Avevo compiuto da poco 19 anni (in realtà ne dimostravo non più di 17), una sera, una come tante altre,ricevetti la solita chiamata di un mio carissimo amico, con il quale esco spesso in gruppo: “Ehi Luca! Giovedì della prossima settimana c’è una mitica festa in maschera, che ne dici se ci andiamo insieme agli altri?” “Ok” risposi io “…ma che costume indossiamo? io non ne ho nessuno?” chiesi titubante. “Ho un idea geniale e divertente! … Ci vestiamo da Spice Girls! Che ne dici?” Rispose. Rimasi un po’ perplesso, poi dopo averci pensato un po’ ribattei” … perché no!”Spiegai tutto a mia madre (io abito solo con lei, i miei sono separati), che scherzandoci su accettò di darmi una mano nell’abbigliarmi. Nei giorni seguenti fra commenti riguardanti che cosa sarebbe successo nell’entrare nei panni della Spice Girls e il reclutare gli altri tre per comporre il gruppo musicale, arrivammo al momento di dover fare le prove del “travestimento”. Fui reclutato a fare la parte della “Rossa” (mi pare che si chiami Geri!? non mi ricordo… quella che se ne è andata dal gruppo).Trovare i vestiti fu una discreta difficoltà ma alla fine ci riuscì grazie all’aiuto di un mia cara amica.In quei giorni notai che qualcosa di completamente nuovo si stava sviluppando in me: un misto fra paura ed eccitazione. Qualcosa che fino ad allora non avevo mai provato. Non feci più di tanto caso alla questione, del resto pensavo questa cosa per me è nuova: da donna non mi sono mai vestito e può darsi che questo pensiero mi innervosisca…Erano le 15 di pomeriggio del Lunedì precedente al famoso Giovedì sera. Avevo tutto ciò che mi serviva. Ero in bagno e mia madre era al piano di sotto. Come avevamo già deciso dovevo provare il travestimento per vedere se tutti gli abiti erano in grado di trasformarmi nella Spice. Mi spogliai completamente rimanendo con i soli slip, presi i collant e non appena li toccai il cuore comincio a battermi fortissimo e una strana eccitazione crebbe in me. Non riuscì a capire il perchè, ma non ci feci più di tanto caso e continuai.Come da programma, comincia ad infilarmi dei collant color pelle, lucidi, 50 denari per la cronaca, in grado di nascondere quei pochi peli che un diciassettenne può avere. Subito dopo indossai un altro paio di collant: questa volta più chiari, quasi color panna e sempre lucidi, ma velatissimi e leggeri. Il cuore mi balzava nel petto e io mi sentivo eccitato a non finire, come un bambino che scopre un giocattolo nuovo! Con estremo stupore mi accorsi che il dolce frusciare dei collant tra una gamba ed un’altra, mi provocò un’erezione! Caspita! cosa mi succedeva! Non capivo il perché di tutto ciò! In testa mi domandavo quasi frastornato: ma non sarò mica gay? Eppure le donne mi piacciono! Ma continuai a vestirmi non curante delle troppe domande.I collant erano sicuramente una misura sotto quella che avrei dovuto portare: erano strettissimi, in tirare e con stupore mi accorsi che riflettevano delle curve estremamente femminili alla luce dello specchio: caspita erano proprio le mie gambe oppure quelle di una ragazza!? Indossai il reggiseno seguendo le istruzioni di mia madre e nelle coppette inserì pazientemente delle spalline, tolte da alcune giacche. Aggiustandole bene ricreai perfettamente dei seni naturali e prorompenti. Indossai poi un body di colore bordeaux, con maniche lunghe, attillato e alto fino al collo. Lo allacciai fra le gambe con estrema difficoltà (beh… per me non era certo un’operazione di tutti i giorni!).Quell’agganciare lacci, odorare sapori di donna e il trasformare il mio corpo in una forma aggraziata e femminile mi eccitava e mi piaceva: questo era il punto! Questa era la risposta a tutte quelle sensazioni. E onestamente in quel momento non m’interessava altro che continuare. Indossai la minigonna designata per la mia trasformazione: molto di “tendenza”, un po’ da cubista. Era color rosso-bordeaux luminoso e strettissima alla vita e alle coscie (del resto era della mia amica che era più piccola di me). Mi guardai un attimo allo specchio e mi resi subito conto di che il mio corpo era veramente divenuto quello di una sinuosa femmina. Mi osservai come volteggiando su me stesso, con fare femminile : ero proprio entrato nella parte.Poi presei e mi incamminai verso le scale per chiamare mia madre (come d’accordo doveva venire a truccarmi) stando attento a non scivolare visto i collant e visto che la stretta minigonna mi costringeva a passi corti e continui.Mia madre arrivò immediatamente guardandomi commentò: “Caspita! Potresti essere una figlia per me! e non scherzo!” Quella affermazione ancora oggi mi risuona nella mente. Presi una foto precedentemente selezionata della “Rossa Spice” e dopo circa 30 minuti ininterrotti di trucco mi feci infilare una rossa parrucca con capelli lisci-mossi, molto simili a quelli della cantante. Poi, indossai una giacca che insieme alla gonna faceva parte dello stesso completo.Mi alzai da seduto che ero e mi osservai di nuovo allo specchio: mia madre aveva perfettamente ragione! La natura aveva deciso che anche la mia parte femminile non sarebbe stata niente male! L’immagine riflessa nello specchio di camera ritraeva una bella e fragile ragazza diciottenne, con tutte le curve al posto giusto.Se per strada avessi visto una “tipetta” del genere mi sarei sicuramente soffermato ad ammirarla ed i commenti si sarebbero sprecati.Ero io! con un visino dolcissimo truccato bene: una buona dose di fondo tinta che mi uniformava il colore della pelle, una sensuale riga che mi cerchiava gli occhi e si allungava ai lati, un po’ di ombretto rosino ed un rossetto rosso bagnato che mi rendeva le labbra assolutamente sensuali. Non credevo a me stesso e cominciai a vagare con mille pensieri…Mi madre mi sveglio dicendomi: “Provati le scarpe…” Mi sedetti e feci un lungo respiro cercando un po’ di tranquillità: ma sotto quel body stretto il mio cuore continuava imperterrito a palpitare e il mio pene continuava la sua infinita erezione.Presi le scarpe, un paio prestatemi dalla solita amica: erano di colore nero lucido, in tipico stile giovanile, con la punta arrotondata, aperte sopra e con un laccio da attaccare intorno alle caviglie. Sfortunatamente erano di numero 37 ed io portavo il 38. Beh una misura non avrebbe fatto molta differenza mi dicevo (ma con i tacchi alti mi resi conto presto che mi sbagliavo!). Le scarpe avevano un rialzo nella parte anteriore di circa 2 cm. e un tacco largo, ma non troppo, alto almeno 16 cm.! Come avrei fatto a camminarci! e mentre me lo domandavo senti come echeggiare da mia madre queste stesse parole. Il pensare di dovere indossare quei simboli di femminilità mi eccitava da morire!Immaginatevi per un ragazzo di 19 anni camminarci una serata intera e per la prima volta! Le presi con frenesia e le indossai, calzandole piano piano. Il sentirmi fasciare il piede che s’inarcava in avanti mi fece sfiorare un orgasmo. Riuscì a trattenermi, presi un respiro e mia alzai con cautela in piedi, rischiando subito di perdere l’equilibrio e cadere. Mia madre rise. Feci un passo in avanti cercando di capire come camminare con quegli strumenti di tortura e pensando a quante giovani donne li indossano tutti i giorni. Arrivai allo specchio e vedendo quella figura, ora eretta su quei tacchi alti, con il sedere che sporgeva in fuori, pensai: “Che fica che sono!!!”.Mia madre dopo alcuni commenti di elogio che confermavano la impressione e dopo qualche consiglio per camminare con quelle scarpe, mi disse: “Esco un attimo e vado a fare spesa… abituati un po’ e poi rimetti i vestiti al suo posto, ciao FIGLIA mia!” e usci dalla stanza ridacchiando.Passai quasi tutto il pomeriggio vestito da donna, muovendomi in modo instabile da una stanza ad un’altra, sculettando su quei tacchi e sentendo il dolce fruscio dei collant in quella stretta minigonna e odorando il dolce profumo del trucco sul mio viso. Mi fermai non so quante volte di fronte allo specchio facendo smorfie femminili, osservandomi, piroettando. Caspita mi sentivo bene, ero a mio agio!Non dormì tutta la notte seguente ripensando a tutte le sensazioni che avevo provato a che cosa mi stesse succedendo e mi chiedevo il perchè. Ma l’unica risposta cosa certa in tutta quella mia confusione fu solo lo sperare che il fatidico giorno arrivasse presto! E arrivò. E fu proprio in quel giorno che la mia vera avventura ebbe inizio! Arrivarono le 18 e il rito del travestimento si ripetè: mi vestì con ancora più cura e mia madre mi truccò ancora meglio della volta precedente, mettendomi anche un paio d’orecchini da agganciare. Infilai le scarpe, un giaccone per coprirmi dal freddo e nell’estrema eccitazione scesi le scale quasi di corsa, con quei tacchi instabili, che per poco non mi ruppi l’osso del collo. Aspettai i miei amici fuori dal portone di casa. Mi sentivo euforico come il primo giorno di scuola e senza volerlo mi comportavo da donna tenendo le gambe unite, alzando di tanto in tanto la punta del piede facendolo roteare sul tacco e tenendo le mani sopra la minigonna facendola scivolare su e giù sui collant. Ero diventato davvero una ragazza?Arrivarono e nel vedermi rimasero anche loro a stupiti dicendomi che ero una gran bella fica e che quella sera probabilmente avrei cuccato più ragazzi io che una “vera” donna. Non sapevo se essere felice per degli elogi che di certo non si fanno ad un maschio. Mi avvicinai alla macchina rischiando di cadere, caspita camminare con quelle scarpe e con una gonna che ti fascia strette le gambe era veramente difficile, in particolare su un terreno sconnesso come quello della strada! “Alle donne deve piacere essere torturate!” pensai.Arrivammo alla festa. Avevo un paura che morivo, ma presto mi resi conto che mi stavo divertendo un mondo e che mi sentivo proprio bene (a parte i pedi che cominciavano a farmi male). Mi sentivo una ragazza e maschi mi osservavano come fossi una loro preda. Ero eccitatissimo! forse tutto questo mi sembrava un gioco, un dolce gioco erotico.Evitai diversi ragazzi che mi si facevano vicini e che probabilmente, credendomi “una bella fichetta” cercavano, con sguardi accecanti di abbordarmi. La cosa mi divertiva e comunque non correvo alcun pericolo di adescamento stando vicino al gruppo di amici. Di tanto intanto mi ripetevo: “che strana situazione per un ragazzo…”. La serata procedeva bene, a parte il soffrire in quegli abiti e lo stare su quei tacchi: ma in realtà era un “dolce soffrire”.A metà serata avvenne un episodio inaspettato. Ballando un po’ distante dagli altri compagni un ragazzo mi si avvicino chiedendomi: “Senti…, ti va di bere qualcosa?” Io rimasi incredulo e in silenzio! Caspita! altri ragazzi mi avevano osservato con interesse, ma nessuno mi aveva veramente “abbordato”. In fondo, avevo pensato, forse si erano accorti che sotto quella minigonna vi era un organo maschile. Ma questo mi stava pure invitando a bere qualcosa! Che fare? Passo un secondo o forse un’ora prima che rispondessi poi, non so il perchè, nell’intonare una voce femminile dissi: “Ok…”Avevo una paura che arrivai a tremare, e muovermi mi rimaneva ulteriormente più difficile. Il tremare leggero ma continuo del mio corpo mi faceva perdere l’equilibrio su quei tacchi impossibili e rimasi in piedi solo perchè imbottigliato nella folla di gente del locale. Sapevo che per me quello era un gioco, ma sapevo anche che sarebbe dovuto finire presto. I miei amici a distanza intanto mi seguivano e ridacchiavano. Chissà cosa a cosa stavano pensando?”Cosa ti va?” mi disse con fare gentile mentre ci sedevamo su di uno sgabello. Abbassai lo sguardo un attimo, indeciso e confuso e non mi ricordo più cosa risposi. Accavallai le gambe, la gonna era attillata, i collant riflettevano i mille colori del locale e quelle scarpe così erotiche giocavano muovendosi incastrate sul un poggia-piedi. Ero davvero bella! e quel ragazzo non aveva avuto tutti i torti nel cercare di conoscermi. Ma non potevo continuare a prenderlo, dalla mia voce, se pur coperta dalla confusione se ne sarebbe accorto. Presi coraggio e gli dissi subito la verità. Inizialmente non mi credette, poi dopo avergliene dato prova lo convinsi. Sorrise un po’ imbarazzato, si guardo in torno come per ritrovare se stesso e mi saluto gentilmente andandosene.Tornai con i miei amici e ridemmo spassosamente pensando alla situazione. La serata proseguì.Era passata circa una mezz’ora da quell’inaspettato abbordamento che, con mia meraviglia, quel ragazzo torno da me. E dopo un paio di parole mi chiese il nome e il numero telefonico. La cosa ancora più sconcertante e che io glielo diedi pure, senza pensarci, senza chiedergli il perchè! Ero troppo confuso o cos’altro? Fortunatamente i miei compagni di ventura non si accorsero di niente, chissà cosa avrebbero pensato!Era passato qualche giorno da quella stravagante serata e io continuavo a ripensare alle emozioni provate e meditavo se dovevo in qualche modo travestirmi ancora da donna. Nel frattempo continuai a condurre la mia solita vita sociale: uscite con gli amici, serate nei locali ed in sala giochi… Ma in me sentivo che ormai qualcosa era cambiato, o meglio, si era aggiunto a quello che io ero precedentemente. Allo stesso modo mi rendevo conto che se avessi voluto di nuovo travestirmi, anche solo per gioco, lo avrei dovuto fare di nascosto e comunque sarebbe stato un grosso problema, visto che non avevo una sorella alla quale “prendere in prestito” degli abiti. Inoltre i vestiti di mia madre erano un po’ grandi per me cosi minuto …e non che mi piacessero tanto! Avrei forse dovuto comprarli? mh… chissà?

