Il racconto che sto per farvi, si riferisce ad uno spiacevole episodio che mi è accaduto 10 anni fa. Allora avevo 22 anni e, come molti studenti universitari, non disdegnavo di farmi una canna sia in compagnia che solo, magari come propedeutico al sonno. Recuperare il fumo era facilissimo, in molte piazzette di Milano in ore serali vendevano fumo e erba quasi liberamente, salvo in alcune occasioni, quando, a seguito di varie petizioni dei residenti, la polizia organizzava dei blitz. Fu proprio in occasione di uno di queste retate che iniziò la mia disavventura. Ormai conoscevo due o tre ragazzi che vendevano e mi servivo sempre da loro perché mi trattavano bene come qualità e prezzo. Quella sera, era un venerdì, in un parchetto in periferia, stavo contattando l’acquisto di 50.000 Lire di fumo, mentre il mio fornitore stava tagliando la quantità richiesta, venne chiamato da un suo conoscente che con un gesto della mano che a me parve un saluto si allontanava a passo svelto in direzione opposta. Il mio fornitore mi disse “Tieni” io aprii la mano e lui vi depositò il pezzetto tagliato il pezzo più grande, che poi ho saputo essere 30 grammi, e perfino il coltellino, mise di scatto le mani in tasca e si girò allontanandosi io rimasi un secondo a guardare quello che mi aveva dato e poi iniziai a seguirlo chiamandolo per chiedere spiegazione. Lui non curante di me allungava il passo quando sentii qualcuno alle mie spalle che intimava “ Non muovetevi e non fate gli stupidi! Erano quattro uomini che poi si sono qualificati come poliziotti i quali, dopo aver prelevato ciò che avevo in mano, perquisirono me e il mio fornitore, al quale non trovarono nulla. E a nulla valse il mio sostenere che ero venuto solo per comprare e che la roba era sua. Fui portato in un commissariato e dichiarato in arresto. Non volli avvisare nessuno perché ero certo che la cosa si sarebbe chiarita, venni condotto in camera di sicurezza, in attesa del processo per direttissima del giorno seguente. Dopo poco tempo, un agente aprì la cella e mi disse che dovevo essere condotto in carcere fino a lunedì, siccome a causa dello sciopero dei penalisti, il giorno seguente non ci sarebbero state udienze. Questa non ci voleva, oltre due giorni in carcere, mi tremavano le gambe solo all’idea. varcammo i cancelli e, dopo i preliminari, venni condotto in cella. Siccome altri due casi analoghi al mio, avevano occupato le uniche due celle libere, decisero di mettermi assieme ad un tizio che stava scontando la pena per rapina . Era un uomo sui 40 anni di aspetto curato, fisico tonico probabilmente si teneva in forma facendo attività sportiva. Gli raccontai le circostanze che mi avevano condotto in carcere, e lui, sorridendo e con modi garbati disse “non ti crederanno..dicono tutti così!” dopo cena , mi misi a leggere una rivista del mio compagno, siccome non riuscivo a prendere sonno. Ma riuscivo a seguire nemmeno quello che leggevo per tutti i pensieri che avevo in testa. Dopo circa 10 minuti di lettura, l’uomo mi si avvicinò e, carezzandomi i capelli mi disse che, come tutte le matricole, anche io dovevo pagare pegno, immaginavo che genere di pegno intendesse anche dall’evidente eccitazione che la tuta da ginnastica che indossava non riusciva a contenere. Non ci fu verso di spiegare che io non ero stato condannato e che lunedì sarei uscito, non capiva ragione. Temevo che in certi ambienti fosse estremamente facile contrarre malattie specie con rapporti non protetti quindi decisi di affrontare la situazione e di disinnescare la bomba prima che facesse danno. Dissi “Va bene distenditi“ senza farselo ripetere due volte si coricò sulla schiena, repentinamente io afferrai il bordo dei pantaloni della tuta e quindi gli slip e glieli sfilai a mezza coscia, e in questo mi agevolò alzando il bacino. Il suo pene era di modeste dimensioni ma di consistenza marmorea, lo afferrai con la mano destra e iniziai a masturbarlo con vigore tanto che per la troppa forza che esercitavo ogni tanto emetteva gridolini di dolore. Ben presto il mio trattamento ottenne il risultato e io cercai di tenermi a distanza dagli schizzi anche se uno mi centrò sul davanti della maglietta. Mi misi a dormire deciso a risolvere la situazione appena sveglio. In mattinata, insistetti con la guardia di turno di essere ricevuto dal direttore e, in tarda mattinata, grazie alle mie continue insistenze, fui ricevuto. Erano quasi le 12,oo la guardia aprì la cella e mi disse “Vieni, il direttore ha detto che ti riceve“ ed aveva un sorrisetto ironico che non riuscii a decifrare. Fui introdotto in un grande ufficio e, con mia sorpresa, vidi che il direttore era una direttrice una signora di circa 55-60 anni piuttosto soprappeso con i capelli biondi tinti raccolti dietro il capo indossava un tailleur grigio, la giacchetta abbottonata era tesa a contenere le forme abbondanti, il decoltè faceva vedere alcune rughe sul collo e nella scollatura tra i seni, la pelle era abbronzata e le macchie di melanina assieme al resto, mettevano in evidenza i suoi anni, il viso era truccato e con le ciglia rifatte e le unghie colorate di smalto bianco perla. Disse alla guardia che mi aveva accompagnato di uscire e poi fece cenno di avvicinarmi alla scrivania .Le raccontai l’episodio in cella, mostrando a riprova la macchia di sperma sulla maglia, chiedendo di essere messo in cella singola fino a lunedì . Lei mi guardò a lungo poi disse “Questo non significa nulla, ne ho visti tanti come te che fanno queste messinscene per stare comodi a discapito degli altri, probabilmente sei stato tu a provocarlo.” Io protestai vivamente precisando che il fatto che a me piacessero le donne non era nemmeno da mettere in discussione. “Va bene” disse “vieni qui” facendo cenno di avvicinarmi a lato della sua poltrona . Mi avvicinai e lei disse , vediamo se sei sincero o mi stai prendendo in giro, “vai sotto ..” indicandomi sotto la scrivania, io non capivo cosa intendesse e al richiesta mi sembrava assolutamente assurda “Sotto!” ripetè con tono imperativo. Mi accosciai e a piccoli passetti entrai sotto la scrivania appena entrato nell’angusto vano si avvicino con la poltrona impedendomi l’uscita, si accomodò sul bordo della poltrona e con entrambe le mani, si raccolse la gonna verso i fianchi io guardai allibito e incredulo mentre allargava le gambe mostrando due abbondanti cosce coperte da calze color carne rette da reggicalze e giarrettiera, un piccolo slip semitrasparente, nella parte centrale, scompariva tra le pieghe dell’inguine e il triangolo velato, nella parte superiore lasciava intravedere il pelo bianco e castano. Con l’indice della mano destra scostò lo slip da un lato e con la mano sinistra, divaricò le grandi labbra carnose e debordanti. “Allora se non mi hai mentito ed è vero che ti piacciono le donne dimostramelo, lecca qui, e poi vedremo se posso trovarti una sistemazione diversa fino a lunedì.” Io protestai e dissi che ciò che mi stava proponendo era assurdo e avrei denunciato anche questo fatto. “Come ti pare” replicò la direttrice “ma non credere di poterti permettere di venire qui a prendermi in giro!, per la tua nuova sistemazione provvederò subito secondo i tuoi gusti, hai notato ieri quel detenuto marocchino alto 1,90 con fisico da lottatore, si chiama Karim è un tuo collega spacciatore, sta scontando 4 anni, ha una predilezione per i culetti bianchi come il tuo, ora è in cella da solo perché gli ultimi compagni di cella due lo hanno accusato di averli violentati, il secondo è anche dovuto ricorrere all’infermeria! Questa sera, quando ti ritroverai a pancia in sotto con 30 centimetri di uccello che ti dilata lo sfintere, penserai che sarebbe stato meglio non prendermi in giro.” Probabilmente stava solo cercando di spaventarmi, che guaio, lo spettacolo che si presentava davanti agli occhi non era certo invitante, considerato anche che erano già le 12,00 e probabilmente si era lavata al mattino e nel frattempo sarà andata almeno 2 o 3 volte in bagno, magari asciugandosi solo con la carta . nonostante tutte queste valutazioni decisi che non era il caso di rischiare. Mi avvicinai lentamente poggiandomi a terra sulle ginocchia e sulle mani , protesi la punta della lingua , in fondo bastava solo una dimostrazione. Con la punta della lingua sfiorai una delle labbra carnose, forse era sufficiente. Di scatto, la donna ponendo la mano destra dietro la mia nuca mi tirò con forza verso di lei dicendomi “ E su deciditi! “ Data la mia posizione con le mani poggiate a terra vicino alle ginocchia e il busto sbilanciato in avanti caddi letteralmente con il volto tra le sue gambe, il suo sesso umido premeva contro la mia bocca serrata e il mio maso impedendomi quasi di respirare. L’odore non era particolarmente forte, ma stava a metà tra l’urina e il pesce, la direttrice poggiò anche la mano sinistra dietro la nuca trattenendomi contro di sé “Forza, dimostrami cosa sai fare, o preferisci Karim ?” Mi trovavo di fronte al dilemma se sottostare a quella violenza certa o rischiare di subirne un’altra , siccome il rischio che correvo rifiutando era troppo grosso, decisi di sottostare e, timidamente, dischiusi le labbra iniziando a lambire l’interno di quel frutto carnoso e un po’ troppo maturo. Da come reagiva la direttrice capii che gradiva il trattamento ma, nel contempo, mi convinsi che non mi avrebbe permesso di andarmene assegnandomi un’altra cella, fino a quando non sarebbe stata completamente soddisfatta. Ora mai mi ero assuefatto all’ambiente e l’odore del sesso della direttrice non mi sembrava sgradevole, ci davo dentro al massimo, cercando di penetrare con la lingua più a fondo che potevo, strofinando anche il naso e il mento con movimenti circolari e verticali. La direttrice, ora mi stringeva il capo tra le mani poste con il palmo il prossimità delle tempie e le dita verso la nuca e accompagnava i miei movimenti accentuandoli. Sentii che stava per arrivare all’apice del piacere, la donna si irrigidì e premette con forza il mio volto contro la sua figa che sentii contrarsi ritmicamente, mentre trattenendo la voce emise come un sibilo soffocato “Uuuuiiiiih”. Si riaccomodò gli slip e la gonna quindi, scostò la poltrona e mi fece uscire da sotto la scrivania . Avevo la faccia impiastricciata dei suoi umori , e la Direttrice mi offrì un fazzoletto di carta che teneva in una scatola sulla scrivania per potermi pulire, io accettai ma pensai che, per togliermi l’odore della sua figa dal volto avrei dovuto lavarmi con il sapone di Marsiglia. Mentre mi stavo voltando per tornare a sedere davanti alla scrivania la direttrice mi diede una pacca sul sedere dicendomi in tono canzonatorio “Dai dai che per questa volta l’hai salvato, ti assegnerò una cella singola fino a lunedì”. La vicenda giudiziaria si concluse bene, e il lunedì fui rilasciato . Circa un anno dopo, appresi dai giornali, che la stessa direttrice ora in un altro istituto, era stata denunciata per abusi sessuali nei confronti dei detenuti. Fortunatamente ha trovato qualcuno che ha avuto il coraggio “o la convenienza“ di denunciarla.
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