all’improvviso, incerta. Io colsi qualcosa in quell’incertezza e, dato che ormai eravamo in clima di confidenze piuttosto intime, provai a buttar lì il mio pensiero di quel momento: «Non vorrai dirmi che hai fatto sesso con un’altra ragazza?»Donatella abbassò gli occhi arrossendo per la vergogna, forse ero stato anch’io un po’ troppo tradizionalista nel tono dell’ultima domanda.«Non ci sarebbe niente di strano, è che sto cercando di capire con chi potresti averlo fatto…».«Guarda, me ne vergogno da morire… Però non riuscivo farne a meno, lo facevamo ogni volta che ne avevamo l’occasione, quando eravamo a casa da sole: abbiamo cominciato a tredici anni, quasi per scherzo, facendoci un ditalino a vicenda. Solo verso i quindici anni abbiamo smesso, anche se ogni tanto lo facevamo pure dopo».A me venne un lampo: sicuramente lo faceva con la sua migliore amica, quella a cui al suo compleanno avevo toccato le tette, a diciassette anni. «Non sarà per caso stata…?».«Sì, proprio lei. Eravamo legatissime, sembrava non riuscissimo vivere l’una senza l’altra, era immancabile che finissimo per sperimentare insieme certe cose. Mi ricordo l’ultima volta che l’abbiamo fatto insieme, è stato quando avevo vent’anni, lei doveva partire per un lungo soggiorno all’estero. Ci siamo salutate e abbiamo deciso di festeggiare a modo nostro, come non facevamo da un paio d’anni. Non eravamo più quelle ragazzine timide che si esploravano a vicenda il corpo con timore, ormai eravamo entrambe ragazze smaliziate: fu una notte di sesso infuocato… Da allora non l’ho più rivista, è sempre in giro per il mondo a fare vari lavori, torna pochissimi giorni l’anno».Anch’io non vedevo da anni questa ragazza, mi sarebbe piaciuto incontrarla di nuovo, se non altro perché avevamo passato insieme la nostra adolescenza, un po’ come con Donatella e tanti altri amici.Ormai s’era fatto tardi, non passò molto tempo prima che ci salutammo, col proposito di incontrarci ancora, anche se entrambi sapevamo che era cosa assai difficile per i nostri impegni. Me ne andai pensando: “Cavolo che bella ragazza, beato chi se la sposa”.In effetti avevo sempre provato una punta di invidia per chi aveva avuto la fortuna di possedere quel corpo statuario, perfetto, anche se non me n’ero mai fatto un cruccio.Il giorno dopo, lunedì, tornai alle mie occupazioni di programmatore, pur dagli orari piuttosto elastici. Potevo insomma andare in ufficio quando volevo, basta che terminassi il lavoro assegnatomi entro il termine previsto. A volte capitava di dover lavorare anche dieci ore al giorno per riuscire a consegnare il progetto in tempo, ma il più delle volte riuscivo a giostrarmi in maniera da avere più tempo libero, cosicché riuscii a ricavarmi un’altra giornata una decina di giorni dopo per tornare al mio paese: a causa dell’incontro con Donatella non ero passato a salutare tanti amici e conoscenti, rivedere tanti luoghi amati.Erano le dieci della mattina del giorno di mercato così, dopo le consuete difficoltà per trovare parcheggio, ne approfittai per fare un giretto fra le bancarelle che vendevano gli articoli più vari. Neanche a farlo apposta, dopo una decina di minuti, incontrai Donatella: ci salutammo scherzando su quel secondo incontro fortuito.Fui ancora una volta stupito dal suo abbigliamento audace: un paio di short che più corti non si poteva, una camicetta leggera e semitrasparente annodata appena sopra l’ombelico che lasciava scoperto per qualche centimetro il suo ventre piatto e che permetteva di vedere abbastanza chiaramente il reggiseno bianco dalle coppe in pizzo che indossava sotto. Un’inebriante quanto delicato profumo l’avvolgeva, rendendola decisamente irresistibile. Mi chiesi se anch’io, che da ragazzo ero riuscito a scampare al suo fascino, non stessi ora per cadere di fronte a lei.«Che ne dici, vieni a mangiare a casa mia oggi?» mi chiese a bruciapelo.«Ma, non saprei…» risposi io titubante.«Dai, sono a casa da sola» mi incoraggiò ammiccando e sorridendo.A quel punto mi sentii sciogliere per l’eccitazione, mentre la mia resistenza si faceva più debole tanto che non ci volle molta opera di convinzione da parte sua per farmi accettare. Finì che l’accompagnai fra i vari banchi per tutta la mattina, consigliandola più volte e continuando ad ammirarla di sottecchi.Vedevo tanti uomini girarsi verso Donatella che, dopo averla squadrata per bene, mi lanciavano uno sguardo d’invidia. Ah, se avessero saputo che ero solamente un vecchio amico e non il fidanzato o l’amante come pensavano! Dovevo anch’io accontentarmi di ammirare il suo corpo che il suo abbigliamento mostrava generosamente.Presto le campane del paese batterono le dodici, passammo un attimo dal fruttivendolo per acquistare qualcosa di contorno e poi salimmo a casa sua. S’affrettò a mettere l’acqua sul fuoco e a preparare qualcosa di secondo, scusandosi con me perché non ne sarebbe senz’altro venuto fuori chissà che pranzo.«Non importa di certo, non pretendevo chissà che prelibatezze!» la rassicurai.Ci sedemmo sugli sgabelloni del bancone della cucina e, mentre lei pelava le patate, io le affettavo e le riponevo nella terrina. Ad un certo punto lo sguardo mi cadde fra le sue cosce, sul suo inguine coperto dagli ridottissimi short. Strabuzzai gli occhi: dal bordo, nella posizione in cui era, spuntavano degli eccitantissimi peletti neri. Ebbi un vuoto al cuore che poi prese a battere all’impazzata, le mani e tutto il resto del corpo mi si immobilizzarono: non mi era mai successo, nemmeno al mare, di vedere a una ragazza i peli dell’inguine spuntare da sotto i pantaloncini o il costume.Donatella alzò lo sguardo e, vedendo imbambolato, mi chiese: «Cosa hai? Stai poco bene?».«No, no, scusami, mi è solo venuto in mente un grosso problema di lavoro» impiantai lì all’improvviso, avviando la discussione su quell’argomento che non mi era poi così gradito.Mangiammo chiacchierando allegramente come la volta precedente, scambiandoci idee, sogni, frammenti del nostro passato. Ogni tanto infilavo gli occhi nella scollatura di Donatella, quando si piegava arrivando in un paio di occasione a vederle anche il reggiseno bianco.Pranzando venne fuori che lei aveva un impegno nel primissimo pomeriggio, così, per evitare figuracce, appena dopo il caffè accampai anch’io quella scusa per andarmene. Passai a salutare qualche amico fra i più cari, con i quali ero rimasto in contatto, poi, nel tardo pomeriggio, mi recai in uno dei posti che amavo di più, una frazione un po’ fuori mano dalla quale però si godeva un panorama stupendo.Scattai anche qualche foto, da anni mi riponevo di farlo, di lì ero passato centinaia di volte ma, cosa curiosa, mai nemmeno una fotografia. Il caldo e l’umidità presto si fecero sentire, per cui entrai nel vicino bar per una bibita fresca: una signora sui quarantacinque anni, ma ancora piacente, me la servì e, proprio mentre stavo per andarmi a sedere un tavolino a sfogliare il giornale, la porta si aprì.Entrò una ragazza sulla mia età, veramente carina, una biondina sul metro e settanta dal fisico snello e agile. «Ciao mamma, sono arrivata».La voce mi fece tornare alla mente qualche vago ricordo, stentavo a riconoscerla, ma era proprio lei, una mia ex compagna di classe. Fra l’altro anni fa quello era il bar gestito dalla madre, per cui non potevo sbagliarmi: «Ciao Daiana».Lei, che già mi aveva lanciato prima un rapido sguardo con il quale sembrava chiedersi chi fossi e, se non mi ero sbagliata, aveva avuto l’impressione di conoscermi.«Ma ciao!» disse venendomi incontro dimostrando di avermi riconosciuto. «Da quanto tempo non ci vediamo! Saranno almeno sei o sette anni!».«Sì, è vero. Come va la vita, tutto bene?».«Abbastanza, dai. Faccio la segretaria nel paese qui vicino, mi trovo bene e tu?».«Sai che non abito più qui, ora vivo in città, faccio il programmatore».«Sei sempre stato un piccolo genio» scherzò lei. Si, in effetti un tempo avevo ottimi risultati a scuola che però andarono via via peggiorando.«Sì, però questa benedetta laurea non l’ho mica presa! No, dai, comunque tutto ok anche per me».«Come mai da queste parti?».«Avevo voglia di rivedere i vecchi amici, poi ne ho approfittato per venire in questi posti dove non passo da anni».«Ti andrebbe di fare un giretto? Magari andiamo a mangiare da qualche parte qui in paese».Ecco, c’eravamo, era la seconda volta che mi capitava in quel giorno, la terza contando quella di dieci giorni prima con Donatella. Ritrovi una vecchia amica, valanga di ricordi, cosa fai ora, dove vorresti arrivare eccetera eccetera. Sinceramente ne avevo abbastanza per quel giorno, anche perché dal comportamento di Donatella, di solito così pudico e riservato, mi aspettavo qualcosa di più: una scopatina in ricordo dei vecchi tempi mi sembrava quello che anche lei aveva in mente. Invece probabilmente si era solo fatta più disinibita nel modo di fare e nel vestire. Che bomba era!Non riuscii ad accampare nessuna scusa accettabile in quella frazione di secondo, così mi vidi costretto ad accettare: «Io non ho impegni, vivo da solo, per cui mi va benissimo».Prese anche lei qualcosa da bere e ci sedemmo al tavolino insieme, chiacchierando allegramente del più e del meno. Non passò molto che decidemmo di andare, Daiana disse alla madre: «Mamma, vado a fare un giro con lui, mi fermo anche a cena. Poi non faremo molto tardi».Salimmo sulla mia macchina per arrivare in un posto un po’ fuori mano, un bosco in cima alla collina dove facemmo due passati, parlando delle solite cose: il passato da compagni di classe, qualche aneddoto, i programmi per le vacanze ormai imminenti, qualche episodio divertente negli anni in c’eravamo persi di vista.Nonostante tutto mi stavo divertendo, la compagnia di Daiana, così esuberante ed estroversa, era molto piacevole ed iniziai a prendere gusto anch’io in quella conversazione, alla quale fino a quel momento avevo dato il contributo strettamente necessario per non apparire maleducato.«Ma tu allora lavori come segretaria ora…».«Sì, sono la segretaria del direttore alla produzione» rispose con modestia, senza darsi tante arie per la buona posizione ottenuta. Che fosse arrivata a tanto mi sorprese un po’, dal momento che, dopo qualche tentativo, aveva abbondato gli studi superiori ed era perciò priva di titoli di studio. “Avrà una predisposizione per il suo lavoro” pensai.«Però, niente male come posto, complimenti» risposi io ben sapendo che quell’industria in cui lavorava era una delle maggiori della zona.«Non è merito mio, almeno non delle mie capacità. A dire la verità il lavoro non è poi così difficile, lo saprebbe fare qualsiasi segretaria con un po’ di pratica. Ecco, per arrivarci bisogna avere i giusti agganci e alcune doti».Non mi erano mai piaciuti gli arrivisti, però devo confessare che Daiana mi è sempre stata simpatica, aldilà che fosse una ragazza molto carina.«Cioè?» chiese ingenuamente senza capire ciò che voleva dire.«Bisogna essere carini con le persone giuste, e io lo sono stata» disse con un mezzo sorriso. Io la guardai stupefatto: proprio non ero mai riuscito a capire come certe ragazze, pur di far carriera, s’abbassare ad andare a letto con il principale o qualche pezzo grosso.«Sì, proprio così» confermò vedendomi alquanto perfetto. «Basta vestirsi in maniera un po’ sexy le prime volte, rendersi disponibili e presto l’offerta scatta, più o meno muta: un aumento, una promozione, ferie aggiuntive in cambio di un po’ di tempo nello stesso letto».Cercai di mettere da parte i miei principi morali e non mostrarmi chiuso, per porle alcune domande: «Ma con quanti sei finita a letto per arrivare ad avere quel posto?».«Tre, quattro, non ricordo bene. Quanti instauri una relazione col dirigente più alto non hai più bisogno di concederti agli altri. Il tutto sta nel riuscire ad avvicinarlo e proporgli qualche giochetto. Dov’ero prima è stata molto più dura, ho dovuto darla a sette o otto persone e un po’ s’era sparsa la voce. Capitavano addirittura degli operai che ci provavano o mi facevano delle offerte, come se fossi una qualsiasi puttana! Poi c’era anche il direttore generale che iniziava a pretendere un po’ troppo, voleva che gliela dessi con una certa regolarità, anche a casa sua…».«Ma il tuo attuale direttore non ha queste pretese?» chiesi anche un pochettino incuriosito dalla faccenda. Mi era capitato di lavorare con parecchie donne che avevano fatto carriera a furia di scopate, ma mai lo avevano ammesso tanto candidamente ed erano disposte a parlarne.«Abbiamo un accordo: una volta al mese gli dedico una mattinata nel suo ufficio. Poi è un bell’uomo, sulla quarantina, molto piacente e anche un gran scopatore» disse ridendo.«Godi a farti scopare da lui?».«Sì, parecchio. Facciamo sesso in maniera sfrenata, mi ci vuole proprio fra l’altro» disse come se fosse anche una sua esigenza. Avevo sempre notato in Daiana quest’aspetto diciamo di libertino, a scuola fra maschi se ne parlava, il suo cognome si prestava anche a facile rime in materia, però solo i ragazzi più grandi di noi, e per lo più non della nostra scuola, avevano avuto fortuna con lei. Ogni tanto uno o l’altro la sorprendeva in giro in compagnia di qualche fusto, anche dei paesi intorno, qualcuno addirittura sulla trentina.«Che ne dici se andiamo a mangiare ora? A me è venuta fame» proposi dal momento che erano le sette.«Ci sto! Anch’io ho un certo appetito. Ti porto io in una trattoria non molto distante» e mi guidò verso un locale fuori mano, uno di quelli dove non si mangiano raffinatezze ma senz’altro si fa un ottimo pasto fra pasta fatta in casa e selvaggina spendendo quasi nulla.Daiana mangiava con una certa voracità, si vedeva che gradiva particolarmente quei piatti. Chissà dove li metteva tutte quelle calorie, pensai dal momento che aveva un fisico da far invidia a una modella: non era altissima però essendo magra senza un filo di grasso addosso sembrava più slanciata, i seni non erano grandissimi, anzi, ma assolutamente proporzionati al suo corpo e a loro si incollava perfettamente la sua maglia aderentissima dal collo alto, le lunghe gambe spuntavano dalla svolazzante gonna che le arrivava poco sopra il ginocchio. Sotto la maglia traspariva chiaramente la sagoma del reggiseno: chissà se succedeva mai che la indossasse senza l’indumento! Si sarebbero visti alla perfezione i capezzoli: non sarebbe stato male ammirarla così.La conversazione era molto allegra, anche perché la cena era annaffiata da qualche bicchiere di ottimo vino nero di produzione della trattoria, che aspirava a diventare presto un agriturismo, soprattutto per ottenere la riduzione delle imposte fiscali (questo me lo spiegò Daiana, che, nonostante avesse fatto carriera per la sua avvenenza, qualcosa in materia fiscale l’aveva senz’altro imparato). Dopo l’immancabile caffè tornammo a fare due passi per digerire un po’ e, fra quei boschi sui quali stavano distendendosi le tenebre, finì che perdemmo per un po’ l’orientamento. Daiana non era per nulla preoccupata, anzi, prese a scherzare sull’accaduto mentre qualsiasi altra ragazza avrebbe preso un gran spavento oppure se la sarebbe presa col suo accompagnatore. Arrivammo alla macchina che erano passate due ore dalla fine della nostra cena, ormai più che digerita, tutti accaldati e stanchi.«Mi ci vorrebbe proprio un bel bagno fresco ora» confessai, già sognandolo. Invece avevo davanti un’ora di strada quasi prima di arrivare a casa mia.«Anche a me: perché non andiamo a farlo?» propose lei. Io rimasi stupito: dove si poteva fare il bagno lì? Laghetti nemmeno a parlarne, il torrente non aveva certamente posti dove si potesse arrivare a fare il bagno…«Ma dove?» chiesi io.«Sotto la briglia alta. Non ci sei mai stato?» rispose lei con sicurezza.«No, ma c’è acqua a sufficienza?» in effetti in quel posto c’era un piccola pozza.«Sì, negli ultimi giorni ha fatto un paio di acquazzoni, c’è una bella pozza, l’ho vista oggi passando. Io ci andavo spesso una volta, ora un po’ meno. Ti andrebbe?».«Eccome!» dissi mentre avviavo la macchina in quella direzione. Era ormai buio da un po’, ma riuscimmo a scendere alla pozza superati parecchi metri di dislivello dalla strada in mezzo a un bosco. A dire la verità fino laggiù non c’ero mai arrivato, avevo visto la briglia solo da sopra, qualche decina di metri più in alto da dove cadeva un rivoletto di acqua. Avevamo portato con noi un asciugamano di fortuna, un telo trovato nella mia macchina, per asciugarsi appena usciti e non buscarci qualcosa: era sì caldo, ma era meglio non rischiare, poi infilarsi i vestiti sul corpo bagnato è una tragedia.Daiana prese subito a spogliarsi con decisione mentre io mi sbottonavo lentamente la camicia, ammirandola: in un sol gesto si sfilò la maglia restando in reggiseno. Chissà se avrebbe tolto anche quello, pensai mentre si calava anche la gonna e la metteva da parte.«Dai, sbrigati!» mi disse scendendo in acqua fra i sassi. «È deliziosa».Io restai con i soli boxer addosso e mi calai in acqua come lei, anche se con minor decisione, d’altra parte sapevo appena stare a galla. Era veramente una sensazione deliziosa come diceva lei, il giusto refrigerio dopo quel giorno di calore estivo e sole a picco. Sguazzammo per un po’, schizzandoci l’acqua addosso, ridendo e scherzando come due giovani foche in vena di giochi, fino a quando l’abbrancai fra le mie braccia.«Dai, lasciami andare» provò a supplicarmi vedendo che ogni tentativo di fuga era vano.«No, sei mia prigioniera ora».«Ti prego» insistette con tono imbronciato.«No, dovrai pagare pegno» dissi io, che avevo in mente qualche giochetto interessante per me. Vista la sua disponibilità in campo sessuale, di cui si favoleggiava da anni in paese, e il mio crescente desiderio, accesomi dalla visione delle grazie di Donatella e ora amplificato dai giochi acquatici con Daiana, avevo deciso di provarci, immaginando che ne venisse fuori sicuramente qualcosa se proprio non finivamo a scopare.Daiana però mi scombussolò tutti i piani stampandomi a quel punto un bacio sulla bocca. Allentai le presa e ricambiai quel bacio: in un attimo stavamo baciandoci furiosamente in mezzo all’acqua. Lei riuscì a divincolarsi dopo un po’ e io temetti il suo fosse solo stato un espediente per liberarsi e per prendermi in giro. Infatti fuori dall’acqua prese ad asciugarsi rapidamente col telo senza proferire una parola e, a causa del buio, io non riuscivo a cogliere la sua espressione.Mi asciugai, poi lei mi passò i vestiti e mi prese per mano, guidandomi così, seminudo con le sole scarpe addosso, a un vecchio edificio non lontano da lì, appena un centinaio di metri.«L’hanno restaurato non molto tempo fa, ma tengono le chiavi sempre nello stesso posto» mi disse lei mentre allungava la mano dietro a grande sasso appoggiato al muro della casa. Infilò le chiavi nella toppa e aprì la porta: appena dentro accese la luce e la piccola stanza fu illuminata.«Come fai a conoscere questo posto e sapere dove sono le chiavi?» chiese curioso mentre l’ammiravo alla luce, vestita della sola biancheria fradicia.«A quindici anni scopavo col proprietario. Allora era un bel ragazzo di poco più di vent’anni. Facevamo spesso il bagno, poi venivamo qui a dar sfogo ai nostri istinti. Quando ci siamo lasciati io ho continuato a venirci di nascosto per fare l’amore, non ha mai spostato le chiavi da quel posto. Non immagina neppure che vengo qui».Mi guardai attorno: non c’era molto spazio ma era molto carina, una vecchia stufa da una parte, un bel camino di quelli di una volta su una parete, su quella opposta era addossata una tavola, sull’altra un divanetto a due posti. La porta vicino al camino dava sulle scale che portavano di sopra, probabilmente alle camere.«Be’, io direi di toglierci queste cose fradice» disse Daiana portandosi le mani dietro la schiena e slacciandosi il reggiseno, una seconda misura che forse un po’ faticava a contenere i suoi seni che in un attimo furono nudi. Erano bellissimi, alti e tondi, con dei piccoli capezzoli chiari all’infuori per il contatto con l’acqua fresca. Quei seni non erano certo grandi, avrei potuti tenerli completamente nella mano, ma erano senz’altro meravigliosi.Si sfilò poi le mutandine, mettendo in mostra il rado triangolo di peletti castani ben curati, avrei voluto inginocchiarmi ai suoi piedi e baciarla là, a lungo, ma lei venne incontro infilandomi la lingua fra le labbra e le mani sotto i boxer, circondandomi i glutei. Mi massaggiò a lungo il culo e io la imitai con un brivido al tocco delle sue rotondità sode. Che culo aveva!Presto le sue mani fecero scendere sui fianchi i miei boxer fradici, poi si staccò da me sfilandomeli del tutto e osservando da vicino la mia erezione.«Niente male» commentò sfiorandola con le punta delle dita.«Controlliamo abbia anche un buon sapore» disse aprendo le labbra e iniziando a spompinarmi come nessuna aveva mai fatto: era una vera e propria amante del sesso, me ne accorsi con certezza solo allora.Io le carezzai i capelli di un bel biondo scuro, scesi sulle guance in movimento godendo del contatto con la sua pelle liscia, le massaggiai dolcemente le spalle. Lei si staccò, altrimenti io le sarei venuto in bocca perché non avevo certo né la forza né la voglia di privarmi di quel pompino fantastico, e mi chiese a bruciapelo: «Ti andrebbe di incularmi?».Io ormai non mi stupivo più di nulla, come avrei potuto farlo a quel punto. Sussurrai un sì fra le labbra, mentre lei si distendeva alla pecorina sul divanetto, tenendo il culo ben alto. Mi inginocchiai dietro di lei ed ebbi uno scrupolo di coscienza: «Sei sicura?».«Sì, non preoccuparti, non mi farai male. Per diventare segretaria del direttore alla produzione devi prenderne di cazzi in culo! Poi anche a lui piace sodomizzarmi».Tranquillizzato più che scandalizzato presi spingere delicatamente, puntando il glande al suo culo perfetto: non mi sembrava vero! Lo sentii cedere delicatamente e in men che non si dica fui in lei, senza alcuna difficoltà: era veramente aperta dietro!Mi mossi comunque con delicatezza fra i suoi mugolii di piacere, appoggiando le mani alle spalle. Non ci volle molto perché scendessi a stringerle i piccoli seni, sodi e compatti, e a titillarle i capezzoli chiari.«Sì, vieni maschione, rompimi il culo, godo!!» usava un linguaggio oltremodo scurrile mentre muoveva anche lei i fianchi sotto di me. Immaginai che fosse un particolare dovuto al rapporto con i superiori mentre cominciava a urlare: «Godo, sì, sto venendo, continua così, non fermarti bastarda, spaccami in due!».Io, eccitato da quelle parole, aumentai il ritmo e non passarono che pochi secondi che lei emise un gemito acuto, più forte degli altri e prese ad ansimare rocamente. Capii che era venuta sul serio, non stava affatto fingendo: avevo imparato a distinguere un orgasmo simulato da uno vero. Eccitato oltremodo da quella situazione e dal suo orgasmo venni anch’io, riversando in lei copiosi fiotti di sperma. Ci abbandonammo uno sull’altra riprendendo rapidamente fiato e, prima ancora di uscire da lei, andai a passarle una mano sulle labbra della vagina trovandole fradice di succhi.«Ma allora ti è piaciuto sul serio. Sei bagnata».Lei mi baciò. «Si, grazie, è stato straordinario. Non so perché, stasera avevo una voglia matta di essere sodomizzata, grazie».Mi baciò di nuovo e riprendemmo a limonare come due adolescenti, mentre le nostre mani esploravano i nostri corpi, ancora così sconosciuti. Non passarono molti minuti che lei mi propose: «Perché ora non dai una visitina alla mia fighetta? Puoi farlo anche subito, tanto prendo la pillola…» mi disse mordicchiandomi dolcemente il lobo dell’orecchio.Il mio pene non era ancora completamente eretto ma non ci volle molto perché fossi in grado di prenderla nuovamente: era così eccitante avere fra le braccia il suo corpo nudo, perfetto, che tante volte avevo ammirato fra i banchi di scuola coperto dai vestiti. Ricordavo perfettamente come mi attiravano le sue gambe quando indossava delle gonne oppure la sua scollatura: ora l’aveva appena inculata facendola venire e mi apprestavo a scoparla di nuovo.La mia mano andò a carezzarla proprio là, fra le gambe, sfiorando col palmo i suoi serici peli pubici, un dito poi s’infilò fra le labbra e prese a sditalinarla. Daiana mi guardò sorridendo, contenta di quelle attenzioni tanto che era già bagnata nuovamente, forse anche perché quella sera era parecchio vogliosa.Le sue dita delicate strinsero il mio cazzo e, con sapienti tocchi, lo portarono in breve alla piena erezione mente le nostre lingua si intrecciavano ancora. Ero combattuto dal piacere che mi dava baciarla così appassionatamente e il desiderio di tuffarmi fra i suoi seni e leccarli dappertutto. Dopo un po’ riuscii a staccarmi dalle sue labbra e a scendere lentamente sul suo corpo, stringendo fra le mani entrambi i seni e smettendo di masturbarla. Presi a leccarla un po’ dappertutto, evitando accuratamente i capezzoli che in un attimo furono comunque di nuovo due dure punte che anelavano il tocco della mia lingua. Solo dopo averla fatta attendere a lungo e quasi invocare di essere leccata là, glielo concessi: succhiai e leccai i capezzoli per un po’, fin quando i primi gemiti non uscirono dalle sue labbraNon fui io a staccarmi, ero deciso a continuare molto più a lungo, ma lei a sfuggirmi da sotto e scavalcare con una gamba la mia coscia. La lasciai fare perché il divano era stretto e non permetteva grandi movimenti: avremo potuto cadere da un momento all’altro, soprattutto se si fossimo divincolati parecchio.«Sarò io a cavalcarti questa volta» mi disse Daiana mentre si sedeva a gambe aperte sulle mie cosce mostrandomi tutto. Si abbassò a baciare rapidamente il pene sul glande umido, poi si allargò la micetta con le dita di un mano mentre con l’altra mi guidava dentro di sé. Dopo essersi fatta sottomettere ai miei desideri in maniera completa, ora era lei a dettare le regole.Un attimo dopo iniziò a cavalcarmi proprio come aveva detto di fare, stando a busto eretto su di me e muovendo i fianchi accogliendomi in profondità per poi lasciarmi andare fin quasi alla punta. Dalle carezze, delicate per quanto sensuali, eravamo passati in pochi secondi ad un amplesso frenetico: la sua vagina mi stringeva dolcemente e voluttuosamente, avrei potuto perdere la testa e riprendermi il ruolo autoritario di prima per scoparla con foga e rozzamente.Tuttavia mi limitai ad alzarmi sui gomiti per poi appoggiarmi con le palmi delle mani, a braccia tese, sul divano. Daiana allora mi assecondò piegandosi su di me, strusciandomi sul petto i suoi seni sodi e baciandomi sul collo.«Voglio averti tutto per me, a lungo, e poi farti sborrare nella mia figa…» sussurrò con voce roca. Non sapevo se lo facesse per abitudine o perché le piacevano quelle frasi volgari, probabilmente per entrambe le cose insieme.Mi lasciai cadere di nuovo di schiena sul divano, stringendola però a me e muovendo anch’io i fianchi, cosa che fino ad allora aveva fatto solamente lei. Cercai di imporre il ritmo che desideravo stringendole le belle natiche tonde e imponendoglielo così, ma non ci riuscii: era Daiana la dominatrice ora.«Voglio tu mi prenda in piedi ora» disse abbandonandomi e alzandosi in piedi. Fu come un’improvvisa doccia fredda quell’iniziativa, che mi lasciò disteso, col pene svettante e bagnato dei suoi succhi, per qualche secondo.Lei mi guardava con un sorriso mezzo beffardo sulle labbra, che tradiva comunque un velo di desiderio. Io le andai incontro, lei mi accolse allargando le braccia e cingendomi le spalle: ci baciammo mentre tornavo a penetrarla. Facemmo per un po’ l’amore così, in piedi, con calma e senza fretta: fu lei a iniziare ad aggrapparsi con i piedi ai miei polpacci e, con il mio aiuto, a cingermi i fianchi con le gambe, mentre la sostenevo. Non potevamo restare così a lungo, così Daiana propose: «Appoggiami sul tavolo».Avanzai finché lei poté praticamente sedersi sul tavolo e, senza che mi fermassi il movimento dei nostri bacini, si distese all’indietro su questo. Trovandomela in quella posizione, distesa placidamente davanti a me, non potei fare a meno di andare ad esplorare il suo corpo con le mani, dal ventre piatto alle spalle, dai fianchi magri ai seni alti dai piccoli capezzoli eretti. Stuzzicai a lungo quelle due punte, mentre lei iniziava ad essere scossa da fremiti di piacere che le mie mani e il mio cazzo le regalavano.«Girati ora, voglio fotterti un po’ alla pecorina» dissi in quel linguaggio scurrile che a lei sembrava piacere tanto.«Sì, fammi venire, fammelo sentire fino in fondo!» mi fece eco mentre, dopo che io mi ero ritratto, lei si girava mettendosi a gambe larghe col ventre appoggiato al tavolo. Mi avvicinai dietro di lei e guidai il mio pene nel suo sesso grondante: tenendola per i fianchi ripresi a stantuffarla con decisione, fino alla radice, mentre lei mugolava oscenamente.Non passarono che pochi minuti che il suo respiro accelerò, i gemiti si fecero più acuti finché le sfuggì un urletto di piacere e io mi godevo l’orgasmo e le dolci contrazioni dei suoi muscoli interni. Non smisi però di scoparla, ma aumentai bruscamente il ritmo, stringendola a me: ormai stavo per scaricare in lei il mio sperma.«Sì, prendimi così, più forte!» disse con mia grande sorpresa mentre riprendeva a muovere il culo vorticosamente. Non passò molto che anch’io dovetti cedere e, con gli ultimi profondi e lenti affondi, riversare fiotti di sperma in lei.«Sì, dai così, forza!» la sentii incitarmi mentre avvertivo un dito infilarsi dentro alla sua vagina. «Vengo anch’iooooo!» disse in un urlo prolungato.Eravamo venuti praticamente insieme, lei con un attimo di ritardo rispetto a me, ma senz’altro era stato eccezionale per entrambi. Ci lasciammo cadere esausti sul divano, riprendo a baciarci, nudi, dopo qualche minuto di pausa.«Daiana, sei un’amante eccezionale. Mi piaci davvero per questo, sei disinibita, sai fare sesso come poche altre» mi complimentai io sinceramente.«Anche tu non sei male, dai» mi disse con un bacio.Non restammo lì a lungo, dovevamo entrambi tornare a casa, così fummo costretti a rivestirci in fretta e tornare alla macchina. Non ci volle molto per riportarla a casa, una decina di minuti appena nei quali però nell’auto regnò un silenzio quasi assoluto, non ci scambiammo che poche parole entrambi assorti a ripensare a quello che avevamo appena provato. Quando fui sotto casa sua ci scambiammo un bacio sulla bocca: non era una promessa di incontrarci di nuovo ma solamente un addio, sapevamo tutti e due che quella era stata solamente un’avventura isolata da cui non poteva certo nascere una relazione.Dall’indomani tornai alla vita di sempre: casa, ufficio e i miei soliti svaghi, dalla palestra al calcetto, dalla musica a qualche buon libro.Passarono pochi giorni, forse una settimana: ricordo era domenica, ero a casa seduto sulla mia poltrona preferita, una tenue musica in sottofondo, immerso nella lettura di un libro quando suonò il telefono.«Pronto?» dissi alzando la cornetta.«Ciao, sono Donatella, come va?» mi rispose una nota voce femminile dall’altro capo della linea.«Ah, ciao, tutto bene, e tu?».«Anch’io! Ieri ho passato un esame difficile e ho proprio voglia di festeggiare. Avevo pensato a una bella rimpatriata della compagnia per venerdì prossimo. Che ne dici?».«Sarebbe fantastico!» risposi io entusiasta. Mi erano sempre piaciute quelle feste in compagnia: ci ritrovavamo a mangiare, un bella scorpacciata, magari fra birra e vino si alzava anche un po’ il gomito ma ci si divertiva davvero. Da quanto non mi capitava più un festa del genere! Avrò avuto vent’anni o poco più, prima di trasferirmi.«E sai dove potremmo andare?».«A casa tua in montagna?».«Sì, proprio così. Da quanto non ci vieni?».«Credo dal tuo diciottesimo compleanno, diciannovesimo al massimo. Devo chiamare qualcuno?».«No, no, penso a tutto io!» disse lei sulle ali dell’entusiasmo.Parlammo ancora pochi minuti, poi riagganciammo. Ormai eravamo quasi alla fine di luglio, controllai il calendario: proprio il venerdì questione Donatella compiva gli anni! Aveva voluto organizzare la festa di compleanno proprio come da ragazzi…Nei giorni successivi, dopo averci pensato a lungo, telefonai ad una mia amica perché mi aiutasse a trovare un regalo adatto per Donatella. Chiara si offerse gentilmente di accompagnarmi in giro a negozi il pomeriggio successivo.Con lei eravamo e siamo come fratelli, fra di noi non ci sono segreti, ci raccontiamo tutto e su di lei non ho mai avuto alcuna spinta dal punto di vista sessuale, sebbene sia veramente una bella ragazza.«Ma allora mi dicevi che avete una certa confidenza» s’informò.«Sì, pensa che quando ci siamo incontrati dopo tanti anni mi ha raccontato di essere stata maltrattata e praticamente violentata dal suo ex e da un gruppo di suoi amici».«Ti piace?» mi chiese senza tanti giri di parole, com’era tipico fra noi.«Sì, abbastanza… È una gran bella ragazza, sensibile, intelligente».«Ho capito» mi interruppe. «Ti stai innamorando» sentenziò con un gran sorriso. «Lei com’è: timida, estroversa, espansiva?».«È una ragazza molto allegra, sincera. Mi sono accorto però che è cambiata in questi anni in cui non ci siamo più visti: una volta era più… come dire… pudica, non so se hai capito. Si vestiva in maniera sobria, niente eccessi o vestitini sexy. L’ho incontrata due volte per strada e aveva vestitini da risvegliare un impotente, poi col fisico che si ritrova!»«Che ne diresti allora di qualcosa di carino di biancheria?» propose.«Non sarà troppo volgare?» chiesi io perplesso da quell’idea.«No, secondo me è un’idea carina. Al limite se sbagliamo le misure lei può andare a cambiarla».«Sei sicura?».«Sì, conosco un posto dove cambiano anche la biancheria intima» mi rassicurò procedendo con passo deciso verso una via secondaria.Entrammo in un bel locale di intimo e, dopo aver passato in rassegna praticamente tutta la merce disponibile, optammo per un completino rosso di pizzo, mutandine e reggiseno. Per la taglia, andando ad occhio, scegliemmo una quarta misura augurandoci di non fare figuracce.Uscimmo con un bel pacchetto infiocchettato, Chiara mi sorrise e mi guardò: «Non mi sembri molto soddisfatto…».«Ma, non so se regalare qualcosa del genere sia il caso» ammisi.«Ricordati che se vuoi far tua una ragazza l’intimo è una scelta perfetta, almeno secondo me».«Me ne ricorderò. Quand’è che compi gli anni?» ed entrambi ci mettemmo a ridere.Il giovedì sera telefonai a Donatella per sapere ora e luogo del ritrovo: «Facciamo le sei e mezza su, a casa mia. È troppo presto?».«No, per me va bene».Com’è mia abitudine arrivai puntuale, se non qualche minuto in anticipo, accompagnando al mio pacchetto anche una buona bottiglia di vino.Parcheggiai sul prato di fronte alla casa, in una vecchia contrada disabitata a cui si può accedere solamente attraverso una strada sterrata piena di buche di sassi.Donatella mi venne incontro, io andai subito ad abbracciarla e a farle gli auguri baciandola sulle guance.«Che carino, ti sei ricordato».«Sì, come potevo dimenticarmene!» dissi mentre notavo quanto fosse bella quella sera: i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle nude, la stessa canottierina rossa del nostro incontro di qualche settimana prima, un paio di aderentissimi pantaloni che però non rendevano sufficientemente giustizia alle sue belle gambe. Presi dalla macchina la bottiglia e il pacchetto: «Ho pensato che questa avrebbe fatto piacere a tutti. Per il tuo compleanno invece un piccolo pensierino su consiglio di una mia amica».«Oh, non dovevi» disse mentre mi baciava sulla guancia.Curiosa, aprì subito il pacchetto e ammirò quel completino mentre io cercavo di cogliere in lei una nota di soddisfazione o di delusione. «Ma è fantastico! Veramente carino! Vado a provarmelo».«Se per caso non ti va bene, puoi andarlo a cambiare…».«No, penso sia giusto, è una quarta misura»«Ma gli altri quando arrivano?» chiesi incuriosito.«Già, dimenticavo» disse abbassando lo sguardo e arrossendo leggermente. «Ho pensato che sarebbe stata più carina una cenetta un po’ più intima, così…».La guardai stupefatto, ma in fondo contento perché in quel momento mi rendevo conto che non ero solo io a sentirmi attratto da lei, ma che la cosa era reciproca.Non ricordo nemmeno cosa successe poi, se passò qualche secondo o se fu una cosa istantanea: mi resi solamente conto che la stavo baciando, sentivo la sua lingua nella mia bocca che mi frugava e lo stesso stavo facendo io. Il suo bel seno tondo premeva morbido sul mio torace, com’era bello e grande, mentre i nostri bacini andarono a toccarsi. Appena ci staccammo, fissandoci ancora stupiti da quell’impeto di passione, mi disse: «Vado a provarmelo, aspettami qui» e dove avrei dovuto andare dopo quello che era appena successo fra di noi? L’ultima cosa che mi passava per la testa era di salire in macchina e andarmene.Donatella si fece attendere per qualche minuto, l’operazione non richiedeva che pochi secondi ma lei era decisa a farmi morire di desiderio, o semplicemente stava ripensando anche lei agli ultimi minuti da sola.Quando si affacciò alla porta sorridendomi, coperta solo dai due indumenti rossi, il reggiseno forse un po’ stretto le stringeva i seni opulenti che sembravano voler sgusciare fuori e le mutandine che le coprivano il triangolo di peli pubici, ebbi un sussulto: era uno schianto!.«Allora, che te ne pare?» chiese retoricamente.«Il completino o quello che c’è dentro?» scherzai io.«Dai, non fare lo stronzo» protestò ridendo.«Se non vai a rivestirti immediatamente potrei anche saltarti addosso» dissi facendole capire che le stava da favola.«Che faccio, me lo tengo sotto?».«No dai, rivestiti come prima: le donne sanno sempre scegliere l’intimo giusto per ogni occasione» risposi io che avevo notato che sotto non portava reggiseno e che i suoi capezzoli spuntavano sotto il tessuto.Anche stavolta l’attesa fu snervante, ma non mi concesse nulla di più che la vista di lei prima di mettersi a tavola. In una mezz’oretta completò i preparativi di una romantica cenetta a lume di candela. Finimmo per imboccarci come due fidanzatini in vena di intimità, non finimmo nemmeno che tornammo a baciarci.Quando lei si alzò e si posizionò dietro di me, appoggiandomi l’ampio seno sulla spalla, per abbassarsi a baciarmi sul collo, il mio pene si eresse all’istante: alle sensuali carezze della sua lingua si aggiungeva la piacevole pressione delle sue morbide tette.Venne poi a sedersi sulle mie ginocchia e subito si accorse della presenza fra le mie cosce: «Il tuo amico è già pronto…».«Anche tu non sei da meno» le dissi sfiorandole i capezzoli pronunciati che da quando si erano eretti spuntavano vistosamente dal tessuto.«Perché non hai sentito fra le gambe».«Bagnata?».«Un lago!» fu la sua laconica risposta mentre mi appoggiava la mano là. Non volli però darle subito soddisfazione e mi limitai a carezzarla da sopra, pur causandole un fremito.La guardai mentre socchiudeva gli occhi e sospirava piano anelando un tocco ben più deciso mentre schiudeva istintivamente le gambe. La desideravo immensamente, non vedevo l’ora che fosse nuda e i nostri corpi fusi in un’estasi dei sensi, però… Però la volevo sempre così, non solo quella sera, non doveva essere una scopata e basta come quella con Daiana di qualche sera prima.«Donatella, non so se è giusto quello che stiamo per fare…» buttai lì non so con quale coraggio.Lei si fermò di colpo, aprì gli occhi e mi guardò attentamente, come a chiedermi ulteriori spiegazioni.«Non voglio sia l’avventura di una sera. Ricordi che mi hai raccontato di come perdesti la verginità, il giorno del tuo diciottesimo compleanno? Ecco, non vorrei che per i tuoi venticinque fosse la stessa cosa ma con un altro uomo. Io mi sto innamorando di te, vorrei qualcosa di più serio…».Lei mi guardò, sembrava capire cosa intendevo dire. «Non è assolutamente come i miei diciotto anni. Ti conosco da una vita, ti ho sempre voluto bene come amico e da quando ti ho rivisto ti ho desiderato follemente. Non so se è amore, so solamente che non vedo l’ora di averti sopra di me, sentirti dentro di me… Ho una voglia pazza di fare l’amore» mi disse quasi piangendo. Ripensai a quello che mi aveva raccontato, a tutto ciò che aveva passato ultimamente: decisi di cedere al desiderio anche per amor suo.Non aggiungemmo altro ma ci baciammo ancora, stando abbracciati, a lungo. Dopo un po’ la mia mano destra andò ai suoi pantaloni, le carezzai l’inguine e abbassai la cerniera. Le dita si infilarono sotto l’elastico delle mutandine e si fecero strada nel folto pelo pubico fino a raggiungere la fessura che, come mi aveva detto, era fradicia. Non dovetti muovere a lungo le dita perché venisse, inarcando la schiena mentre continuavo a baciarla.«Grazie» mi sussurrò soltanto all’orecchio mentre una lacrima le rigava la guancia. Ci eravamo staccati, ma la mia mano non finiva di carezzarla dolcemente: ora lei mi sorrideva cercando di nascondere le espressioni di piacere del suo volto. Le guardai le belle tette tonde e grandi, ammirandone la forma attraverso la canottierina: mi venne una tentazione e non esitai a metterla in pratica. Abbassai la testa su una delle punte che spuntavano vistosamente e la cinsi con le labbra, leccando e succhiando: lei mugolò istantaneamente di piacere.Non risparmiai nessuno dei due capezzoli ma continuai a stuzzicarli con la bocca: dopo pochi minuti si ritrovò con l’indumento umido della mia saliva all’altezza dei capezzoli mentre l’orgasmo sopraggiungeva una seconda volta. Stavolta fu più intenso, come potei rendermi conto dai suoi gemiti acuti e dalla sua crescente lubrificazione.Smisi di sgrillettarla e lei mi tolse la mano da là: «Andiamo di sopra» disse con voce rotta dall’emozione. Non richiuse nemmeno la zip dei pantaloni ma mi guidò dentro in casa e poi al piano superiore, dove c’erano un paio di stanze. Entrammo in una dove un paio di letti a castello erano addossati alle pareti: ricordavo di aver dormito lì anch’io, poco meno di dieci anni prima, mai però avrei pensato di farvi ritorno a ventisei anni per scoparmi la padrona di casa.Mi spogliò mentre stavamo in piedi, l’uno di fronte all’altra, e lo fece lentamente, stuzzicandomi in mille modi mentre reprimevo la voglia di prenderla e sbatterla in uno di quei letti per scoparla con furia. Fu lenta e maliziosa nello sfilarmi la maglia, andando poi a cingermi i capezzoli con le labbra, ma senza stuzzicarli con la lingua come mi sarebbe piaciuto. Aprì i miei pantaloni e la sua mano tastò a lungo il membro e i testicoli attraverso i boxer che poi mi sfilò: si avvicinò col viso al pene svettante evitando però accuratamente di toccarlo. Si rialzò e, senza aggiungere altro, allungò le mani sul mio petto e mi spinse verso un letto fino a farmi sedere sul materasso. Si inginocchiò fra le mie gambe e mi guardò come una puttana che sta per soddisfare il cliente facendo la cosa più porca che gli passava per la testa, poi prese il pene e se lo appoggiò con forza al seno senza staccare gli occhi dai miei.Non mi concesse però nulla più: aveva senz’altro deciso di farmi implorare per il desiderio, ma io ero deciso a resistere. Donatella perciò continuò nel suo eccitante gioco di seduzione infilandosi due dita nell’apertura dei pantaloni davanti a me, andando a toccarsi per qualche secondo. Tolse le dita scintillanti dei suoi umori, le passò sotto i miei occhi, a pochi millimetri dalle mie labbra per poi portarle alle sue e leccarle lascivamente.Quindi aprì il bottone dei pantaloni aderenti e se li sfilò con grazia, esibendo le sue gambe stupende e restando con le sole mutandine e la canottiera addosso. Più provocante che mai venne a sedersi a cavalcioni sulle mie ginocchia, andando a strofinare leggermente l’inguine ancora ricoperto dalle mutandine sul mio pene eretto.Ci lasciammo andare baciandosi forsennatamente per un po’, poi il desiderio si fede sentire in me e non resistetti dallo scendere a succhiare ancora i capezzoli eretti attraverso la canottiera, mentre le mie mani si erano infilate una sotto le mutandine, a carezzarle il culo perfetto, l’altra a toccarle la pelle vellutata della schiena.Mentre le rialzavo pian piano l’indumento, con l’altra mano le esploravo le natiche, scendendo nel solco profondo fin che potevo, fino a raggiungere il suo buchetto posteriore. Lo sfiorai appena con la punta di un dito e la sentii inarcare la schiena e spingere in avanti i seni, che continuavo a succhiare avidamente. Le piaceva, senza ombra di dubbio. Chissà, poi magari me lo avrebbe pure concesso il suo culetto.Quel pensiero mi fece andare in visibilio, spinsi in avanti il pene, mentre ero scosso da cariche elettriche di piacere. Donatella se ne accorse subito e si strofino sul mio cazzo con più foga, mentre provavo a sentire se potevo continuare: mi feci pian piano strada col dito. Sentendolo entrare per pochissimi centimetri, lei non protestò affatto ma mugolò di piacere: non aspetto che quel segno di assenso per avanzare ancora e arrivare fino alle nocche.Mi resi conto in quel momento di non averla mai vista nuda, ma di ritrovarmi con un dito piantato in fondo al suo culo.A quel punto lei si sfilò la canottierina rivelando il suo splendido seno, tondo e alto, dalle bellissime tette grosse e sode con degli scuri capezzoli eretti. Rimasi incantato a quella vista, non potevo far altro che ammirarla a bocca aperta. Vinto il primo, iniziale stupore, gliele cinsi, le presi fra le mani e la baciai ardentemente sulla bocca.Solo le sue mutandine impedivano ora ai nostri sessi di fondersi completamente, cosa che anelavamo entrambi. Donatella allora si alzò e si tolse in fretta le mutande, rilevando il suo folto cespuglietto di peli neri: io mi alzai insieme a lei e fummo di nuovo l’uno fra le braccia dell’altra, in piedi, baciandoci.Non ci volle molto perché finissimo a distenderci sul letto, lei sotto a gambe aperte, io che incombevo su di lei appoggiando il glande alla sua fessura calda e invitante. Con un lento movimento dei fianchi entrai in lei trovandolo fradicia…Ci muovemmo forsennatamente insieme, toccandoci e strofinandoci: sentivo le sue mani correre dalla schiena al mio culo, alle gambe, andare a prendere in mano e a stringere i miei testicoli. Allo stesso tempo la carezzavo sul viso, sul collo, sui seni colmi senza mai fermarmi. Fu un amplesso furioso e rapido, la passione e il desiderio che ci infuocavano non potevano farci durare a lungo: se la sua micetta era un lago, il mio cazzo durissimo era sul punto di esplodere da un momento all’altro.Fui io il primo a cedere, anche se avrei voluto sentirla venire sotto di me e gridare dal piacere: «Donatella, non ce la faccio più, sto venendo! Sei fantastica!».«Vengo anch’io, sì amore!» disse mentre cercava la mia bocca. Ci baciammo mentre eravamo pervasi dagli spasmi dei nostri orgasmi intensi.Passarono trenta secondi e ci ritrovammo allacciati sul letto: avevamo fatto l’amore appassionatamente e con fretta, entrambi probabilmente lo desideravamo come nient’altro al mondo da molti giorni. Eravamo come un assetato che, uscito dal deserto, si attacca alla prima fontana fin quasi a starne male. Ora era il momento di esplorarci con delicatezza, conoscerci un po’ nell’intimità, d’altra parte avevamo tutta la notte davanti a noi, era ancora presto. Avremmo fatto l’amore con calma, lentamente, attenti l’uno all’altra, dedicando attenzione a ogni angolo dei nostri corpi nudi.Sorrisi a quel pensiero e riaprii gli occhi: il suo sguardo intenso stava scrutando il mio volto e presto lei, ancora sotto di me, ricambiò il sorriso. Mi sfilai dalla sua vagina e mi distesi al suo fianco, abbracciandole le spalle con un braccio.Donatella mi baciò felice: «Grazie, ne avevo proprio bisogno. Da quando il mio ragazzo aveva iniziato a violentarmi…». Tacque un attimo, con lo sguardo perso nel soffitto come se stesse ripensando a quei momenti terribili.«Da allora non ho più desiderato fare sesso, avevo solo bisogno di dolcezza e di coccole. Temevo di essere di nuovo fregata dai ragazzi, c’ho praticamente provato con una mia amica in università che secondo me ci starebbe con un’altra ragazza ma non ha capito» sorrise quasi divertita. «Poi ho incontrato te quel giorno e da allora ho ripreso un certo interesse verso gli uomini e il sesso. Negli ultimi giorni non pensavo ad altro che al momento in cui avremmo scopato, mi bagnavo di continuo pensandoti».La baciai sulla bocca per farle capire tutta la mia riconoscenza a quelle parole e in fondo mi sentii un po’ bastardo anch’io… Ero lì con lei più che altro perché era una gran bella ragazza, perché aveva un bel corpo ed era simpatica.Certo per lei avevo sempre provato dell’affetto e dell’amicizia, ma che fosse amore avevo i miei seri dubbi. A quel punto non potevo però certo dirle “No guarda, non provo niente per te” ed andarmene. Decisi che avrei fatto l’amore cercando di soddisfarla il più possibile, per ridarle la fiducia negli uomini: qualcosa di buono ne sarebbe uscito almeno.Mentre la mia lingua le frugava la bocca andai a stuzzicarla con le dita fra la sua peluria folta: era umida, non so per il precedente rapporto, se per il mio sperma o ancora perché era di nuovo eccitata. La sditalinai lentamente, sfiorandole dolcemente il clitoride mentre con un dito la penetravo.Capii che davvero le piaceva quando la sentii sospirare sulla mia bocca. Avrei voluto farla venire ancora, del resto non era ancora pronto a prenderla di nuovo e poi avevo deciso di andare un po’ per le lunghe, lei però si staccò da me divincolandosi.«Scusami, devo andare in bagno!» disse sorridendo per nulla imbarazzata. Chissà se era solamente una scusa o se davvero aveva bisogno. Mentre la vedevo scendere dal letto e avviarsi al bagno pensai che comunque aveva una bella faccia tosta e una buona dose di schiettezza, cosa che le avevo sempre apprezzato.Nel silenzio totale della casa sentii che urinava, poi lo sciacquone del bagno e di nuovo l’acqua che correva. Passarono un paio di minuti in cui sentivo l’acqua scendere mentre lei non si decideva di tornare da me. Decisi di andare a vedere: trovai la porta socchiusa e la luce accesa dentro, per cui bussai delicatamente.«Donatella, sei lì?» chiesi incerto.«Sì, entra pure!» mi invitò lei allegra. Sapevo che me la sarei trovata davanti nuda, ma non pensavo certo che fosse seduta sul bidet a gambe larghe intenta a sciacquarsi la vagina. Rimasi impietrito sulla soglia, anch’io nudo e con il pene che in breve andò in alzabandiera.Lei sorrise al mio stupore e mi disse: «Ho pensato di lavarmi rapidamente, vedo che la cosa ti stuzzica».«Sì, non mi era mai capitato di vedere una donna alle prese con l’igiene intima».«Che ne diresti di farmela tu?» chiese con la sua espressione furba e maliziosa.Non me lo feci ripetere due volte ma andai a sedermi sulla tazza del water, presi il sapone e le insaponai tutto il triangolo peloso con cura. Le dita andarono ad esplorarla fra le labbra, mentre lei mi spiegava come fare: un po’ seguii le sue istruzione pur cercando di stuzzicarla quanto più possibile. Alla fine la asciugai con una salvietta e lei si rialzò contenta: «Ora tocca a me, siediti lì sopra».Stavo per obiettare qualcosa, ma mi resi subito conto che non ne valeva la pena. Mi accomodai sul freddo bidet (eravamo pur sempre in montagna!) mentre le sue dita carezzavano con grazia il mio bastone duro, presto scivolando per il sapone. Non continuò a lungo (anche se non correvo il rischio di venire: la seconda volta è sempre migliore) e anche lei mi asciugò con cura.«Siamo un po’ strani, no?» mi chiese appoggiandomi per un attimo le labbra alle mie.«Sì, in effetti lo devo ammettere, però mi piacciono questi giochetti. Ne conosci altri?» le chiesi curioso.«E tu?» fece di rimando, come se la cosa fosse ovvia.«Sì, qualcuno sì. Che ne diresti di insegnarmene qualcuno tu?» proposi.«Si potrebbe fare» disse con fare voglioso. «Torniamo in camera, ora sarai sotto il mio totale potere. Potrò farti tutto ciò che desidero ma tu non devi assolutamente reagire, né toccarmi, altrimenti il gioco finirà all’istante. E probabilmente non ti lascerò più fare l’amore con me» avvertì. «Per questa notte» aggiunse poi con un sorriso.Mi prese per mano e mi riportò nella stessa camera di prima, facendomi stendere di schiena sul materasso: avevo ancora un’erezione che puntava decisa verso l’alto. Lei però sembrò ignorarla ma mi salì sul ventre iniziando a strofinare il suo folto triangolo di peli su di me. Si piegò in avanti quasi subito, appoggiandosi con i gomiti sul materasso: i suoi seni tondi pendevano invitanti verso la mia bocca, i capezzoli eretti erano una tentazione unica, ma prima che potessi anche solo allungare la lingua verso essi lei mi ricordò dell’accordo.«Non provarti assolutamente a toccarle» disse decisa come una minaccia.Sentirla strusciarsi su di me in quella maniera e non poter far niente, le mani strette a pugno per vincere la tentazione di avere la sua pelle sotto le mie dita, era uno strazio unico. Presto anche lei si ritrovò stanca di quella strana forma di masturbazione e si spostò all’indietro andando ad appoggiare il culo stupendo sul mio pene.«Bene, hai resistito, meriti un bacino» mi disse ‘premiandomi’ con un fuggevole bacio sulle labbra. Poi si portò una mano dietro il sedere proprio sul mio cazzo: «Eh, cosa c’è qui dietro? Ah, cattivane, volevi inculare la tua ragazzina!». Intanto lo strinse nella mano e se lo premette contro le natiche.Scese da me e andò ad inginocchiarsi sul pavimento, il tutto senza mai mollare la presa sul mio pene. Le sue mani furono oltremodo delicate, lo sfiorarono appena: «Com’è grosso e duro! Ti piacerebbe mettermelo qui?» disse mentre se lo appoggiava nel solco fra i seni.«Sì, molto!» dissi io in un rantolo.«Ah, ah, così non va bene però. So che tu sporcheresti tutta la tua ragazzina senza preoccuparti di niente!» e così dicendo se lo appoggiò su un capezzolo, poi sull’altro.«Dobbiamo trovare un modo per non sporcarmi» disse con un sorriso che lasciava pensare a delizie incredibili, mentre si passava leggermente la lingua sulle labbra.Abbassò lentamente la testa, andando a baciare la punta turgida. La lingua guizzò lentamente a togliere un sottile velo di umidità, lasciando quello della saliva e provocandomi un attimo di piacere da capogiro.«No, non posso prendertelo in bocca: è troppo grosso, mi soffocheresti» disse mentre incominciava a leccare vogliosamente, dapprima lentamente, poi partendo dalla base arrivando fin quasi alla punta. Credevo di impazzire, lei sembrava non smettere mai finché, quando pensavo che sarebbe mancato meno di un minuto perché schizzassi tutta la roba sulla sua faccia, smise.Si rialzò e mi passò davanti con un sorrise di chi la sapeva lunga: mi fece spostare un po’ più in su sul materasso per poi andare ad accomodarsi praticamente fra le mie gambe. Mi tirai un po’ su, appoggiandomi con la schiena al cuscino, mentre lei era a gambe incrociate di fronte a me.«Sai, poi potremmo fare lo stesso gioco, però sarai a tu a poter far di me tutto quello che vuoi. Ti piacerebbe?».E che domande! Certo che mi sarebbe piaciuto!«Sì, molto».«E cosa mi faresti?».«Non lo so…» dissi incerto. Qualche cosa mi sarebbe piaciuto farla ma non mi sembrava il caso di confessargliela così, su due piedi, mi sembrava abbastanza squallido. Lei però ricominciò a ‘usarmi’ per il suo piacere ed incalzò con delle domande.«Sei sicuro? Non ti piacerebbe fare niente di particolare con il mio corpo?» nel frattempo aveva preso fra le mani un mio piede e se l’era guidato verso il monte di Venere. Mentre passava la pianta delicatamente sui peli e sulla fessura umida, mi alzò gli occhi come per chiedere che rispondessi.«Be’, sì…» farfugliai.«E allora?» insistette ancora mentre il mio alluce finiva fra le labbra sfiorando il clitoride e un sospiro le usciva dalla bocca.«Mi piacerebbe mettertelo fra le tette, come prima, e venire lì…».Lei sorrise mentre cominciava a godere: «Ah, birichino, ti è piaciuto allora! E poi, cosa mi faresti ancora…».Vedendola sempre più eccitata ci presi gusto e iniziai a confessare i miei desideri nascosti su di lei: «Mi piacerebbe fare sesso anale con te, lentamente, facendoti godere».«Sì, mi piace a volte essere inculata, vediamo, magari te lo concederò il mio culetto».Le sue parole, così crude e maliziose, mi stuzzicarono non poco.«E poi vorrei spruzzarti addosso il mio seme, bagnarti tutta».Donatella non sembrò far caso a quelle mie ultime parole: aveva chiuso gli occhi e si stava godendo l’orgasmo che si era procurata praticamente masturbandosi col mio piede.«Bene, ora voglio sentirti dentro di me, ti cavalcherò come mai nessuna prima d’ora ha fatto».E infatti fu così. Non mi permise alcun movimento ma salì a cavalcioni sul mio corpo, inginocchiandosi sopra l’inguine. Il suo bacino si avvicinò molto lentamente al mio, finché la sua fitta peluria non andò a carezzare la mia erezione in tutta la sua lunghezza. Io, istintivamente, spingevo in avanti il pene verso di lei, tentando di penetrarla: solo dopo lunghi e spasmodici tentativi lei me lo concesse, stando ferma con i fianchi e impalandosi praticamente su di me. La sua vagina era morbida e accogliente, abbondantemente lubrificata dai suoi succhi che facevano scorrere facilmente i nostri sessi.Donatella cominciò una lenta danza erotica, muovendo sinuosamente i fianchi e il petto, mentre le mani mi sfioravano il torace con un tocco delicato. Niente di frenetico o convulso come era stato il nostro primo rapporto, in cui la passione e il desiderio di godere aveva fatto concludere tutto in pochi minuti, ma una lenta stimolazione.Presto però lei incominciò a variare i suoi movimenti che altrimenti sarebbero divenuti a lungo andare ripetitivi: vidi le sue mani passare sotto i nostri corpi, dove i sessi si strofinavano. Un secondo dopo avverti il suo delicato tocco ai miei testicoli: prima le dita che tastavano quasi con paura, poi sfioravano appena lo scroto e infine una stimolazione più decisa. Mentre con una mano faceva questo, l’altra andava a sentire il mio pene che entrava e usciva da lei, si univa ad esso dentro le labbra.Allungò poi quella mano verso il mio viso, facendomi leccare le dita umide dei suoi umori, cosa che io feci più che volentieri. Subito dopo prese la mia mano e la guidò là, dove era stata la sua: la toccai sulle labbra, carezzandole piano, poi anch’io penetrai mentre lei continuava a muoversi su di me. Le stuzzicai il clitoride, masturbandola lentamente e sentendola gemere.Poi Donatella si distese su di me, incombendo col suo fantastico corpo sul mio viso, rimanendo appoggiata al materasso con i gomiti.«Leccami le tette!» mi ordinò mentre ancora mi scopava con abilità. A quel comando fatto con voce decisa pur se un po’ roca per l’eccitazione non potei che ubbidire, anche per il fatto che i suoi seni tondi erano proprio davanti a me. Li strinsi prima fra le mani: com’erano morbida la sua pelle e soda quella carne! Non avrei mai finito di toccarli, mentre la mia lingua guizzava sulle punte dei capezzoli scuri.La sua voce mi incitava a non fermarmi, a farla godere ancora, facendosi via via più roca e il respiro più affannoso. Anche i suoi fianchi avevano iniziato un nuovo movimento, per me più eccitante: non continuò a lungo che si abbandonò su di me, cercando la mia bocca con la sua. Mentre mi baciava appassionatamente le strinsi le natiche tonde e perfette penetrandola ancor più a fondo e più velocemente, cosa che lei sembrò gradire.Stava probabilmente per venire e decise che voleva provare un’altra posizione ancora, rialzandosi e orinandomi di lasciarmi il posto: si distese col ventre sul materasso, mostrandomi la sua schiena sinuosa e la dolce curva delle natiche. Allargò appena le cosce, da dove si vedeva spuntare un ciuffo di peli, e mi disse: «Leccami la figa, voglio che tu beva i miei succhi!».Non chiedevo altro che soddisfarla: le feci dischiudere un po’ di più le gambe mentre mi inginocchiavo dietro di lei e, a testa bassa, insinuavo la lingua nella sua fessura calda e umida. Quando arrivai a lambire il clitoride una scossa di piacere la percorse, e poi un’altra ancora e così via finché non decisi di lasciarla rifiatare, penetrando più a fondo con la lingua. Poi mi dedicai a lunghe leccate dall’inizio della sua micetta fino al buchetto dell’ano che, come mi aveva detto, forse avrei avuto la fortuna di esplorare. La cosa mi eccitò ancora e provai a leccarlo un po’: lei sospirò solamente, senza dirmi né di smettere né di continuare. La cosa le era però evidentemente gradita, tanto che provai a insinuarvi la lingua per un attimo, tornando poi a leccarle le grandi labbra, mentre con un dito le penetravo il culetto.Donatella non disse una parola, se non quando, col linguaggio sboccato che, aveva imparato ad usare e che ancora non abbandonava, mi chiese di rimetterglielo nella fighetta. Salii così su di lei penetrandola da dietro e iniziando a scoparla nuovamente, mentre le carezzavo la schiena.La sentii mugolare piano, muoversi sotto di me come una gatta amplificando il mio piacere con un lento strofinio del bacino che mi rafforzava l’erezione.Ad un tratto la sentii sospirare più forte, cercando di soffocare i gemiti di piacere contro il materasso, ma non era che un goffo tentativo di nascondere l’orgasmo imminente: la scopai allora con meno decisione, attendo a stimolarla il più possibile, cercando di regalarle un piacere simile a quella che stava via via donando a me. Le mie mani andarono a insinuarsi sotto il materasso verso i suoi capezzoli, ancora turgidi ed eccitati: li toccai con delicatezza e lei gemette all’istante. Li sfiorai ancora e continuai a farlo mentre le mie labbra andavano a baciarla fra le scapole, dove ricadevano i suoi bei capelli lunghi e neri.I gemiti aumentarono e si fecero più intensi, poi all’improvviso emise un piccolo urletto, una specie di squittio e la sentii rilassarsi: per lunghi secondi il piacere dominò incontrastato su di lei, con numerosi spasmi d’orgasmo accompagnati da acuti mugolii.Non smisi di scoparla, deciso a farle provare ancora piacere: ora era più deciso, affondi più rapidi e profondi mentre le cingevo i seni fra le mani con più forza. Erano veramente seni meravigliosi, forse mai avevo avuto la fortuna di scopare con una ragazza dalle tette così belle e piacevoli da stringere. Anche l’ultima con cui avevo fatto l’amore, Daiana, non aveva dei seni niente male, piccoli, sodi ed alti, ma questi erano tutta un’altra storia. Da anni sognavo di vederli nudi e di toccarli: erano belli grandi, alti e colmi, con un bel capezzolo pronunciato e un’areola perfettamente proporzionata.Non le lasciai respiro ma subito andai a ritrarmi, pur a malincuore, dalla sua splendida fighetta per inginocchiarmi dietro di lei e leccarla proprio là, sulle labbra del sesso, infilandomi al loro interno, sfiorando il clitoride. Mi insinuavo delicatamente nella sua vagina, cercando di stimolarla il più possibile: desideravo fosse una notte indimenticabile anche per lei, farla godere come poche altre volte le era successo. Già la sentivo gemere di nuovo, cominciava ad eccitarsi e quel piacere non era certo flebile. Con le dita intanto la carezzavo, dapprima sul folto pelo pubico, poi presi a lambirle le labbra fino ad arrivare a sgrillettarla, cosa che lei dava a sentire di apprezzare molto. Le mie dita continuarono in seguito nel loro cammino, proseguendo verso le sue natiche e il forellino dell’ano: lo accarezzai delicatamente, con la punta di un dito.«Vuoi che ti baci qui?» chiesi cercando di far leva sulla sua malizia.«Sì, ti prego, fallo!» rispose lei cogliendo la mia provocazione.Appoggiai allora le labbra lì, poi di nuovo. Feci passare qualche secondo e stavolta fu la lingua ad andare ad appoggiarsi, senza alcuna pressione. Solo dopo un po’ furono leccate più decise, partendo dalla sua micetta che andava bagnandosi ancora, finché non arrivai a insinuarle la lingua fino a dove potevo arrivare nello stretto buchetto.«Smettila di giocare ora, sai cosa voglio!» mi disse mugolando.Io allora stetti al gioco, mi distesi su di lei andando ad appoggiarmi col cazzo duro proprio sul suo culo: «Cosa vuoi? Dai dimmelo…» le sussurrai all’orecchio.«Sì, lo sai benissimo, inculami!» si sfogò lei quasi urlando.Non aspettavo altro: tornai a penetrarla in vagina per qualche secondo, in modo da lubrificarmi l’asta con i suoi succhi, poi puntai il suo ano e spinsi dolcemente. Non so se fui io a penetrare o lei ad accogliermi: fu tutto molto delicatamente, niente di animalesco o selvaggio come mi ero immaginato. Il suo culo era senz’altro abituato a quel genere di attenzione, del resto me lo aveva raccontato lei stessa, era morbido e accogliente, qualcosa di eccezionale. Scivolavo dentro di lei come nel burro, con la sola differenza che il burro sta fermo… Donatella infatti si muoveva in maniera conturbante, accogliendomi dentro di sé, stuzzicandomi e dimenandosi tutta.Ormai ero al culmine dell’eccitazione, avevo retto per un bel pezzo ma ora proprio stavo per lasciarmi andare all’orgasmo, credo lei lo avesse capito perché si muoveva in modo sempre più eccitante ed irresistibile.«Donatella, sto per venire! Sei fantastica!» esclamai e subito dopo sentii la sua mano andare a stringermi delicatamente i testicoli. Fu un orgasmo veramente intenso, persi per qualche secondo il contatto con la realtà, esistevano solo gli spasmi di piacere che partivano dal mio pene e si spandevano per tutto il corpo, flottando lo sperma in lei.Quando mi ripresi un po’ sentivo ancora il cuore battermi a mille nel petto, il pene ancora mezzo eretto dentro di lei.«Scusami, è stato un orgasmo che mi ha sconvolto» disse scendendo da lei, che intanto mi faceva posto per stringerci fianco a fianco nello stretto letto.«Figurati, era una bella sensazione. Come quella di sentirti venire dentro… Mi sa che domani ridurrò le mutandine in uno stato pietoso» disse sorridendo.La baciai. «Scusami».«E di che? Per me è una cosa eccitante, a volte mi bagno sentendo lo sperma uscirmi: ripenso al sesso che ho fatto quella notte, all’eccitazione, al godimento…»«Ti piace davvero tanto prenderlo dietro?» chiesi incuriosito. A dire la verità con le mie donne non avevo mai avuto la confidenza e la complicità che avevo ora con Donatella, sapevo di poterle chiedere tutto senza problemi o falsi pudori.«Abbastanza, anche se per me il canale classico è migliore. Non sempre riesco a venire con il sesso anale, però quando succede sono orgasmi veramente intensi. Ma toglimi una curiosità, a voi ragazzi non capita mai di essere attratti al pensiero di fare sesso con qualche vostro amico? Non dico di arrivare alla penetrazione, ma tipo di toccarvi a vicenda?».«Personalmente proprio no! Non sono mai stato attratto in nessuna maniera dai maschi, però ho sentito dire che le cose che avvengo fra ragazze, succedono anche fra maschietti. A me non è mai venuto a raccontare nessuno di averlo fatto, anche perché credo sia una cosa abbastanza imbarazzante, più ancora che in ambito femminile».«Così, era una curiosità».«Ti piacerebbe vedere due ragazzi che si toccano o che fanno sesso insieme?» chiesi.«Insomma, non più di tanto… Non mi è mai capitato, dipende da come sono io in quel momento, credo. Che ne diresti di andare a fare due passi?»«Mmm, non è che muoia dalla voglia» risposi sinceramente: la stanchezza un po’ si faceva sentire e l’idea di rivestirmi e camminare non era certo il massimo.«Dai, avanti!» mi incoraggiò lei. «È così bello camminare quassù di notte, in mezzo alla natura, nel silenzio più assoluto. C’è una pace infinita…».«Va bene, dai» disse solamente per farla contenta: sembrava così entusiasta a quell’idea.Lei scattò praticamente in piedi: “Chissà dove va a prenderla tutta questa energia” pensai, mentre io mi rialzavo lentamente. Quando alzai gli occhi stava già infilandosi il reggiseno rosso che le avevo regalato, mi fermai a guardarla mentre se lo sistemava e poi si metteva le mutandine.«Che fai, non ti vesti?» mi chiese vedendomi praticamente imbambolato.«Sì, ora mi preparo» dissi andando a recuperare i miei boxer. Pochi minuti dopo eravamo vestiti come quando ci eravamo trovati, solo che allora c’era ancora il sole e faceva ben più caldo che in piena notte, poi lassù, in montagna, c’era un certo venticello fresco.L’abbracciai, quasi per proteggerla un po’ dal freddo, e muovemmo alcuni passi lungo la strada, parlando di tanto in tanto. Si vedeva poco, eravamo distanti chissà quanti chilometri dalla prima casa abitata, in lontananza vedevamo delle luce, qualche sparso gruppo di case; solo uno spicchio di luna di illuminava appena.«Non è bello qui?» mi disse Donatella ad un certo punto.Era una sensazione strana, ma piacevole: si era a più diretto contatto con la terra, i boschi, la natura…«Sì» mi limitai a rispondere fra questi pensieri.Poi tacemmo a lungo, ognuno perso nei suoi pensieri, fermi nel buio ad ammirare il panorama lontano del paese, mezzo nascosto, il mio braccio sulle sue spalle nude. Poi riprendemmo a parlare come vecchi amici, di mille cose, senza mai toccare l’argomento del nostro rapporto, cosa avremmo fatto, senza fare progetti. Mi sentii libero, senza alcuna obbligazione: proprio stavo bene con lei.«Ne ho voglia» disse Donatella dopo un tempo indefinito, non saprei dire se pochi minuti o tre ore, eravamo stati completamente presi l’uno dall’altra.«Cosa?» non riuscii a capire cosa intendesse, stavamo parlando del suo lavoro…«Di fare sesso. Torniamo in casa o lo facciamo qui?» mi chiese.Notai che era tutta infreddolita, l’idea di farlo all’aperto mi stuzzicava, ma sarebbe morta dal freddo.«Torniamo dentro» mi limitai a dire, mentre ci baciavamo ancora.Salimmo in camera senza fretta, non era un desiderio alimentato dall’ardore della passione il suo, ma qualcosa di meno frettoloso se pur, probabilmente, della stessa intensità. Mi fece sedere ancora sul letto e mi spogliò con cura, lasciandomi solamente i boxer innalzati dal pene eretto. Mi rialzai per andarla ad abbracciare, toccandole ancora il sedere tondo e sodo, la strinsi contro di me facendole sentire quanto me l’aveva fatto venire duro. Le calai i pantaloni e ancora la strinsi a me, pulsando contro il suo inguine coperto dalle sole mutandine che le avevo regalato io. Le mani andarono a insinuarsi sotto la canottierina, a carezzarla sulla schiena e sul ventre, passando per i suoi fianchi, rialzandola pian piano. Se la sfilò lei da sopra, guidandomi poi le mani all’inguine: «Toglimele subito» mi ordinò quasi con voce decisa.Obbedii, chissà cosa aveva in mente, perché si capiva che qualcosa per la testa le era passato: giocherellai un attimo col suo cespuglietto, provai a inserirle un dito fra le labbra e sentii che stava bagnandosi ancora. Mi spinse sul letto: mi sedetti sul bordo mentre lei andava a piazzarsi a cavalcioni sulle mie cosce, ancora col reggiseno che le nascondeva i seni sodi. Si avvicinò a me il più possibile e prese a strusciarsi con l’inguine sui miei boxer, facendo scorrere l’asta sulla sua fessura. Si muoveva sinuosamente, i fianchi sembravano dotati di vita propria e tutto quello sfregamento non poteva che eccitarmi. Pian piano mi accorsi che il tessuto aveva una macchia di umidità, lasciata dalla sua fighetta: stava praticamente masturbandosi col mio cazzo ancora dentro i boxer!Mentre continuava a muoversi le presi i seni in mano, li soppesai, infilai le dita sotto a cercare i capezzoli e a stuzzicarli. Passai poi le mani sulla schiena a sganciarle il reggiseno, abbassai le spalline e lo sfilai: ecco di nuovo i suoi seni meravigliosi di fronte a me. Mi chinai a prenderle un capezzolo fra le labbra, succhiandolo e leccandolo alternativamente, seguito a ruota dall’altro.Le presi una mano e insieme alla mia la guidai alla vulva, lei capì al volo e le nostre dita si intrecciarono frugando fra le pieghe umide del suo sesso, eravamo in due a masturbarla e non ci volle molto perché venisse con lunghi sospiri.Si rialzò quasi subito andando a inginocchiarsi fra le mie gambe, si appoggiò con la guancia ai miei boxer, carezzandomi così il pene eretto, poi se lo fece scorrere sul collo e aprì la bocca sul bozzo nel tessuto. Le sue labbra e la sua lingua mi facevano letteralmente impazzire, ormai non potevo più: «Donatella, credo che verrò se continui così».«Bene, perfetto, così soddisferai anche l’altro tuo desiderio» disse lei sorridendo mentre mi apriva i pantaloni, tirava fuori il cazzo dai boxer facendomeli scendere sulle caviglie.Io non capivo cosa intendesse: «Cioè? Non ricordo…».«Dai, non fare il finto tonto! Non volevi farmi la doccia con lo sperma?» mi disse mentre le sue dita andavano a intrecciarsi sul mio bastone carezzandolo come solo una donna sa fare. Io restai esterrefatto, non pensavo certo fosse disponibile a ciò e ancor meno che proprio lei prendesse l’iniziativa.Mi eccitai a tal punto che venni quasi immediatamente, con le che ancora mi carezzava inginocchiata davanti a me. Spruzzai sul suo viso un forte getto, lei poi diresse il pene contro il suo seno che fu investito dal secondo, poi da un terzo.Lasciò che gocciolasse sul suo corpo, che alla fine risultò coperto da una buona dose di sperma denso e viscoso che lei cercò di portarsi alle labbra. Nuda, ricoperta dal mio seme, inginocchiata ai miei piedi, era di una bellezza oscena.Non restò così a lungo ma andò presto a lavarsi in bagno ed io la seguii, per ripulirmi un po’. Ormai ne avevamo avuto abbastanza di sesso entrambi, andammo perciò a letto abbracciati per vincere il freddo, stretti nello stretto materasso, accarezzandoci con tenerezza più che con libidine.Dormimmo un sonno tranquillo, profondo, senza alcuna interruzione fino a mattina. Fui io il primo a ridestarmi: mi alzai e guardai l’orologio che segnava le undici e venti. Non sembrava fosse così tardi, al piano superiore era tutto chiuso e il buio regnava sovrano. Comunque andai da basso a metter su il caffè e quando fu pronto lo portai di sopra a Donatella. La svegliai con un bacio, lei contraccambiò subito, aprendo gli occhi ancora assonnati sorridendomi poi. Sorseggiò piano il caffè, poi mi sdraiai di nuovo sul letto e iniziammo ad amoreggiare.«Mmm… mi sono sempre piaciute le scopate di prima mattina» disse lei.«Be’, chiamala prima mattina, sono le undici e mezza!» esclamai divertito.«Cosa! Così tardi! Dobbiamo andare subito!» disse lei animandosi all’improvviso.«Dai, però una scopatina potremmo farcela…» insistetti un po’.«No, assolutamente, mi dispiace. Avevo detto ai miei che venivo su con delle amiche e che tornavo verso le dieci. Se telefonano a qualcuna di loro scoprono che ho raccontato una balla e non ho nessuna voglia che succeda!».In men che non si dica ci rivestimmo e sistemammo tutto, arrivammo sotto casa sua e stavamo per salutarci, un po’ a malincuore, quando ebbi un’idea: «Perché non citofoni ai tuoi dicendo che sei arrivata e che passi da qualche tua amica?».Donatella mi sorrise, capendo che avevo intenzione di divertirci ancora un po’, uscì dalla macchina, andò a salutare i suoi e tornò dopo qualche minuto.«Stanno uscendo a pranzo, potremmo addirittura usare casa mia…» mi rispose. Lei tornò di sopra dopo aver parcheggiato la sua auto in garage, mentre io andavo a fare un giro giusto il tempo perché i suoi se ne andassero.Mezz’ora più tardi eravamo di sopra a baciarci in cucina, toccandoci attraverso i vestiti. Le mie mani non erano ancora stanche di cingere i suoi seni stupendi attraverso la canottierina rossa, le sue dita ancora una volta percorrevano le mia erezione sotto i pantaloni.«Che ne diresti di una bella spagnola?» proposi. Da quanto tempo sognavo di piazzarlo fra le sue tette!Lei sorrise maliziosa e aggiunse: «A una sola condizione: non devi spogliarmi».La cosa stuzzicò entrambi: andammo sul lettone dei suoi genitori, lei si sdraiò completamente vestita, mentre io mi spogliavo. Salii sopra di lei e, prima che potessi dare qualcosa, me lo prese in bocca. Allora anch’io mi concentrai sul suo inguine aprendo i pantaloni e abbassando le mutandine, infilandole la lingua nella vagina. Continuammo il sessantanove per un po’, finché lei smise di succhiarmelo: allora, col suo aiuto, lo infilai sotto la canottierina, fra le sue tette. Era una posizione davvero strana per una spagnola, ma continuammo così ugualmente. Venni purtroppo senza riuscire a farle provare l’orgasmo, ma sono sicuro che le piacque comunque.Me ne andai pochi minuti dopo, lasciandola sulla porta con una grossa macchia di bagnato sulla canottierina, poco sotto il seno.
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