Due giorni prima dell’esame, Irene andò a parlare col docente, per chiedergli spiegazioni e chiarire gli ultimi dubbi che le erano rimasti. Quella mattina d’estate, arrivò in Facoltà alle nove in punto, e lui era già lì. “Deve parlare con me?” le chiese, sorridente. Entrarono in un’aula. “Ma perché stare in piedi? Sediamoci!” e, così dicendo, si premurò di prendere subito una sedia per lei. Era stato gentilissimo, aveva risposto in maniera esauriente a tutte le sue domande, le aveva chiarito tutti i dubbi. “Deve chiedermi altro?” le domandò infine. “No” “Davvero? Ma se deve chiedermi altro, chieda pure!” insistette lui, sorridendole. “No, davvero, grazie” Usciti entrambi dall’aula, nel corridoio, lei controllò la lista degli iscritti all’esame, per sapere esattamente quando sarebbe stato il suo turno – mattina o pomeriggio – , e lui, nel frattempo, ne approfittò per squadrarla da capo a piedi e farle una “radiografia” – Irene indossava un abitino di cotone, dalle spalline sottili, piuttosto corto. Poi, lo ringraziò e lo salutò. “Arrivederci!” rispose lui, e di nuovo Irene notò quello sguardo affamato da parte sua, stavolta indugiò particolarmente sulle gambe di lei. Avvertiva una sensualità talmente forte da parte di quell’uomo, che ne era confusa e quasi spaventata. Uscita dalla Facoltà, si diresse verso la fermata dell’autobus. Arrivò a casa frastornata. Desiderava quell’uomo. Si era sentita attratta da lui fin dalla prima volta che l’aveva visto. Ma non aveva mai nemmeno lontanamente immaginato di potergli piacere. Invece, quella mattina, aveva percepito il suo desiderio in maniera quasi tangibile, come un’ondata di energia che la investisse fisicamente. Tuttavia, era un suo insegnante! Ed era sposato, per giunta! E – per complicare ulteriormente la situazione – lo era anche lei! Irene si diresse verso il letto, aveva bisogno di sdraiarsi qualche minuto. Presto si ritrovò in un’altra dimensione, una dimensione in cui tutto era possibile. Rivide il viso del giovane prof., i bei lineamenti da uomo dell’Est: la pelle lattea, i capelli scuri, il naso perfetto e gli occhi, quegli occhi dalla forma lievemente allungata e dallo sguardo così intenso – magnetico, per lei. Si ritrovò seduta su un divano, in una grande cucina-tinello, illuminata solo dalla luce di alcune candele. Era una casa di campagna: mobili in arte povera, accessori in ferro battuto, muri bianchi a buccia d’arancia. Lui le sedeva accanto, le sorrideva e le accarezzava il viso e i capelli, guardandola intensamente negli occhi. Le scostò una ciocca di biondi capelli e le diede un bacio appassionato sul collo. Irene chiuse gli occhi sospirando. Poi le posò una mano su una coscia, accarezzandola, finchè, insinuandosi sotto la gonna, arrivò ad accarezzarle il pube. Irene sussultò, lui continuava a guardarla intensamente ed emise un sospiro di piacere mentre sfiorava il suo monte di Venere. “Vieni qui” le disse con la sua voce di velluto, attraendola verso di sé e facendola sedere in braccio. Lei gli mise un braccio intorno al collo e con l’altra mano gli accarezzò dolcemente il viso così bello, quei tratti che tanto amava, mentre lui con le mani la esplorava dappertutto: i seni, le gambe, i fianchi… e ansimava. Le loro labbra si avvicinarono. Dapprima fu un timido bacio, solo labbra contro labbra, poi la lingua di lui si spinse sempre più in profondità, e lei gli si aprì completamente. “Siediti a cavalcioni” le chiese, ormai eccitatissimo, e lei fece come le aveva chiesto. Lui si fece più avanti sul divano, in modo da poter meglio aderire a lei. E allora Irene sentì quanto la desiderava. “Ti voglio” le disse, ansimante, mentre continuavano a baciarsi appassionatamente. “Alzati” le chiese, e non appena Irene fu in piedi, prese a sfilarle le mutandine, si sbottonò in fretta i pantaloni, e la fece sedere di nuovo a cavalcioni su di sé, penetrandola con decisione. “Ah!” sussultò lei. Ma fu solo un attimo; poi, un piacevole calore la pervase tutta, mentre lui la guardava con gli occhi velati dal desiderio e le sue spinte si facevano sempre più profonde. “Sì!” esclamò Irene, rovesciando la testa all’indietro e inarcando la schiena, offrendosi totalmente a lui, che la baciò con trasporto sul collo. Le mise le mani sui fianchi attraendola contro il proprio sesso, i suoi movimenti si fecero sempre più frenetici, finchè lo sentì prossimo all’acmé… Mentre era persa in questo delirio, struggendosi di desiderio per lui, squillò il telefono, riportandola brutalmente alla realtà. La mattina dell’esame, Irene si alzò presto e fece colazione assieme al marito, che le diede un passaggio in macchina fino in Facoltà. Nell’attesa che il prof. arrivasse, ognuno aveva già preso posto in aula. Appena arrivò – bello come un dio greco, pensò Irene – fece l’appello. Il suo self-control quasi britannico le permise di non lasciar trasparire nulla del proprio turbamento. E pensare che tutti la consideravano una persona semplice e tranquilla, un’acqua cheta… A un certo punto, durante l’esame, la ragazza che era seduta accanto a Irene chiamò il prof. per chiedergli una spiegazione, e lui arrivò subito. Così Irene se lo ritrovò a pochi centimetri di distanza e un’ondata di calore la investì tutta quanta, seguita subito dopo da brividi intensi…
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