Prima parte della sesta giornataDopo la notte in spiaggia, le ragazze si erano un po’ disperse: Luisella era rimasta col suo nuovo innamorato, e Cristina con loro a reggere la candela, in attesa se non altro di essere riportata in città; Valeria aveva preso un treno; Rosanna aveva deciso di tornare in autostop. Verso l’alba, io ero andato con Roberta nella sua nuova casa, per dormire almeno un paio d’ore.Lì fui svegliato verso le nove da Samanta:"Ciao, sei tornato qui? Nostalgia della tua amica?"Roberta stava ancora dormendo. Feci fatica ad aprire bene gli occhi e a capire dov’ero. Quando misi a fuoco la realtà, risposi:"Ciao. Sono venuto a farmi un giro: a vedere lo spettacolo di ieri sera"."È stato bello? Come se l’è cavata Roberta? Sabrina e io volevamo venire, ma a mezzanotte avevamo qui due clienti di quelli buoni, da trattare bene. Si sono fermati fino alle due passate"."Lo spettacolo è stato gradevole, Roberta ha fatto bene la sua parte…"In quel momento suonò il campanello della porta. Samanta andò ad aprire e fece entrare tre poliziotti, che venivano per un controllo. Doveva essere una cosa abbastanza abituale, perché gli agenti, senza fare troppi discorsi, si spogliarono e si accinsero a riscuotere la gabella della loro condiscendenza. Io non fui preso in considerazione, e restai in disparte, mentre uno dei poliziotti svegliava Roberta e gli altri due attaccavano con Samanta. Sabrina non c’era, s’era svegliata prima ed era uscita.Lo scambio sessuale durò circa mezz’ora. A questo, essenzialmente, serviva la legge che puniva il favoreggiamento della prostituzione rendendo perseguibili, e quindi perennemente vulnerabili, le ragazze che facevano il mestiere insieme: favoreggiamento reciproco. Serviva ai ricatti della polizia, oppure alla bravata occasionale di qualche commissario moralizzatore in vena di mettersi in mostra arrestando quattro puttane. Una legge assolutamente idiota, che nessuno in Parlamento aveva mai osato cambiare, per paura di passare per amico delle troie. Gli uomini politici sono soprattutto vigliacchi, prima ancora che corrotti.Ero abituato a non provare risentimenti di nessun tipo verso i clienti di Roberta, nemmeno quando facevano i gradassi e si divertivano a insultarla mentre la scopavano. I clienti pagavano per questo, Roberta lo sapeva, faceva parte del gioco. Tu mi scopi gridandomi nelle orecchie che sono una bagascia senza fondo, un buco di cesso puzzolente, una cagna rognosa, un pisciatoio pubblico, e tutte le parole insomma che la tua educazione perbene ti ha compresso dentro fra le tue ossessioni; ma prima mi hai dato cento o duecentomila lire perché io ti concedessi di fare una tale sceneggiata, e quindi al massimo sei scemo tu con le tue frustrazioni. Io ti vendo la merce di cui hai bisogno, gli affari sono affari, tutti d’accordo, patti chiari, buoni amici.Ma quei poliziotti, invece, mi infastidirono. Stavano stuprando Roberta e Samanta: prendevano senza chiedere, usando il loro potere. Avrei voluto picchiarli o, in una società giusta, denunciarli per violenza carnale aggravata.Ma sapevo di non poter fare né una cosa né l’altra, e masticai in silenzio il mio rancore, finché quelli se ne andarono. Anche Roberta era di cattivo umore:"Brutto modo di svegliarsi, con uno sbirro fra le gambe, gli venisse la caghetta".Io la guardai e le dissi:"Su, lascia perdere. Senti, Roberta, perché non ti prendi mezza giornata di vacanza? Andiamo oltre il confine, alle spiagge naturiste"."Mica male come idea. Ma come ci andiamo? Hai la macchina?""No, l’automobile ce l’ha Luisella che non so dov’è col suo fidanzato che s’è trovata ieri sera"."Auguri. Ma noi come andiamo?""In treno. C’è un treno ogni ora, credo"."Sì, più o meno ogni ora. In treno, dici. Ma sì, perché no. A me piace viaggiare in treno, ed è da tanto che non lo faccio".Detto fatto: un treno lo prendemmo al volo, con un po’ di fortuna, e meno di un’ora dopo scendemmo alla stazione del paese dov’era in vacanza Luana. La ferrovia correva lungo il mare, e con una breve passeggiata fummo alla spiaggia, ci spogliammo e ci tuffammo. Avevo scelto, naturalmente, il posto dove Luana probabilmente mi aspettava. Non avevo detto niente a Roberta: volevo far incontrare la puttana affascinante e la ragazzina stuzzicante sulla riva del mare, nude entrambe. Semplicemente per collaborare alla creazione di un altro momento di spettacolo della natura.Dopo il bagno, ci stendemmo al sole, e dissi a Roberta:"Fra poco forse verrà qui una ragazzina che conosco. Tu dille che sei una mia amica e basta. Del resto, è la verità"."Capisco, hai trovato una da farti anche qui. Va bene"."Me la sono già fatta, l’altro giorno"."Oh, allora dev’esserti piaciuta, altrimenti non cercheresti il bis"."Sì, una tipina stimolante: merita una rilettura"."Non è che hai una mezza idea di portartela in città a vivere e lavorare con te?""No, è una minorenne di buona famiglia, capirai, è in vacanza qui coi suoi in albergo, dico albergo, non campeggio. Con quello che costano, roba da ricchi"."Sì, ma potrei permettermeli anch’io, questi alberghi, volendo. Tiro su un milione al giorno senza strafare, sai?""Lo so, però quella è gente che guadagna anche di più, e in genere con lavori molto meno onesti del tuo. Di solito, sfruttano operai. Ma non è più di moda dirlo, dopo la vittoria della destra"."Tornerà di moda dirlo, vedrai, il mondo è fatto a scale. A me comunque non piacerebbe essere la moglie di un ricco, mi sentirei una schiava, venduta tutta intera. Molto meglio fare la puttana, che decido io che cosa, quanto, come, quando e a chi vendere, senza obbedire a nessuno"."Sì, Roberta. Ma c’è invece chi gode a obbedire"."Gli stronzi"."Hai ragione: gli stronzi"."Ne avrei avuti e ne avrei ancora, di uomini da sposare, innamorati persi, anche ricchi sfondati. Ma ciascuno di loro avrebbe voluto l’esclusiva del mio letto, e io quella non la concederò mai. Voglio essere libera di scegliere volta per volta, giorno per giorno, ora per ora, per amore piacere voglia simpatia o soldi o qualsiasi causa, chi è che può entrare qui… e qui".Dicendo il primo "qui", Roberta si mise la mano sulla fica, aprendo le cosce; dicendo il secondo, se la mise sul cuore. Poi tacque restando beata a gambe larghe al sole.Intanto, Luana si stava avvicinando, camminando sulla battigia, in compagnia di sua sorella. Le andai incontro:"Ciao, Luana. Sei venuta con la sorellina, eh?"Luana mi saltò al collo e mi baciò al volo, poi disse:"Paola ha un anno più di me, caso mai sono io la sua sorellina"."Sì, a vedervi non si capisce qual è la più grande; dicevo sorellina così per dire"."Sono tanto contenta che sei venuto. Mi rompevo proprio, qui, sapessi"."Tu sei venuta con tua sorella, io con un’amica"."Era meglio se portavi un amico, per Paola!"Paola rimbeccò:"Stronza, non ho bisogno che mi trovi tu i ragazzi!"Facemmo le presentazioni, e Roberta andò a farsi un altro bagno in compagnia delle due ragazzine. Io rimasi a riva, sia per godermi lo spettacolo che avevo orchestrato, sia per lasciar posto alla confidenza femminile fra loro.Sapevo che Roberta avrebbe saputo legare bene con le due ganzette. Dopo il bagno, infatti, le donne avevano già preparato tutto il programma, e Luana me lo espose:"Andiamo nel mio albergo, tu e la tua amica vi prendete una stanza (so che ce ne sono di libere), e poi Paola e io veniamo da voi, e così abbiamo un posto tranquillo, e poi vediamo!"Non c’era da discutere. Sussurrai a Roberta:"Ci costerà un sacco, come ti dicevo prima"."Fa niente. Ho portato io soldi abbastanza. La storia mi piace".Così, appena asciugati e rivestiti, poco dopo eravamo all’albergo, in una camera matrimoniale linda linda, graziosa, ma in fondo niente di speciale, niente di più, nella sostanza, che le pensioncine dove stanno gli studenti e le puttane: la differenza di prezzo la faceva solo il contesto, l’apparenza insomma, come in quasi tutte le cose umane.Chiacchierammo lì, in quattro, per qualche minuto, e Roberta disse a Paola:"Lasciamo soli questi due colombelli, su, che noi due andiamo a farci una passeggiata, e magari conosciamo qualcuno interessante. Due ragazze come te e me non si annoiano, ci scommetti?"Paola parve interessata; si vedeva che Roberta l’affascinava un poco ed era per lei qualcosa di nuovo.Uscirono salutandoci con qualche battuta. Restai con Luana, seduto sul letto. Le dissi:"Ecco, mezz’ora fa eravamo nudi sulla spiaggia tranquillissimamente, eppure adesso spogliarci qui è un’altra cosa, è un’altra cerimonia".Luana mi baciò sulla bocca. Mi sfilai la maglietta, e lei scese a baciarmi sul petto. Ci sapeva fare, con la linguetta, come una gattina, sulla mia pelle. Si tolse il vestitino e rimase in bikini. Le dissi:"Ho notato prima che non hai nessun segno bianco del costume, sei abbronzata tutta uniforme. Venite sempre a fare vacanze naturiste?""Al principio dell’estate, quando prende le ferie papà, sì: a lui piace solo così, è un ecologico. Dopo, quando resto con mamma, andiamo anche in altri posti, normali"."E tu cosa preferisci?""Non so. Stare nuda al sole mi piace, però nei posti normali ci sono più ragazzi e più divertimenti, e allora preferisco là. Qui di giovani ce ne sono pochi, e quei pochi sono scemi"."Qui è un posto molto costoso, è per gente coi soldi. I ragazzi che girano da soli non ci vengono di certo, al massimo ci passano per un giorno"."Appunto"."Ma ci sono spiagge naturiste anche poco costose, dove i ragazzi vanno"."Già, ma papà ci porta qui, invece. Dopo, con mamma, giriamo di più"."Sulle spiagge cosiddette normali che costume ti metti? Il bikini come quello che hai adesso?""A volte il bikini, a volte il costume intero. Mamma sta sempre in topless. Io quando prendo il sole mi tolgo il reggiseno del bikini o mi abbasso il costume intero, ma poi per farmi le passeggiate mi copro, se no i ragazzi mi trattano troppo da porcella"."I ragazzi sono stupidi. Ma adesso scopriamole, le tue tettine"."Ti sei innamorato di me?""Chi lo sa? E tu di me?""Chi lo sa?"Le tolsi il reggiseno e le baciai i capezzoli. Era già eccitata, era davvero una ragazzina calda. Ci rotolammo sul letto, azzuffandoci, e poi ci impegnammo in un giudizioso sessantanove. Mentre lei me lo succhiava con la precisione meticolosa di chi sa di stare svolgendo un compito delicato, io le aprii la passeretta, infilando dentro i due pollici, e afferrai con le labbra il clitoride, aspirandolo in bocca.Luana, vibrando, mi sfiorava il corpo coi capezzoli appuntiti.Dopo un buon tempo speso in quell’esercizio, lei si alzò; allora presi dalla tasca dei pantaloni, rimasti per terra accanto al letto, un preservativo, lo indossai, mi rimisi supino e guidai Luana a farsi infilzare accovacciata su di me, a spegnicandela. Qualche minuto così, poi la girai a chiappe in su, e la scopai alla pecorina.La fantasia di posizioni le piacque molto, come avevo immaginato. Fui tentato di lasciarmi andare all’orgasmo mentre le stavo dentro in quel modo, da dietro, ma decisi invece di farle una cosa in più. Mi tolsi, la girai e mi piazzai col sedere sulla sua faccia, dopo essermi sfilato il preservativo. Luana mi lasciò fare e, quando si trovò in quella nuova situazione, non esitò nell’interpretazione: cominciò a leccarmi vorticosamente fra le palle e il buco del culo. Allora lasciai che il mio umore le schizzasse sulle tette.Restammo quindi così appagati entrambi, distesi, quieti. Luana evitò di cominciare subito a parlare, dimostrando così una certa intelligenza, rara nelle adolescenti. Anzi, io mi assopii per qualche minuto, beatamente, nella luce della camera, il sole del tardo mattino filtrato dalle tende rosa-arancio.La ragazza mi prese la mano e me la tenne, e solo dopo un quarto d’ora o poco meno, quando mi ridestai, disse:"Cazzo, è stato bellissimo. Ti amo".Io non dissi nulla. Lei andò a farsi una doccia, si lavò tutta, anche i capelli. Mi venne in mente un’altra ragazza, una di tanti anni prima, che invece, quando le sborravo sulle tette, si rivestiva e andava a casa senza lavarsi, perché, diceva, in quel modo portava su di sé qualcosa di me. Non mi aveva mai detto "ti amo", però doveva avermi amato, e non poco. Ricordavo con gioia la sua maniera di esprimere la vicinanza evitando di lavarsi. Non ricordavo invece, in quel momento, il suo nome. Di nomi me ne erano passati tanti per il capo, a volte qualcuno mi sfuggiva. Le immagini no, le immagini erano fissate nella memoria per sempre, come le sensazioni.Luana lo sperma dalle tette se l’era lavato via – era normale – ma in compenso era abbastanza furba e simpatica.Era stata una buona idea venirle a dare una ripassata. Andai anch’io in bagno a risciacquarmi l’uccello, poi ci rivestimmo e uscimmo. Nel salone dell’albergo, la sorella Paola ci venne incontro quasi correndo e disse:"Guardate là".Luana guardò e mormorò:"Minchia!"Anch’io guardai, e vidi Roberta che stava parlando, in atteggiamento molto cameratesco, già quasi abbracciata su un divano, con un uomo di mezza età. Non ci trovai nulla di strano, ovviamente; però Luana mi disse:"La tua amica si sta facendo mio padre".Mi venne da ridere (Roberta era proprio impagabile!) ma mi trattenni, non potendo prevedere l’effetto che la cosa avrebbe prodotto sulle ragazzine. Furono loro due, Luana e Paola, a ridere, tirandomi via, e Paola mi disse:"Non farti problemi. I nostri genitori sono una coppia libera, e nostro padre, lui, è un libertino. Da quando siamo qui, l’ho già visto con tre puttane".Luana la sgridò:"Roberta non è una puttana, è nostra amica, no?""Va bene, non vi offendete. Me l’ha raccontato lei, prima, di avere fatto la puttana qualche volta, nei locali notturni. Comunque, non lo dicevo con cattiveria".Pensai che Roberta davvero non raccontava mai bugie, se non per lavoro coi pollastri da adescare e far contenti. Era una delle donne più oneste che io avessi incontrato in vita mia. Dunque ora voleva farsi il papà delle fanciulle. Paola aggiunse:"Glielo ho detto, che quello è nostro padre. Ha risposto che proprio per questo voleva provarci"."Nessun dubbio che ci riesca," – dissi io – "ma vorrei sapere che intenzioni ha per il pomeriggio e la sera, dato che siamo in gita insieme".Luana colse al volo l’occasione:"Al massimo vi fermate qui stasera. Tanto, la camera l’avete presa, così non la sprecate, no?"Guardai da lontano Roberta, impegnata nella facile seduzione. Effettivamente, ci si poteva fermare o non fermare, partire o non partire. Nessuno ci vincolava, per fortuna.Seconda parte della sesta giornataMi ha sempre dato una certa nausea l’ora di pranzo negli alberghi di lusso. Quel modo di stare, aspettare, muoversi di qua e di là, perdere tempo insensatamente, mi toglie l’appetito. Roberta si preparava al pasto con l’uomo che aveva rimorchiato, e io dissi alle ragazzine:"Se ce ne tornassimo in spiaggia, noi tre, a farci un altro bagno e a mangiarci un panino lì?"Luana e Paola acconsentirono. Domandai ancora:"Ma vostra madre dov’è?""Lei è al mare da qualche parte, sta tutto il giorno al mare, rientra solo verso sera. Se passiamo dallo stabilimento balneare, te la facciamo vedere"."Ma i vostri genitori sanno che voi fate già l’amore coi ragazzi?"Luana rispose:"Certo che lo sanno… Anche se ne parliamo poco".Ma Paola intervenne:"Lo sapranno di te! Io sono ancora quasi vergine, e non ho mai detto niente"."Ma va, scema, che hai scopato con Ricky questa primavera, e a Capodanno con Toni, e poi cosa vuol dire quasi vergine?""Scema sarai tu, io l’ho fatto solo con Ricky e solo tre volte. A Capodanno Toni mi ha toccato le tette e basta".Con questa bella discussione, andammo in spiaggia e ci restammo un paio d’ore. Le ragazze mi mostrarono la madre, però senza farsi vedere da lei: era una signora matura ma certo ancora piacevole. Un giovanotto le stava spalmando la crema solare sulle spalle.Dopo un bagno, domandai a Luana:"Voi che ne pensate dei vostri genitori che sono così sessualmente liberi?""Io credo che abbiano ragione. Quando si è innamorati si sta bene in due, ma non si è sempre innamorati. Se penso che stanno insieme da quasi vent’anni, cazzo! Però la mamma a volte è gelosa lo stesso, se becca papà con un’altra. E scommetto che adesso quella stronza di mia sorella è andata a dirglielo, lei fa sempre la spia".Effettivamente, Paola si era allontanata in direzione dello stabilimento. Luana continuò:"Paola è un po’ stronza veramente, non ammette che le piacciono gli uomini, fa tutte le cose di nascosto. In città ha un ragazzo ufficiale, che crede davvero che lei sia vergine. Mi fa incazzare perché va in giro a dire che si vergogna di avere una sorellina troia"."Ci sono ancora ragazzi che cercano le ragazze vergini, allora?""Qualcuno c’è, e lei se l’è trovato. Ma non è vergine, ha scopato quanto me, solo che l’ha fatto sempre di nascosto. Zitto che sta tornando".Paola venne a sedersi con noi. Io dissi:"Credo che bisognerebbe abolire il matrimonio. Due che vogliono stare insieme, ci stanno e basta. Ci stanno finché lo vogliono, e poi stop. Solo se nasce un figlio, padre e madre lo dichiarano e se ne assumono la responsabilità. Ma anche questo, solo se vogliono. Se no, il figlio lo prende qualcun altro che lo desidera".Luana approvò; Paola non commentò. Cominciai a pomiciare con Luana stando proprio vicino a Paola, in modo da sfiorarla quasi. Poi mi interruppi bruscamente dicendo:"Adesso torniamo in albergo. Voglio vedere che cosa combina Roberta con vostro padre".Passando dallo stabilimento, notai che la signora non c’era più. E all’albergo Roberta ci aspettava, da sola, nell’ingresso, e disse:"Merda, è arrivata la moglie, gli ha fatto una scenata e se l’è portato in camera. Una cosa deprimente. Lasciamo perdere. Partiamo, torniamo a casa".Luana si mise a litigare con Paola che con la sua spiata provocava anche la mia partenza. Io dissi che forse sarei tornato; Roberta pagò la stanza, ritirò i documenti. Alla stazione, dopo aver camminato un pezzo tutta indispettita, scoppiò a ridere:"Te la sei fatta, la tua ganzetta, buon per te. Io speravo di rastrellare il pollo, ma fa niente. La gita non è stata male. Quell’uomo era piuttosto buffo, aveva paura della moglie, sai?"Prendemmo il primo treno, e in un’ora eravamo a casa di Sabrina e Samanta, che stavano lavorando a pieno ritmo. Mi chiusi in camera con Roberta."Il primo cliente del pomeriggio aspetterà: adesso ne ho troppa voglia io. Precedenza all’amore!""Amore, amore… Ma sì, amore, che altro?" – mi rispose Roberta, baciandomi. Passammo insieme un buon tempo, sulle lenzuola fresche. Poi io uscii, da solo, e andai nuovamente alla stazione, mentre Roberta accoglieva il primo pagante della giornata.Durante il viaggio in treno fino in città, che durava quasi tre ore col diretto che si fermava in tante stazioni, un poco mi assopii, un poco guardai il panorama e un poco la gente. Ebbi un attacco di solitudine: mi succedeva talvolta in certe situazioni, per esempio quel treno pomeridiano che rotolava tranquillo verso una città dove forse nessuno mi aspettava.Ma non fu del tutto spiacevole, fu solo un brivido di lontananza e di potenza insieme. Avrei voluto che il viaggio durasse di più, mi piaceva il rumore delle ruote, il succedersi delle scene e delle stazioni, quella realtà da contemplare senza esserne veramente parte, i viaggiatori che pensavano alle loro destinazioni mentre io, in fondo, sarei potuto andare anche da un’altra parte allo stesso modo, padrone di tutte le città e di nessuna. Non sempre è desiderabile arrivare: talvolta il viaggio è un valore in sé. Pensai alla vita stessa che è come un viaggio il cui arrivo è la morte – e lì non sono in tanti, guarda, a desiderare di arrivare presto.Pure, arrivai in città che era tardo pomeriggio, non ancora sera. Andai a casa e trovai nella cassetta della posta una lettera. Riconobbi la scrittura dell’indirizzo, anche se non la vedevo da molto tempo: era di Malvina, una ragazza che aveva lavorato con me in ditta anni prima. Aprii la busta infilandoci un dito e lacerandola, spiegai il foglio e lessi:"Carissimo, ti stupirai che ti scrivo dopo tutto questo tempo.Adesso abito qui, a trecento chilometri da te, dove ho trovato un lavoro in un negozio di ferramenta grande quasi come un supermercato. Io sto al banco a servire i clienti che comprano la roba minuta, viti chiodi cacciaviti chiavi inglesi. Non sono in regola e mi pagano poco, ma insomma me la cavo. Abito in un monolocale a un piano terreno, certe volte mi sento un po’ sola, ma per adesso non sono riuscita a fare amicizia con nessuno. Gli uomini vogliono solo quello che tu sai benissimo dato che lo volevi anche tu, però tu almeno sapevi essere amico anche su altri livelli. Mi farebbe piacere rivederti o almeno avere tue notizie. Che cosa hai fatto dopo che la ditta ha chiuso? Te la passi bene? Lo spero per te. Io in casa non ho il telefono, puoi chiamarmi in negozio però non farmi parlare troppo se no il padrone s’incazza. Oppure scrivimi. Ciao, tua Malvina".Mi piacque ricevere quella lettera. Presi il telefono e composi il numero del negozio, scritto in calce al foglio.Fu Malvina stessa a rispondere. La riconobbi e le dissi: "Ciao, ho ricevuto la tua lettera, come va?""Abbastanza bene, sono contenta che mi chiami"."Senti, se venissi a trovarti, potrei fermarmi da te una sera a dormire?""Se ti adatti, sì. Ho un letto solo, una brandina. Poi ci sono una poltrona, i cuscini…""Mi basta e avanza, lo sai che io dormo anche per terra. Ci vengo domani sera"."Io esco dal lavoro alle otto; alle otto e venti sono a casa"."Guardo i treni che ci sono, e faccio in modo di arrivare prima di quell’ora lì, e ci troviamo davanti a casa tua. Passiamo una sera insieme, come una volta. Ti va?""Sì. Allora ti aspetto domani"."Ci vediamo, ciao".Avevo combinato un altro giro, ed ero soddisfatto. Mi stesi sul letto, perché un poco ero stanco, pensando che più tardi sarei andato a mangiare da solo in una trattoria. È bello mangiare da soli in una trattoria alla buona, senza dover parlare coi commensali, scegliere il primo e il secondo insieme che così fanno prima, dire due cazzate alla cameriera e guardare la gente. Ma il telefono suonò. Fui incerto un attimo se rispondere o no; dopo tre squilli sollevai il ricevitore. Era Mauro:"Ehi, vecchio, sei solo?""Sì, ma non mi ci dispero. Sono tornato adesso dal mare, sono andato stanotte a vedere lo spettacolo di Roberta, lo sai che fa lo spogliarello in un locale, e anche il wrestling nell’olio?""Ma no! Si è lanciata, la ragazza!""Le piace fare cose sempre diverse"."Senti, ma intanto sei solo…""Non lo so nemmeno; ieri avevo qui una debuttante, una che lavorava alla birreria, non so se torna, sembrava intenzionata a mettersi al posto di Roberta"."Fai come vuoi. Qui a casa mia ho due pupe esotiche, due ballerine di samba, si potrebbe cenare insieme"."Senti, non so. Adesso salgo da Rosanna a vedere se c’è e se ha novità, poi magari do un colpo di telefono a Valeria. Magari vengo, ma non te lo so dire adesso"."Non preoccuparti, noi stiamo a casa mia. Se mi lasci solo, me le godo tutte e due da solo, fa lo stesso. Ma se vieni, mi fa piacere, la compagnia è più allegra. Sottinteso che puoi portare chi vuoi, specialmente altre ragazze"."Va bene, se vengo vengo, se no ci sentiamo poi. Ciao".Salii da Rosanna, che c’era e aveva in casa un cliente.Aspettai qualche minuto, il cliente uscì, io entrai."Ciao Rosanna, tornata bene dal mare?""Benissimo, e tu?""Anch’io. Sono arrivato da poco"."E venuta Luisella a cercarti prima. Ha detto che ripassa all’ora di cena"."Allora la aspetto a casa. Tu scendi in piazza?""Sì, è presto, oggi ne aggancio ancora due o tre"."Auguri, ciao".Tornai in casa mia, a stendermi di nuovo sul letto. Mi godevo i rumori smorzati che arrivavano da fuori, l’ora di punta, la sera che si avvicinava, la gente. Mi piaceva quella fase della giornata. Luisella arrivò presto e disse:"Ah, ci sei. Temevo che ti fossi rimesso con Roberta al mare"."Ma no, che ci sto a fare io al mare? Al mare ci vado quando ne ho voglia, ma qui ho una casa libera, e poi preferisco la città. Tu piuttosto, il tuo innamorato dove lo hai lasciato?""Quello? Al mattino mi ha mollata per tornare dalla fidanzata. Comunque, è stata una bella nottata"."Beata gioventù. Se offri la fica gratis al primo che ti fa l’occhiolino, come puttana fai poca strada"."Non preoccuparti, saprò farmi pagare da quelli giusti.Allora, vale sempre il nostro accordo?""Certo. Anzi, puoi scendere a rimorchiare anche subito.Poi più tardi andiamo a cena insieme".Luisella scese in piazza e dopo meno di dieci minuti tornò su con un tipo tarchiato, una faccia da muratore. Via la gonna e le mutandine, gambe aperte, lui sopra col cazzo già duro nel preservativo, scopata rapida, venti colpi e i coglioni svuotati, e svuotate anche le tasche di cinquantamila lire, che di più non c’era proprio.Dissi a Luisella:"Con questi tipi qui la tua bellezza è sprecata, gli basta sborrare per togliersi la fregola, sborrerebbero anche in culo a una gallina rognosa. Però, ti prendono solo pochi minuti, e non è il caso di mandarli via. Vedi, il mestiere è così. L’importante è che tu ti mantenga sempre bella e in forma per i clienti migliori. La fica è sempre la medesima, ma per qualcuno vale dieci e per qualcuno vale cento"."Mi sa che qui in piazza la maggior parte sono tipi da cinquantamila"."No, vedrai, ci sono anche gli intenditori".Quasi a confermare le mie parole, il cliente successivo, che Luisella rimorchiò un quarto d’ora dopo, volle prima sodomizzarla e poi vederla pisciare in piedi nella doccia, e pagò per questo duecentomila lire.Ne seguirono altri due da cinquantamila, e intanto si fece l’ora di cena. Dissi a Luisella di concludere le sue fatiche, di andare a lavarsi e di mettersi a posto per uscire. Mentre lei si cambiava e si preparava, pensavo se era il caso di andare noi due soli in trattoria, o se era meglio accettare l’invito di Mauro. Posi l’alternativa a Luisella stessa, che rispose:"Andiamo da Mauro, almeno è gratis, anzi magari ci guadagno ancora qualcosa, no?"Terza parte della sesta giornataLe ballerine di samba di Mauro non erano proprio eccezionali: due mulatte scure, quasi nere, che a tavola mangiarono con voracità tutto quello che c’era e bevvero molto vino. Sudavano e puzzavano forte. Dovevano avere già passato i trent’anni; che, per il loro mestiere, non erano pochissimi.Luisella cenò con calma. Una spaghettata fatta in casa, gli spiedini presi in rosticceria, e il budino, oltre a svariati formaggi messi sul tavolo a casaccio, sulla carta in cui erano stati avvolti, senza piatti. Domandai a Mauro:"Ma dove le hai rastrellate, quelle due?""Le ho conosciute in un locale notturno dove lavorano in questo periodo. Oggi è il giorno di chiusura del locale, e hanno la serata libera. Le ho agganciate con un amico mio, loro compaesano, uno che tu mi pare non hai mai visto, si chiama Victor, arriverà più tardi con la macchina fotografica. Abbiamo detto alle due ballerine che Victor vuol fare un fotoservizio artistico da mandare a una rivista importante"."E ce lo manderà davvero?""Magari lo manderà, ma bisognerà vedere se glielo prenderanno".Mauro sparecchiò il tavolo con l’aiuto di una delle mulatte, e preparò un angolo del salone per le foto. Aveva una discreta attrezzatura: due piccoli riflettori, e poi un tappeto, coperte, panni e cuscini dei colori giusti. Spiegai a Luisella che Mauro era un potenziale buon cliente, e che quindi le conveniva accettare, quando lui, com’era prevedibile, le avrebbe proposto di partecipare al fotoservizio, oltre che al resto. Luisella mi rispose con un cenno d’intesa.L’amico Victor arrivò poco dopo. Era nero come le due ballerine, e sembrava intenzionato a fare altro che foto, o almeno prima altro, e poi foto. Mauro mise sul tavolo due scatole di preservativi e lanciò la prima idea:"Facciamo un incrocio, bianchi con nere e nero con bianca. Comincia tu, Luisella, a scaldare il nostro amico, che è appena arrivato".Luisella non doveva certo essere razzista, perché accettò senza obiezioni. Si inginocchiò davanti a Victor, gli slacciò i pantaloni e prese in bocca il grosso cazzo nero.Appena la videro così, le due ballerine fecero altrettanto con Mauro e con me: nemmeno loro, evidentemente, erano razziste.Si proseguì con le scopate, abbastanza normali, e poi si fecero davvero alcune foto alle tre ragazze sui cuscini, giocando sui contrasti di tinta e sugli accostamenti di fiche. Ma non avevo intenzione di passar lì tutta la notte, e verso l’una dissi:"Ora Luisella e io dobbiamo proprio andare, siamo stanchi".Ci furono le dovute salutazioni e le consuete battute, e poco dopo presi Luisella sotto braccio nel fresco del viale:"Abbiamo cenato e fatto poco d’altro, va bene così, no? Sentivo il bisogno di prendere un po’ d’aria"."Hai fatto bene. Anch’io ero stufa. Anche se ho avuto stasera una prima volta!""La prima volta con un nero, eh?""Già. Qualche nero ci veniva, in birreria, ma non erano certo quelli che ci portavano in albergo: erano tutti squattrinati. Stasera il primo nero me lo sono fatto gratis"."Non rammaricartene, meglio così. Le prime volte vanno fatte gratis, c’è più poesia".Ci sedemmo su una panchina mezzo distrutta dai teppisti, e Luisella disse:"Mi sento sola".Pensai un attimo, fra me e me, se valeva la pena di cominciare il mio solito discorso sulla solitudine. Ormai l’avevo ripetuto almeno cento volte, a cento ragazze diverse; ma Luisella era giovane e nuova e forse non l’aveva mai sentito, e allora cominciai:"La solitudine è una condizione dell’animo, non una situazione esterna. Puoi avere ottimi amici, qualcuno che ti ama, magari un amante o un marito, eppure sentirti sola. E puoi non avere nessuno, ma proprio nessuno, eppure sentirti vicina a tutti, confortata dal mondo, e per nulla sola. Il vero problema è avere vicinanze senza avere schiavitù. Un problema complesso, a volte, se non riesci a risolverlo d’istinto, al volo così"."A me sembra importante avere qualcuno"."Sì, probabilmente avere qualcuno ha la sua importanza.Anch’io sto meglio quando ho qualcuna. Adesso ho te"."Non durano a lungo i tuoi amori, eh?""Durano in eterno. Ma questo è difficile da spiegare a te. L’amore è una cosa che non deve imprigionare. Sono poche le donne che sanno amare senza imprigionare. Forse nessuna"."Non capisco bene quello che dici, sai?""Lo so che non lo capisci. A me sembra semplicissimo, ma mi sono abituato al fatto che le donne non lo capiscano, e spesso nemmeno gli uomini"."Che cosa vuol dire amare senza imprigionare?""Vuol dire che tu e io adesso stiamo insieme e ci facciamo compagnia in questa notte o in mille notti, e quindi ci amiamo. Ma se a te viene voglia di un altro uomo, questo non può darmi fastidio, altrimenti significa che ti ho schiavizzata. E se a me viene voglia di un’altra donna, a te non deve dare fastidio, altrimenti significa che vuoi schiavizzarmi. Non si possono imprigionare gli impulsi del cuore"."I tuoi mi sembrano più impulsi del cazzo che del cuore"."È tutto collegato. Comunque, lo stare insieme non è collegato allo scopare. Per me scopare è anche, e forse è soprattutto, un’opera d’arte. Scopando si crea una bellezza, si fa una meraviglia. Vale in sé e per sé, come un quadro o una poesia. Lo scultore usa lo scalpello per creare un’opera d’arte; chi scopa usa il corpo. Una bella scopata è un capolavoro maggiore della Nike di Samotracia…""Di che cazzo? Chi è questa Miche?""Lascia stare, non importa, è una statua antica e famosa. Ecco, la statua è un’opera che rimane lì per secoli, la scopata invece dura un attimo, ma proprio per questo è, in quell’attimo, superiore: perché concentra bellezza infinita in un piccolo punto del tempo e dello spazio. Così fa anche la natura, del resto: un’alba splendida sul mare è più bella di qualsiasi dipinto o fotografia, ma dura pochi minuti. Chissà. Forse l’intensità della bellezza è inversamente proporzionale alla sua durata. Alla sua durata in questa dimensione, dico, perché io credo che ciò che esiste un attimo deve esistere per sempre da qualche parte, in qualche modo, se no cade il senso della vita e dell’universo. Dio non è scemo e saprà certamente conservare tutto in qualche modo incomprensibile. Per questo dico che i miei amori sono eterni; tutti gli amori lo sono, anche quelli di un minuto, anche la ragazza splendida che vedi per dieci secondi sul tram e la scopi con gli occhi e non la vedi mai più è un amore eterno. Succhiami il cazzo"."Sei scemo? Qui sulla panchina?""A quest’ora non passa nessuno, e se proprio dovesse avvicinarsi qualcuno, lo vedo e si fa in tempo… Su, prendimelo in bocca".Luisella alzò le spalle, sbuffò, e si chinò sul mio cazzo, che avevo tirato fuori dalla patta dei pantaloni.Cominciò a leccare la punta, poi a succhiarlo con calma. Era simpatico quel pompino nel fresco della notte, con la brezza che faceva stormire appena le foglie dei platani. La lasciai fare per cinque o sei minuti, poi le alzai la testa e la baciai sulla bocca. La troietta, tenendo in mano il mio uccello ritto, si mise in braccio a me, a cavalcioni, e se lo infilò dentro, scostando le mutandine. Dopo pochi colpi e poche mosse, in quella posizione, stava godendo e stava dicendomi:"Ti amo, ti amo".Non aveva capito quasi niente del mio discorso di prima, ne ero certo; però le era piaciuto ascoltarlo.L’intelligenza, vera o apparente che sia, talvolta eccita le ragazze. Attesi che Luisella raggiungesse l’orgasmo, evitando di raggiungerlo io; poi la spostai a sedere sulla panchina accanto a me, abbracciandola. Mi risistemai il cazzo dentro i pantaloni, e ci alzammo a continuare la passeggiata.Camminammo molto, trovammo un chiosco aperto nella zona delle battone e ci bevemmo un’aranciata. Intorno al chiosco c’era una certa animazione: bagasce, clienti, magnaccia, e qualche curioso, di quelli che non hanno il coraggio di andare a puttane ma girano di notte a guardarle. Due donne giovani stavano litigando, forse per una questione di soldi o di posto: si insultavano a voce sempre più alta. Poi una mise le mani sul collo dell’altra, e cominciarono ad azzuffarsi. Immediatamente si formò intorno a loro un circolo di gente che guardava. Luisella mi disse:"Ma nessuno le separa?""Se qualcuno interviene, c’è il rischio che scoppi una rissa generale, e allora poi arriva la polizia e sono guai per tutti. Finché si menano soltanto, si lascia che se la vedano fra loro due. Fa parte delle regole del marciapiede, non lo sai?""Non ho mai battuto il marciapiede, carissimo, e spero di non batterlo mai. Preferisco lavorare in casa, da te".Intanto, una delle due troie aveva avuto il sopravvento, e l’altra era rimasta a terra, intontita, con la minigonna strappata e le cosce aperte, che si vedevano tre o quattro biglietti da cinquantamila infilati nelle mutandine.La vincitrice della zuffa gridò:"Quei soldi vengono a me, vacca ladra, li hai presi fregandomi il posto".Diede ancora un calcio sulla fica alla caduta a terra, che si contorse per il dolore sollevando il sedere nel vano sforzo di alzarsi; poi, svelta, le prese le banconote e si allontanò di qualche passo. La lotta era finita. Dissi a Luisella:"Non sono questi i pericoli maggiori della strada. Il vero pericolo è trovare qualche maniaco o qualche rapinatore ubriaco. E poi ci sono le bande dei teppisti razzisti, un pericolo soprattutto per le nere, ma quando sono esaltati ci può finir male anche una bianca. Per questo le battone di qui cercano di restare sempre in gruppo"."Sì, comunque è meglio lavorare in casa"."In casa, certo, ma con un uomo a fare la guardia, altrimenti rischi lo stesso. Una volta un cliente di Roberta ha tirato fuori il coltello, forse voleva i soldi o forse era pazzo. Non si era accorto che c’ero io nell’altra stanza. L’ho beccato di sorpresa e l’ho steso con un pugno. Ma se Roberta fosse stata da sola, poteva finire sgozzata. Rosanna rischia, a lavorare in soffitta da sola. Io cerco di fare attenzione anche a lei, se sento qualche movimento sospetto salgo a dare un’occhiata, però non serve a molto, se un maniaco all’improvviso la aggredisce"."Badi a Rosanna disinteressatamente?""Oh, sì… È un’amica, no? Cioè, diciamo, quasi disinteressatamente: nel senso che non converrebbe neanche a me un delitto nello stesso mio androne, non ti pare?""È difficile dire se hai un cuor d’oro o se sei uno stronzo"."Una cosa non esclude l’altra. Tanti stronzi hanno cuori d’oro, e tante brave persone hanno cuori di ghiaccio"."Non riattaccare con la filosofia. Andiamo a casa, sono stanca"."Sì. Domani sera ti lascerò da sola, per una notte, vado a trovare una vecchia amica che mi ha scritto una lettera. Potrai riposarti e non lavorare, e allora non far entrare nessuno; oppure potrai metterti d’accordo con Rosanna per lavorare con lei: in due si sta più tranquille, appunto per quel che dicevo prima"."Siamo insieme da un giorno e già mi lasci sola!""Abìtuati a essere indipendente, piccola. Poi, starò via una sola notte… Consìderati a casa tua, comunque, tu da me"."A casa mia… E se torna Roberta?""Se torna Roberta, vedremo. Le cose si vedono quando succedono, non prima. Tu stai tranquilla".Arrivammo a casa dopo un’altra lunga camminata. Anche a me facevano un po’ male i piedi, ma era stato piacevole.Pure, nonostante l’ora così tarda, davanti al nostro portone un uomo abbordò Luisella con un perentorio:"Quanto?"Luisella rispose senza esitare:"Centomila".Così, lei dovette rimandare ancora di quasi mezz’ora il meritato riposo: il tempo che impiegò il cliente a salire, spogliarsi, scoparla, rivestirsi. Con un extra: dato che a Luisella logicamente scappava la pipì, il nottambulo chiese e ottenne di vederla pisciare in piedi nella doccia, pagando ulteriori cinquantamila lire. Infine, ci coricammo abbracciati nudi, senza lavarci, e ci addormentammo serenamente.
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