I cinque anni del liceo sono stati, per me, orribili. Frequentavo un bel po’ di ragazze, ma non sono mai riuscito a combinare niente con nessuna di loro: venivo rifiutato continuamente. Dopo il diploma, non vedevo l’ora di andare all’università, con la speranza che le cose sarebbero migliorate. Infatti le cose stavano già migliorando, senza che me ne accorgessi. Negli ultimi giorni prima di partire, mi ero avvicinato molto a Laura, una mia ex compagna di classe, l’ultima ragazza con cui “ci avevo provato”. Man mano che gli altri amici partivano per le rispettive sedi universitarie, rimanevamo sempre più soli, e sempre più vicini. Ero lusingato da tutte quelle attenzioni, ma le imputavo al fatto che eravamo praticamente rimasti solo noi, nel nostro paesino. E anche quando, il giorno della mia partenza, mi abbracciò forte e mi disse di chiamarla, non pensai ad altro che ad affetto amichevole. La vita universitaria si dimostrò superiore alle mie aspettative: tre giorni dopo essere arrivato a Roma (la mia sede universitaria) ero già a letto con Alessia. L’avevo conosciuta in segreteria, mentre entrambi cercavamo l’orario dei nostri corsi. Eravamo nello stesso scaglione, e fu un attimo fare amicizia. La invitai a cena a casa mia (lei ne cercava ancora una) e lei accettò entusiasta.Si presentò a casa mia con un abito nero in stile orientale che le arrivava fino a mezza coscia, calze scure e capelli (neri e lunghi fino alle spalle) messi in piega. Il suo look esaltava lo splendido fisico ed io, che le avevo aperto in jeans neri e maglietta bianca, iniziai a sentirmi a disagio. Lei, invece, per niente turbata, si sedette al tavolo e si accese una sigaretta, mentre io servivo a tavola. La cena fu veramente piacevole (sono un ottimo cuoco), accompagnata da un piacevole vino rosso che ci rese entrambi allegri. Alla fine della cena ci sedemmo sul divano sorseggiando un bicchiere di vodka. Lei si tolse le scarpe e distese le gambe nella mia direzione. Mentre continuavamo a parlare, la mia mano si posò leggera s’un suo piedino (delizioso), prendendo a massaggiarlo. Estesi il massaggio alla caviglia e poi più su, ma arrivato a metà gamba, lei si scostò. Preoccupato di avere esagerato, mi bloccai, pensando a come scusarmi. Lei, però, invece di alzarsi adirata, come avevo temuto, spostò le gambe dall’atra parte, si mise il mio braccio sinistro sulle spalle e posò la sua testolina sul mio petto. Incoraggiato dagli ultimi sviluppi, osai di più: presi il suo volto tra le mani e poggiai le mie labbra sulle sue. Sentii le sue labbra aprirsi e le nostre lingue toccarsi, prima, per poi unirsi in un’umida lotta. Le mie mani navigavano sul suo corpo: dalla nuca giù per il collo, e poi lungo la schiena, fino al suo culetto. Lo trovai pieno e sodo. Con la destra mi spostai al busto e poi su fino al seno. Lo strinsi delicatamente e lei, attraverso il bacio, emise un sospiro. In un attimo la stesi su di me, facendola aderire al mio corpo. Mi staccai a fatica dalla sua bocca umida per posarle le labbra sul collo, mentre le mie mani armeggiavano con la lampo del suo vestito, che finì pochi attimi dopo sul pavimento. Sotto indossava un reggiseno di pizzo nero che faceva contrasto col candore del suo seno, mutandine coordinate e calze autoreggenti. Le mie mani erano gratificate dal suo splendido corpo: la sinistra si era attaccata al suo seno destro, compiacendosi della sua pienezza, mentre la destra si infilava sotto gli slip. Appena sfiorai la sua fica, emise un gemito prolungato. Poi cercò le mie labbra mi coinvolse in un bacio appassionato. La mia mano aveva trovato il clitoride, in un mare di umori, e istintivamente, lo stava massaggiando. Alessia si divincolava sempre più decisamente, mentre premeva le sue labbra contro le mie e cercava la mia lingua con la sua. Venne così, tremando e gemendo a lungo, soffocata dal bacio.Dopo l’orgasmo si accasciò con il viso sul mio petto ed iniziò ad accarezzarmi i capelli. Mi disse: “Grazie…”Io, che non mi ero scaricato, stavo soffrendo per una dolorosa erezione, acuita da contatto col suo caldo corpo, ma non sapevo cosa fare. Fu lei, dopo un po’, a prendere l’iniziativa. Si rialzò a sedere sulle mie gambe e mi sbottonò i pantaloni, portando alla luce il mio pene, in completa erezione. Rimase ferma ad ammirarlo qualche secondo, poi lo impugnò con una mano, mentre con l’altra scostava gli slip, e vi si impalò.Nello stesso momento Alessia sospirò e io emisi un gemito. Entrai di colpo nella sua calda umidità e per poco non venni subito, stimolato dalla nuova sensazione. Lei, rossa in viso e già provata, si chinò a baciarmi, e io ne approfittai per slacciarle il reggiseno. Il suo seno ne balzò fuori alto e orgoglioso, con i piccoli capezzoli puntati in avanti. Alessia impose un ritmo lento, affondando ogni volta il mio pene profondamente in lei. Raggiunse altri due orgasmi (me lo ha detto dopo, perché lì per lì non me ne sono neanche accorto). Poi iniziò a cavalcarmi più forte, senza però riuscire a prenderlo tutto. Ora sudava, tutta rossa, e gridava di piacere. Le sue tette sobbalzavano sempre più velocemente, e ritmo e piacere crebbero, facendole raggiungere un altro orgasmo. Le sue urla e le contrazioni della sua vagina mi portarono al limite, e finalmente schizzai il mio piacere in lei.Restammo abbracciati tutta la notte, gelosi dei nostri corpi incollati dal sudore.Il giorno successivo iniziarono i corsi. Alessia ed io ci sedemmo distanti, per poter conoscere più gente possibile. Ci creammo subito una larga cerchia di amici, con i quali uscivamo tutte le sere. Poi tornavamo a casa (Alessia si era trasferita da me) e trascorrevamo le notti a fare l’amore. Dopo circa due settimane, improvvisamente cambiò tutto: Alessia trovò un nuovo alloggio con due ragazze conosciute all’università e si mise con un altro ragazzo. Venni poi a sapere che si era messa con me solo perché non aveva un posto in cui dormire. Ci sono stato male un mese, ma poi l’ho presa con filosofia: “Era la mia coinquilina” dicevo, a chi mi chiedeva notizie “e pagava un affitto molto salato”.Poco dopo mi trovai un’altra ragazza, Maria. Era una tipina minuta, ma ben proporzionata, timida e decisa allo stesso tempo, e faceva l’amore con passione. Nei primi giorni insieme non voleva farsi penetrare, perché aveva paura che le facesse male (ho scoperto così di essere ben dotato). Così lei mi soddisfaceva con le mani ed io la facevo godere con la bocca. Solo dopo due settimane riuscii a penetrarla: era il suo compleanno e le dissi che volevo fasteggiarla come si deve. Le giurai che avrei fatto pianissimo, e si convinse.La spogliai e la feci distendere sul letto. Le allargai lentamente le gambe, tenendola per le caviglie (mi piacevano da matti le sue gambe sottili e lisce) e posai la mia bocca sulla sua apertura. Leccavo con impazienza e, in breve, grondava di umori. Mi spostai più su. La baciai dicendo “Ora rilassati, non ti farò male e ti regalerò un grande piacere”. Potevo leggere nei suoi occhi la paura del coniglio nella tagliola mista ad un prepotente desiderio. Posai la cappella tra le grandi labbra e spinsi. Contrariamente ai timori di Maria, scivolai dentro senza problemi, e iniziai a muovermi lentamente e a fondo, godendomi i suoi gemiti ed il contatto col mio petto del suo seno. I suoi lamenti crescevano di intensità, così come la mia eccitazione. Senza quasi accorgermene, stavo aumentando la velocità dei miei affondi fino alla frenesia. Le spostai le gambe fino ad appoggiarle contro il mio petto e poi mi piegai su di lei, spingendo come un forsennato. Ora non si tratteneva più: urlava e si dimenava in preda a diversi orgasmi consecutivi, e mi incitava:”Dai, scopami! Ahh!… Godo! AHHH! Ah… si… AAAAHHHHHH!”Ero anch’io al culmine e stavo per venire. Mi tolsi da dentro di lei e chiusi il mio pene tra le sue cosce, continuando a muovermi. Venni con una tale forza che i primi schizzi raggiunsero Maria sul volto e le colarono sulle guance e sul collo, insieme al sudore. Le crollai ansimante al fianco, mentre lei si alzava per andare a pulirsi in bagno. Una volta solo ripensai allo sperma bianco sul volto abbronzato di Maria e mi tornò una erezione formidabile. Maria tornò nella camera da letto e sorrise: “Ma non ti stanchi mai tu?””No, di te non mi stanco mai.”Anche a qualche metro di distanza, notai il lampo di gioia che le balenò nello sguardo. Sorrise e mi si avvicinò di nuovo. Si distese di fianco a me, facendo scorrere la sua mano sul mio pene”Allora dovrò fare qualcosa per te, visto che sei così per colpa mia…”Mi posò un bacio sulle labbra chiuse e poi scese giù per il petto, fino ad arrivare al cazzo. Seminò una serie di baci su tutta l’asta fino a giungere sulla cappella. Il suo leccare e baciare mi stavano facendo gemere e sospirare. Poi, esaudendo i desideri di tutto il mio corpo, prese in bocca la cappella ed iniziò a spingersela in gola massaggiando l’asta con la mano. La guardavo mentre si sforzava di aprire la bocca il più possibile e due lacrimucce le spuntavano per lo sforzo dagli occhi chiusi. Era riuscita ad ingoiarlo quasi tutto quando non riuscii più a trattenermi. Ansimai: “Vengo…” ed un secondo dopo le venni in bocca. Colta di sorpresa, sbarrò gli occhi e si scostò, facendosi cogliere di nuovo in volto dai successivi schizzi di sperma. Il suo volto sorpreso e coperto di sperma prolungò il mio orgasmo di qualche secondo, peggiorando la situazione. Tornò in bagno a ripulirsi, ma credo che la parte che le avevo scaricato in bocca l’abbia ingoiata.
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