Le avevo dato carta bianca. D’altra parte, una frase come “ora organizza tu, come preferisci”, era molto di più di un semplice invito. In effetti il mio pensiero era sempre stato di mettere una donna in condizione di dare il massimo, a modo suo, per poter avere una donna al massimo delle sue pulsioni emotive, fisiche, erotiche. Non pensavo, però, di entrare in casa sua, nel suo splendido salotto che spesso era stato il teatro dei nostri incontri più appassionanti, e di trovarla in compagnia di una sua amica. Eppure era quello il momento convenuto, non un altro giorno, non un’altra ora. E quando lei si teneva libera per me, era impossibile farle cambiare programma. Lo stupore del primo momento, diventò insieme fremito d’emozione e leggero imbarazzo quando però capii che la sua amica era lì perchè lei aveva voluto che ci fosse, lei aveva organizzato così’ e, d’altra partre, aveva carta bianca.Sarebbe stata lei a condurre il gioco. Io avrei dovuto adeguarmi. Non so la sua amica, con la quale aveva preso accordi di chissà qual genere, se fosse soltanto una partecipante al gioco o anche una complice. Vieni, mi disse Patrizia. Ti stavamo aspettando con ansia. Lei è Mara, una cara amica. E questa, invece di stringermi la mano, con una vigorosa stretta di mano palpò testicoli e cazzo, che trovò già in condizione apprezzabile. E questo suo gesto rinforzò eccitazione e paura, oltre che dare inizio al gioco. Vedi, disse Patrizia, abbiamo preparato qualche sorpresa per te. Ci abbiamo pensato a lungo, ed abbiamo deciso che era ora che tu provassi… Oramai ero tutto un fuoco ardente, avrei fuso un termometro, se solo lo avessero messo vicino a me, tanto mi ribolliva il sangue e la mente faceva pensieri d’ogni tipo a velocità ineguagliabili. Erano entrambe ben vestire, Patrizia e Mara. Ma non erano per nulla femminili. Non come un uomo si può immaginare che siano due donne sexy. Patty aveva un tailleur con la gonna lunga fino alla caviglia, una camicetta piuttosto casta ed un paio di scarpette con il tacco alto, ma non troppo. Molto manageriale, l’avrei definita. Sportiva, invece, era Mara, con una camicetta più scollata ed un paio di jeans attillati che, questo era forse il particolare più attraente, lasciavano scoperta una caviglia da sballo messa ancor più in risalto da una scarpa con il tacco alto. Io, invece, ero rimasto in mutande. Mi avevano spogliato loro, con la stessa delicatezza con la quale si spoglia un neonato. E senza indugiarsi in particolari apprezzamenti o giochi. Mi avevano lasciato per l’esattezza con i boxer messi a rovescio perchè – aveva detto Patty – altrimenti il tuo cazzo esce subito fuori, e non voglio che accada così. Chissà che effetto farà vedermi così, mi ero trovato a pensare d’un tratto mentre Mara frugava nella sua borsetta. Lo seppi dopo pochi secondi: la giovine amica di Patty aveva estratto una macchina fotografica digitale, una diavoleria che dimostrò di saper usare molto bene. Ed i primi piani sul mio culo ben spalancato dalla mani di Patrizia furono numerosi, ed ogni volta che le due donne ne trovavano uno che a loro dire era ‘interessante’, avevano la bontà di farmelo vedere sul monitor della stessa macchina fotografica. Era forse quello il gioco, mi chiesi. No, era solo l’inizio.Ad un certo punto sentii una mano (Patrizia?) allargarmi il buchetto più di quanto non aveva fatto per le fotografie, quindi un dito- freddo, gelido – mi penetrò. – Ebbi un sobbalzo, e per tutta risposta uno schiaffo su una natica accompagnato da un dolce ma severo: fermo così, pronunciato da Mara. Rimase a lungo, dentro il mio culo, quel dito. Muovendosi in maniera forsennata. Ed io, che già provavo meno dolore, rimasi zitto. Ma non impassibile. Ed arrivò una seconda sberla. ‘Stai fermo’, disse questa volta Patty, ‘ora ti allargo di più. Ed inserì un secondo dito. Quindi un terzo. Tutte fredde, ghiacciate, perchè fredda era la cremina con la quale le aveva unte. Mentre una mi prendeva in tal guisa, l’altra continuava a scattare fotografie e quando ne vedeva qualcuna carina la fecave vedere all’altra, che solo in quel momento rallentava il suo movimento. Poi finì, estrasse la mano ma non mi diede nemmeno il tempo di rifiatare. I vibratori sono oggetti curiosi, le avevo sempre detto io. Una frase che mi ricordò, Patrizia, mentre mi prese con vigorìa infilandomene uno in un buco ormai ben oliato ed ampliato. Lo faceva scorrere, con dolcezza e decisione, commentando con la sua amica i vari momenti, girandolo in maniera strana e perversa, gioendo quasi di quei movimenti improvvisi che a me facevano invece sobbalzare. Ed ogni volta era uno schiaffo. In tutti questi momenti ero stato a quattro zampe sul suo tappeto, preso con decisione, a volte anche con dolore, ma il mio cazzo era comunque eccitato ed avrebbe desiderato qualche attenzione. Ma non mi era concesso di parlare o di chiedere nulla, in merito. Nemmeno di dargli sfogo. A loro piaceva che io indossassi i boxer in quel modo, e così doveva essere. Ero comunque molto eccitato, ma non ancora al massimo, se è vero che un fremito ulteriore mi sconvolse quando una delle due iniziò a far vibrare quel fallo di lattice. Già, era di quelli a pile, e quel ronzio contribuiva a darmi piacere, a sconvolgermi la mente. Quasi, non sapevo più cosa desideravo. E loro, intanto, continuavano a scattare fotografie. Il che contribuiva ad amplificare ogni sensazione. Gemevo, dal dolore e dal piacere. E loro, invece, sempre serene, sempre vestite. Solo, pronte ad eccitare la mia mente con i loro commenti alle fotografie ed ai miei gemiti. Suonò il campanello, e Mara aprì senza nemmeno chiedere chi fosse. Un altro momento di paura mi assalì. Un brivido. Chi era? che ruolo aveva nel gioco? Già, perchè chiunque fosse entrato, mi avrebbe visto così. Di culo, perchè mi ero appoggiato al divano che dava giusto in faccia alla porta d’ingresso. Ci volle poco per capire che qualcosa di strano mi attendeva: Mara e Patrizia legarono le mie braccia ad appigli strani, una maniglia, una gamba del tavolo, mentre lui entrava in casa. Già, era Marco (mi dissero), la persona che aveva suonato. La persona che doveva prendersi cura di me. Lo capii immediatamente, ma non mi colpì poi così tanto quanto l’aver compreso la complessità del piano architettato dalle due donne. Diaboliche. Marco era forse avvezzo a queste situazioni. Entrò, ed in un attimo era nudo. Non lo intuii, lo vidi. Mara e Patrizia ebbero un attimo di riflessione, mi fecero indossare una maschera carnascialesca e poi mi dissero: ora, visto che ti piace molto, devi prendere questo bel cazzo in bocca. E senza fare smorfie, altrimenti sono altre sberle, perchè le foto poi vengono male. Fu un attimo: Marco, vista la mia esitazione, me lo schiaffò in bocca, ed iniziò a fare da solo. Ero quasi paralizzato, poi iniziai a fare come avevo visto tante donne fare. Marco si fermò, e forse i gemiti di piacere erano davvero sinceri, pensai. Nemmeno il tempo di pensarlo, ed un fiotto di sperma mi scese in gola, mi inondò la fronte. Non me ne ero reso conto, ma avevo fatto un pompino ad un uomo. Con quell’ingoio che chiedevo sempre alle donne.Mentre quelle due continuavano a fotografare, guardare ed immagazzinare nel loro archivio digitale. Non era finita. Anche se lo pensai perchè dal mio culo sparì il vibratore che per tutti questi lunghi attimi (ma chissà quanto? avevo perso del tutto la consapevolezza del tempo che passava) mi aveva inebriato di strane sensazioni. Non era finita perchè Marco ne prese il posto. Ed allora furono dolori. Ma non per molto. Evidentemente quel pezzo di carne era collaudato per simili situazioni, e le due amiche lo sapevano bene. Come capii anch’io. Mi sfondò con fredda determinazione, mi tenne a lungo in quella posizione facendomi provare sensazioni strane, poi venne di nuovo. Tirai il fiato. Mi girai e di Marco nemmeno più l’ombra. Come rapidamente era giunto, rapidamente era sparito. Loro stavano guardando le fotografie ed erano ancora vestite come le avevo viste al mio arrivo. Io ero tutto un pulsare di nervi, un fascio di emozioni. E’ stato davvero bello, mi dissero. Domani saremo entrambe a tua disposizione.
Aggiungi ai Preferiti