È notte e sta dormendo, abbiamo appena scopato. Velocemente e senza esuberanza, com’è suo costume. È stato così piccolo, che gli ho mentito: ho detto che ero fertile e l’ho fatto venire sulla mia pancia. Poche gocce di un liquame trasparente, con macchie lattiginose sparse qua e là. Mentre era in piedi, nudo, gli ho guardato l’uccello in erezione, l’angolo con l’addome si è allargato. Succede dopo i trentacinque, dicono. Poi peggiora.Arriviamo alla stazione Termini che sono già le cinque, ma fa ancora un caldo dannato; l’aria è appiccicosa e puzza di miscela bruciata.Suona il telefono non appena entriamo in stanza. Rispondo io mentre slaccio il reggiseno. "si?"Lo faccio scivolare dalle spalle liberando i seni che ondeggiano morbidamente. "Stefania, sei tu? Sono Menin, mi passi il tuo (con vocina petulante) neo-marito?". "si, è qua. Ciao"Sfilo la gonna e mi butto sotto la doccia. Lo scroscio dell’acqua mi tiene lontane le banalità telefoniche che si consumano tra mio marito e il suo capo. Riverso la testa, e mi sento purificata. Lavo via dal seno il sudore; via dalla pancia e dalle gambe. Esco e mi guardo allo specchio, sto bene. "va bene…. va bene" dice al telefono.Lo so. Ha appena finito di mettersi in posizioni femminili davanti ai superiori, per strappare un po’ di misero quieto vivere. Entra in bagno. Io mi sdraio sul letto e leggo un catalogo di oggetti stronzi da comprare in aereo.Lui è sotto la doccia. Impreca. Non ha tolto gli occhiali.Smetto di leggere quelle cazzate e guardo nel bagno. Lui è sul bidè, si sta lavando con una mano dietro la schiena. Chissà, forse ha rischiato di prenderlo in culo con quella telefonata e si è seduto a consolarselo. Mi fa incazzare vederlo curvo mentre si guarda i genitali; metto su un abito da sera leggero e indosso i sandali.Esce e si veste. Vado in bagno a lavarmi i denti: strofino lo spazzolino con furia mugugnando di rabbia. Sputo nel lavandino. Guardo la mia faccia allo specchio.Di sera l’aria è più tersa, e Roma è più gialla. Sono più gialle le case e le chiese, più vive e belle le persone. Anche i mascalzoni e i farabutti, che sembrano vivere e basta. Ci sediamo in un ristorante nuova formula sino-capitolina. Cibo cinese e tradizione romana. Le tovaglie sono italiche a scacchi bianchi e rossi, i bicchieri da osteria e le bacchette le devi chiedere, ma siamo sotto un bel pergolato che ricopre quasi per intero la via.Mentre mangiamo si fermano all’imbocco della strada due scooter. Sul primo ci sono due ragazzi e due ragazze sono sull’altro. Le figliole avranno quindici anni, una è particolarmente bella. Ha i capelli lunghi mori e lisci, increspati dalla corsa in moto sembrano capelli di zingara. È molto più alta della sua amica anche se ha meno seno, ma sembra galleggiare sulle gambe talmente sono lunghe. Bacia il più alto dei due: "Ciao Lù", poi, con la sua amica, risale a bordo e se ne va.I due ragazzi lasciano il motorino sul marciapiede e si mettono seduti al tavolo dietro al nostro, ordinano due bottiglie di birra cinese. Uno dei due tira fuori dalla tasca delle cartine e un pezzo di fumo e rolla una canna con le mani sotto al tavolo. Ridono forte, sono sballati e pieni di vita. Si guardano negli occhi ridendo e ammiccano continuamente. Arrivano le birre, le bevono direttamente dalla bottiglia. Quello più basso passa la canna all’amico e nasconde la faccia nel gomito allungandosi sul tavolo. L’amico senza complimenti la porta alle labbra, alza la testa e fa un tiro fregandosene della gente che comincia ad accorgersi di loro. Dà un’occhiata in giro squadrando tutte le persone sedute e alla fine del giro mi butta gli occhi addosso: aspirando un’altra boccata di fumo li fa piccoli piccoli.Lo guardo incuriosita per un attimo, lui dà un colpo di gomito al compare che alza lo sguardo verso di me. Mi rompo subito di quel gioco da bambini e li lascio perdere. "Menin ci ha invitati ad una festa, andiamo?" "d’accordo". Stai tranquillo non mancheremo. "sai dov’è?" "si, in un locale. Il Tribuno, mi sembra"Lo dice anche con aria seria. Siamo ‘cortesemente’ invitati in un locale con un nome del genere e lui non fa una piega. Torno con gli occhi verso quei due: stanno ridendo come due scemi quando, quello che credo si chiami Luca, dice qualcosa nell’orecchio dell’altro. Si bloccano e appoggiano gli occhi sulle mie tette parlottando tra di loro, ridendo forte. Lui non se ne accorge, beve un sorso, si alza e va al cesso.Il ragazzino getta a terra il filtro bruciacchiato e soffia una ventata di fumo lanuginoso che investe un tavolo di ragazze dietro di loro.Scoppia un casino: una delle ragazze gli urla un "vaffanculo". Interviene un tizio con accento del nord."Ma te chi ti credi di essere eh!"Lui scatta in piedi e lo guarda fisso negli occhi. È alto meno di un metro e ottanta, ma ha spalle larghe e fianchi stretti, drittissimi. L’amico, basso di cavallo e sgraziato, si alza e fa un gesto con la mano aperta, come per colpire. Intanto mio marito, tornato dal bagno, si trova nel mezzo. Prende due sberloni subito. E’ cinto al collo dal ragazzo più alto e tirato giù dal suo metro e ottantacinque, la faccia premuta contro il bicipite. Lo trascina verso la coppa del punch e gli immerge la faccia. Tutti stanno a guardare attoniti, come degli imbecilli, mentre quel teppistello gli tiene la testa a mollo nel mandarino. Allora mi alzo e cerco di strattonarlo via afferrandolo per la schiena. "Lascialo, brutto cazzone". Una spallina del vestito cade e la tetta sinistra scivola fuori. Lui molla la presa e me la guarda sorridendo.Mio marito esce con la testa dall’insalatiera, boccheggiante. Gli occhiali rimangono sul fondo.Sono ancora tutti lì a guardarmi con gli occhi strabuzzati. Compreso il teppista, che mi fissa ancora la tetta. "piantala di guardare! Vaffanculo!" gli urlo, rimboccando il seno nel vestito.Sta guidando la macchina presa a nolo. La macchia attorno al colletto non si vede quasi più, l’aria la sta asciugando. Guardo fuori dal finestrino mentre andiamo al Tribuno, locale di Roma in stile. Non ci diciamo una parola, lui è umiliato, lo sento, ma io sono troppo incazzata per parlare. Una macchina ci taglia la strada e lui urla qualcosa di pietoso.Nel parcheggio scendiamo in silenzio dall’auto, e in silenzio entriamo.E’ peggio di come pensassi. Un night bavoso dove gli uomini si sdilinquiscono in risatine checcose per cazzate raccontate dai loro superiori.Solo i barman sono un po’ aggressivi, così mi avvicino al bancone e mi faccio servire un drink.Butto lo sguardo verso mio marito. C’è vicino anche Menin, il veneto, che mi fa ciao ciao con la manina. Che stronzo.Chiedo dov’è il bagno. Mi indicano un corridoio spoglio con delle finestre in alto, come delle bocche di lupo, aperte. Mentre mi dirigo in quella direzione, da una finestra spuntano un paio di gambe agili, vestite di jeans. Con un salto sono giù e aiutano un paio di sorelle gambe a fare lo stesso. Sono i due ragazzi del ristorante. Mi hanno già vista e sono troppo vicina per tornare indietro, così passo accanto senza guardarli, andando dritta verso la porta. Dentro ci siamo solo io e una mulatta che getta un assorbente rosato nel cestino e se la guarda dall’elastico dei pantaloni. Entro nel cesso e lei rimane sola davanti allo specchio. Alzo il vestito e calo le mutande, appoggio il sedere alla tazza, e piscio. Di là dalla porta ci sono quei due, giovani ed elastici, che sono entrati saltando da una finestra. Mi metto a ridere.Ridendo mi pulisco con un pezzo di carta, poi esco.Sono ancora lì e appena esco mi guardano gli occhi e le tette. Questa volta sorrido. "allora?" chiedo. "com’è sta festa?" fa quello più bello. "una palla, perché non mi offrite una canna?"Usciamo nel parcheggio da una porta antincendio. Ci appoggiamo ad una macchina io e quello alto mentre l’amico rolla veloce. "come ti chiami?" "Luca, lui è Aldo" "io sono Stefania"Luca è davvero bello. Magro e affusolato con la pelle scura e gli occhi neri grandi. Fumiamo in silenzio. Quando Luca mi passa la canna, il filtro è bagnato della sua saliva. La lecco con la punta della lingua.Ci guardiamo dritto negli occhi, io e Luca, mentre fumiamo e mentre fuma l’altro. Spegniamo il moccio e Aldo fa: "tornamo dentro?"Luca alza le spalle. Arriviamo all’albergo in poco tempo. Mi sento piena di vita e, scalpicciando sui tacchi, faccio una corsa verso la porta lasciando dietro i miei due accompagnatori. "dai forza!"Saliamo in ascensore sotto lo sguardo inquisitore del *********. Appena le porte si chiudono Aldo infila una mano sotto al vestito. "fermo!". "eh dai, aspe’" interviene Luca.Aldo ha gli occhi da animale ottuso. So già che cercherà di scoparmi al volo appena entriamo in stanzaEntriamo. Luca ed io ci attacchiamo subito in un bacio: scende con le mani a toccarmi il sedere impalmandomi i glutei. Io gli tengo le spalle e accarezzo i bicipiti. Credo che Aldo ci stia girando attorno.Sfilo la maglietta di Luca. Il torace è ampio e teso. "quanti anni avete?". "stamo pe’fanne diciassette".In preda all’emozione mi inginocchio a guardarli in mezzo alle gambe. È luca ad avere il pacco più gonfio. Portano le mani alle cerniere ed estraggono i cazzi.Quello di Luca è ancora molle, ma è lungo una spanna ed ha una cappella viola e gonfia, come se l’avesse chiuso in una portiera.Aldo ce l’ha piccolo; forse per questo è già dritto con il filetto del glande che sembra sul punto di strapparsi. Con una mano per parte faccio scivolare fuori le palle. Quelle di Luca sgusciano fuori rimbalzando gonfie. Non riesco a trovare quelle di Aldo; le dita si impigliano in una macchia di pelo fitto. Lo guardo con aria perplessa; allunga una mano e le tira fuori lui.Con due dita sollevo la cappellona di Luca e la bacio: è asciutta e sa di fegato. Luca si appoggia ad un comodino basso mentre Aldo punta il suo uccello verso di me sperando nello stesso trattamento.Abbasso il vestito fin sui fianchi rimanendo con le tette nude. Mi alzo, e il vestito cade a terra.Sono piegata a novanta gradi, con le gambe dritte e la bocca sui genitali di Luca. Aldo mi abbassa le mutande scoprendo il sedere. Alzo lo sguardo verso Luca, lascio uscire l’uccello dalla bocca, metto una mano sotto la tetta sinistra e la sollevo verso di lui. "Questa la conosci già!" Luca ride. "vorrei avere mille tette, con un occhio per ciascuna, per guardarti mille volte".Prendo anche l’altra e, in mezzo, appoggio il suo cazzo che scivola umido di saliva. Sta diventando duro e la cappella comincia a spuntare dal solco del seno. Lo sento crescere e inturgidirsi. Guardo ancora Luca mentre stringo e agito più forte il seno. Il suo cazzo mi colpisce duro sotto il mento. Ha completamente bagnato le tette di colla trasparente. Abbasso la testa e lo prendo tra le labbra.Aldo cerca di farmi sentire il suo cazzetto in mezzo alle chiappe strofinandolo con una mano. Poi punta verso il mio ingresso e dà una spinta: non lo trova. Ci prova ancora ma va troppo in basso. "ahia, che cazzo fai!" bofonchio tenendo l’uccello di Luca in bocca.Aldo suda e grufola e armeggia con le dita attorno alla mia vagina e ne dischiude le labbra. Si leva in punta di piedi e lo infila con uno scattino. Sento che si sta dando da fare là dietro, sta faticando per tenerlo dentro: su e giù sulle punte dei piedi, ma scivola fuori quasi subito e deve ricominciare da capo. Ho cosce troppo lunghe per lui.Allora cerca di allargarmi di più le gambe. Ma io le tengo belle ferme, anzi alzo il sedere, che gli fa l’occhiolino e gli dice: "prendimi, prendimi".Il pene di Luca mi strozza in gola una risata. Aldo ci prova con le dita e me ne infila due nel culo, a secco. Sento bruciare e porto una mano tra le natiche. "ahhh, cristo".Luca si alza: "mo’ hai rotto er cazzo".L’uccello ondeggia pesante tra le sue gambe e punta la cappella nuda verso quello di Aldo.Aldo accenna un sorriso impaurito: "ah Lu’ ma che?.."."rivèstite!".Si rimette le mutande e i calzoni, esce. Di scena intendo.Ho guardato turbata tutta la scena, nuda con una mano di dietro. Luca è di spalle e guarda la porta con gli occhi stretti. Mi avvicino, gli appoggio il seno alla schiena, passo una mano sul suo ventre lucido da adolescente e gli afferro il pene. E’ un duro. Sento le tette ancora bagnate, così lo sdraio sul letto e riprendo l’uccello nel seno. Va subito in erezione. Luca geme, sta per venire. Abbasso gli occhi e dalla cappella esce un nastro di latte denso che schizza in alto, sopra la mia testa. Segue un secondo, ancora più grosso che mi colpisce in viso e cola vischioso sulle labbra e sul seno. Ha sborrato tantissimo lucidandomi la faccia e le tette di sperma bianco candido, che odora di legno verde.Gli scivolo addosso e lo bacio. Allungo una mano e lo masturbo. Torna diritto di nuovo.Luca mi rovescia sulla schiena appoggiando le mie cosce sul petto. Me la trova al primo colpo ed io con le dita divarico le natiche, per accoglierlo dentro.Entra lentamente e non finisce mai. L’utero si contrae e si rilascia non abituato a quelle dimensioni. Sto producendo una quantità industriale di secrezioni: è la mia figa che fa così, che se lo vuole bere; lo spinge fuori e lo risucchia dentro con un rumore di risacca. Da perdere la testa. Tenendolo per i fianchi lo faccio uscire dolcemente. Detergo la fronte dal sudore e dai capelli rimasti appiccicati e sorrido, come una bambina. "aspettami qui"Entro in bagno e ritorno con la boccetta d’olio per i capelli. Luca è sdraiato sul letto e mi guarda col cazzo duro che gli tocca quasi lo stomaco. Sono sudata e contenta. Mi inginocchio tra le sue gambe. "voglio che mi inculi" "ma nun te faceva male?" "so che non me ne farai"Verso un po’ d’olio sulla punta dell’uccello. L’olio scivola verso le palle e gli lucida l’asta. Ne prendo un po’ in mano e mi ungo il buco del culo mischiando olio e secrezioni vaginali. E’ olio di placenta, c’è un nesso evidente.Luca si è seduto sul bordo del letto, ed io sono già girata e in piedi con il sedere all’altezza dei suoi occhi. Infilo una mano tra le cosce e prendo in mano l’uccello, lo appoggio su di me e mi siedo lentamente.Mi lascio rompere il culo, anche se mi fa male. Soffio, sudo, e stringo i denti, ma scendo lo stesso, fin quando mi sento completamente riempita. Alzo i piedi, sostenuta solo dal suo cazzo, che è lì, come una nuova colonna vertebrale e li punto sulle sue cosce. Comincio ad agitarmi su e giù, puntando solo sui piedi. Tengo le natiche larghe con le mani e con le dita sfioro il buco del culo tutte le volte che scendo. E tutte le volte che scendo, sbatto il sedere sudato sulle gambe. "ti faccio male alle palle?" "no, continua!"D’un tratto sento rumoreggiare la serratura, la porta si apre, è mio marito, che mi vede a gambe aperte con un cazzo su per il culo. Gli occhi diventano giganti e la bocca si schiude in un forellino umido.Smetto di agitarmi e lo guardo anch’io, mentre continuo a gocciolare sudore dalla punta del naso. "che stai facendo?! Oh diosanto!" Luca mi prende per i fianchi e mi fa scivolare fuori. Luca: "senti, è meglio che esci". Mio marito: "ma che cazzo dici?!" Io: "si dai, aspetta fuori"Luca si alza e appoggia una mano sulla spalla di mio marito. Le ha già prese, non sembra che voglia riprovarci. Inoltre l’uccello di Luca si è appoggiato sui suoi pantaloni chiari e ha lasciato una macchia bagnata. "c’è una poltrona qua fuori, aspettami lì". Dico.Esce, Luca mi prende da dietro e finiamo quello che avevamo iniziato.
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