La palazzina era di stile liberty ed era circondata da un bel giardino con palme, cedri e diverse magnolie. A terra, tra i viali lastricati con piccole mattonelle, era tutto un susseguirsi di fiori di specie diverse su morbidi tappeti verdi e si notava la mano esperta del giardiniere, perché tutto era curato nei minimi dettagli. Erano le 8 meno qualche minuto, pieno agosto e l’impianto di irrigazione era stato spento da poco perché tutto brillava. Ero arrivata li per un colloquio di lavoro e devo dire che la prima impressione fu di sbigottimento: possibile che in un posto del genere la gente ci venisse per lavorare?Suonai al campanello che era dotato di telecamera e dopo pochi secondi una voce femminile proveniente dal piccolo altoparlante disse: “buongiorno Elisa, ti aspettavamo, accomodati pure al secondo piano…”. Evidentemente la foto che avevo inviato insieme al mio curriculum era stata fatta girare.Il grande cancello di ferro si aprì lentamente e dal marciapiede passai all’interno di quella specie di giardino botanico. La villa era a diversi metri dal fronte strada che percorsi ammirando ancor più da vicino tutto quel ben di Dio. Il portone di ingresso in legno massiccio era enorme però mi bastò toccarlo perché si aprisse senza cigolii. L’ingresso era come me lo ero aspettato: soffitti alti in legno lavorato e pavimenti di marmo. Al piano terra poche porte avevano targhette con nomi di società che non mi dicevano un bel nulla.Ma a me poco interessava. Ero stata invitata ad un colloquio di lavoro dal direttore della grossa società finanziaria che stava al piano di sopra e li mi diressi salendo un grande scalone. Cercavano una nuova addetta alla contabilità e avevo presentato il mio curriculum solo pochi giorni prima.All’ingresso mi aspettava una stupenda ragazza in pantaloni neri e camicia bianca, i lunghi capelli rossi raccolti dietro la nuca.“Ciao Elisa, io sono Maura, sono la centralinista e la segretaria e do il benvenuto a tutte le persone che ci fanno visita, soprattutto se sono belle ragazze come te…” mi disse sorridendo e facendomi l’occhiolino.Io dopo aver balbettato un “ciao… Maura” proseguii con “sono qui per un colloquio…” ma venni subito interrotta “lo so, lo so… vieni, accomodati, ti accompagno dalla nostra direttrice”.La seguii attraverso il salone d’ingresso e poi per un corridoio e standole dietro potei notare che sotto la camicetta non si intravedevano segni di biancheria intima, neppure sotto i pantaloni che erano molto attillati… Superammo alcune porte aperte oltre le quali potei vedere altre ragazze e la cosa che mi colpì fu che erano vestite tutte alla stessa maniera!Ma eravamo arrivate all’ufficio della direttrice. Entrammo e vinsi la scommessa che avevo fatto con me stessa: anche la direttrice – una quarantenne, bionda, alta e formosa, un po’ somigliante alla Marini per intenderci, che ci aspettava in piedi di fianco alla sua scrivania – era vestita con quella che ormai si poteva definire l’uniforme della società: pantaloni attillati e camicetta. Il condizionatore era al massimo perché nell’ufficio c’era una temperatura molto fresca, forse troppo.Io che – convinta che mi sarei trovata di fronte al solito maschietto – mi ero agghindata con una minigonna e un ridottissimo top che lasciava scoperti spalle, ombelico e non solo, cominciai a sentirmi a disagio e fuori posto, non solo perché ero vestita in maniera completamente diversa dalla loro.Maura, congedandosi, mi scoccò un altro dei suoi sorrisi e mentre mi superava da dietro, sfiorò con la sua mano il mio culetto. La cosa mi lasciò di stucco ma la direttrice mi stava già parlando e quindi non ebbi modo di elaborare nient’altro a proposito di quel gesto che di sicuro non era stato casuale.Lei si presentò solo con il suo nome, Virginia, mi disse di avere 38 anni e di essere diventata direttrice della società pochi anni prima. Passando subito al “tu” iniziò facendomi le tipiche domande che vengono poste ad un colloquio di lavoro alle quali risposi – credo – in maniera piuttosto convincente. Ad un certo punto la mia interlocutrice si alzò dalla sedia e, girata attorno alla scrivania venne a porsi dietro di me.“Vedi Elisa – mi disse appoggiando le sue mani sulle mie spalle nude – già dopo aver letto il tuo curriculum mi sono convinta che molto probabilmente eri la persona adatta per sostituire Daniele, il precedente contabile, che era rimasto l’unico maschietto ad aggirarsi tra questi uffici che io ho sempre voluto invece occupati da ragazze… belle ragazze, se possibile…”Mentre diceva questo, le sue mani presero a massaggiare delicatamente il mio collo e le spalle. Poi – dopo aver tolto di mezzo le spalline del mio top – lo abbassò e pose le sue mani fresche sui miei piccoli seni cominciando a strizzare delicatamente i capezzoli che a quel contatto cominciarono ad indurirsi piacevolmente.Mentre le sue mani scendevano sempre di più accarezzandomi in maniera sempre più eccitante, mi chiesi come potevo oppormi. “In nessun modo – pensai – sei ad un colloquio di lavoro dal quale può dipendere il tuo futuro e forse è meglio assecondare le sue voglie”.E poi, cominciava davvero a piacermi.Ero una eterosessuale convinta e la mia unica esperienza particolare – fino a quel momento – era stata quella avuta dieci anni prima, all’età di 18 anni, nel collegio di suore dove mio padre aveva pensato bene di piazzarmi, convinto così di preservare il più a lungo possibile la mia verginità e la mia innocenza.Una sera, la tipa con la quale dividevo la stanza, Barbara si chiamava, con la scusa di spiegarmi come faceva il suo ragazzo a farla godere con la lingua, mi convinse a togliermi il pigiama e a mettermi nuda sul letto. Quello che fece Barbara con la lingua quella sera me lo ricordo ancora… La introdusse nella mia fighetta trovando subito il clitoride e iniziò una lenta ed incessante leccatura. Mi fece godere più volte, poi mi chiese di mettermi a pancia sotto e, allargate le mie chiappette, iniziò a bagnarsi il dito medio e a strofinarlo con moto lento e circolare sopra il mio buchetto. Dopo aver abbattuto le mie residue resistenze, il suo ditino smise di girare e, con un colpo deciso ma non violento, venni a conoscenza dell’immenso piacere che anche il culetto può riservare.Ovviamente dovetti ricambiare le attenzioni della mia compagna di stanza che riuscii a far godere in maniera passabile visto e considerato che mi chiese se poteva ancora contare su di me.Ma quella – come già detto, fino ad allora – era stata l’unica esperienza saffica della mia vita.Nel frattempo Virginia si era portata davanti a me, mi fece alzare dalla sedia ed abbassandosi cominciò a sfilarmi la minigonna guardandomi in su con uno sguardo che non lasciava alcun dubbio su come sarebbe continuato quel colloquio. Mi sfilò le mutandine, tolse di mezzo il top e mi fece risedere, dopodiché mi tolse le scarpe in modo che restai nuda di fronte a lei, che invece era ancora completamente vestita. Tolto un lieve rossore in faccia, lei era ancora impeccabile e imperturbabile, mentre io ero in eruzione e praticamente incapace di ribellarmi.Pose le sue mani sulle mie ginocchia e lentamente cominciò a farle salire accarezzandomi con movimenti circolari. Arrivò ben presto nei pressi della mia fighetta che era ben visibile perché – rilassandomi – avevo completamente aperto le mie gambe.Si portò il dito indice alla bocca, lo baciò posandomelo poi sul mio folto boschetto. Ci sapeva fare la signora e la mia passerina cominciò a subire le conseguenze di quel trattamento perché la sentii inumidirsi. Meno male che quella mattina avevo fatto un lungo bidè e mi ero addirittura profumata la figa usando il costosissimo profumo di mia madre.Ormai ero partita e mi ero completamente lasciata andare, cominciai a mordermi le labbra e gemendo, chiusi gli occhi per assaporare meglio quei deliziosi momenti e per non cadere, dovetti appoggiare bene le mani sulla sedia.Ormai il suo dito stava esplorando dall’interno la mia calda vagina che si apriva sempre di più a quel contatto. Cominciò a fare avanti e indietro sempre più velocemente, come un piccolo cazzetto… ormai ansimavo e non vedevo l’ora di raggiungere l’orgasmo che sembrava sempre più imminente…Ma lei si interruppe di colpo e dandomi un’ultima strizzatina ai capezzoli ormai infiammati, si alzò e mi chiese di spogliarla. Io che non vedevo l’ora che lei riprendesse quello che aveva così bruscamente interrotto, decisi di assecondarla cominciando a slacciare la cintura dei suoi pantaloni.Portava un perizoma ridottissimo e sentii subito il forte odore di eccitamento che emanava dalla sua figa che era completamente rasata… allora non era di pietra neanche lei!Glielo abbassai e lei si liberò con un veloce movimento sia di quello che dei pantaloni ormai arrotolati ai suoi piedi.Slacciai la sua camicetta e dovetti farlo senza alzarmi dalla sedia. Per consentirmi di farlo si portò ancora più vicina facendomi sentire ancora di più l’odore forte e penetrante che proveniva dalla sua figa sulla quale si incominciavano ad intravedere alcune tracce di umido.Cadde anche la camicetta che lasciò scoperti due seni grandiosi, perfetti, con due capezzoli scuri e dritti come non ne avevo mai visti e sui quali volevo mettere subito le mie mani, come aveva fatto lei.Ma lei prese le mie mani e se le portò sul culo che non solo era alto e sodo ma che aveva una pelle liscia e perfetta. Evidentemente la signora doveva lasciare un bel po’ dei soldi che guadagnava in qualche centro di benessere.Credendo di intuire quello che voleva, cominciai ad esplorare con le mie dita la sua fessura posteriore e delicatamente aprii le sue maestose chiappe. Lei mi assecondò, aprendo un po’ le gambe e arrivai subito a sentire il suo buchetto. La guardai cercando di intuire se quello che voleva era quello che pensavo e non ebbi dubbi. Allora allargai la mia mano e con il pollice cominciai a massaggiare delicatamente la sua figa glabra mentre con il resto della mano frizionavo contemporaneamente il suo solco posteriore. Con l’altra mano cominciai a masturbarmi cercando di arrivare a quell’orgasmo che lei aveva interrotto.Ma la direttrice si scostò improvvisamente (di nuovo!), lasciandomi con una mano penzolante che odorava della sua figa e del suo sfintere e obbligandomi a smettere immediatamente di smanettare la mia passerina ormai fradicia.Appoggiò il suo delizioso culo nudo al bordo della scrivania e incrociando le braccia sopra i suoi seni, come se fossimo ad una seduta del consiglio di amministrazione, disse: “bene, Elisa, hai superato la prova. Direi che puoi considerarti assunta. Per il tuo compenso prenderai accordi con Katia che ti farò conoscere tra un po’. Voglio comunque che tu sappia che in questa società paghiamo molto bene le nostre collaboratrici e che, per tutte, superiamo abbondantemente gli importi fissati dal contratto nazionale di lavoro.”Poi cominciando a rivestirsi e dicendomi con un cenno di fare altrettanto, continuò dicendo: “oltre alla retribuzione, comunque, le nostre collaboratrici godono di diversi benefit; uno dei quali consiste in una speciale convenzione con un istituto di massaggi e di estetica che per un prezzo simbolico potrai frequentare tutte le volte che vorrai per sentirti sempre in forma perfetta. Ah! Conto sul fatto che tu voglia adeguarti allo stile dell’ufficio adottando la divisa che hai visto indossare a me e da parte delle ragazze. E’ una cosa alla quale tengo molto… e avrai modo di comprenderne il motivo…”Io che non credevo alle mie orecchie, mi rivestii in fretta, dopodiché fui accompagnata in giro per i vari uffici dove ebbi modo di conoscere Katia, l’addetta alle paghe, e le tre collaboratrice più strette di Virginia, quelle che – mi spiegò – l’aiutavano nell’istruzione delle varie pratiche da sottoporre al consiglio di amministrazione: Marika, Noemi e Alice.Notai innanzitutto che tutte e quattro erano di una bellezza sconvolgente, truccate e perfette nella ormai famosa uniforme. Ma notai anche che non guardavano mai negli occhi Virginia, tenendoli bassi quando parlavano con lei che invece, nel presentarmele, metteva sempre una mano sulla loro spalla, mano che pochi attimi dopo finiva per scendere – lo intuivo – fino a soffermarsi all’altezza dei loro culetti.Finite le presentazioni, Virginia mi accompagnò lentamente all’uscita mettendo anche a me una mano non sulla spalla come mi ero aspettata, ma sotto l’ascella in modo da riuscire a toccare un’ultima volta il mio seno che a quel contatto, ricominciò a indurirsi.Ma eravamo ormai arrivate davanti alla scrivania di Maura che si alzò per salutarci e, assieme a Virginia, mi diede appuntamento al lunedì successivo per l’inizio di un lavoro in quel posto meraviglioso, che sembrava garantire un sacco di piacevoli sorprese.
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