Sono una studentessa siciliana, ho ventitrè anni, studio a Roma. Un mio amico mi ha convinto a inviare con la sua posta elettronica il racconto che qui vi propongo, il quale non è inventato, ma risponde a ciò che veramente mi è accaduto di tre mesi fa.Avevo dovuto sostenere un esame, un "preaccertamento scritto", superato il quale si può accedere all’orale; ma il mio voto (nonostante l’impegno profuso nel preparare la materia) non era stato un granché. Così il giorno in cui il prof. riceve, mi recai da lui per chiedere spiegazioni, consigli e, chissà, convincerlo a migliorare il mio punteggio. Del resto ero stata sempre presente a lezione e avevo partecipato attivamente al gruppo di ricerca.Il prof. non si mostrò insensibile al mio problema e mi rispose che mi capiva, che non dovevo farne un dramma, che si stupiva della bassa valutazione da me avuta. Mi aveva spesso notata in aula. Magari sì, poteva migliorare il mio voto. Mentre diceva quest’ultima cosa, fece un lieve movimento col braccio destro, portando la mano a raspare sulla patta. Feci finta di non notarlo, ma lui insistette e indugiò a carezzarsi vistosamente perché io non avessi più dubbi circa il senso del suo gesto. Poi mi porse un biglietto con un indirizzo e un numero di cellulare. Lo presi meccanicamente, esterrefatta. Se ne andò salutandomi con un "Arrivederci signorina, se vuole se ne può riparlare questo pomeriggio alle 17,30; mi telefoni prima di venire". Potete immaginare la mia confusione? Che fare? Accettare l’invito? Per andare dove a fare che? Non fare nulla e affrontare il prof. all’orale? Denunciarlo? Ma per cosa, per un bigliettino da visita? E poi, a dire il vero, è un bell’uomo, poco più che quarantenne, non è nemmeno sposato, lo ammetto mi piace. Basta: torno in appartamento, pranzo con un panino, gli telefono, lascio un messaggio in segreteria telefonica: "Confermo la mia presenza all’appuntamento delle 17,30".Riordino casa, poi faccio la doccia, quindi mi vesto: mi guardo allo specchio, sono una bella ragazza, magra e minuta ma con due belle tette e con un culo alto e sodo che è apprezzatissimo da chi mi conosce intimamente, capelli mediamente lunghi, ricci e neri, che fanno contrasto con la mie pelle chiara. So cosa piace agli uomini: indosso autoreggenti rosa chiaro e una minigonna viola; sopra metto una maglietta aderente in tulle rosa, che vela soltanto il mio seno sodo. Infine calzo gli stivaletti nuovi. Ho lasciato l’intimo nei cassetti. Cappottino, borsetta, e mi reco all’appuntamento.Suono al citofono, una voce maschile mi risponde "Sali". Non esito più, mi vado sciogliendo sempre più, mi rendo conto d’essere bagnata.Alla porta dell’appartamentino trovo il prof., che mi fa entrare: appende cappotto e borsetta; ma prima io ne estraggo una scatola di preservativi. Lui s’accorge, mi sorride, mi prende per mano e mi conduce in un salottino. Sopresa! Lì ci sono altri due uomini, trentenni, i suoi assistenti, la commissione d’esame al completo! Mi offrono da bere e subito cominciano con i complimenti: mi dicono che sono molto arrapante, iniziano a palparmi. Uno è alle mie spalle, l’altro davanti mi chiede di uscire la lingua e con la sua me la lecca: le loro mani mi percorrono le cosce, scoprono con piacevole meraviglia che non porto gli slip, mi sfilano la maglietta. Il prof. guarda. La vodka che ho bevuto comincia a riscaldarmi… o forse sto veramente prendendo gusto all’orgia: ansimo, ho una gran voglia di leccare, struscio il culo sul cazzo del tizio che mi sta alle spalle. Loro si eccitano: mi dicono che sono una troietta e che mi avrebbero dato tutto quello per cui ero andata a casa loro. I due assistenti si denudano in fretta: sono magri ma muscolosi, hanno un buon odore. Uno si sdraia sul tappeto, faccio appena in tempo a controllare: ha già messo il preservativo su di un cazzo pericolosamente grosso, dritto e lungo, mi fanno posizionare su di lui e io comincio a cavalcare. Sento quel cazzo scorrere nella mia fica bagnata, durissimo. Lui intanto mi tocca il seno, mi strizza i capezzoli. L’altro massaggia il mio buco di dietro, lo inumidisce con la saliva, d’un tratto con un colpo ben assestato mi infila la sua asta su per il deretano. Ragazzi! Dolore? Piacere? Si mischiano. Il prof., che aveva solo guardato lo spettacolo, ora richiama la mia attenzione afferrandomi per i capelli dalla nuca e facendomi storcere la testa verso di lui: "Sono io il presidente di questa commissione e come vedi sono molto rigido: suca!".Mentre gli altri due mi scopano, io mi impegno nel pompino, per farmi apprezzare dal prof. Gli succhio delicatamente le palle, quindi inizio a percorrere l’asta con la lingua, dedicando colpi sapienti al glande turgidissimo. Sono eccitatissima: quei tre cazzi stanno riempiendo contemporaneamente ogni mio buco! Il prof., per una voglia improvvisa, mi infila il cazzo in bocca in profondità, rischio di soffocare, però inizio a succhiarglielo con grande piacere: non capisco più niente, mi gira la testa, ma continuo a succhiare. Quello dietro a me se ne viene stringendomi le chiappe, quello sotto resiste alla grande. Adesso il prof. mi incoraggia: "Ti piace succhiarmelo, eh? Sei bravissima". Allora io lecco, succhio, lecco, lo afferro con la mano, me lo infilo tutto in bocca, dentro e fuori e dentro, e succhio, succhio a più non posso: finalmente eiacula; io ingoio tutto, ma senza sentire il sapore della sborra, perché il prof. mi caccia in profondità il cazzo e mi tiene con entrambe le mani la testa. Sono frastornata. I due che son venuti si staccano da me: il prof. si accascia sul divano, il giovane assistente che mi aveva inculato si libera del preservativo zeppo di sperma. Quello che è impalato nella mia fica, invece, sembra d’acciaio e resiste ancora. Ma anche lui si sfila da me e si toglie il preservativo: i due mi fanno alzare e si vanno a sedere accanto al prof. Poi mi guardano con aria inquisitoria e il prof. mi dice: "Sei molto brava. Lo immaginavo: ti si legge negli occhi. Vieni, vogliamo guardarti da vicino mentre ci lucidi il cazzo". Mi inginocchio davanti ai tre. Sento afferrarmi da più mani per i capelli e i loro membri si intrufolano tutti insieme tra le mie labbra. Cerco di slargarmi le mascelle per ospitarli tutti, ma non ci riesco. Mi rimane in bocca il più grosso e duro, quello che ancora non ha sborrato. Gli altri due, bagnati di sperma, cominciano a lucidarmi il viso, sulle guance, sul collo, sotto il naso, dentro le orecchie.Mi sento veramente troia. Non che non sapessi già d’esserlo: non era la prima volta che mi lasciavo coinvolgere in un’orgia insieme ad alcuni amici e colleghi di studio al pensionato universitario, per gioco e per passione. Ma ora tutto succedeva per "interesse": volevo il voto alto e perciò avevo accettato quello strano esame, in cui del resto mi sentivo "preparatissima". "Vediamo cosa sai fare per farmi sborrare", mi disse il ragazzone che spompinavo. Mi guardarono con aria di sfida: volevano vedere come sarei riuscita a vincere il super-cazzone. Mi venne voglia di prendere l’iniziativa. Catturai quel bastone di carne fra le tette e lo feci languidamente scendere su e giù. La mossa ebbe effetto: l’assistente sembrò rilassarsi sul divano e io cominciai a leccargli il glande che s’ingrossava sempre più. Gli altri due erano di nuovo tornati duri e si misero ad armeggiare con i condom. Dissi loro che no, non dovevano metterli: volevo sentire la loro carne pulsante dentro di me, il calore della loro sborra invadermi la pancia. Il prof. ruggì: "Ti sfondo il culo". Mi sollevarono di nuovo e in un attimo fui sdraiata sul prof., a sua volta disteso supino sul divano: la mia schiena poggiava sul suo torace sudato e il mio culo sentiva il suo cazzo urgere all’entrata dell’ano. Faticarono un po’ per farlo penetrare, aiutandolo con le mani: lo sentii salire lentamente lungo il retto. Quando io stessa confermai che era entrato tutto, le mani del prof. mi afferrarono i fianchi a mi strattonarono ripetutamente in alto e in basso. Una penetrazione con i fiocchi! Nel frattempo il super-cazzone mi alzò le gambe e si appoggiò le mie caviglie sulle spalle; poi mi entrò in fica e mi pompò con ritmo incalzante, con potenti e continui colpi di reni. Cominciavo a godere e mi misi a mugolare, incitandoli a sfondarmi. Sentivo che dicevano che ero la più troia di tutte, che io sì meritavo un voto alto, non le altre gatte moscie a cui avevano già fatto lo stesso "esame"; apprezzavano che non avevo fatto storie e che ero andata subito al sodo senza ipocrisie da falsa verginella. Il terzo si piazzò davanti alla mia faccia: cercavo di raggiungergli il cazzo con la lingua, ma i movimenti degli altri due mi impedivano di muovere liberamente la testa. Fu lui perciò a prendermi per i capelli e a schiaffarmi in bocca il pene: mi chiavò furiosamente, facendo scorrere il membro dentro e fuori per l’intera sua lunghezza, sino a intasarmi la gola con la cappella e a tapparmi la bocca con le palle. Una improvvisa soddisfazione mi pervase e mi lasciai andare, abbandonandomi alla loro voglia bestiale di chiavarmi. E godetti selvaggiamente: le mie ginocchia si strinsero alla testa del super-cazzone mentre i tacchi degli stivaletti si infilzavano quasi nella sua schiena, affondai le unghia delle mani sulle cosce del prof. disteso sotto di me, sgranai gli occhi per far capire a quello che spompivano di lasciarmi libera la bocca per gridare il mio orgasmo. Gridai, e i tre mi seguirono nell’orgasmo: sentii il prof. ringhiare che mi stava inondando l’intestino di sborra, quello che mi scopava davanti si sfilò da me e indirizzò i suoi fiotti interminabili sulla mia pancia e sul mio seno, l’altro menandoselo forsennatamente mi bagnò il viso di sborra bianca e densa ordinandomi di aprire la bocca.Rimasi per qualche minuto rilassata e inerte, nella morsa dei due corpi che stavano sotto e sopra di me, sul divano. Poi ci staccammo, spossati. Fui accompagnata in un bagnetto dove mi sciacquai il volto. Ancora fradicia di sperma mi rivestii, sentendo il maglioncino appiccicarsi ai seni e alla pancia umidi. Chiesi del voto e dell’esame. Il prof. mi assicurò che si sarebbe ricordato al momento dell’orale, aggiungendo che mi avrebbe certamente dato il voto massimo perché lo merito e non per ricambiare con un "favoritismo" i miei "favori". Ancora seminudi mi accompagnarono alla porta e mi salutarono. Guardai l’orologio: erano le 19,30, in tempo per andare a mensa.
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