Prima parte della nona giornataQuel qualcosa che il titolare del locale notturno aveva pensato per Roberta si rivelò del tutto particolare quando il mattino dopo, alle nove, ci presentammo all’indirizzo che l’uomo ci aveva indicato: una specie di grande fattoria appena al di là della periferia della città.Venne ad aprirci una donna sulla cinquantina, seminuda, con le grosse tette ballonzolanti. Ci fu uno scambio di spiegazioni, la donna disse:"Sì, lui mi ha telefonato… Quello che dovrebbe fare questa bella signorina sono esibizioni dal vivo per una clientela qualificata, ed esibizioni davanti alla telecamera per produrre video porno. E poi qualche serata nei locali".Roberta rispose:"Può andarmi bene. La paga com’è?""Tre milioni per ogni giorno in cui stai qui disponibile dalle dieci del mattino a mezzanotte, ma nessun extra:devi essere pronta a fare tutto quello che ti è richiesto di volta in volta"."Direi che si può provare"."Benissimo. Il tuo uomo può restare, se non dà fastidio; se poi è capace di scopare davanti al pubblico o alla telecamera, c’è da fare anche per lui. Ma se lo fa solo con te non aggiungiamo niente ai tre milioni, s’intende".Intervenni a dire:"Io non potrò fermarmi tutto il giorno, dunque va bene così. Roberta può cominciare da subito?""Dopo la visita medica. Che devi fare anche tu, se vuoi restare".Fummo accompagnati in una piccola camera adibita a precario ambulatorio, e la stessa donna che ci aveva ricevuti, dopo averci spiegato di essere diplomata analista medica, ci fece un prelievo di sangue e uno striscio con una cartina alla lingua, e ci disse:"Per fortuna si sono fatti progressi in questo campo, non è più tragico come qualche anno fa. Adesso in tre quarti d’ora sapremo se siete sani. Intanto vediamo com’è la fica di questa ragazza".La presunta dottoressa fece sdraiare Roberta su un lettino, indossò un paio di guanti da chirurgo e cominciò a manipolarle la passera, commentando:"Qui sei sana… Il muco è buono, la mucosa è rosea, non hai irritazioni. Ce l’hai bella larga, però. Hai già partorito? No? Allora devi essertela fatta sfondare in altri modi, si capisce… Andrai bene per i superdotati e per gli spettacoli di penetrazione manuale e di introduzione di oggetti. Anche il culo ce l’hai aperto, eh? Nessun problema per i rapporti anali, bene. Spero che tu non sia una tipa schizzinosa. Quali sono le cose più forti che hai fatto finora?"Roberta, sempre distesa sul lettino, rispose senza nascondere nulla:"La mano dentro me l’hanno già messa diversi uomini. Mi hanno anche fatto pipì sulle tette… e qualche volta in bocca. Ho preso anche tre uomini insieme, bocca fica e culo; e mi sono fatta scopare da quindici di fila senza alzarmi dal letto"."Buono. Già, non ti ho chiesto come te la cavi a pompini, ma immagino che tu sia brava, a questo punto"."Eh sì!""Qui però stai attenta che il pompino come spettacolo ha qualche esigenza diversa dal pompino in camera privata.Devi far vedere bene il lavoro di lingua; e poi lo schizzo non devi inghiottirlo, devi prenderlo in faccia, in modo che risalti bene la sborra sulle guance, sulle labbra, sul collo, sugli occhi. Questo piace agli uomini. Del resto, i nostri attori lo sanno, ci penseranno loro a insegnarti e a guidarti".Restammo ad attendere, chiacchierando, finché furono pronti i risultati delle analisi, che si rivelarono favorevoli. Allora la donna chiamò con un telefono interno, e venne un uomo a prenderci. Roberta chiese:"La visita medica si fa tutti i giorni?""Se esci, sì. Se resti a dormire qui e non esci, non c’è bisogno di ripeterla, per qualche giorno. Adesso andiamo appunto a svegliare due ragazze che hanno dormito qui, il primo lavoro della giornata lo fai con loro".Salimmo a un piano superiore ed entrammo in una camera buia, dove c’era un tanfo pesante di chiuso e di sudore.L’uomo aprì la finestra esclamando:"Sveglia, troiette! Ieri sera non vi siete neanche fatte la doccia prima di coricarvi, eh? Sembra di entrare in una stalla, qui! Adesso preparatevi, fra mezz’ora al massimo vi voglio in salone, insieme con questa nuova".Le due ragazze sul letto si svegliarono con difficoltà e si alzarono con qualche imprecazione. Poi una delle due, una piccoletta coi capelli rossicci, si inginocchiò davanti alla finestra, si fece il segno della croce e cominciò a pregare sommessamente. L’altra si avvicinò a noi, ci salutò e disse:"Benvenuti nel grande bordello. Io sono Jessica. Non badate alla mia amica, si chiama Ines, lei dice sempre le sue preghiere, mattina e sera. Certo che è strano, lavorando qui, dire le preghiere, no?"Risposi io:"No, non lo trovo strano. Si può credere in Dio in qualsiasi posto e facendo qualsiasi lavoro. Certo, non il dio dei preti…""Già, quello punisce la formicazione! E noi qui siamo molto formiche"."Dio non punisce niente, credo. Ha creato lui tanto il sole e le stelle quanto i cazzi e le fiche. E non è male ricavare piacere dal sole, dalle stelle, dai cazzi e dalle fiche: ricavarlo per averlo e per darlo agli altri"."Parli bene. Sì, anch’io credo che questo che faccio sia un buon lavoro. Se no, non lo farei. Ho il diploma di maturità, potrei fare concorsi o andare all’università. Ma preferisco, per adesso, lavorare qui. Anche la mia amica ha il diploma, eravamo compagne di classe l’anno scorso. Ci siamo scopate mezzo liceo. Lo dicevano tutti che eravamo le più puttane della scuola. E allora, abbiamo pensato di mettere a frutto un talento!"L’amica, che aveva terminato le sue preghiere, si alzò e annuì, aggiungendo:"Sì, questo è un lavoro puttanesco, ma non è come battere il marciapiede. Qui ci sono dei bei vantaggi. Primo, si fa con degli uomini belli e bravi, perché lo spettacolo vuole la sua estetica anche da parte maschile. Secondo, si è tutti controllati contro le malattie. Terzo, si sta tranquille e si fa amicizia".Roberta intervenne:"Io il marciapiede l’ho battuto e mi sono divertita anche lì, perché sul marciapiede c’è il gusto dell’avventura. Ora però mi sta bene un po’ di lavoro tranquillo. Ma voi dormite qui, state sempre qui? Non andate in paranoia a non uscire mai?""Beh, facciamo le settimane. Una settimana di lavoro, e tre di vacanza in giro. Così non si va in paranoia. Durante la settimana di lavoro, uscire non conviene: si ha comunque poco tempo, e al ritorno si deve rifare la visita medica, tanto vale stare qui. Questa è la quarta settimana che facciamo qui, la prima l’abbiamo fatta tre mesi fa"."Come avete trovato questo posto?""Abbiamo risposto a un annuncio su una rivista"."Uhm… Sentite, se mi trovo bene, stasera mi fermo a dormire anch’io: mi prendete in stanza con voi?""Volentieri. Qui c’è un altro lettino che si può ricavare dal divano, ma poi se preferisci ci mettiamo in tre sul lettone, che è larghissimo".Mi sentivo un po’ tagliato fuori dal discorso, e dissi:"E io?"Roberta mi diede uno spintone affettuoso ribattendo:"Tu oggi pomeriggio vai a casa da Luisella, se no come fa quella povera ragazzina a lavorare? Le lascio il campo libero per qualche giorno, lei è ancora in rodaggio, va!"Le ragazze si prepararono. Ines disse a Jessica:"Non andare al cesso. Credo che oggi cominciamo con un lesbo a tre con pipì. Tienila per lo spettacolo".Scendemmo uno scalone e percorremmo un lungo corridoio, guidati da Jessica. Le finestre si aprivano su un cortile ampio, oltre il quale si vedeva la campagna, con le montagne all’orizzonte; la mattinata era luminosa e trasparente, entrava in casa l’odore dell’erba. Giungemmo in un salone attrezzato con telecamere, riflettori, e un angolo scenico formato essenzialmente da un divano di pelle e da un tappeto.L’uomo che era venuto prima a svegliare le ragazze stava ora disponendo l’attrezzatura per la ripresa. La previsione di Ines si rivelò giusta:"Ragazze, per cominciare la giornata, niente uomini, fate tutto voi. Dovete avvinghiarvi, leccarvi, ficcarvi lingue, dita, mani dappertutto, capito? Poi userete anche le banane, i cetrioli e le bottiglie, e alla fine una bella pisciata, lavatevi la faccia col piscio, d’accordo?""Io non so se ci riesco a tenerla fino alla fine, la pipì" – disse Jessica – "mi scappava già su in camera"."Quando non ne puoi più, falla, ma non sprecarla. Ah, naturalmente cercate di non bagnare il divano, fatela sul tappeto che poi va in lavanderia".Così cominciò quell’orgia femminile pilotata dai consigli o dagli ordini del regista. Le fiche si aprivano alle lingue e alle mani, i capezzoli venivano mordicchiati, i muscoli delle natiche e dei fianchi guizzavano e scattavano, i volti cercavano di esprimere al meglio il godimento.Jessica dopo dieci minuti inondò la faccia di Roberta che a sua volta pisciò a gambe all’aria, zampillando in alto. Ines fu pronta ad avvicinarsi per riceverne una parte in bocca. Il regista approvò e disse:"Ora riempitevi fiche e culi con gli oggetti".In breve tutte e tre le ragazze ebbero cetrioli e banane davanti e dietro. Vedendo poi che Roberta s’era fatta entrare nella topa tre banane grosse, il direttore ordinò:"In quella possono starci due mani, forza che avete le manine piccole. Non fatele male, ma mettetegliele dentro.Due mani dentro è una cosa molto ricercata".Tolte le banane, Ines e Jessica cominciarono a spingere una mano ciascuna, contemporaneamente, dentro la fica di Roberta, e dopo qualche sforzo ci entrarono fino al polso, insieme. Roberta si contorceva e mugolava, che sembrava stesse godendo veramente. Dalle tre ragazze promanava un intenso odore sensuale, animale. Pensai che quei video porno ci perdevano parecchio, a non poter trasmettere anche l’olfatto. Ma, del resto, nessuna riproduzione avrebbe potuto rendere l’eccitazione di quello spettacolo vivo. Solo allora mi accorsi che nella sala, oltre al regista, all’operatore e a me, c’erano altri due spettatori, uno dei quali si stava masturbando. Il pubblico pagante, presumibilmente.L’esibizione volgeva al termine: ci fu ancora la pisciata di Ines, mandata a zigzag sulle altre due donne, e poi tutte e tre posarono semplicemente a gambe larghe per qualche foto da rivista d’edicola. Intanto erano arrivati cinque ragazzi neri, alti e atletici, completamente nudi, e il regista disse:"Su ragazze, non perdete la concentrazione, adesso scaldatemi questi cinque cazzi, fateli venire belli duri".Si lavorava davvero a ritmo continuo. Jessica fece in tempo a dirmi:"Dopo questi, avremo una pausa per un pranzo leggero, e poi sotto con altri. Ma è squarciata bene la tua ragazza, è la prima volta che vedo due mani in una bernarda!"Alzai le spalle e guardai Roberta. Avrei atteso la pausa del pranzo con lei, e poi sarei tornato a casa. I cinque cazzi neri erano già affidati alle cure delle mani e delle bocche delle tre bagasce, che li fecero rizzare presto e bene. Allora l’operatore rimise in funzione la telecamera, e il regista ricominciò a dare disposizioni.I cazzi entrarono prima nelle fiche, poi nei culi, con passaggi nelle bocche. Jessica era scatenata a leccare la pelle dei ragazzi. A tutte e tre toccò almeno per un momento la tripla penetrazione. Nessuna si faceva problemi a ripulire con la lingua un uccello appena sfilato dal culo di un’altra: la tranquillità sanitaria toglieva alle troie ogni timore, esaltandole appunto come vere, genuine troie.Particolare cura fu riservata agli schizzi finali, che, per ordine del regista, furono concentrati tutti e cinque sulla faccia di Roberta:"Facciamo la festa alla nuova, voglio vedere una singola ragazza annegata nella sborra, capito?"Le altre due si diedero da fare soprattutto con le mani, e Roberta interpretò con attenzione la sua parte, toccando di punta di lingua cazzi e palle e abboccandoci il giusto e facendo in modo che lo sperma si distribuisse bene su tutto l’ovale del volto e facendone entrare solo un poco in bocca per poi lasciarlo di nuovo colare fuori. Al termine, Jessica e Ines le ripulirono la faccia inghiottendo tutto.Seconda parte della nona giornataIl pranzo fu comunitario: quasi tutti quelli che lavoravano lì si sedettero, se non allo stesso tavolo, almeno sotto lo stesso porticato del cortile. Non c’era cucina; alcuni avevano ordinato pasti caldi da fuori, altri si accontentavano di panini, pizze e frutta.Mangiai anch’io qualcosa, seduto su un tronco fra Roberta e una sconosciuta che mi disse:"Ciao! Vuoi un po’ di cioccolata? Sei nuovo? Io qui lavoro da estetista e infermiera"."Grazie, prendo un quadratino di cioccolata. Sì, sono nuovo, sono qui di passaggio, ho accompagnato la… mia ragazza, sì, lei si ferma. Ma tu vuoi dire che giochi all’estetista e all’infermiera nei video porno?""Ma no, faccio davvero l’estetista e l’infermiera. Va bene che sono due categorie che la gente identifica facilmente con le puttane, ma non è il mio caso. Io ho davvero i due diplomi, e me li sono sudati, di infermiera e di estetista. E ho trovato lavoro qui perché è un posto dove hanno bisogno di entrambe le cose. A volte, in certi giochi erotici acrobatici, qualcuno si fa male. Poi, alcuni maschietti hanno bisogno di iniezioni ricostituenti, e gliele faccio io. E come estetista, curo l’immagine delle ragazze, soprattutto di quelle che fanno i servizi più fini, dove conta molto anche la bellezza del viso. Certo, ho imparato qualche specialità particolare, che altrove non si usa, per esempio depilare le fiche al punto giusto, perché si veda bene la fessura, lasciando il pelo intorno, e altri trucchi"."Curioso che lavori qui anche un’estetista-infermiera! È vero che sono due categorie scambiate spesso con puttane, e la cosa è ingiusta, perché, pur rispettando profondamente le puttane, capisco che chi non lo è non vuole che si creda che lo sia. Ma la colpa è un po’ delle leggi e delle abitudini. Per quel che riguarda le estetiste, come del resto le massaggiatrici e anche le chiromanti e cartomanti, il motivo è soprattutto negli annunci sui giornali. Dato che è vietato scrivere Bellissima puttana offresi proprio domicilio giorni feriali dalle 10 alle 19, che sarebbe il messaggio più chiaro e giusto, tutte si devono camuffare appunto da estetiste, massaggiatrici, cartomanti, con qualche inevitabile equivoco. Solo qualche giornale progressista e illuminato si lancia talvolta a pubblicare annunci più onesti, rubricati come relazioni sociali o incontri, che è già meglio; ma poi gli fanno delle grane… E le infermiere, invece, credo che siano associate alle puttane per via della confidenza col corpo degli sconosciuti e relative secrezioni. Pur con tutte le motivazioni diverse e le differenti valenze sociali, c’è qualcosa di affine nell’essenza del gesto, fra la mignotta che si fa pisciare sul muso e lecca il culo a uno sconosciuto cliente pagante per questo, e l’infermiera che raccoglie l’urina e pulisce il sedere al ricoverato in ospedale, che è pur sempre anche lui uno sconosciuto e un cliente pagante per questo, che paghi lui o che paghi il servizio sanitario nazionale – ma dopo la vittoria della destra alle elezioni, sarà difficile che paghi il servizio sanitario nazionale"."Interessante il tuo discorso, non l’avevo mai sentito prima. Beh, si capisce che poi io qui ho motivi in più per essere confusa con le puttane. Però non m’importa. La tua ragazza fa la puttana?""Sì, e adesso prova a lavorare qui"."A te non dà fastidio… Già, sicuramente no, se no non ce l’avresti accompagnata. Anche voi uomini siete strani, c’è quello che tira fuori il coltello se la sua ragazza sorride a un altro, e quello che le lascia fare la puttana"."Quello del coltello non la ama di certo, la vuole solo possedere. Quello che le lascia fare la puttana, forse la ama e forse no, ma almeno non le toglie il respiro e la libertà".Roberta, che aveva seguito il discorso, si fece sentire, rivolgendosi all’infermiera-estetista:"Ehi, sono io la ragazza di questo bel tipo, sai? Non so se lui mi voglia bene, ma ci facciamo buona compagnia. E comunque, il geloso col coltello non lo sopporterei, lo userei io il coltello, per tagliargli le palle. Però non voglio giudicare nessuno. A qualche ragazza può piacere il geloso, e allora vada con quella, auguri e figli femmine. Forse il Signore li fa e poi li accoppia. Forse. Ma lasciamo stare la filosofia, dimmi un po’ com’è che lavori la fica? Io mi depilavo un poco ai lati, ma adesso ce l’ho proprio incolta, selvaggia. Dici che dovrei acconciarmela?""Non so, dipende. Fammela vedere".Roberta si tolse i pantaloni della tuta che aveva indossato dopo lo spettacolo e aprì le cosce. Le mutandine già non le aveva. L’estetista la esaminò e disse:"Tu puoi anche tenerla così, perché hai la fessura larga e sporgente, la si vede anche senza sfoltire il pelo intorno. Nei video porno, l’essenziale è che si veda bene tutto. In genere è solo questo che li differenzia dai film d’amore che proiettano nei cinema normali".Finii di mangiare, salutai Roberta:"Tu allora stanotte dormi qui?""Sì. Qualche giorno voglio farmelo. Non dico molti, che non resisterei, ma due o tre, forse quattro, da prendere quella decina di milioni, che ne abbiamo bisogno. Tu intanto fai lavorare Luisella, e gòditela".Baciai Roberta sulla bocca e mi allontanai. In casa trovai la donna che ci aveva accolti il mattino, che mi disse:"Ci lasci già? La tua ragazza rimane?""Sì, ho da fare a casa; lei rimane"."Come ti sembra il lavoro qui?""Niente male, e mi sono pure eccitato, ma…""Senti, se non vuoi andare a casa coi coglioni pieni, prendi una ragazza qualsiasi, e, dato che hai fatto la visita medica, te la scopi senza preservativo. Se no, hai fatto la visita per niente… È un’occasione, no?""E quanto mi costa?""Costerebbe parecchio, ma dato che hai portato qui la tua ragazza, per una volta offre la casa. Ti va una negra? Quelle, fuori di qui, sono pericolose, le hanno tutte. Qui, fanno le visite come le altre. Potrebbe essere un’occasione unica di farti una negretta senza preservativo e senza rischi. Vieni, su, che ti accompagno".La donna mi portò in un’altra stanza dove c’erano tre ragazzine nere giovanissime che finivano di sbocconcellare panini, spiegò a loro chi ero e il come e il perché e a me sussurrò:"Ufficialmente hanno diciotto anni, certo; ma arrivano dal loro paese con documenti falsi, e credo che quella vicina alla finestra ne abbia sì e no quindici. Prendila, è un gioiellino".Effettivamente la piccola nera offriva un bello spettacolo di natura. Nuda, mi prese il cazzo in mano e cominciò a menarmelo. Io la girai a gambe in su, la baciai a lungo sulla bocca e la scopai in stile fidanzatini. Alla fine mi tolsi di fra le sue cosce e glielo misi in bocca, sborrandole in gola.Poi mi rivestii, senza lavarmi, uscii e mi incamminai a piedi. C’erano due chilometri da percorrere fino alla più vicina fermata di un autobus suburbano, non era molto.L’autobus era affollato di ragazzotti e ragazzotte che venivano a passare il sabato pomeriggio in centro. Scesi e feci un altro chilometro per arrivare a casa. Trovai Luisella a letto con un uomo, domandai:"Ciao, come va? Lui chi è?""Bene, grazie. Lui è uno che ha telefonato, cercava Roberta, gli ho detto che poteva venire da me"."Perfettamente".Quando l’uomo se ne fu andato, Luisella si mise sul bidè, e io le raccontai com’era andata la mattinata, aggiungendo:"Così, io ho già pranzato, e tu?""Mi sono cucinata una bistecca prima che arrivasse quello, e per pranzo mi basta. Ora scendo in piazza, devo sfruttare questi giorni"."Scendo anch’io con te; prima che cominci a lavorare, andiamo a prenderci un caffè qui all’angolo".Luisella aveva le calze a rete col bottoncino del reggicalze che spuntava da una minigonna di pelle nera, e una camicetta bianca ricamata annodata sotto le tette; prese la borsetta e scendemmo. Sul portone c’era Rosanna che ci salutò:"Andate a farvi un giro?""Solo a prendere un caffè".Luisella camminava sul bordo del marciapiede, un ragazzo in motorino che portava una ragazzina seduta dietro sul portapacchi si avvicinò e strillò:"Ah figazza, me lo fai fare un giro fra quelle cosce di vacca?"Luisella si stava appena voltando per rispondergli a tono, quando i due misero in pratica le loro vere intenzioni: la ragazzina, di sorpresa, sporse una gamba e fece cadere Luisella, mentre il ragazzo le strappava la borsetta.Lui già accelerava per fuggire, ma io fui più veloce, e afferrai la ragazzina per un braccio, tirandola giù. Il suo compagno ebbe un attimo d’incertezza, poi con un rombo del motore svicolò e sparì.Luisella, che oltre tutto era caduta su una merda fresca di cane, imbrattandosi gonna, calze e gambe, si alzò e d’istinto mollò uno schiaffone alla ragazzina, urlandole:"Brutta schifosa, chiamo la polizia".Quella si mise a piangere, e io invitai alla calma:"Luisella, avevi qualcosa d’importante nella borsetta?""Cinquantamila lire, fazzolettini, preservativi, il rossetto, biglietti del tram, una penna…""Sì, dico, niente documenti?""No, quelli li ho lasciati a casa"."Meno male. Allora direi di lasciar perdere. Questa è una bambina, e poi a noi non è che convenga tanto chiamare la polizia, lo sai"."Sì ma guarda, mi ha immerdata tutta. Però nella merda ha lasciato anche la sua ragazza. Bel coraggioso il tuo ganzo, eh, stronzetta?"La ragazzina non rispose. Io sospirai, mollai la presa, e la piccola scippatrice fuggì velocissima. Rosanna intanto aveva agganciato un cliente. La gente che si era fermata a godersi la scena riprese a camminare, e io tornai su con Luisella, che si cambiò e si lavò e disse:"Meglio che ce lo facciamo in casa, il caffè. Che delinquenti. E non mi sono sembrati tossici"."Non lo sono, infatti. Sono solo balordi. Fregano una borsetta per pagarsi la discoteca. Adesso si saranno ritrovati e con le tue cinquantamila lire passeranno il pomeriggio insieme. Saranno convinti di essere stati bravi, nonostante tutto. Che se invece lei le cinquantamila volesse guadagnarle con una marchetta, lui la disprezzerebbe e la mollerebbe. Hanno un loro senso dell’onore"."Onore di merda, davvero"."Io sono d’accordo con te. Ma non è nemmeno colpa loro.Hanno mescolato la cultura dei loro padri, stronzi e violenti, con quella della televisione, altrettanto stronza e violenta. Cosa volevi che ne venisse fuori?""Tu giustifichi tutti. Ma anch’io sono della loro stessa generazione, più o meno, eppure sono diversa, non rubo, non insulto, rispetto le persone. Quindi esiste una responsabilità personale, cazzo"."Esiste, per fortuna. Ma non ho voglia di sputare giudizi, io. E poi ricorda che tu, per tanta gente bigotta, sei come loro o peggio di loro, perché sei una puttana, e i bigotti in fondo preferiscono gli scippatori alle puttane"."Auguro a tutte le bigotte di essere scippate!""Sì, cin cin. Prendiamo il caffè, e poi vai a lavorare, magari senza borsetta"."Devo adottare quel reggicalze con le taschine per i soldi e i preservativi, quello che ci hanno fatto vedere al negozio"."Ma tu i soldi e i preservativi li puoi tenere qui in casa, tanto coi clienti sali qui. Che poi, se si diffondesse l’uso di quel reggicalze, dopo due mesi salterebbero fuori scippatori esperti nel toglierti al volo il reggicalze invece della borsetta. A certe cose non c’è rimedio".Prendemmo il caffè, che intanto era passato nella vesuviana diffondendo un buon odore, e Luisella scese in piazza a rimorchiare, dopo avere indossato un’altra minigonna e avere rinunciato alle calze:"Ma sì, facciamo vedere le gambe al naturale, posso permettermelo a vent’anni!"Io mi misi in cucina a leggere un libro, e passai il pomeriggio così, controllando che tutto andasse bene, mentre Luisella portava su uomini a ciclo continuo, tutti clienti che non volevano niente di speciale, solo svuotarsi i coglioni perché era sabato pomeriggio e non avevano donne oppure le loro donne non gli bastavano. Prima che l’aria cominciasse a rinfrescarsi e a inumidirsi di sera estiva, la battoncella inficò undici cazzi e intascò sei o settecentomila lire.Terza parte della nona giornata"Che cosa hai letto tutto il pomeriggio, mentre io lavoravo?" – mi domandò Luisella, dopo che l’ultimo cliente fu congedato. Le risposi aprendo il libro e declamando:"Tutto fu ambìto e tutto fu tentato.Ah perché non è infinito come il desiderio, il potere umano?"Luisella esclamò:"Minchia! Che cos’è?""Gabriele d’Annunzio, la Laus vitae, cioè la lode della vita"."L’ho sentito a scuola, quello lì. Ti piace?""No"."E allora perché lo leggi?""Così".Luisella si strinse nelle spalle, andò ad aprire la finestra della cucina. Entrò un vociare di ragazzini che giocavano nel cortile. Luisella si affacciò e si mise a cantare: cantava con impegno, come se avesse davanti a sé una platea esigente, una canzoncina popolare. Notai che era intonata e aveva una bella voce; quando ebbe finito le dissi:"Canti bene. Vuol dire che hai molta armonia in te"."Sì, canticchio spesso anche nella mente. Adesso mi faccio la doccia, poi usciamo. Che dici se telefono a casa di Valeria? Magari c’è anche Cristina"."Telefona pure".Luisella cercò il numero su un’agendina che stava accanto al telefono, lo compose e attese qualche secondo."Ciao! Sono Luisella… Come va? C’è anche Cristina lì? Ah, è impegnata. Potremmo vederci stasera…"Seguì una serie di "sì" e di "ah" con cui Luisella accompagnò un lungo discorso che Valeria evidentemente fece all’altro capo del filo, e poi:"Va bene. Glielo chiedo; se è d’accordo, veniamo fra un’oretta, sì? Mi faccio solo una doccia".Luisella riagganciò il ricevitore e mi spiegò:"Quelle due hanno davvero rimorchiato con gli annunci, e stasera escono con due amici, vanno a cena al ristorante e poi sono invitate a casa di uno dei due, una villa in collina. Dicono che altre coppie sono gradite, e se vogliamo possiamo andare tu e io a fare un’altra coppia. Ma dobbiamo fare finta di essere fidanzati o qualcosa del genere, e non lasciarci scappare nulla sul fatto che io batto".Guardai Luisella, mi parve che avesse voglia di svagarsi a quel modo, e le dissi:"Se vuoi, io ci sto. Anche se avrei preferito stare un po’ all’aperto, stasera"."La villa avrà un giardino, no? E poi svicoliamo quando vogliamo. Dobbiamo essere da Valeria fra un’ora, di lì poi si va al ristorante. Già, loro scroccano tutto ai due polli, noi invece dovremo pagarcelo, ma oggi ho guadagnato bene e possiamo permettercelo, no?""Sì. Quanto ci metti a farti una doccia?""Un quarto d’ora"."Allora abbiamo tempo di scendere prima mezz’ora in cortile a giocare a pallavolo. A sentire i ragazzi di sotto, e te che cantavi, mi è venuta voglia di cortile. Li conosco, quei ragazzi. Possiamo giocare con loro"."Ma se abitano qui, sanno quello che faccio"."Appunto: e chi se ne frega?""Uhm… ma sì, se vuoi, andiamo. Io ero brava a pallavolo, a scuola, sapevo fare le battute con l’effetto, una volta abbiamo vinto una partita proprio perché le altre non hanno saputo respingere tre mie battute di fila".Scendemmo in cortile, e giocammo coi ragazzi e con le ragazze, qualche passaggio aereo col pallone ai quattro angoli. Tornammo su, ci lavammo, ci cambiammo. Luisella disse:"Non ho granché da mettermi, e ormai i negozi sono chiusi, fino a lunedì. Fa lo stesso, mi arrangio"."Guarda in camera, ci sono ancora delle gonne di Roberta".Luisella si mise una gonna media con lo spacco e una camicetta rosa morbida. Sotto la camicetta, un reggiseno a balconcino; sotto la gonna, normali mutandine bianche, e mi interpellò:"Per la sera le calze ci vorrebbero, ma non ne ho di lavate. Queste autoreggenti le ho usate ieri, senti un po’ se puzzano, secondo te".Presi le calze, le annusai e risposi:"Se uno ci mette il naso, si accorge che ci hai sudato dentro. Ma chi vuoi che ci metta il naso? Non ho ben capito come deve andare stasera, ma se si rimane a coppie fisse nessuno ti annusa tranne io, e se invece si gioca all’orgia non baderanno all’odore delle calze"."Non ho capito nemmeno io, se è una festicciola qualsiasi o un’orgia. Forse non lo sanno neanche loro. Può darsi che gli uomini aspettino a vedere come evolve la situazione. Tanto siamo noi donne che decidiamo se si fa un’orgia o no, voi maschietti vi dovrete adeguare, dato che stavolta non siamo pagate".Uscimmo e chiamammo un tassì, dato che era tardi. Salimmo da Valeria che c’erano già tutti, e Valeria ci presentò:"Questa è Luisella, una mia ottima amica, col fidanzato. Luisella, questa è Cristina, già vi conoscete, e con lei c’è Mario, il suo ragazzo. E questo invece è Claudio, il mio ragazzo: stasera dopo cena andiamo a casa sua, dove ci saranno altri suoi amici con le loro ragazze".La cena al ristorante fu abbastanza sbrigativa, perché i due uomini erano ansiosi di portarsi le donne a casa, e non si preoccupavano nemmeno troppo di nasconderlo. Così, nel giro di un’ora abbondante, eravamo nella villa in collina. Una villa grande, dove una classica cameriera nera aveva già fatto accomodare altre quattro coppie. Il padrone di casa doveva essere un rampollo del giro degli industriali della città, uno che poteva permettersi puttane d’alto bordo, ma che in quell’occasione era convinto davvero di avere fatto una conquista, con Valeria, che evidentemente se l’era cotto a puntino.Fui sorpreso, ma nemmeno tanto, scoprendo che fra gli ospiti c’era anche Mauro, accompagnato da una bionda truccata. Feci in modo di parlare con lui un attimo in un angolo da solo:"Ehi, Valeria si è fatta su il padrone di casa; tu non la tradirai, spero"."Naturalmente. Tanto le donne stasera qui sono tutte puttane, credo che Claudio sia il solo a non saperlo"."Da dove arriva la tua bionda?""Da un’agenzia di fotomodelle che fanno anche pubbliche relazioni…""Ah sì, offronsi per cene d’affari, pomeriggi e fine settimana, massima distinzione eccetera, giusto?""Esatto. Troie di lusso, in sostanza. Questa non è male, me la sono già scopata prima a casa sua, a ogni buon conto: qui non so come gira la festa"."Se tutte le donne sono puttane, girerà bene, stai tranquillo".La serata cominciò con le danze nel salone, al ritmo di un musica lenta e sofisticata. Musicaccia insipida, ma nessuno ci badava. Le coppie erano fisse, e ogni cavaliere stringeva la sua dama. Poi il padrone di casa cominciò a dire, come da copione, che bisognava vivacizzare la serata, e che l’ideale sarebbe stato uno spogliarello.Le ragazze si schermivano, nessuna voleva farlo; poi qualcuna cominciò ad ammettere che l’avrebbe fatto ma solo se lo facevano tutte; e alla fine si stabilì che gli uomini avrebbero fatto la giuria di un concorso di spogliarello a cui dovevano partecipare tutte le donne, senza però l’obbligo di spogliarsi fino in fondo; si discusse ancora un poco sul limite minimo di spogliamento obbligatorio per tutte ("se no poi una si toglie solo le scarpe, mica vale!") e si convenne che lo strip era valido se arrivava almeno a livello topless. Restava da stabilire l’ordine di esibizione. Fu concordato che l’onore di cominciare doveva toccare alla ragazza del padrone di casa, mentre tutte le altre donne scrissero il loro nome su un tovagliolino, i tovagliolini furono messi in un’insalatiera, e si sorteggiò la successione residua, dalla seconda all’ultima.Ogni uomo avrebbe dato il voto a ogni spogliarellista in segreto, senza dirlo agli altri, e alla fine si sarebbe fatta la somma. Ci fu qualche problema per trovare fogli di carta e soprattutto penne a sufficienza, ma alla fine tutto fu pronto, con gli uomini seduti in circolo e lo spazio in mezzo per lo spettacolo. Mauro esclamò:"Naturalmente, è permesso a ogni ragazza corrompere i giurati, se no non è un concorso serio! A quella che ti si siede in braccio, un punto in più!"Tutti risero. Valeria cominciò la sua prova, e ovviamente fu assai moderata. Danzò con studiato impaccio, si tolse piano piano gonna e camicetta, e poi il reggiseno, ma tenendosi un braccio sulle tette, pudibonda. Alla fine, dopo l’applauso, stava per rivestirsi, ma uno degli uomini disse ad alta voce:"Eh no, non si rivestono le ragazze, dopo che si sono spogliate restano così, e alla fine si balla insieme".Tutti i maschietti approvarono, e Valeria, fingendosi un poco contrariata, si rassegnò a sedersi su una poltrona a seno nudo. La seconda a esibirsi fu una bella ragazza mora, che non conoscevo, e che si mostrò più disinvolta, ma, forse influenzata dalla padrona di casa, si fermò anche lei prima di arrivare alle mutandine. Un uomo gridò:"Più slancio, bimbe! Siete state allevate dalle suore?"La terza era Cristina, che si spogliò velocemente, e venne a togliersi le mutandine proprio in braccio a me, mentre gli altri fischiavano; poi toccò alla puttana portata da Mauro, che oltre a togliersi tutto spalancò le cosce e si aprì la fica con le dita, e passò a farsi toccare da ogni membro della giuria.Venne il turno di Luisella, che ballò con molta armonia e, nuda, andò a baciare il padrone di casa dicendo forte:"Ehi, ma gli uomini che fanno? Valeria, il tuo ragazzo è moscio, vieni a dargli una scossa anche tu!"Valeria si avvicinò togliendosi finalmente le mutandine, ridendo ed esclamando:"Troiaccia, spòstati, che questo è mio".Ci fu una pausa quasi orgiastica, ma un paio di ragazze erano ancora vestite e la tenzone spogliarellistica doveva essere condotta a termine. Le ultime spogliazioni furono veloci e svaccate, poi qualcuno si prese la briga di raccogliere i foglietti coi voti e di fingere di tirare le somme, e fu proclamata vincitrice, com’era prevedibile, Valeria, la padrona di casa. Claudio trasse di tasca una pesante collana d’oro, che doveva valere così a occhio un paio di milioni, e la mise al collo della sua ragazza, dicendo con fierezza:"Questo è il premio!"Intanto i primi pantaloni cominciavano a sbottonarsi e due troie erano già rovesciate a zampe all’aria. Davvero il padrone di casa doveva essere il solo a non sapere, o a fingere di non sapere, che tutte le donne presenti erano professioniste del sesso a pagamento. L’unica che era arrivata lì gratis era Luisella, chi l’avrebbe mai detto? Ma il mondo è piccolo: un uomo, uno di quelli che non conoscevo, si avvicinò a Cristina, che stava già facendo un pompino al suo Mario, con una banconota da cinquantamila in mano, e ficcandogliela ben dentro il buco del culo le sibilò in un orecchio, però in modo da farsi sentire intorno:"Vacca, ti ricordi di me?"Era un suo cliente dei tempi della birreria. Gli altri tuttavia non avevano interesse a far scoppiare un casino, e trasformarono la cosa in gioco: dopo pochi minuti tutte le ragazze avevano una banconota fra le chiappe, compresa Valeria, che sorrise e disse a Claudio:"I tuoi amici vogliono giocare alle puttane"."Eh sì, sono dei burloni", rispose Claudio, senza ridere, forse cominciando a sospettare di avere speso troppo in cambio di una vacca. Intanto Luisella, dopo avere dato una succhiatina all’uccello dell’uomo che le aveva messo la banconota nel buchetto, si rivolse a me dicendo:"Sono stufa, andiamo via".Senza farci troppo notare, ci vestimmo e uscimmo, scendendo dalla collina a piedi nel fresco della notte. Dopo quella specie di mezza orgia mancata, mi era venuta una gran voglia, e Luisella mi parve desiderabilissima: così facemmo l’amore in un prato, al riparo di una siepe, e fu bello.Dopo l’orgasmo Luisella, restando a cavalcioni su di me, col mio uccello bagnato e ormai molle premuto contro la sua fica calda, disse:"Cazzo, mi piaci, tu, stronzo, mi piaci proprio, ti voglio bene, sì, bastardo, ti voglio bene".Anch’io dissi:"Pure tu mi piaci, bagascia, ti voglio bene, zoccola".Ma subito aggiunsi, in un impeto guastafeste della mia troppo razionale e vigile onestà proterva:"Stanotte, almeno".
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