Due giorni dopo il ragazzo della festa mi chiamò!?!Risposi e nel riconoscerlo la mia voce cominciò a vibrare di timore e indecisione. “cosa vorrà???” mi domandavo nervosamente. Si certo, gli avevo dato il mio numero di telefono e sapeva il mio nome, ma a causa di tutta quella mia confusione non mi sarei mai immaginato che avrebbe deciso di chiamarmi… e poi perché? cosa aveva in mente? “Senti…” mi disse “voglio subito essere sincero, del resto non capirai perchè ti abbia chiamato, se non il pensare cose strane…ho voglia di vederti” Io risposi tremolante e stupito: “Ma sono un ragazzo! …non sarai mica gay?” “Lo so… ma non pensare che voglia fare cose strane con te…” “Ma allora per quale motivo?” lo interruppi. Attese un po’, poi ribattè con decisione: “Mi piaci come donna, come ragazza, voglio solo che tu ti vesta in modo femminile di nuovo e per me…” Rimasi assolutamente senza parole. E chi si sarebbe aspettato una cosa del genere! Mille pensieri confusi e indecisi mi attraversarono la mente… “cosa devo fare? …perchè proprio a me?…se fosse un maniaco?…” Attesi molto fin quando lui (d’ora in poi lo chiamerò così: “Lui”) non interruppe bruscamente quel turbinio di pensieri, dicendomi: “Non avere timore non ho assolutamente intenzione di farti del male o chissà cos’altro. E non sono neppure un folle maniaco che cerca di adescare i ragazzi…” Attesi ancora, ci pensai un attimo, e in preda alla follia risposi un secco SI: del resto, mi dicevo, il suo aspetto non quello di un poco di buono: speravo tanto di non sbagliarmi.Poi prima che aggiungessi altro, mi chiese le mie taglie, il numero di scarpe e altro ancora. Gliele diedi pensando a cosa li servissero, ma forse già lo sapevo e immediatamente, nel pensarci sentì di nuovo quella forte emozione che ricominciava ad affluire nel mio corpo. Fissammo un incontro da Lui e ci salutammo.In quei giorni, prima di quello “strano” appuntamento mi domandavo continuamente perchè avevo detto “si”…perché? Sicuramente in me era ormai definitivamente sbocciato questo gusto trasgressivo, questa voglia di giocare eroticamente in femminile, oppure chissà cos’altro! Ma in fin dei conti tutto questo, per il momento, non cambiava il mio modo di essere, ma divideva soltanto il mio “io” in un altro “io”, in un altro Luca al femminile. Tutto questo mi piaceva, mi divertiva e mi eccitava e questo per me bastava.Era il giorno dell’appuntamento, mi vestì come per uscire con gli amici ed è proprio questo che lasciai detto a mia madre. Mi coprì bene, era un freddo sabato sera. Presi il mio scooter e mi avviai verso casa sua, seguendo le indicazioni che mi aveva dato. Raggiunsi il posto: un bel palazzo stile settecentesco o qualcosa del genere. Stava lì, al 2° piano. Suonai e mi rispose al citofono. Salì le scale velocemente, per nascondere i forti battiti del mio cuore con la fatica.Arrivato davanti alla porta, lo vidi, era lì di fronte a me, accanto ad una pianta che troneggiava l’entrata del suo appartamento. Era un ragazzo comunissimo, ben vestito, non uno di quelli che a vista possono sembrare delinquenti, alto circa 1.80 m. capelli neri un po’ mossi. Di età fra i 25 e i 30 (poi seppi che ne aveva 28).Mi fece entrare mi offrì da bere un’aranciata. Parlammo di me e della sua vita, molto generalmente senza scendere in particolari. Mi raccontò che era socio in un’azienda tessile, rilevata da dopo la morte di suo padre, che era di Bologna e che viveva da solo in quel bel appartamento.Tra un discorso e l’altro riuscì in parte a vincere il mio timore.Si erano fatte le 22.20, quando si alzò da quel comodo divano in pelle e mi disse: “A proposito, ho comprato qualcosa per te… vedrai! …vieni” Il cuore ricomincio a martellarmi nel petto, talmente forte che non riuscivo più a sentirlo. Che cosa mi avrebbe aspettato? la notte era ancora lunga.Mi alzai e lo seguì in camera. Poi mi disse: “Anzi! vieni in bagno e spogliati, ah… se vuoi esco?” Tremavo come una foglia e non dicevo niente. Lo segui di nuovo pensando: “E adesso cosa vuol fare…” Pensavo già che avevo fatto una sciocchezza a venire in quel posto! E non sapevo più come rimediare! Finalmente qualcosa uscì dalla mia bocca quando lui mi disse: “Fatti una doccia e usa la lametta con quella crema per depilarti…” Cominciai a capire, mi rilassai un po’ e stetti al gioco. “…potresti uscire…” li chiesi gentilmente.Mentre mi depilavo e mi tagliavo qua e la (e chi si era mai depilato prima!), ebbi un’erezione pensando a cosa mi sarebbe aspettato. Cominciai come a masturbarmi ma mi fermai dicendomi: “Sto diventando pazzo… mh…aspettiamo e vediamo”.Mi asciugai con un accappatoio che mi aveva opportunamente lasciato e uscì fuori. Sembrava proprio che avesse pensato a tutto! Mi sentì mentre richiudevo la porta del bagno e mi chiamò dalla camera. Camminai pian piano a piedi nudi, sul marmo gelido che mi faceva tremare… o forse era la paura.Arrivato in camera mi disse prontamente: “Adesso vuoi diventare la mia donna?” e strizzo l’occhio. Rimasi in completo silenzio, forse anche senza respirare. Del resto un ragazzo di 19 anni difficilmente si sente porre una domanda del genere da un altro uomo. Presi coraggio e mi avvicinai. Mi sedetti sul letto come Lui mi stava indicando. Avvicinò uno specchio a misura di uomo, alzò la luce nella stanza girando una piccola manopola al muro, vicino alla porta. Prese degli strumenti per il trucco femminile: nuovi, appena comperati. Mi alzò con dolcezza il volto e cominciò a truccarmi con molta cura. Ero in silenzio. Mi sentivo eccitatissimo!Mi tirò indietro i capelli con un pettine, liberandomi il viso e la fronte e mi diede del fondo tinta con estrema cura coprendomi tutto il viso e rendendolo completamente compatto e uniforme nel colore, e facendo sì che le mie labbra scomparissero. Mi chiese di chiudere gli occhi e con estrema maestria mi diede dell’ombretto: prima chiaro di colore panna luminoso nella parte interna dell’occhio, poi sfumato verso il marrone più scuro, quasi dorato sulla parte esterna. Mi tinse tutta l’arcata superiore dell’occhio. Poi con pennello finissimo di colore nero mi disegno una riga nera, sottile sotto gli occhi, e una più spessa nella parte superiore, che si allungava uscendo all’esterno dell’occhio e inarcandosi un po’ verso l’alto. Mi mise poi delle ciglia finte piegate verso l’alto, non volgari, ma che rendevano i miei occhi molto più femminili e le ciglia ulteriormente folte. Mi diede con un apposito pennello del rossetto rosso vermiglio luminoso, rendendo la mia bocca dolce e piccola e facendola sembrare carnosa e sensuale. Mi attaccò con un apposito adesivo delle affilate e lunghe unghie e poi mi diede sopra dello smalto, dello stesso colore del rossetto. Infine dopo diversi ritocchi al viso, un po’ qua, un po’ la, per esaltare ulteriormente la mia trasformazione al femminile, mi attaccò due orecchini dorati che pendevano verso il basso per almeno un centimetro e che stringevano moltissimo, tanto da provocarmi un piacevole dolore che andava ad unirsi alla mia fremita euforia.Con fare gentile mi disse: “Rilassati… non aver timore, vedrai come ti faccio diventare bella!” Rimasi in silenzio.Mi passò uno strano cappuccio sulla testa, che mi copriva completamente i capelli. Solo un attimo dopo capì che serviva per farmi indossare la parrucca, mascherando la mia capigliatura. Mi fece indossare una parrucca di capelli veri, del colore più o meno dei miei, forse più scura, con un taglio a caschetto pari che arrivava fino all’altezza del mento e con una frangetta che mi sfiorava le sopracciglia (come la ragazza di Pulp Fiction)Avevo ancora l’accappatoio in dosso ma non sentivo freddo. Mi disse: “guardati allo specchio…”. Lo feci e nel muovermi senti il piacevole ondeggiare di quei lucidi e lisci capelli che mi accarezzavano il viso e mi coprivano completamente le orecchie. Rimasi sconvolto! Quel lavoro di oltre 30 minuti aveva trasformato il mio volto in quello di una sensuale ragazza! Non paragonabile neppure alla mia prima trasformazione! Preso dal gioco, scherzando, lanciai un bacio verso lo specchio. E feci un paio di smorfiette. Lui rise, poi disse quasi sottovoce: “Non ho mai visto una ragazza cosi carina …e non sto scherzando!” “Non so se è una cosa piacevole o meno sentirsi dire una cosa del genere da un uomo, in particolare se si è una ragazzo!” aggiunsi. Lui sorrise.Mi tolse l’accappatoio, stando attento a non toccarmi il viso per non rischiare di rovinare il trucco e rimasi completamente nudo in piedi di fronte a Lui. “Sei in erezione… come mai?” mi chiese con fare tranquillo, come se immaginasse già il perchè. “Non so…” tremolai “…questa strana situazione mi eccita e mi fa paura allo stesso tempo…”Aprì un cassetto dell’armadio di fronte al letto e disse: “Adesso vedrai la tua bellezza dove arriverà” sorrise di nuovo.Prese due buste, le osservò rapidamente, ne aprì una. Erano collant, mi disse: “indossali!” Li presi, utilizzai un fazzoletto di carta per pulire i piccoli tagliettini che mi ero procurato con la lametta.Il collant era trasparente e velatissimo, quasi mi scivolava dalle mani e mentre lo infilavo sentivo che mi stringeva fasciandomi le gambe e rendendole quelle di una perfetta donna. I riflessi di luce che creavano sulle mie gambe mi eccitavano ulteriormente! Li indossai bene, tirandoli fino a sotto le costole e sentendo il mio pene schiacciato sull’inguine. Mi controllò anche Lui dicendomi che erano un po’ stretti ma che così erano più sensuali. Erano di un modello che tenevano più sollevato il sedere: ed in effetti era proprio quello l’effetto che mi ceravano!Ero in completa estasi, quello che mi stava accadendo mi piaceva, mi piaceva da morire!Mi disse girati e mi infilò un reggiseno in pizzo nero e mise all’interno delle coppe un non so cosa in tessuto, che simulava molto meglio i seni delle spalline che avevo utilizzato impersonando la “Rossa Spice”. Anche il reggiseno era strettissimo: immaginavo già che tornando a casa avrei dovuto stare ben attento a non farmi vedere nudo e depilato con tracce di reggiseno sulla schiena!Poi arrivò il peggio …o forse il meglio.Dai piedi mi fece infilare un corsetto! Wow… proprio un corsetto sexy come quelli che si vedono nei film a luci rosse!Avevo sognato di vederlo indossare ad una ragazza, ma che me lo sarei messo io indosso, non l’avrei proprio mai e poi mai immaginato. Lo portò, pian piano fino al petto e ancora più su incastrandolo perfettamente all’altezza del “seno”. Era rigidissimo e lucido, di colore nero con dei pizzi ricamati qua e là. Mia arrivava quasi fino al collo passandomi sotto le braccia ed era pieno di lacci ovunque. Mi disse di reggermi, di dirgli quando mi stringeva e di trattenere il respiro. Mi appoggiai all’armadio, reggendo un lato dello stesso e con l’altra mano reggendomi ad una maniglia. Mi accorsi all’ora quanto erano scomode quelle lunghe unghie per un operazione del genere.Cominciò a tirare i lacci che aveva precedentemente allacciato dietro, con decisione e forza. Sentì il petto stringersi sempre di più, ai fianchi, alla la vita. Sotto, il mio organo in erezione, già stretto dai collant, non trovava più spazio. Mi sembrava che tutto il corpo dovesse uscire dalla parte aperta in alto. Ero in apnea. Più stringeva e più mi mancava il respiro. Ma mi piaceva! Feci stringere ancora e ancora fin quando alla fine lo legò e chiuse il tutto con un strap da applicare sopra i lacci. Poi mi osservò e sorridendo con sguardo eccitato disse: “…Riesci a respirare?” Ed io ormai entrato nel gioco risposi: “Per essere belle si deve soffrire”. Quella frase l’avevo sentita più volte in tivù e in questo caso s’intonava a meraviglia. Mi fece sedere, ma con quel corsetto rigido durai una fatica incredibile: non mi potei piegare e con movimento rigido mi sedetti. Mentre continuava a stringermi, mentre mi mancava il respiro, mi ripetevo: “Diavolo! quanto mi piace!”.Il gioco era appena iniziato.Mi infilò delle calze, tolte dall’altra busta, non autoreggenti, anch’esse strettissime. Poi le allaccio ai reggicalze che dondolavano dal corsetto, tirando con forza l’elastico. Io del resto non avrei potuto piegarmi e non sarei riuscito ad infilarmele. Erano di colore nero, velatissime e trasparenti, in tirare a non finire dai lacci del reggicalze. E in perfetta simbiosi con i collant provocavano dei riflessi lucidi e sensuali sulle mie gambe! L’infilarle cosi dolcemente, il loro scivolare e frusciare, il loro dolce carezzare, mi provocò quasi un orgasmo. Se ne accorse e fece con maggiore lentezza e attenzione.Era l’ora di indossare il vestito. Tirò fuori dall’armadio un bellissimo vestito nero lucente, non so che tessuto fosse, assomigliava molto alla pelle ma era più riflettente, più “plastico”. Era corto appena sopra metà coscia, completamente unito nel colore e nella forma, aveva le maniche lunghe e arrivava al collo. Sia al collo che ai polsi aveva poi della pelliccia color grigio scuro. Me lo fece indossare cominciando ad infilarmelo dai piedi. Anch’esso, come era ormai divenuto un vizio, era attillatissimo e con la sua poca elasticità si amalgamava alle sinuose forme del mio corpo donatemi dal corsetto. Tirò su da dietro la lampo con un po’ di fatica. Mi sentì completamente imbottigliato. I miei movimenti sarebbero stati assolutamente limitati! Cercai di allargarle le gambe per provare gli “spazi del passo”: la distanza da una coscia all’altra era di circa 2 cm.! Mi disse siediti. Unì le gambe e con fare femminile mi rimisi seduto sul letto. Mi stupì il mio atteggiamento, non voluto ma ormai completamente effeminato, nel mettere con dolcezza le mani sulle cosce ed di accarezzare le calze e giocare con il reggicalze . “Dio mio…” pensai “sto diventando veramente una donna”. Ma in quel momento, effettivamente non mi dispiaceva.Ero sul letto.Prese una scatola che immediatamente riconobbi come “da scarpe” e vi tirò fuori un paio di decolleté con tacchi a spillo assolutamente assurdi! Mai visti!!! Dicendomi ridacchiando come ormai era suo uso fare: “Riuscirai a camminarci?” Io risposi sorridendo ed euforico: “caspita ma dove gli hai trovati!!!” Mi disse che li aveva comperati in un negozio di Milano qualche giorno prima, quando era andato per alcuni appuntamenti di lavoro.Erano di colore nero, vernice a punta, ma non troppo. Avevano un laccio alla caviglia e visto il tacco immaginavo che senza quel laccio sarei caduto in avanti senza scarpe. Il tacco era più di 18 cm. (lo misurai in seguito), a punta finissima senza alcun rialzo nella parte anteriore della scarpa! Assolutamente 18 cm. solo di tacco!!! Impossibili da portare! Io ero stupito e fuori di me: non capivo il perchè ma non vedevo il momento di indossarli. Si, era una pazzia tutto quello che stavo facendo ma per me stava divenendo qualcosa di stupendo e di imperdibile, qualcosa da assaporare momento dopo momento. Come del resto sarebbe stata una pazzia camminare con un paio di tacchi estremi del genere ed in particolare senza averli maiprovati prima! Ma mi dissi: “Del resto se li hanno fatti vuol dire che qualche donna li porta …ce la posso fare”.Me li fece indossare infilandomeli pian piano. E aiutandomi a piegare il piede. Prima il destro e poi il sinistro. Mi sentivo il piede inarcarsi in avanti in modo innaturale, come se dovesse uscirmi in fuori l’osso. Allacciò le fibbie in modo stretto per saldare perfettamente quelle assurde estensioni che erano quelle scarpe. Sia allontanò indietro di mezzo metrò e mio osservò i piedi. Io, da seduto, provai a muoverli, appoggiandoli qua e là, con fare nervoso ed eccitato. Addirittura da seduto non riuscivo ad appoggiare la punta della scarpa in terra, a causa dell’esagerato piegamento del piede in avanti dovuto dallo sproporzionato tacco. Mi diede una mano e mi chiese di alzarmi.”Oh Mio Dio!” esclamai a voce alta mentre mi alzavo pian piano in piedi aiutato oltremodo da Lui. Ero totalmente instabile! anche da fermo le gambe mi tremavano e i miei piedi 38 di scarpa erano inarcati in modo assurdo in avanti e puntavano con decisione sull’affilata punta della scarpa. Presto sarebbero divenuti un 36! I polpacci poi erano irrigiditi e duravano fatica a sostenermi Non riuscivo a trovare l’equilibrio giusto e continuavo dondolare a destra e a sinistra.Pian piano trovai l’equilibrio cercato, ma solo da fermo.Mi girai pianissimo di lato, sempre con il suo aiuto, cercando di guardarmi allo specchio!Caspita! Ero uno schianto!!!Portai le mani alla vita: era sottilissima tanto che non mi permetteva di respirare e creava delle forme femminili da pin-up! Avevo un bel viso truccato, dolce e femminile e delle gambe da infarto, fasciate da quelle vellutate calze, così strette che sembrava dovessero strapparsi da un momento all’altro. E poi quelle scarpe che mi tenevano sorretto in bilico, in punta di piedi, accentuavano il gioco di curve del corsetto sollevandomi ulteriormente il sedere e slanciandomi le gambe. Accennai lentamente un tremolante passo poi due, tre, mi dissi: “ce la posso fare…”. Cercai di ricordami alcuni consigli che mi aveva dato mia madre per la famosa sera alla festa “appoggia prima il tacco e poi la punta”, ma con trampoli simili non mi rimase molto utile il suo consiglio. Era difficilissimo e mi dovevo concentrare moltissimo. Lui mi stava accanto, dondolavo muovendomi pian piano e il tubino stretto della gonna e il corsetto, contribuivano a farmi fare passi di soli 15/20 cm. l’uno nella instabilità più assoluta.Capì forse, il perchè le donne tengano le mani alle volte alzate ai lati: probabilmente per ottenere un po’ più di equilibrio.Poi Lui mi disse: “Ok, andiamo!”Io nel terrore chiesi guardandolo:” dove???” “In un locale!?” mi disse. “Ma non so se ce la faccio!” risposi prontamente “…come faccio a muovermi così, e poi se qualcuno si accorgesse che sono ragazzo, sai la vergogna!…” Con tono deciso mi disse: “Ce la farai… e poi nessuno ti riconoscerà, ma guardati come sei!” In effetti aveva ragione l’unico motivo per cui mi potevano osservare era perché avevo l’aspetto di una bella ragazza, e poi vestita in quel modo, con quelle curve, con quei tacchi che mi donavano quella instabile fragilità, sarei sicuramente entrata nei sogni più perversi di qualunque maschio.Andò a mettersi una giacca e la portò anche a me. Come era in tutta quella sua precisione anche il giaccone era perfetto: estremamente femminile, di colore grigio scuro, lungo fino alle caviglie, con uno spacco dietro e dei grossi bottoni all’altezza del bacino fino ad arrivare al seno. Infine per completare l’opera mi diede anche un borsetta piccolissima, nera, lucida, da portare in mano. Mi avvia goffamente verso la porta accompagnato per mano da Lui, tremolante su quei tacchi a spillo così esagerati, a passi corti indubbiamente molto femminili. Avevo una paura di cadere, di uscire che morivo! E mi ripetevo: “dovrò sembrare per forza una donna, non è carnevale!”Arrivai con molta fatica alle scale, ero nel terrore più completo! L’ascensore non c’era e avrei dovuto scendere da lì! Mi prese per mano e piegandomi piano piano riuscii, passo dopo passo, tirando la gonna al limite della sua nulla elasticità, riuscii ad arrivare in fondo. Il mio cuore era in gola e duravo molta fatica anche a respirare. Presi un respiro, per quel che potevo e ci avviammo pian piano alla macchina. Camminare per strada era eccitantissimo e stavo pure migliorando nei movimenti. Sculettavo proprio come una bella fichetta ventenne! Montai in modo aggraziato sull’auto, prima sedendomi e poi portando tutte e due le gambe dentro.Andammo in un bel locale, io ero fuori di me! Entrammo pian piano, tenendomi sottobraccio e seguendo la mia instabile andatura. Chiese un tavolo per due. Io ero lì in silenzio mentre tutti mi osservavano, oppure sembrava così a me. Per un attimo scivolai un po’, piegando sull’esterno il piede sinistro e perdendo l’equilibrio. Senti un terribile dolore alla caviglia. Lui sorrise e mi resse ancora più forte, dicendomi a bassa voce: “Ti sei fatta male…”. Aveva usato il femminile! …per quella sera, ormai, ero un donna… Finalmente arrivammo al tavolo. Alcune ragazze di fronte a noi avevano notato la mia andatura e da sotto il giaccone avevano visto i miei tacchi allucinanti e il mio abbigliamento. Lessi sulle loro facce “ma come farà a camminare quella? e com’è vestita!…”.Poco dopo seduti, mi disse: “Che ne dici se ti chiamo Dana? Ti piace?. Del resto un nome femminile ti serve, non ti pare?”. Io imbarazzato con una voce il più dolce e femminile possibile, risposi: “Si mi piace. Va bene”.Dana era nata! la mia parte femminile in quel momento aveva preso come il sopravvento. Si ero io, ero Luca, ma in quel momento mi sentivo Dana.

