Era estate, faceva caldo, e l’ufficio dove lavoravo era quasi vuoto; sono responsabile tecnico di un grande studio di ingegneria e lavoravo svogliatamente. Avevo deciso di prendere le ferie a settembre, per cui in quella settimana di agosto in ufficio con me c’era solo Elena, una giovane laureata in architettura. Descrivere Elena non è facile, perché non è bella secondo i canoni normali; in compenso a me piaceva da impazzire, e lo stesso effetto aveva fatto su tutto lo studio da quando era arrivata circa 6 mesi prima. Non troppo alta, con i capelli biondi tagliati corti; il viso non era bellissimo, ma aveva un sorriso allo stesso tempo dolce e intrigante. Il corpo era invece senza dubbio sensazionale: due tette incredibili, grosse e sode, ravvicinate in modo da creare una specie di stretta valle dove avevo pensato tante volte di infilare qualcosa di grosso. Due gambe non lunghissime ma sottili e lisce, che allora erano anche ben abbronzate; e poi un culo stupendo, tondo e sporgente, che all’apparenza era bello sodo. Elena era fidanzata con un ragazzo invidiato da tutti e parlava già di sposarsi; essendo appena entrata a lavorare aveva poche ferie e così avrebbe raggiunto il fidanzato solo la settimana successiva. Verso le 10 passò nel mio ufficio e mi disse: "Ingegnere, si ricorda che oggi avevamo detto di sistemare l’archivio nel sottotetto?". Non risposi subito non perché non me lo ricordassi, ma perché stavo guardando com’era vestita; portava una specie di canottiera aderente bianca e corta, sotto la quale era evidente l’assenza del reggiseno e che lasciava scoperto l’ombelico. Poi una gonna di jeans cortissima, con in più uno spacco al centro sul davanti; oltre questo solo un paio di sandali senza tacco. "Sì Elena, mi ricordo; finisco questa relazione e ci vediamo tra una mezzora", le risposi quando recuperai l’uso della parola. Mi sorrise e tornò nel suo ufficio; cercai di riprendere il controllo della situazione, ma avvertivo nei pantaloni che il mio uccello non voleva sentire ragioni.Passò a chiamarmi, presi il telefono portatile e la seguii verso il sottotetto; per salire c’era una scala stretta e ripida che spesso avevo odiato ma che stavolta amai profondamente; Elena era un po’ avanti a me, per cui si trovò ad essere circa tre gradini più in alto. Praticamente avevo il culo all’altezza dei miei occhi, e ne seguivo il dondolio ipnotizzante. Rallentai per conquistare una prospettiva migliore e scorsi gli slip aderentissimi che disegnavano il profilo delle chiappe in maniera perfetta. Arrivati nell’archivio cominciammo a rimettere un po’ a posto; poi dovemmo affrontare una serie di rotoli di disegni che Elena tirava fuori dagli scaffali per poi passarmeli. Un gruppo di questi rotoli stava sopra il ripiano più alto dello scaffale ed Elena, con la massima naturalezza, avvicinò un tavolo e vi salì sopra; con ciò mostrò tutto quello che poteva; scorsi perfino un ciuffetto di peli biondi sbucare dalla parte superiore degli slip. Era troppo e decisi di provarci. Mi avvicinai e mentre lei era in punta di piedi per cercare di raggiungere un rotolo, le misi una mano sotto la gonna; lei mi guardò e disse "Ma che fa!"; io feci finta di nulla e cominciai a toccarla, sentendola sudata e bagnata. Tentò un’altra piccola difesa, poi si arrese; le scostai gli slip e carezzai la fica, coperta di peli biondi, ricci e folti. Lei gemeva; mi avvicinai a baciarla e leccarla, e lei cominciò a fremere ancora di più. La feci scendere dal tavolo, le dissi di levarsi gli slip e la gonna, mentre mi sfilavo i pantaloni e le mutande; il cazzo scappò fuori bello dritto e duro, pronto all’uso. Mi dissi che per una volta nella vita non sarei stato come al solito dolce e premuroso; le dissi "Hai visto cosa succede ad andare in giro a rizzare cazzi?". La appoggiai al muro, le sfilai la canottiera, mostrando i seni che ballavano in su e in giù, le sollevai una gamba e la penetrai in un sol colpo. Continuai a pompare con forza, mentre lei urlava e gemeva; le tette ballavano ritmicamente ad ogni colpo di cazzo, e cercava di baciarmi in bocca. Aveva un sapore stupendo; e venne dopo poco con un tremore che mi fece quasi pensare che stesse male. Sbarrò gli occhi e cominciò a respirare affannosamente; mi fermai a guardarla, poi ripresi ad affondare in lei. Le dissi "Inginocchiati e succhiamelo, ti voglio venire in bocca!". Così fece; succhiava da esperta, si strusciava il cazzo sulle guance, leccava i coglioni, metteva la lingua a punta sulla punta del cazzo, lo ingoiava fino alle palle. In breve mi fece venire, e le scaricai in bocca un bel po’ di sperma; lei lo raccolse tutto sotto la lingua, e poi in un solo colpo lo ingoiò. La tirai su e la baciai furiosamente, tastandole le tette e stropicciandole i capezzoli; lei mi toccava ovunque e con un dito mi sondò il buco del culo. "lo vorresti lì dentro, bella troia?", le dissi; lei in vece di rispondere si appoggiò con la pancia sul tavolo, aprì le gambe, e poi appoggiò un piede sul tavolo, scosciandosi al massimo e mostrando un buchino che aveva l’aria di aver accolto già qualche cazzo. "Mi piace farmi inculare, ti prego, fottimi nel culo!". Lo feci; le appoggiai il cazzo all’ingresso e spinsi, senza fermarmi ai suoi gemiti di dolore, in breve ero tutto dentro e spingevo al massimo possibile. Le toccavo la fica ed ogni tanto la tenevo per le tette, strizzandole fino a farle male; poi quando sentii di essere in fondo lo sfilai, la feci girare, e glielo ficcai di nuovo in bocca. Lei prima rimase stupita, poi gustò il nuovo sapore ed in breve fu ricompensata da un’altra scarica di sperma.Restammo un attimo in silenzio a riprendere fiato, poi le dissi "Scusami, ma ho resistito finché potevo". "Figurati", rispose, "non aspettavo altro che un bel cazzo, erano quasi due settimane che non scopavo. Se ti va io sono pronta a continuare"Che dovevo fare, in fondo l’archivio si poteva mettere a posto anche più avanti…L’autore: jgreeder@TheOffice.net
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