-Non restare lì a guardarmi, spogliati – le ordinò l’uomo con cattiveria. -Non sarà la prima volta che fai l’amore! – Rimpianse di averlo seguito, ma si tolse la camicia automaticamente, osservando le pareti sporche della stanza di quel triste alberghetto. Si sganciò il reggiseno orlato di pizzo e lo lasciò cadere su una seggiola. L’uomo l’aveva pescata quel pomeriggio, mentre lei portava a spasso la sua noia per Villa Borghese e continuava a tormentarsi a proposito di quelle idee che le erano venute in mente la settimana precedente. Vedendo la verga gonfia del compagno, fremette, non di desiderio ma di paura. Lasciò cadere a terra la gonna larga che aveva indossato quel giorno, si sfilò le mutandine e si ritrovò nuda come lui. Quell’uomo non aveva fatto storie ed era venuto direttamente al nocciolo, dicendole che non era un playboy e che non condivideva l’ipocrisia degli altri uomini verso le ragazze. -Quando uno ha voglia di una donna – aveva detto, – basta dirglielo ed è fatta. – E lui glielo aveva detto. Stranamente lei non aveva risposto, cosa che per un uomo come lui significava sempre una risposta affermativa. Così, quasi senza chiederle il suo parere, l’aveva portata in quella camera d’albergo ed ora era nuda davanti a lui, consenziente senza esserlo, desiderata ma non desiderosa. L’uomo era eccitato. La verga oscillava e lei guardò il glande nudo, scoperto dal prepuzio e non provò alcun desiderio. I testicoli formavano una sola borsa che risaliva alla radice del fallo potente e vide la carne contrarsi, i peli rizzarsi, il pene gonfiarsi ancora di più. Si strinse contro di lei, si strofinò selvaggiamente, contro la vagina asciutta e con la mano, dietro le natiche, controllò che il glande passasse dall’altra parte. Spinse la sua verga contro la fessura e si mosse brutalmente, lanciando strani gemiti. All’inizio lei non avvertì i morsi sul collo e sulle spalle, le parve che tutto fosse piacevole, sogghignò. Certamente troppo sicuro di se, l’uomo interpretò il suo ghigno come segno di eccitazione e precipitò gli eventi rovesciandola all’indietro per poter entrare meglio dentro di lei. Ebbe qualche difficoltà ma forzò un poco fino a quando il glande non penetrò all’inizio della vagina. Credeva che la ragazza gemesse dal piacere, tanto era capace di farla godere, non gli passò nemmeno per la testa che potesse soffrire poichè stava violentandola e si comportava con lei come con una puttana. Lei era vergine. Lui non se ne rese nemmeno conto. Chiuse gli occhi e cercò sinceramente di provare qualcosa. Ma il membro che le raschiava le pareti della vagina non faceva che ferirla e procurarle un dolore lacerante in tutto il ventre. L’uomo si avventò, l’afferrò alle natiche per mantenerla in quella scomoda posizione e permettere alla verga di infilarsi con prepotenza nel canale ancora asciutto. Ma subito si ritrasse accorgendosi della difficoltà, le strapazzò il seno, cattivo, graffiando la pelle sensibile e maltrattando le dolci sfere sode come se si fosse trovato tra le mani delle mammelle vizze. Frettolosamente le carezzò i fianchi e infilò violentemente l’indice nella vagina e la stuzzicò senza smettere di spiare ogni reazione sul viso della ragazza. Ogni smorfia, ogni gesto, ogni gemito gli dava la prova della sua abilità, della sua incontestabile tecnica. -Ti piace – le disse inutilmente. – Siete tutte uguali. Delle puttanelle. In apparenza santarelline ma ai fatti… – Ritirò il dito e lo fece scivolare fino all’ano che sfiorò appena, come se si riservasse l’esplorazione per più tardi, come avesse già deciso il menù. Poi, prese di nuovo a strapazzarle il seno. -Potresti prenderlo in mano, – le disse tenendo quel suo affare duro e teso contro la mano inerte. Ma prima ancora che lei potesse decidere, la costrinse a girarsi, a chinarsi un po’ e ad aprire le natiche per prenderla da dietro, senza tenerezza, infilando la verga con un solo colpo brusco, fino all’estremo delle sue possibilità virili. Poggiò la mano destra tra i peli bagnati di sudore e sangue e la sinistra sul seno. Allora fece l’amore. Infilandole il membro con forza, sbattendole contro il culetto ad ogni scatto, la faceva soffrire ogni volta che il glande penetrava troppo profondamente nella carne, sicuro di darle un enorme piacere. La mazza tesa, violando la carne, le faceva provare una sensazione molto lontana da qualsiasi benessere. Eppure l’uomo la penetrava con energia, sicuro di essere gradito. La ragazza si dibatteva sotto gli assalti violenti e sentiva la verga nella sua carne, prendendola come una punizione. Ma, poco a poco, una sensazione nuova si fece strada in lei, un po’ come se il dolore lasciasse progressivamente il posto a una sensazione più gradevole, almeno meno dolorosa. L’uomo si affannava senza sosta, aggrappandosi ai suoi fianchi per guidare meglio il suo fallo in lei e per controllare il ritmo della scopata. A volte i testicoli urtavano contro le natiche tenere e le regalavano una carezza dolce, a volte il pene usciva quasi del tutto dalla vagina liberandola per un istante. Ma ogni volta si riinfilava ancora più violentemente per inserirsi meglio e andare a toccare il fondo delle viscere. Lei sentì che il suo partner cominciava a rantolare e capì che era vicino all’orgasmo. In lei, solo un turbamento leggero simile a quello che provava quando, ragazzina, si infilava lentamente in un bagno di schiuma calda. Niente di più. Si sentì inondare da un getto caldo che le procurò una gradevole sensazione. Poi un altro getto ancora più violento e sentì che il liquido denso colava tra le labbra della vagina e sulle cosce, lentamente. L’uomo lanciò un ultimo rantolo e si ritirò immediatamente, dimenticando la presenza della ragazza. Si girò verso il piccolo lavabo posto sulla parete sinistra della stanza. Tese il pene ancora eretto al di sopra del lavandino e lo scosse, guardandone con pazienza l’estremità del glande arrossato, finchè l’urina cominciò ad uscire. -Ah, come sto bene – grugnì, facendo cadere le ultime gocce. Poi si girò verso la compagna, il pene sempre ritto e le indirizzò un sorriso idiota, ridicolo. Aveva voglia di dirgli che non aveva sentito niente e che per essere la prima volta lui non le aveva certo fatto un regalo. Ma vedendo il suo viso radioso, capì che era troppo contento di se stesso per credere un solo istante di non essere stato capace di farla godere. Era il genere d’uomo capace di rendere responsabile ogni donna di frigidità piuttosto che ammettere una sua incompetenza. Di nuovo le si spinse contro e di nuovo lei ricevette la verga calda e umida tra le cosce, contro la carne dolorante della vagina. Il torace villoso si schiacciò contro il petto e lei fremette un poco, quando lui cominciò a strofinarsi contro di lei. -Ah! – disse trionfalmente prima di allargarle le natiche e accarezzarle lascivamente il solco sudato. – Hai già voglia di ricominciare, puttanella! – Non ebbe nemmeno il tempo di replicare che si ritrovò, spinta con violenza, riversa sul letto, le cosce allargate, tenute aperte a forza dal suo amante bestiale. Si rese conto che lui osservava i fremiti istintivi del suo inguine, le dolci volute dei riccioli del pube, l’apertura involontaria delle labbra della vagina. -Sei macchiata di sangue, sei mestruata o ti ho ferita? – le chiese guardandole avidamente gli inguini. Non rispose. A che valeva dirgli la verità. Subito l’uomo si chinò su di lei, quel tanto che bastò per spingere l’estremità del glande sopra il clitoride appena sporgente. Tolse la mano da una coscia e afferrò il fallo aggressivo, come fosse un enorme pennello, per puntarlo esattamente tra le grandi labbra, allargando la carne tenera, stimolando accuratamente la vulva e il clitoride. Per la prima volta, lei si sentì meglio. Si sentiva riconfortata e il moto di tenerezza del suo amante le dava benessere, calore, piacere. Lo lasciò fare e girò la testa lentamente da una parte e dall’altra sulla coperta ancora intatta. -Ah, ah! – disse, di nuovo incoraggiato, il suo amante. Si dedicò alla carezza infilando appena il membro turgido tra le labbra della vagina, sfiorandola in tutta la lunghezza, toccando e titillando il clitoride, per eccitare ancora di più la compagna che sembrava abbandonarsi al suo dominio di maschio meglio di qualsiasi altra femmina. I capezzoli s’erano drizzati e lei ora fremeva, turbata. Tra le cosce il pene faceva colare dolcemente il succo e l’umidità bavosa carezzava la pelle delicata. Sollevò appena i fianchi, per sentire la verga sprofondare ancora di più e mosse le natiche in un va’ e vieni leggero. Quasi per cattiveria l’uomo fece in modo che il suo glande non penetrasse mai completamente nella sua vagina aperta. Come se volesse ancora possederla rimandò il momento del coito e fece di tutto per eccitarla ancora, dal momento che dalla vagina venivano fuori copiosi gli umori. Lei stava finalmente bene. Le premeva sul ventre una voglia strana, si sentiva attratta da quell’uomo, aveva voglia di averlo in lei, mentre prima aveva desiderato soltanto uscire dalla stanza e fuggire. La verga si infilò profondamente, per un attimo, ma subito si ritirò. Sollevò il corpo per andare incontro con il ventre al membro, ma l’uomo ogni volta si ritraeva, si rifiutava. Cominciò a gemere, a contorcersi, schiacciò le mani contro i seni per carezzarli violentemente, impastando la carne e provocandosi sensazioni profonde che le percorrevano il corpo, che la eccitavano. A volte riusciva ad alzare il ventre in maniera tale che il pene le scivolasse dentro e la facesse fremere di più, ma il suo amante non le permetteva di tenere il controllo della situazione. L’uomo sbavava dal piacere. La ragazza era totalmente in sua balia. Continuò il suo gioco per un istante ancora, apprezzando l’umidità della vagina offerta, il calore del succo colante, i movimenti di lei che già facevano nascere in fondo al pene un leggero piacere: piacere che stava solo a lui far diventare più grande. Affondò bruscamente, slargando la vagina e infilandosi, per tutta la sua lunghezza, nel corpo della ragazza. I testicoli aderirono alle natiche e i peli umidi di sudore si congiunsero con la pelle. La ragazza urlò. La violenza di quella penetrazione contrastava troppo con la dolcezza delle carezze di prima e le sembrò che una sbarra d’acciaio le perforasse il ventre, tanto il glande urtava il fondo della vagina e le martoriava la bocca dell’utero. Si ritirò di scatto e si sollevò appena sul letto, subito spinta indietro dalla violenza del suo amante che le afferrò le cosce e le sollevò le gambe al di sopra delle sue spalle. In quella maniera il pene potè affondare maggiormente e il dolore divenne insopportabile. L’uomo arretrò un poco per far uscire il membro dalla cavità bagnata e di nuovo affondò, urtando ancora una volta le pareti profonde del sensibilissimo antro e ancora lei urlò. Accelerò il ritmo, come una bestia, accanendosi sulla ragazza e lanciando grida inumane che non facevano altro che dimostrare il piacere che provava nel vedere le smorfie grottesche disegnarsi sul viso trasformato della sua vittima. Lei però, adesso provava una sorta di benessere, come se il dolore fosse una gioia, come se superata la sofferenza, l’estasi l’avesse presa tutta e la colmasse. Istintivamente prese a gemere, spingendo il corpo incontro alla violenza dell’amante, come per far sprofondare il pene in lei ancora di più, contraendosi tutta per sentire quella potenza rasposa tra le cosce, nel ventre, profondamente. Il membro scavava in lei e avrebbe voluto che si saldasse alla sua carne. Annodò le gambe dietro la testa dell’amante e si servì di quel punto d’appoggio per muoversi, ritmando la cavalcata secondo i suoi desideri, prolungando la penetrazione quando lo voleva e lasciando che il membro uscisse da lei e facendolo penetrare di nuovo quando desiderava sentirsi carezzare intimamente. L’uomo la lasciò fare per qualche minuto prima di ficcarle le unghie nelle natiche. Riprese il controllo dei movimenti del suo corpo, restò immobile, sollevando il sedere della giovane. La verga durissima scivolava facilmente nel canale gocciolante, le pareti della vulva non aderivano perfettamente attorno al fallo e l’uomo riprese a muoversi per far si che le contrazioni della vagina gli procurassero un piacere più forte. In quel momento sentì che si scatenava il desiderio. Lo sfregamento contro le pareti vaginali procurò al suo glande un nuovo vigore e le sensazioni si fecero più violente, come se in quel momento fosse lui la vittima e lei la padrona. Eppure quando lo sperma sprizzò nel fondo della cavità bagnata, riprese il sopravvento e sentì la ragazza fondersi sotto i suoi colpi che portava profondamente nelle viscere, violando la carne per inondarla del suo seme. La ragazza godeva. Si mescolavano in lei sensazioni magiche di piacere straordinario per quel suo primo orgasmo vaginale, qualcosa che a volte le sembrava un conforto, come se fosse felice di godere assieme ad un maschio, come se la constatazione di essere capace di venire in un rapporto con un uomo la rallegrasse. Quando si fu liberato dell’ultima goccia di sperma, l’uomo si ritirò e tornò accanto al lavabo per cercare di urinare, come aveva fatto prima. Ma questa volta provò dolore e scosse la verga a lungo prima di vedere il getto giallognolo sgorgare, quando la carne si fece molle. Lei aspettava, allungata sul letto. Il maschio si girò e venne a sdraiarsi accanto a lei, soddisfatto, cadde in una specie di dormiveglia beato, carezzandola distrattamente. Lei lo guardò dormicchiare, domandandosi chi fosse e cosa ci faceva lei in quel letto, in quella squallida stanzetta d’albergo. A ventidue anni ancora vergine, un sigillo che si portava addosso ormai con rabbia e che era stato spazzato via in un attimo di follia. Non aveva mai avuto grandi storie d’amore, eppure gli altri si interessavano a lei che era sempre sola, che respingeva tutti i tentativi e non cercava affatto di trovarsi un partner. Nessuno mai l’aveva vista tra le braccia di un uomo. E lei s’era creata una leggenda, aveva lasciato credere che frequentava un uomo di quarant’anni, ma il dubbio persisteva. Si era posta delle domande e all’improvviso aveva preso coscienza che le relazioni eterosessuali erano le sole normali e che il suo rapporto con se stessa era fuori norma. Si era chiesta se avrebbe mai vissuto una vita sessuale come le altre. E quel giorno, passeggiando per Villa Borghese, non era riuscita a respingere le idee che le erano balzate alla mente. Pensava a quell’uomo di quarant’anni che aveva inventato per starsene tranquilla e si chiese se, dopo tutto, non desiderava veramente incontrarlo, se non altro per sapere… Erano già dieci minuti che gli carezzava i testicoli, passando e ripassando le dita tra il pelo umido, affondando dolcemente nella carne per risvegliare la virilità addormentata dell’amante che la lasciava fare, un po’ nervoso, un po’ deluso nel suo orgoglio di maschio infallibile. Fece scivolare le dita lungo l’asta molle raggiungendo il frenulo, stringendo con delicatezza. Poi scese di nuovo, sempre carezzando, verso i testicoli. Il pene non si drizzava. La carne restò inerte, vuotata di sangue, quasi fredda e l’uomo cominciò a mostrare segni di collera, di irritazione, la riteneva responsabile della sua momentanea impotenza, della sua incapacità. Si drizzò sul letto e osservò la mano che si affannava su di lui. Poi guardò fisso la compagna, alzò le spalle e spinse via la mano. -No, non pensare che possa accadere un miracolo – le disse con cattiveria. -Saresti capace di raffreddare chiunque, tu. – Delusa, senza capire perchè lui le parlasse così quando faceva di tutto per risvegliare la sua voglia, non desiderava più far l’amore adesso, lo guardò sollevarsi e osservò il pene che ricadeva tra i testicoli. -E ora! – riprese ancora più arrabbiato. – Non ti metterai a ridere, incapace! – Le mollò uno schiaffo sulla spalla e le si avvicinò aggressivo, le montò sopra allargando le gambe in modo da portare il sesso all’altezza del suo viso. Poi, con naturalezza, agguantò il membro molle e lo diresse verso la bocca dischiusa, appoggiando il glande umido sulle labbra della ragazza. La ragazza si gettò all’indietro. -No, così no! – disse con affanno. – Te ne prego, tutto, ma così no! – L’uomo rimase dapprima meravigliato, ma poi la rabbia gli contrasse il viso, una rabbia che si trasformò in furore. Afferrò la ragazza per i capelli e l’obbligò a succhiare la carne molle, sperando che così il pene gli si drizzasse e potesse ancora una volta godere. Ma lei si dibattè selvaggiamente tanto da convincerlo a lasciar perdere, in quel modo rischiava un morso e non certo di farsi leccare il glande e stimolare il pene. Scaricò su di lei la sua collera, la battè, la schiaffeggiò, la graffiò affondando le unghie nell’inguine e tirando come volesse strappare le fragili labbra. Lei preferiva questo trattamento all’altro e sopportò senza dir niente, senza versare una lacrima, senza difendersi, finche il maschio si eccitò nuovamente a causa della violenza esercitata su di lei. Il pene adesso si era nuovamente ingrossato e svettava duro e turgido. Afferrò la ragazza e la rigirò sulla pancia con malagrazia, cominciò a carezzarle lascivamente le natiche, a divaricargliele. -No ti piace ciucciare il cazzo, puttanella? – le disse ansante, cattivo. -Tutto, ma cosi no eh? Ora vedremo se il “tutto” che intendo io ti piace! – La ragazza si irrigidì immediatamente. -Ti prego… – mormorò. -Ti prego cosa? – le chiese, sorridendo cinico. -Tutto quello che vuoi, ma questo no… per favore! – la sua voce era un sussurro. Tremava e si stringeva tutta dalla paura. -E questo no, e quest’altro neanche, ma di’ mi hai preso per scemo? – l’uomo la irrideva, continuando a carezzarle il culo. -Non l’ho mai fatto… ho paura! – rispose piagnucolando. -Ma guarda, – esclamò, allargandole oscenamente le chiappe. -E così sei vergine da questa parte!… Ma no!… Allora sarà un vero piacere per me essere il primo ad inaugurarti il culo! – -No!… Ti scongiuro non farmi questo! – la ragazza scoppiò a piangere. Girò la testa e lo fissò atterrita con gli occhi pieni di lacrime. L’uomo si leccò perversamente un dito insalivandolo, poi l’appoggiò allo sfintere e prese a giocarvi lubrificandolo. Lei continuava a fissarlo con la testa girata. Tornò ad insalivare il dito che questa volta affondò nel buchetto della ragazza, provando a lubrificarla internamente. Lei gemette forte. -Zitta puttanella, questo è solo un dito. Risparmia il fiato per dopo. – affondò più profondamente il dito. -Ahii… – lei si morse le labbra, sobbalzava, mentre tentava vanamente di stringere le natiche che l’uomo teneva allargate con una mano. L’uomo provava un piacere divino a violarla con il dito nell’ano e la scandagliava dentro in profondità, affondando fino al palmo e facendola rantolare di dolore e di vergogna per quel gesto osceno e volgare. Quando fù stanco di stantuffarla in quel modo estrasse il dito e, divaricatele le chiappe, appuntò il glande allo sfintere. Lei cercò istintivamente di sottrarsi, schiacciandosi contro il letto, ma non poteva sfuggire alla presa crudele del suo amante che cominciò a spingere con decisione. -Aaahhh… – urlò rattrappendosi. Il glande riuscì a penetrare oltre il muscolo serrato dell’ano, che si richiuse palpitante intorno alla corolla, e iniziò a penetrare nel canale stretto e bruciante della ragazza. -Basta!!, Bastaa!!!… Non entrarlo più a fondo… Ti pregoo!! – urlò, sentendosi prossima a morire per il dolore. Quel pene durissimo le stava scavando una galleria di sofferenza atroce nelle viscere, dilatandola e dilaniandola con ferocia pazzesca. Il glande continuò ad avanzare raschiando le pareti del budello, cercando di violarla fino in fondo, i suoi fianchi si contrassero violentemente, la sua testa si arcuò all’indietro e iniziò a urlare. L’uomo le vedeva la bocca spalancata nel viso deformato dal dolore, solcato dalle lacrime che le sgorgavano copiose dagli occhi. Si beò di quella sofferenza, mentre sentiva l’ano di lei contrarsi ritmicamente con spasmi incontrollati sulla sua verga durissima. Continuò a spingere con forza, penetrando lentamente, mentre la ragazza digrignava i denti, gridava, si inarcava impotente. Lei intanto dava dei sussulti tremendi, sentendosi infilare quell’affare durissimo su per l’intestino, piegava le gambe all’indietro e mordeva le lenzuola, negli spasimi dell’agonia che lui le infliggeva. Alla fine, fu tutto dentro di lei, con un’ultima botta forte e violenta, si immerse fino in fondo nel suo retto. L’urlo che ne scaturì riempì tutta la stanza. -Ah! – ruggì l’uomo, fermandosi per un momento. -Ce l’hai nel culo, puttanella… Ti fa male vero? Coraggio il peggio è passato. – Ma lei era lungi dal credergli. Sentiva solo quell’enorme sesso che le violava il sedere procurandole un bruciore terribile. Cercò di rilassarsi, ma quando lui prese a muoversi il dolore ricominciò e lei riprese a gridare e singhiozzare ad ogni spinta come se la violasse ogni volta per la prima volta. Ad ogni spinta lui conquistava un poco di spazio in più nel suo intestino e ogni volta lei sentiva una lama bruciante perforarle i lombi e ripercuotersi fin dentro lo stomaco. Ogni volta lo infilava sempre più dentro finchè non sentì i suoi testicoli sbatterle sulle natiche -Muoio!… Ti prego non resisto!… – aveva girato la testa a guardarlo e urlava come impazzita. -Non voglio!… Basta finiscila!… Ti prego!!… Aaah!… – L’uomo neanche stette ad sentirla, continuò a scanalarla con forza, con spinte violenti e regolari che facevano uscire la verga per più di metà per poi infilarla nel sedere contratto fino in fondo. La reggeva per i fianchi mentre lei urlava ad ogni affondo, mentre guizzava come una biscia fra le sue mani. L’uomo la sodomizzò a lungo, scavandola con cattiveria, sbattendo la verga in fondo ai suoi intestini con colpi profondi che facevano risuonare il suo ventre sulle sue chiappe, e lei si lamentò per tutto il tempo. Un rantolo ininterrotto sfuggiva ormai dalla sua gola infiammata per il troppo urlare. Le sue unghie graffiavano istericamente i cuscini. Cercò una volta ancora di scrollarselo di dosso, ma ormai i suoi tentativi erano deboli. Non aveva più forze. Poi l’uomo sentì arrivare lo spasimo terribile, non resistette più sentendo salire dentro di lui l’orgasmo inarrestabile; la scavò a grandi colpi profondi e rudi strappandole le ultime grida, e con una spinta finale si immerse completamente fino in fondo, lasciando zampillare dentro le sue viscere lo sperma a lungo trattenuto. Rimase ansante su di lei. -Allora puttanella, ti è piaciuto, o preferivi ciucciarmelo? – le sussurrò all’orecchio. Lei non rispose. Piangeva sommessamente. L’uomo si sfilò e si alzò dal letto. Un sottile rivolo di sangue macchiava le cosce della ragazza. Si avvicinò per la terza volta al lavandino, ma questa volta solo per darsi una sciacquata al pene ormai sgonfio. Quando finì, il maschio non si girò verso di lei e s’infilò i vestiti in fretta. Lo vide uscire dalla stanza senza rivolgerle uno sguardo e constatò che non era stata altro per lui che un oggetto di piacere. Poi pensò che era meglio così. Dopotutto non teneva a lui più di quanto lui tenesse a lei. Si girò supina, soffocando un gemito di dolore, e restò un poco sul letto a guardare le fenditure sporche del soffitto, poi si alzò e si vestì. Nell’ano sentiva ancora la presenza del dardo bruciante e il seme dell’uomo le colò sulle cosce. Sollevò la gonna e si asciugò. Si lavò le mani, dispiaciuta che non ci fosse una doccia per poter pulire tutto il suo corpo, come per purificarsi, come se solo in quel momento si sentisse zozza, sporca, degradata. Uscì in fretta da quel sordido luogo senza nemmeno chiudersi la porta alle spalle, scese le scale. Dovette pure pagare la stanza. Si precipitò in strada ma non osò correre. Camminò a lungo, si riprometteva di non rivedere mai più quell’uomo così indifferente, egoista, freddo e violento insieme. Eppure c’era ancora in lei il ricordo della recente felicità provata nell’orgasmo avuto con lui, un ricordo vivido. Sorrise. In fondo, pensò, sarebbe stato meglio se glielo ciucciava.
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