Chi avesse letto “Furti in famiglia” conosce già la prima parte della mia storia: la storia di una matura e ancora piacente nonna cinquantaseienne che, sfruttando la propria esperienza e la propria passione per la lingerie nonché il fatto di aver sorpreso il proprio nipotino a rubarle le calze per masturbarsi, lo ha sedotto e ne ha fatto il proprio amante nel corso di una visita alla famigliola della figlia. Ho brigato con successo perché Paolino venisse a trovarmi, per qualche settimana, alla chiusura delle scuole. Adesso già pregusto l’idea di poterlo avere tutto per me, nella mia grande casa, da soli, liberi di abbandonarci al piacere senza inibizioni. In pubblico, quando appena sceso dal pullman che lo ha portato nella città dove abito gli vado incontro per salutarlo, riesco a controllarmi e a non andare oltre un abbraccio assai stretto spingendo solo un po’ avanti il pube. Ma già in macchina carezze, sguardi e sfioramenti cominciano con crescente eccitazione. Paolino sembra contento di vedermi ma la sua naturale timidezza non lo ha abbandonato e ne rende i gesti rigidi e le risposte monosillabi. Quanto sia ingenuo il mio ragazzo ne ho la riprova quando, dopo avergli finito di mostrare la casa, giunti nella mia camera da letto senza avergli indicato quale sarà la sua, lui mi chiede dove dovrà mettere le sue cose. “Ma qui, naturalmente,” gli rispondo con un sorriso malizioso, mentre mi lascio cadere a sedere sul letto, accavallo ben in alto le gambe per mostrargliele e batto invitante con la mano sull’altra piazza del materasso. Paolino a questo punto mi osserva un attimo e poi china leggermente il capo, con un’aria di rassegnazione, come se realizzasse adesso l’inevitabilità del ruolo di stallone cui è destinato nei prossimi giorni. “Ti piacciono queste calze?” gli dico, allargando le gambe e tirando su la gonna fino a rivelare il reggicalze. “Sono nuove. Le ho comprate apposta per te.” Contemporaneamente accarezzo le cosce inguainate di nylon nero producendo nel silenzio assoluto della stanza quel fruscio che so lo fa impazzire. “So-sono molto belle,” mormora. “Dai, non essere timido, vieni a sentirle.” Avanza verso me e cade in ginocchio, mi abbraccia le gambe e comincia darmi bacetti sulla cosce sfiorandone con le labbra il nylon che le avvolge. Gli passo la mano tra i capelli. “Vuoi fare l’amore?” Alza il capo e mi rivolge uno sguardo velato dall’ecitazione. “Che sbadata! Ho dimenticato di mettere le mutandine,” Così dicendo spalanco le cosce per fargli vedere il boschetto in mezzo al quale due labbroni rossi e umidi già si protendono. Paolino sta già puntando verso quel nido di miele, gli poggia sopra le labbra, allunga esitante la punta della lingua. Ma per farmi soddisfare con la bocca ci sarà tempo. Adesso è il suo cazzo che voglio subito. Lo faccio alzare e sedere accanto a me sulla sponda del letto. Lo attiro verso me per un bacio appassionato. Nel frattempo sbottono la camicetta, gli prendo la mano e mi faccio accarezzare il seno mentre afferro attraverso la stoffa dei pantaloni la sua nerchia eretta. “Sei già eccitato! Basta che ti mostri un po’ di cosce e di figa per ridurti così? Sei un vero sporcaccione.” Mi diverte metterlo in imbarazzo. Lui infatti protesta debolmente, “Nonna, no…” ma io gli ho già tirato giù la zip, gli estraggo l’uccello, sbottono i suoi pantaloni e li abbasso un po’ per avere libertà di manovra con il suo attrezzo, ben svettante e già rosso sulla punta. Mi libero della gonna e del reggiseno e poi mi piazzo a gambe aperte sopra di lui. Fra un attimo mi ci impalerò sopra e comincerò a montarlo. “Sei pronto per la festa?” La “festa” dura per tutta la prima settimana. Quasi nemmeno usciamo di casa. Paolino è docile ed è sempre pronto quando gli faccio capire che voglio fare del sesso. Metterlo in tiro è assai facile e sono quasi sempre io a prendere l’iniziativa. Lui invece non osa mai dirmi direttamente che ha voglia di me, ma mi viene vicino e comincia con le carezze, i baci, o a pistonarmi con il suo arnese duro, finché non mi intenerisco e gliela do. Certe volte faccio invece la ritrosa, ma, poi, quando lo vedo mortificato andarsene, non riesco più a trattenermi e lo rincorro per scoparmelo. Il nostro rapporto è proibito e incestuoso, lo sappiamo entrambi, e questo aumenta ancor di più la nostra reciproca libidine. Una sera lo porto con me a teatro. E’ un ambiente dove sono troppo conosciuta perché ci si possa abbandonare a bizzarrie erotiche ma non mi dispiace intercettare gli sguardi incuriositi di varie conoscenti nel vedere un’attempata signora come me farsi scortare da un giovane così attraente. Non sfugge alla stessa curiosità la mia amica Norma. contro la quale andiamo praticamente a sbattere nel foyer, durante l’intervallo. Norma è una piacente 46enne, divorziata da qualche anno, vogliosa come me di sesso, ma anche assai più timida e di solito pigra nel prendere l’iniziativa. In questo caso, dopo i convenevoli e i bacetti di rito, noto il suo sguardo puntarsi su Paolino. Glielo presento, omettendo però, proprio all’ultimo istante, di precisare che si tratta di mio nipote. Il fatto di non sapere quali sono i rapporti fra me e lui, e pure di vedere una evidente confidenza, fa chiaramente scattare in Norma la molla della curiosità. A ben vedere, però, nel modo in cui si squadra mio nipote dalla testa ai piedi, c’è un certo velato interesse che solo un’altra predatrice noterebbe. Quando rientriamo nel buio della sala sono così divertita ed eccitata dal luccichio di vogliosa invidia che ho colto negli occhi della mia amica che, mettendo da parte i buoni propositi, m’impossesso della mano di Paolino e, dopo essermi coperta il grembo con la pelliccia per sfuggire agli occhi dei vicini di poltrona, la uso per farmi accarezzare tra le cosce. Sono così sicura della mia intuizione che non si sorprendo affatto di ricevere, già il giorno dopo, una telefonata da Norma. “Allora?”, esordisce. “Allora, cosa?” “Su, non prendermi in giro. Chi era quel bel giovane che ti sei portata dietro?” “Oh, quello…”, rispondo evasiva per stuzzicarla ancora di più. “Sei una serpe. Fai la misteriosa con la tua migliore amica!” Rido di cuore dentro di me. Alla fine, impietosita, le spiego che si tratta di un giovane figlio di una vecchia amica che ospito per qualche giorno. E’ un’intuizione ancora fumosa quella che sto seguendo decidendo di continuare a tenerle nascosto che Paolino è mio nipote. “Mmmmhh, dev’essere una bella tentazione avere per casa un ragazzo così carino…” “Tentazione?” In realtà so benissimo cosa intende Norma. Anche lei è molto attratta dai ragazzi giovani, ma a differenza di me non ha finora trovato l’occasione o il coraggio di mettere in pratica le sue fantasie. “Fossi io sola in casa con un giovane maschio, non so se riuscirei a non mettergli le mani addosso….” Tenere Norma sulla corda si sta rivelando troppo divertente, così: “Oh sì una bella tentazione, hai ragione. E io, come sai, alle tentazioni cedo sempre,” le rispondo. “Non mi dire….” “Scusa Norma, adesso ti devo lasciare. Devo andare proprio da Paolino, che mi sta aspettando,” dico, calcando di sottintesi queste ultime parole, “perché non ci vediamo domani, al solito posto, così ti racconto tutto?”, e tronco così la conversazione, per lasciarla un giorno intero a cuocere nel suo brodo. In effetti, quando la vedo l’indomani, non sta letteralmente nella pelle. Mi investe subito di domande. Io mi faccio ancora un po’ pregare, alla fine ammetto che Paolino è il mio amante. “Non posso crederci. Non hai limiti. Potrebbe essere tuo figlio!” “Veramente, se è per questo potrebbe essere mio nipote, visto che ha solo diciottanni.” “Ma è praticamente un ragazzino!”, replica fingendosi ipocritamente scandalizzata: tipico di Norma! Poi però vuole assolutamente che le racconti come l’ho sedotto e io invento lì per lì di averlo scoperto a masturbarsi con le mie calze (cosa non molto lontana dalla verità dei fatti), di averne così scoperto il feticismo per calze e biancheria e poi…. Al mio racconto, Norma accavalla le gambe e si agita sulla sedia, visibilmente eccitata. “E… a letto, come va?” Per tutta risposta mi dilungo su quanto sia delizioso iniziare al sesso un giovane uomo e quanto vigoroso sia Paolino nel darmi piacere, con l’arnese che gli ha fornito la natura a questo scopo, e non solo…. Norma è ormai cotta. “Che fortuna che hai avuto. Io non ho nessuna amica che mi manda il proprio ragazzo da svezzzare.” A queste parole scoppio in una risata. poi maliziosamente: “Ma se ti piace così tanto, potrei combinare un incontro fra voi due,” “Intendi dividercelo?” “No, no, possiamo combinare che tu e lui passiate una giornata insieme. Potresti portartelo a casa tua…. e giocarci un po’!” “Dici sul serio?” “Certo. Tu non avresti difficoltà a sedurlo, e poi lui è un ragazzo molto servizievole;” aggiungo solleticando l’istinto da cacciatrice di Norma. “Faresti davvero questo?”, risponde lei che già con l’immaginazione sta volando a quel che potrà fare al mio ragazzo. “Sì, certo che lo farei per un’amica. Però…” “Però?” “Però io resterei sola. Dovrei rinunciare alla dose quotidiana di sesso che Paolino mi da.” Norma mi scruta pensierosa. “A meno che…,” proseguo. “A meno che?” “A meno che per esempio tu non ti preoccupassi di trovare una valida compagnia in grado di sostituire Paolino.” “Per esempio?” “Per esempio pensavo a tuo nipote Marcello. E’ così carino…” “Marcello? Ma è un bambino!” “Ha sedici anni, no?, e mi sembra che si stia facendo proprio un gran bel ragazzo, altro che bambino!” “Ma è così timido, è sicuramente ancora vergine!” “Meglio,” ribatto io, “è proprio quello che ci vuole, una matura ed esperta signora che lo svezzi.” Norma continua a protestare all’idea di collaborare nella seduzione del nipote, ma i suoi argomenti si fanno sempre più deboli. “Pensaci un po’ su,” le dico alzandomi per andar via, “se vuoi che spinga il mio Paolo fra le tue braccia, devi anche tu fare qualcosa per me!” Ci mette un giorno a cedere. “Hai vinto!” mi comunica al telefono. Organizziamo un piano. Io informo Paolino che Norma ha bisogno del suo aiuto per sistemare alcuni mobili in una casa di campagna e che lo passerà a prendere per portarlo con sè. Quanto a Marcello, è sua zia ad assicurarsi la sua disponibilità a venire a casa mia, con la scusa di aiutarmi a far funzionare il computer. Norma passa a prendere Paolino un’ora prima dell’appuntamento con Marcello. Ho tutto il tempo di prepararmi. Mi trucco in modo vistoso, con molto ombretto e molto rimmel, che colpisce sempre la fantasia degli uomini. Scelgo una guepiere nera, con numerosi inserti in pizzo e un paio di calze della medesima tinta, del tipo un po’ lucido e con un bordo di pizzo molto largo. Nere e trasparenti sono anche le mutandine sgambate che indosso. Opto per raccogliere i capelli rossi in uno chignon che mi dà un’aria severa. Quando suona il campanello infilo una vestaglia di seta, nera anch’essa, per coprire le mie grazie e vado ad aprire la porta. Marcello è sulla soglia. E’ proprio carino, un adolescente ancora inesperto, ma che già si mostra uomo, con un ciuffo di capelli castani che gli cade sulla fronte coprendogli lo sguardo timido. Me lo scruto per qualche istante, mentre lui ha a malapena il coraggio di alzare gli occhi verso di me, poi lo faccio entrare e lo precedo verso lo studio, precedendolo ancheggiando sulle pantofole con il tacco alto e frastornandolo di parole, alle quali oppone un silenzio appena interrotto da monosillabi. Nello studio gli mostro il computer, un acquisto che ritenevo superfluo e che ha giaciuto finora inutilizzato. Accosto un’altra sedia alla scrivania così da potermi sedere molto vicino a lui. Ho sapientemente staccato i cavi elettrici e così Marcello è costretto a infilarsi sotto il tavolo per riattaccarli. La situazione che ho provocato ad arte mi permette di dare il via al mio piano di seduzione. Accavallo le gambe lasciando che la vestaglia si apra e mostri a Marcello, inginocchiato per terra ai miei piedi, un’ampia panoramica delle mie cosce inguainate di nylon. Lo immagino, là sotto, che avrà strabuzzato gli occhi allo spettacolo. Lo sento trafficare con i fili. “Ma quanto ci metti?” e poi, quando riemerge tutto rosso sulle guance, “non ne avrai approfittato per guardarmi le gambe, vero?”, lo stuzzico ridacchiando. Marcello cerca di nascondere il suo già vistoso imbarazzo concentrandosi nella configurazione del computer, ma i movimenti incerti e gli occhi ostentatamente fissi sullo schermo rivelano il suo subbuglio. Io gli sto provocantemente vicina, praticamente protesa su di lui. Il mio seno tocca ripetutamente la sua spalla. Il mio profumo sono sicura gli arrivi direttamente al cervello. Eppure mantiene un ammirevole autocontrollo e finisce con il completare il suo lavoro. “Ecco fatto!” mi informa, quasi sollevato, probabilmente perché pensa che lo lascerò andare. Ma con lui ho appena iniziato. Gli chiedo di darmi una dimostrazione di come si navighi in Internet. Lui esegue e per qualche minuto si infervora nella spiegazione e finalmente sento la sua voce pronunciare più frasi di seguito. Ma la parlantina gli si strozza in gola quando, con l’aria più maliziosamente innocente del mondo, poggio la mano sopra la sua che manovra il mouse e gli dico: “Marcello, ho sentito dire che su internet ci sono un sacco di siti osè. Fammene vedere qualcuno.” “Ma, io, veramente, non so, non conosco….” cerca di schernirsi. “Dài, non dirmi bugie. So che ce ne sono a milioni e che tutti i ragazzi ne vanno pazzi. Possibile che proprio tu non ne conosca nessuno?” “Ma, davvero, io, non so….” Continuo a insistere, e nel frattempo mi avvicino ancora di più, continuando a puntargli il seno contro il braccio e quasi arrivando a sussurargli all’orecchio. Alla fine mi fa vedere un paio di siti banali, vere robe da educanda rispetto a quel che so che si può trovare. “Mi hanno detto che ce ne sono addirittura alcuni dove signore di mezza età mettono le proprie foto per farsi ammirare. Mi pare che si debba fare così, ecco, questo si chiama motore di ricerca, o qualcosa del genere, vero?, e poi bisogna scrivere la parola ‘mature’. E’ così che si fa?” E’ stato Paolino a insegnarmi e adesso ne approfitto, dolcemente forzando Marcello a manovrare il mouse come voglio io. Si aprono alcune pagine in cui piacenti signore mie coetanee si aprono letteralmente allo sguardo degli appassionati. Marcello è viola, e cerca, con poca convinzione per la verità, di distogliere lo sguardo. “E’ incredibile! Ma guarda che roba! Ma dài, ma cose da pazzi!” Sono i miei commenti mentre sfogliamo le immagini e mi fingo sorpresa per quel che vedo. “Non avrei mai creduto che una donna potesse mettere proprie immagini di questo genere su internet,” sentenzio alla fine. “Possiamo smettere?” mi chiede Marcello, sempre più paonazzo. con un filo di voce. Acconsento e lui mi sembra sollevato. Ci alziamo dalla sedia e io noto il bel bozzo che gli deforma la patta, chiara conseguenza dell’averlo costretto a vedere immagini porno in mia compagnia. Crede di poter andar via e comincia a salutare, ma lo blocco e gli dico risolutamente che non lo lascio certo uscire di casa senza avergli almeno offerto qualcosa da bere. Prendendolo per un braccio lo conduco sul divano e gli dico di aspettarmi. Torno dopo un poco con un vassoio e delle foto, che poggio coperte sul tavolo. Mi seggo accanto a lui. Incrocio le gambe, la vestaglia si apre e, in un crepitare di nylon strofinato, la gamba resta tutta scoperta fino al bordo della calza. Vedo distintamente il suo pomo d’adamo muoversi in su e in giù. “Dimmi un po’. Pensi che sia difficile creare un sito come quelli che abbiamo visto. Potrei farmi anch’io un sito così?” gli chiedo versandogli da bere. Prende il bicchiere con mano tremante, mormorando qualcosa, gli occhi fissi sulle mie cosce velate di nero. “O sono troppo vecchia? Sono più vecchia o più brutta di quelle che abbiamo vista prima?” “N-no, non mi pare”, risponde e io gli sorrido e gli dò un pizzico affettuoso su una guancia. “Come si fa a mettere le proprie foto su internet?” insisto, continuando ad accavallare e a mostrargli le gambe. Farfuglia delle parole, tra le quali capisco solo “scannerizzare” ma non mi importa qual che dice. “Pensi che queste foto potrebbero andare bene? Guardale su, dimmi cosa ne pensi?” dico porgendogliele. Sono mie foto scattatemi da uno degli ultimi miei amanti, pose erotiche in cui appaio seminuda, con calze e reggicalze, guepiere, ma anche con il seno nudo, o insaponata sotto una doccia. Marcello le sfoglia, sul volto ormai viola un misto di sconcerto, pudore ma soprattutto attrazione. Nel frattempo allento la cintura della vestaglia, scostandone i lembi così che possa vedermi il seno attraverso il pizzo della guepiere, la pelle nuda sopra le calze e perfino le mutandine. “C’è n’è qualcuna che ti piace?” gli chiedo, mettendogli la mano su una coscia e sporgendomi per vedere quale sia quella su cui si è soffermato qualche istante più delle altre. E’ una mia foto in reggiseno e reggicalze, mollemente sdraiata sul divano e con le gambe piegate in modo tale che si intravede il boschetto che protegge la fica. “Vuoi tenerla? Ti piaccio con le calze nere?” Incrocio ancora le gambe bene in alto, facendo frusciare il nylon, riconquistandomi così tutta la sua attenzione. Ha gli occhi sgranati. “Se vuoi tenerla, fai pure. Come ringraziamento per il tuo lavoretto di oggi pomeriggio.” Marcello non mi stacca gli occhi di dosso, mentre io con una mano accarezzo la sua coscia e mi passo l’altra sulle calze come fingendo di sistemarmele. “Scommetto,” continuo, “che se trovassi queste foto su internet, le scaricheresti, si dice così no?, per poi potertele guardare di nascosto e magari masturbarti. Non è vero? Su, rispondi! Ti piacerebbe masturbarti guardando una delle mie foto, no? Scommetto che ci stai pensando!” “Signora, io…” mormora flebilmente. La mia mano è risalita al suo inguine e adesso gli sto toccando il pene, durissimo, attraverso la stoffa dei jeans. “Lo so che i ragazzi si fanno le seghe pensando alle donne. Ma anziché accontentarsi delle foto, spesso potrebbero masturbarsi davanti ai loro oggetti del desiderio in carne e ossa.” Continuo a tastargli il cazzo nei pantaloni. “Guarda per esempio come ti è venuto duro guardando le mie foto. Ti è venuta voglia di masturbarti?” Ormai soggiogato dalle mie carezze, dalle mie parole, dalle grazie che gli mostro, Marcello fa ceno di sì con il capo, socchiudendo contemporaneamente gli occhi. “Su, allora…” Lo aiuto ad alzarsi sulle gambe malferme. Mi guarda per un istante interrogativo, perché ancora non crede che l’abbia invitato sul serio a fare quel che sta per fare. Per tutta risposta gli sorrido, muovo ancora un po’ le gambe e gli sussurro: “spogliati!”. Si tira giù la zip, abbassa i pantaloni e, dopo un’altra interminabile esitazione, anche i boxer. Ha un cazzo di tutto rispetto, diritto e duro, con la cappella gonfia e purpurea. Se lo impugna e comincia un andirivieni con la mano, tenendomi gli occhi fissi addosso. Da come chiude gli occhi capisco che sta già per venire. E infatti accade quasi subito e un potente getto di sperma, seguito subito da altri schizzi non meno abbondanti, gli esplode dal cazzo e finisce sulle mie gambe, imbrattandomi tutte le calze. Marcello resta lì per parecchi istanti, la mano ancora stretta intorno al cazzo che comincia ad afflosciarsi, il respiro affannoso, il capo chino e gli occhi socchiusi. Sono io a riscuoterlo: “Dài, vatti a pulire adesso.” Tenendosi con una mano i pantaloni si allontana verso il bagno. Rimasta sola, io mi accarezzo la passera tutta fradicia. Il mio istinto è quello di raggiungerlo in bagno e farmelo là. Ma lo reprimo, perché ho ancora altre idee. Marcello torna dopo qualche minuto. Mi trova esattamente dove mi ha lasciata, comodamente seduta sul divano. Lui si è ripulito e rivestito di tutto punto. Ha anche in mano lo zainetto con cui è arrivato. Crede, ingenuo, che avendo avuto il suo piacere il suo pomeriggio sia finito. “Signora, io andrei….” comincia infatti a sussurrare, lo sguardo basso, timoroso di guardarmi in faccia. “Eh no, dove credi di andare? Non prima di rimediare al guaio che hai combinato,” e con un dito indico le calze tutte sporche di sperma. “M-m-mi scusi…” balbetta. “Scusarsi è una cosa, ma occorre rimediare. Su, vai nella mia camera da letto e trova un altro paio di calze che possa mettere.” Marcello mi guarda con gli occhi fuori dalle orbite, ma capisce dal mio sguardo e dal tono delle mie parole che non è il caso di fare obiezioni. Sparisce verso l’altra parte della casa e torna dopo diversi minuti, reggendo in mano un paio di collant color carne. “Marcello, ma dove hai la testa. Non vedi la differenza tra calze e collant? Come farei ad allacciare il collant alla guepiere secondo te? E poi ti sembra il colore adatto? La mia biancheria e tutta color nero. Cerca meglio, nel secondo cassetto, al centro.” Ritorna, questa volta con un paio di calze color canna di fucile, che si rigira impacciato tra le mani. “Allora, cosa aspetti? vieni qui in ginocchio e cambiami le calze.” Marcello obbedisce senza fiatare. Spalanco le cosce davanti ai suoi occhi, come per facilitargli il compito di sganciare le calze, in realtà per mostrargli la fica attraverso il pizzo trasparente delle mutandine. Con le mani che gli tremano si china in avanti e comincia una lotta con il primo gancio. Non solo non lo aiuto, ma lo incalzo rimproverandolo per la sua maldestria e contemporaneamente lo faccio impazzire strusciandogli addosso l’altra gamba. Finalmente riesce a sganciare e poi a sfilarmi la calza. Butto l’occhio sulla sua patta dove già un nuovo bozzo rivela che il suo cazzo è tornato duro, anche se questa volta sarà per il mio piacere. Per quanto inesperto, Macello deve avere una predisposizione perché senza che io gli dia consigli arrotola la calza da infilare e poi comincia a srotolarla pazientemente sulla pelle. Sono così eccitata da questo verginello che inginocchiato davanti a me mi mette le calze, che mi lascio sfuggire un gemito e devo mordermi le labbra per non scoparmelo prima che abbia finito. Mi aggancia le calze, si assicura su mia richiesta che non facciano grinze passandomi più volte le mani sulle cosce inguainate di nylon, qundi passa a togliere e infilare l’altra calza. Mentre lui si dedica alla seconda parte del lavoro, con il piede lo tocco tra le gambe saggiando la consistenza della sua erezione. “Ti piacciono le mie cosce, a quanto pare. Ti è tornato di nuovo duro!” Nel frattempo ha finito di infilarmi la calza anche nell’altra gamba. Mi chino in avanti e allungato il braccio gli afferro il cazzo attraverso i panataloni. “Ma come si deve fare? Non posso certo rimandarti a casa con questo coso duro nei pantaloni.” Mi alzo e, sempre tenendolo per i genitali lo trascino nella mia camera. Lo faccio sedere accanto a me sulla sponda del letto. Gli metto una mano sotto il mento per costringerlo a guardarmi: Ti piacerebbe fare l’amore con me?”, risponde di sì con il capo. “Allora mettiti nudo.” Si spoglia davanti a me mentre lo guardo. Su mia richiesta stavolta si toglie tutto. Mi alzo e gli giro intorno, come fosse una preda, ammirandone soprattutto il cazzo, tornatogli enorme e svettante. Lascio cadere la vestaglia, restando con la guepiere e le calze. Grazie anche alle pantofolo con il tacco lo sovrasto. Gli prendo il viso fra le mani e lo bacio, ficcandogli la lingua in bocca, in modo quasi autoritario, perché voglio che sappia che è completamente nelle mie mani. “Per fare l’amore devi togliermi le mutandine,” gli soffio in un orecchio. Non se lo fa ripetere. Si inginocchia e prende a sfilarmele facendole scivolare giù lungo le gambe. Nel toglierle completamente alzo una gamba e appoggio il piede sulla sponda del letto, restando così davanti a lui, le cosce spalancate. La mia fica è rossa e grondante. Lui la guarda ipnotizzato. “Senti che buon sapore che ha?” gli dico spingendogli da dietro la testa. Avvicina il viso e la lecca delicatamente. Il brivido che ne ricavo mi fa rinunciare definitivamente ai preliminari. Ormai voglio solo averlo, sentire il suo bel cazzo su per la fica. Mi sdraio e lo attiro su di me. Libero i seni dalle coppe della guepiere e glieli do da succhiare mentre mi faccio penetrare dal suo durissimo randello. Lo sento muoversi con foga dentro di me. Gli ingiungo di trattenersi, con la minaccia che non lo lascerò uscire da questa casa se non mi ha fatto godere come si deve. In realtà viene ancora rapidamente, inondandomi la fica del suo succo. Ma ci vuol davvero poco a farglielo tornare duro e ricominciare a farmi pistonare. Che pomeriggio!
Aggiungi ai Preferiti