Nei giorni successivi, in presenza del padre Davide continuava ad ignorarmi come prima; si rivolgeva a me il minimo indispensabile e solo per chiedermi “Versami da bere, ho sete…”, “… Passami quello!…” Il tono era scostante e mio marito mi chiese se doveva parlare a Davide perché non gli piaceva che mi trattasse come una serva. Lo supplicai di lasciar perdere e che la cosa non m’infastidiva e che, anzi, il fatto di servirlo poteva aiutare i nostri rapporti.Quando mio marito non era in casa Davide mi ordinava di restare in camera mia, nuda, in attesa delle sue istruzioni. Non mi aveva più costretto a soddisfarlo sessualmente e passava molte ore chiuso nella sua stanza. Sospettavo che passasse i pomeriggi a riguardare le videocassette che mi ritraevano in situazioni umilianti masturbandosi ma non osavo spiarlo, memore della punizione subita quando lo avevo sorpreso.Poi un giorno venne in camera mia e mentre lo osservavo, nuda inginocchiata, lui installò una specie d’interfono che collegava la mia stanza alla sua: con quell’apparecchio poteva chiamarmi premendo un tasto dalla sua camera che faceva scattare una suoneria nella mia. Oppure poteva ascoltare tutto quanto avveniva tra me e mio marito quando mi ordinava di soddisfarlo. “Così…” mi disse, “… Ti posso controllare meglio, troia!” Di li a pochi giorni lo squillo dell’interfono mi ordinava di andare a servirlo ed io mi precipitai nuda come voleva lui. Quando arrivai nella sua stanza Davide era sdraiato sul letto ed, effettivamente, stava guardando le immagini di me che mi esibivo sul treno della nostra “gita”: “Fammi un pompino, troia!” Obbedii subito e quando venne nella mia bocca mi ordinò: “Non ingoiare, troia! Voglio che tieni tutto in bocca fino quando ti permetterò d’ingoiare!” Mi rimandò nella mia stanza e quando, ore dopo venne a darmi le istruzioni per la sera, dovetti inginocchiarmi a quattro zampe e lasciar colare sul pavimento il suo seme che avevo custodito nella mia bocca. Lui lo esaminò poi mi ordinò di leccare e pulire tutto.Da quel giorno questa imposizione umiliante divenne un’abitudine e, quando mi portava a fare acquisti in qualche sexy shop dove mi faceva provare le mise più oscene esibendomi poi ai commessi o agli altri clienti, avevo quasi sempre la bocca piena del suo sperma: “Così non puoi parlare e non rompi i ciglioni, troia!..” Solo al rientro in casa mi consentiva di sputare sul pavimento dove lui poteva controllare che non avessi barato e poi mi faceva pulire tutto con la lingua. Quando mi convocava nella sua stanza attraverso l’interfono dovevo precipitarmi nuda, entrare ed attendere in silenzio sulla porta che lui mi ordinasse quello che voleva. Una volta arrivai e trovai Davide con un suo compagno di collegio che, per fortuna io non conoscevo e lui non conosceva me come moglie del padre di Davide. Istintivamente mi ritrassi e cercai di coprirmi con le mani ma Davide mi si avvicinò dicendo: “Ma non hai ancora capito troia che voglio che tu ti faccia guardare bene dal mio amico?!” Lascia cadere le braccia lungo i fianchi abbassando lo sguardo e lasciai che i due ragazzi mi osservassero bene. Fui fatta ruotare lentamente su me stessa per diverse volte di modo che potessero gustare anche la visione delle mie natiche, poi Davide invitò l’amico ad accomodarsi se voleva. Il ragazzo mi si avvicinò e Davide volle che lo baciassi con la lingua appassionatamente mentre lui mi toccava dappertutto. Poi dovetti soddisfarlo con la bocca e venni rimandata nella mia stanza. Rimasi a piangere a lungo e quando venne affondai Davide: “Davide… io non posso più continuare così. Se vuoi che me ne vada non hai che da dirlo ma non voglio più subire le tue perversioni…” Lui mi guardò per alcuni minuti in silenzio poi, sorprendentemente, mi venne vicino: mi afferrò con una mano un seno, con l’altra mi artigliò una natica tirandomi a se e mi baciò a lungo e profondamente. Rimasi stupita in quanto mi sarei aspettata di essere presa a sberle o peggio: “No… Non voglio che tu te ne vada! Voglio solo che tu mi ubbidisca, che ti sottometta a me…” Poi in silenzio uscì lasciandomi sola ed interdetta. Quella sera rimasi distratta ed assente anche con mio marito che si preoccupò di non trovarmi caliente ed affamata di sesso come lo avevo abituato sotto gli ordini di Davide. Ma lo tranquillizzai con la scusa di un leggero malore. Non dormii tutta la notte: non capivo cosa volesse Davide da me. Non voleva fare all’amore perché altrimenti avrebbe potuto comodamente ottenere ciò che voleva; non voleva che lo soddisfacessi in altri modi in quanto spesso si masturbava da solo ed io ero solo un mezzo con cui eccitarsi, come una qualunque attrice porno. Sembrava che gli interessasse solo umiliarmi in ogni maniera per un suo recondito scopo che fuggiva alla mia comprensione. Inoltre offrendomi a degli sconosciuti non faceva certo cosa gradita a suo padre e quindi cominciavo a dubitare di questo suo proposito. Per onestà devo anche dire che il fatto che Davide non mi scopasse m’infastidiva parecchio. Mi sentivo offesa dalla mancanza d’interesse che suscitavo in questo ragazzino diciottenne; sono una bella ragazza nel pieno della mia femminilità, totalmente succube ed ubbidiente. Cosa c’era che non andava?! Due giorni dopo avvenne in me una svolta che non avrei creduto possibile solo pochi giorni prima.Davide non mi aveva più detto niente dalla sera in cui mi aveva detto che non voleva che andassi via ed aveva cercato d’evitarmi in tutte le maniere. Appena mio marito uscì di casa per andare in ufficio mi spogliai ed andai a bussare alla stanza di Davide. Mi fece entrare ed io m’inginocchiai davanti a lui con le gambe aperte; misi le mani a coppa sotto il mio mento e lasciai colare dalla bocca lo sperma che avevo appena succhiato a mio marito. Poi gli presentai le mani dicendo: “Davide… Ecco, ho soddisfatto tuo padre e ti porto la prova perché tu possa controllare…” Lui mi osservava in silenzio: era la prima volta che facevo qualcosa di mia iniziativa senza che mi venisse ordinato. Rimase a guardarmi a lungo poi io pulii le mie mani con la lingua e mi stesi a terra allargando le gambe al massimo: “Per favore, Davide… vuoi fare l’amore con me?… Prendimi sono qui e ti sto supplicando… Oppure frustami… Fammi male… Umiliami… Ma ti prego, parlami…” Mi guardava sempre in silenzio e io mi misi a singhiozzare come una bambina. Allora lui si mosse e venne ad osservare da vicino il mio sesso esposto senza toccarmi poi si posizionò sopra i miei seni portando il suo sesso proprio sopra la mia bocca: “Apri la bocca troia!” Cominciò a masturbarsi e venne inondandomi la gola. Rimasi ferma senza ingoiare il suo sperma; lui se ne accorse, si rialzò e mi disse “Vestiti troia! E tieni la bocca piena.Oggi usciamo!” Tornai in camera mia e cominciai a prepararmi. Volevo fermamente accontentarlo e quindi mi truccai con cura e mi depilai il pube e l’ano come ormai facevo ogni tre o quattro giorni; poi indossai una minigonna veramente mini, una camicetta trasparente e corta che arrivava all’ombelico lasciando scoperta la pancia e delle scarpe dal tacco altissimo. Non indossai biancheria intima, mi raccolsi i capelli in una coda di cavallo. Applicare il rossetto fu complicato dal fatto di avere la bocca piena dello sperma di Davide; mi guardai un attimo allo specchio pensando “Ecco, adesso hai deciso di essere la sua troia e ne hai proprio l’aspetto…” Poi raggiunsi Davide che mi stava aspettando in salotto. Davide mi condusse, come al solito, a fare un giro nei sexy shop della città. Tutto il pomeriggio passò in esibizioni oscene del mio corpo davanti a sconosciuti. In uno di questi negozi in particolare Davide volle che provassi un completino veramente scandaloso: era composto da un corpetto che finiva sotto i seni, sollevandoli in un reggiseno a balconcino. I capezzoli erano coperti solo da una fascia di cuoio che comprimeva i seni. La gonna era composta da un’alta cintura che copriva appena l’inguine e fasciava le natiche strizzandole. Dal corpetto, sui fianchi, partivano dei cinturini che sorreggevano delle calze nere.Quando uscìì dal camerino ci fu un commento d’ammirazione da parte dei due commessi e da tre clienti. Mi fecero chinare in avanti, sedere, accovacciare ed inginocchiare a carponi per vedere quanto scopriva l’abito. Si stupirono del fatto che io non aprissi bocca quando presero a toccarmi e strizzarmi le carni ma Davide spiegò che avevo la bocca piena di sperma e che dovevo conservarlo fino a sera. Poi uno dei commessi osservò: “Se avessimo una modella così le vendite andrebbero meglio!..! Davide non si lasciò sfuggire l’occasione e finii col passare il resto del pomeriggio esposta in una vetrina, che dava su un cortile interno ma che gli abituali frequentatori conoscevano evidentemente bene. Attraverso il vetro mi venivano indicati a gesti le posizioni che volevano assumessi e vi assicuro che nessun particolare del mio corpo rimase quel giorno inesplorato. Quando andammo via Davide promise che mi avrebbe imprestata ancora per quel tipo di servizio e quando gli chiesero cosa potevano regalarmi come compenso lui scelse un collare con guinzaglio ed un enorme vibratore doppio ano-vagina con comando d’attivazione a distanza. L’apparecchio era fornito con delle fasce di gomma per poter essere fissato alla vita ed ai fianchi: volle che l’indossassi subito, li davanti ai commessi e per tutto il tragitto del ritorno mentre guidavo continuò ad accenderlo e spegnerlo portandomi ad una eccitazione sconosciuta fina ad allora. Dovetti tenerlo fino a poco prima che mio marito rientrasse e mi trovasse particolarmente eccitata ed aperta. Quella stessa sera a cena mio marito ci comunicò che la settimana seguente sarebbe dovuto partire per un giro di clienti all’estero e che sarebbe stato assente circa un mese. Io e Davide non commentammo ma lui mi guardò in un modo così penetrante che mi sentii assalire dal terrore da un lato e dall’eccitazione dall’altro. Il giorno dopo appena fummo soli Davide mi spiegò i suoi desideri: Voglio fare di te una schiava in tutto e per tutto! Ho trovato una soluzione che potrebbe interessarmi!” Non mi disse altro a quando il padre partì, una settimana dopo, mi ordinò d’indossare il doppio vibratore, il collare, delle calze con il reggicalze, della scarpe dal tacco a spillo e nient’altro. Dopo avermi osservato a lungo mi fece indossare uno spolverino sul corpo nudo e uscimmo. Dovetti guidare a lungo e quando arrivammo ad una specie di casale di campagna rimasi stupita di vedere che si trattava di un allevamento di cani. Non osavo chiedere nulla per paura delle risposte e quando Davide mi fece scendere e mi tolse lo spolverino lasciandomi nuda in mezzo alla campagna cominciai veramente a preoccuparmi. Mi prese per i capelli e mi condusse verso la costruzione più ampia, una specie di stalla: quando entrammo un uomo di mezza età ci venne incontro. “Salve, è lei la persona con cui ho parlato al telefono?” “Si” Rispose Davide, “ e questa è la mia amica..” L’uomo mi prese per un braccio facendomi ruotare più volte: “Veramente un bell’esemplare! Complimenti! Venite, dovete firmare” Non sapevo di cosa stessero parlando e ci avviammo nel corridoio che correva in mezzo a due file di basse gabbie, ognuna contenente uno o due animali. L’ultima gabbia in fondo però non conteneva un cane ma, osservai terrorizzata, una ragazza: una giovane e bella ragazza nuda ed incatenata. “Questa qui c’è lo da una settimana e tra qualche giorno la riconsegno al suo padrone!” Capii tutto di colpo e girai lo sguardo supplichevole verso Davide che però sorrise ed accarezzandomi le natiche disse: “Tranquilla troia, fai la brava!” Mi venne consegnata una lettera che mi chiesero di leggere e di firmare: si trattava in sostanza di una dichiarazione in cui io chiedevo di venir addestrata ad ubbidire come un perfetto cane. Il periodo dell’addestramento era di una settimana e dovevo firmarla, mi spiegarono, onde evitare eventuali noie legali. Non credo che anche con la firma la cosa fosse legale ma l’uomo spiegò a Davide che era un servizio che faceva a pochi e fidati conoscenti e che gli capitava abbastanza spesso di avere richieste di quel tipo. Ancora oggi non so come Davide fosse venuto in contatto con quell’uomo. Forse qualcuno conosciuto in qualche sexy shop lo aveva indirizzato ma non mi spiegò mai niente e riguardo.Come ipnotizzata firmai la dichiarazione e Davide, dopo avermi baciato appassionatamente, mi lasciò all’uomo andandosene e facendosi accompagnare con l’auto da un collaboratore del maestro, come mi venne da subito insegnato a chiamare. Il maestro mi osservò ancora un poco l’ano e la vagina poi mi fece togliere i falli artificiali e dovetti pulirli con la bocca prima di consegnarglieli. Mi toccò a lungo poi mi condusse alla mia gabbia che si trovava proprio di fronte a quella contenente la ragazza: “Per adesso stai qui buona e zitta, il silenzio è la prima regola! Se vi pesco a parlare tra voi sono guai!” Si allontanò un attimo e tornò portando una ciotola d’acqua e un foglio: “Questo è il regolamento! Imparalo a memoria prima di questa sera: quando verrai interrogata dovrai saperlo alla perfezione! Ancora una cosa, ci sono due modi qui per imparare l’ubbidienza: puoi collaborare e fare la brava e tutto andrà liscio. Oppure puoi opporti e in questo caso non t’invidio di certo. A te la scelta.” Si avvicinò alla gabbia della ragazza e con un gesto delle dita la fece mettere a quattro zampe poi la fece girare fino a che mostrò le natiche marchiate da una infinità di striature bluastre, segni anche troppo evidenti di una violenta fustigazione. “Questo è il risultato di una sua esitazione ad eseguire un ordine! Pensaci” Se ne andò lasciandomi nella gabbia, talmente bassa da non permettermi di alzarmi, a studiare le regole.In breve si trattava di un decalogo studiato per annullare totalmente la personalità di una persona: le regole si potevano all’incirca riassumere in una regola: questa.Non esiste per la schiava niente di più importante del desiderio del maestro. La convenienza, la comodità, le esigenze e le necessità della schiava non hanno nessun valore rispetto alle preferenze, i desideri o i capricci del maestro. Poi si elencavano regole di comportamento, d’atteggiamento e di abbigliamento.Fondamentale era considerata la rapidità di esecuzione degli ordini, di qualunque natura fossero. Venni a saper che la ragazza, benché non ci fosse permesso parlare tra noi, si chiamava Tina ed era stata portata li dal fratello. Per la verità a lei veniva riservato un trattamento molto più duro di quello che infliggevano a me il maestro ed i suoi collaboratori i quali pareva sapessero della mia situazione di donna sposata con un marito che non era al corrente del mio stato di schiava. Le punizioni che mi infliggevano erano attuate con tecniche che non lasciassero tracce durevoli sul corpo ma non per questo meno dolorose. Inoltre venivo violentata solamente dal maestro mentre la povera Tina era letteralmente a disposizione di chiunque, uomini o animali. Lei esibiva sul corpo dei tatuaggi, sul sesso e sui seni, che spiegavano il suo stato di schiava; aveva inoltre il sesso trafitto da anelli. Quasi tutti i giorni veniva fatta accoppiare con dei cani, cosa che a me non fu mai imposta. E tutti i santi giorni veniva violentemente frustata sul sesso, sui seni e sulle natiche ad orari precisi mentre io venivo punita solo in caso di mancanze o a scopo istruttivo saltuariamente. Inoltre a me era permesso andare in bagno una volta al giorno mentre la povera ragazza doveva fare i suoi bisogni quando la portavano fuori con i cani e veniva lavata usando la pompa. Devo dire in verità che alla fine di quell’esperienza diventai maggiormente sottomessa più per aver osservato Tina che per l’educazione ricevuta e che si può riassumere in una serie interminabile di esibizioni oscene e di violenze carnali. Credo che Davide si fosse accordato con il maestro perché mi venisse impartita più una dimostrazione del suo potere su di me che non una vero e proprio addestramento. Spesso per provare un nuovo sistema di punizione da infliggermi veniva usata come cavia la povera Tina e se restavano segni troppo duraturi su di me non veniva provato. Comunque stabilirono che potevo essere frustata sul sesso con una sottile canna tenendo le labbra allargate con le dita, di modo che la canna colpisse esattamente sul clitoride e non lasciasse segni troppo visibili. Naturalmente dovevo essere io ad aprirmi e tenere aperto il sesso. Oppure sulle natiche e sulle cosce con una larga fettuccia di cuoio che mi lasciava un alone rosso acceso che però spariva dopo circa mezzora. Provarono anche a frustarmi le piante dei piedi ma non adottarono quel sistema perché poi non potevo camminare per molte ore. Come ho già detto, quello che apri nuovi orizzonti in me stessa, fu l’occasione di conoscere Tina. Quando finii il periodo d’addestramento, per pura coincidenza, ci trovammo a partire insieme. Io accompagnata da Davide e Tina da suo fratello che si dimostrò molto interessato ai miei vibratore radiocomandati “Piacerebbero anche a te vero cagna?!” rivolgendosi alla sorella. Senza farsi accorgere la ragazza mi passò un biglietto con il suo numero di telefono: “Chiamami se ti và, ciao”, mentre stavo staccando l’assegno a pagamento del mio addestramento. Davide era venuto a prendermi in treno e durante il viaggio di ritorno volle che gli raccontassi tutto; rimase molto affascinato dal mio racconto su Tina e quando gli confidai del biglietto con il numero volle assolutamente che la chiamassi di li a pochi giorni. Lo feci e c’incontrammo: conobbi il suo padrone e mi spiegò che suo fratello era solo un utilizzatore occasionale. Diventammo amiche ed ancora oggi ci sentiamo e frequentiamo. Appena arrivati a casa dovetti in ginocchio spiegare a Davide le cose che avevo appreso, i modi di frustarmi e le esperienze subite. Volle subito provare tutti i nuovi modi per punirmi e rimase soddisfatto del risultato quando s’accorse del dolore che mi procuravano, specialmente quello sulla vagina. Il nuovo, completo potere che Davide aveva su di me lo resero meno violento nei miei riguardi in generale; cominciò persino a rivolgersi a me senza chiamarmi troia e ad avere atteggiamenti quasi affettuosi. Gli piaceva specialmente baciarmi, esplorandomi a lungo la bocca con la lingua, subito dopo avermi frustata con le lacrime che mi colavano sulle guance: “Mi piace il contrasto del dolce della tua saliva con l’amaro delle tue lacrime!” Le cose continuarono così: a volte mi umiliava nei sexy shop, nei quali ormai ci conoscevano, esibendomi a degli estranei. A volte mi offriva ad altri uomini ma sempre meno spesso. Provava più gusto a mettermi in difficoltà in famiglia. Una volta che con mio marito organizzammo un ricevimento per qualche amico dovetti indossare, sotto il lungo abito da sera, nient’altro che il doppio vibratore. Davide si divertì tutta la sera ad avviarlo nei momenti meno indicati, quando servivo da bere o quando parlavo con una coppia d’amici. Fingere indifferenza fu una vera tortura. In un’altra occasione, assente mio marito, mi portò ad una festa organizzata da dei suoi amici con indosso solamente le scarpe con i tacchi, le calze con il reggicalze ed una maschera da gatta che mi copriva completamente il viso. Dovette servirli per tutta la cena e la serata successiva mentre loro si toglievano ogni sfizio, ogni curiosità ed ogni voglia riguardante il mio corpo. Davide una sera di metà settembre mi chiamò nella sua camera. Mi frustò poi, per la prima volta, volle fare all’amore con me. Mi scopò e sodomizzò tutta la notte. Poi, prima di mandarmi via, mi consegnò una grossa busta: “Qui troverai tutte le fotografie, i negativi e le videocassette. Domani parto per il collegio e ti lascio libera. Con te ho imparato molto sulle donne e porterò con me il tuo ricordo. Quando ci rivedremo sarai tu a decidere quale comportamento vorrai tenere nei miei riguardi.” Lo guardai in silenzio. Poi mi sdraiai supina con le gambe allargate, mi aprii il sesso con le dita e gli dissi: “Ti prego Davide, frustami ancora!” Sono tre anni che sono l’amante sottomessa del figlio di mio marito. Lui si è fidanzato con una ragazza carina e dolce ed io continuo a fare felice mio marito. Ma ogni volta che Davide torna a casa mi trova ad aspettarlo nuda, in ginocchio con la gambe larghe, le braccia lungo i fianchi e il frustino trattenuto dai denti.
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