Mi incontrai con Valeria tutte le domeniche, dopo di quella, fino ad estate inoltrata.All’inizio erano sempre le solite schermaglie.Cercai di informarmi un po’ sul suo passato. Aveva avuto diversi ragazzi dai quattordici anni in poi. Il primo aveva immediatamente preso in considerazione il suo, già allora, mirabile seno. Dopo quel primo flirt, era sempre stato normale che i ragazzi che stavano con lei provassero tanta attrazione per quella parte del suo corpo della quale, ella stessa, andava fiera.A quanto mi disse, tentativi condotti dai suoi successivi ammiratori per meglio esplorare il suo corpo ve ne erano stati, ma tutti frustrati sul nascere. Ma in un paio di occasioni aveva dovuto soggiacere ai suoi momentanei innamorati che avevano voluto darle prova tangibile dell’eccitazione causata dalle sue grazie, ponendole in mano la prova viva e palpitante.Per quanto inizialmente schifata, Valeria s’era adeguata a lungo andare a considerare anche questo come un fatto, forse non troppo gradevole, ma necessario a far desistere i pimpanti giovanotti da altre, per lei più dannose, imprese amatorie.Aveva in tal modo appresa l’arte di far godere un uomo, e di quest’arte seppe darmi prova tangibile quando, piuttosto eccitato dalla sua confessione, le posi a mia volta in mano la testimonianza irrigidita della mia devozione.La sua manina fresca avviluppò il mio pene appena uscito dal suo solito nascondiglio, scendendo fino a stringere i testicoli in una morsa che mi parve esagerata. Dopo averle fatto garbatamente notare che non erano di gomma, ricondussi la sua manina ad appigliarsi con decisione là dove appigliarsi doveva. – Ma con gli altri, glielo facevi proprio fino in fondo? – le domandai – Credo di si. – affermò con un’espressione di dubbio in viso. – Cioè, voglio dire, se glielo facevi fino a farli venire. – mi sentii in dovere di chiarire. – Si… penso. – disse lei. – Ma ti bagnavano? – incalzai. – Si, è successo. – rispose.Le guidai la mano finchè non mi resi conto che, raggiunto il giusto ritmo, sarebbe stata in grado di proseguire da sola. Manovrava il mio pene conservando, stampata in volto, un’espressione di perfetta innocenza. Pretesi che prendesse maggior confidenza con la parte in causa: guidai l’altra sua mano sotto i testicoli, pregandola però di agire con la dovuta cautela. Così, mentre una mano provocava il lento andirivieni della delicata pelle del mio pene, l’altra familiarizzava con le umide zone nascoste sotto di quello.All’avvicinarsi del momento di maggior tensione feci intuire a Valeria, muovendo opportunamente i fianchi, che non mi sarebbe dispiaciuta una delicata ispezione delle sue dita ad una zona ancor più sottostante. Valeria fu obbediente nel percorrere il solco fra le mie natiche con tocco delicato, andandosi ad arrestare nel punto cruciale e, dietro mia mimata sollecitazione, inserendovi la punta di un dito, proprio prima della crisi finale che mi fece espellere una notevole quantità di sperma bianco e denso che andò a bagnare il mio ventre e il braccio della ragazza.Io stesso glielo ripulii con cura, al termine dell’operazione. – Sei stata brava. – le dissi con un bacio.Progredivano, comunque, i miei approcci con lei.Già dopo le prime visite, le venne naturale, appena giunta in camera mia, togliersi la gonna “per non spiegazzarla” e la camicetta. Dopo poco io le toglievo la canottiera per aver modo di deliziarmi alla vista di quei due bellissimi seni bianchi.Rimaneva quindi con indosso quel ferreo collant nero, sotto il quale percepivo, al contatto con l’elastico, la presenza di invisibili mutandine.Abbracciati, avevo scoperto con gioia che non disdegnava che le infilassi una coscia tra le sue, e che strofinando ritmicamente per un certo lasso di tempo, la piccola cominciava ad ansimare in modo significativo.La stessa cosa tentai poi con la mano, ma il contatto più vivo e mobile spaventava la ragazza, che subito si ritraeva.Venne presto comunque il giorno in cui la mia mano riuscì finalmente ad introdursi, anche se fortemente contrastata, nelle invisibili mutandine. Trovai sotto le dita una peluria improvvisa e selvaggia, folta, ispida.Dopo quella prima esplorazione ebbi modo ancora di palpare ogni centimetro della parte del suo corpo che fino ad allora mi era stata negata.Quando finalmente riuscii ad abbassarle collant e slippini potei assistere allo spettacolo per me esaltante di quel cespuglio castano che per due domeniche avevo potuto toccare ma non ancora vedere.Mi chinai a baciarglielo, ma a lei parve un atto indecente.Riflettendo su questi casi, mi trovavo a constatare stupito quanto, da un po’ di tempo in qua, mi fossi rimbambito.Ero stato abituato, da qualche anno a questa parte, a ben più facili conquiste. Bastavano si e no due ore di conoscenza con una ragazza, per poterci fare l’amore. Ed ora mi ritrovavo perduto, in preda ad una autentica regressione, a sbavare dietro a questa ragazzetta diciottenne che soltanto per farmela toccare mi faceva spasimare per settimane.Compresi che stavo tentando un recupero di me stesso, dalle origini della mia primitiva sconfitta.Comunque fu bello, quando finalmente anche gli ultimi veli di Valeria caddero, ed io potei far aderire il mio corpo nudo al suo corpo nudo.Restava la difficoltà provocata dalla sua incrollabile volontà di rimanere vergine.Parlava di paura per il male che le avrei fatto: ed io, introducendole un dito nella vagina, le dimostravo che il passaggio non era poi tanto malagevole.Parlava di timore della gravidanza: ed io le mostravo una fornita collezione di preservativi. Per tutta risposta mi sentivo dire che mai avrebbe fatto l’amore “con quei cosi” per via che le provocavano disgusto.Alla fine riuscii se non altro a convincerla che il fatto che desiderassi sempre leccarle il sesso, non era poi una cosa tanto esecranda.Quando finalmente riuscii, dilatatele le labbra abbondantemente circondate di peli, a deporre il mio primo bacio su quella carne nuda e scoperta, fu per me come rinascere a nuova vita.Leccai con ardore quel frutto che le mie dita mantenevano aperto, ed ebbi finalmente la soddisfazione di udire, dalle sue labbra verginali, suoni che mi fecero intuire che la ragazza stava finalmente imparando qualcosa.Pur non riuscendo, in quella prima occasione, a condurla decisamente all’orgasmo, ritenni di aver senz’altro compiuto un notevole passo avanti nella conquista della mia seconda giovinezza.Ancora, dovetti lottare per convincerla che, se eiaculavo sui peli del suo pube, nel corso di uno di quei coiti a secco di cui mi dovevo accontentare, non c’era pericolo alcuno che potesse restare incinta.Sembrava quasi si vergognasse, dopo, di farmi sapere che necessitava di un’abluzione. Mai una volta, e mi sarebbe piaciuto, mi accadde di vederla sedersi sul bidet. Immagino che provvedesse poi alla bisogna, appena giunta a casa, ritirandosi magari con la scusa di dover fare pipì.Godetti in modo particolare quando potei constatare che la naturale selvosità di Valeria non era limitata al pube, ma si andava estendendo, sul didietro, fino a formare una sorta di triangolo impalpabile, eppure visibile, nella zona sopra l’osso sacro, compresa insomma fra le consuete fossette di Venere. Ho sempre trovato, nelle ragazze particolarmente pelose, notevoli motivi di attrazione; così che spesso con Valeria mi perdevo, per intere mezzore, in carezze dedicate esclusivamente alla macchia scura del suo pube, alle sue scure ascelle, ed alla sottile linea di peli concludendosi con il triangolino dei lombi.Queste attività, che la ragazza era troppo ingenua per poter concepire come maniacali, mi provocavano spesso un delizioso senso di torpore, simile a quello causato dallo strofinare con insistenza fra i polpastrelli un brandello di velluto.Valeria mi amava, a modo suo, pur conservando nei miei confronti una sorta di strano timore.Io volli convincermi di esserne a mia volta innamorato. Non so se risultassi molto convincente ai suoi occhi, ma senz’altro lo ero talmente ai miei da riuscire a comporre nuovamente poesie del cui senso, i miei fatti più recenti, mi avevano reso completamente dimentico.In ogni caso avevo deciso che presto sarebbe stato tempo di finirla con gli indugi: avrei dovuto convincerla ad ogni costo a smetterla una buona volta di essere vergine.Niente da fare: ogni volta il mio buon senso ed i miei ragionamenti più raffinati andavano a scontrarsi con l’ottusità di Valeria, che pareva quasi aver fatto della propria verginità una missione.Presto mi stancai di continuare a condurre questa storia inconcludente. Venne il giorno in cui, preso il coraggio con entrambe le mani, dovetti confessare alla bella testarda che m’ero accorto di non amarla come avevo fino a quel momento creduto.Lei pianse, mi pregò di ripensarci.Le risposi che non era più il tempo di pensare, ma di agire.Fraintese.Spiegai che, per agire, intendevo qualcosa di concreto, e non aereo come lei aveva creduto.Mi contestò facendosi forte del suo sentimento.Le dissi che di sentimenti non si era mai nutrito nessuno.Mi minacciò di rappresaglie e sciagure.Le dissi che di sentimenti non era mai morto nessuno.Mi disse che ero un mostro, un cinico.La ringraziai, dicendole che però già me l’avevano detto.Mi chiese perchè l’avessi ingannata.Le risposi che m’era venuto spontaneo.Mi pregò di voler passare ancora una domenica con lei.Le feci una proposta volgare.Mi mandò volgarmente a fare una certa cosa che, a onor del vero, con lei non avrei disdegnato.Così ebbe termine la mia parentesi d’amore con l’ingenua ragazzetta conosciuta una sera.Cercai di chiarire a me stesso se questo distacco non fosse per caso freddamente premeditato dal mio sveglio subconscio, consapevole dell’appressarsi di qualcosa che avrei dovuto compiere.Aprii un cassetto per rendermi conto, per l’ennesima volta da quando le avevo fatte fare, della presenza di un mazzo di chiavi, ottimamente riprodotte da certi calchi di cera.Era ormai luglio; avrei forse potuto passare subito all’azione, ma preferii soprassedere almeno fino alla metà del mese.Da giorni, ormai, vivevo unicamente di queste riflessioni, quando una sera, rispondendo al telefono, ebbi la sorpresa di sentire la voce mai dimenticata di Raffaella. – Come stai? – – Mica male. E tu? – – Come al solito. Parto dopodomani. – – Beata te. E dove vai? – – Una crociera. Prima tocchiamo la Sicilia, poi l’Africa; andiamo fino in Marocco. – – Accidenti! Beata te. E io qui come un cretino. – – Non vai da nessuna parte? – – Niente da fare. Soldi. – – Beh, non mi viene a costare poi molto. Vado con due amiche. – – E il tuo ragazzo? – – Lui va per conto suo. Senti, come mai non hai più telefonato? – – Perchè avrei dovuto? – – Non so, così. – – Una volta eri tu stessa a dirlo: meglio se non ci sentiamo più. E poi, dal nostro ultimo incontro siamo usciti con le ossa rotte tutti e due, mi sembra. – – Hai voluto tu che fosse così. – – Può darsi. Sei sempre con lo stesso tipo? – – Franco? Si. – – Come mai? Non mi sembravi più tanto sicura di voler tornare con lui, l’ultima volta che ne abbiamo parlato. – – Te l’ho già detto altre volte: è per non sentirmi sola. – – Già, dimenticavo questo tuo problema. Bello. – – Ricominci col cinismo? Perchè continui a voler essere come invece non sei? – – Non lo so. Forse perchè non mi piaccio come sono. – – Ma cosa vuol dire? – – Niente. Hai ripreso a scoparci normalmente con Franco? – – Si, certo. Perchè? – – Così. Tutto bene? – – Non proprio. Al solito. – – Lo immaginavi già, vero? – – Si, anzi, lo sapevo per certo. – – Te lo mette ancora nel culo? – – Non essere volgare, ti prego. – – Pazienza, è la vita. – – Smettila! Sei orrendo quando parli così. – – Non potrei esprimermi altrimenti. Sai bene che se anche io e te ci incontrassimo ancora, se anche andassimo ancora a letto insieme, se anche facessimo l’amore e tutte le cose che è possibile fare a questo mondo, non potrebbe essere mai come è stato quella sera. – – Ma come puoi dirlo? – – Lo so. Ormai sono spento, capisci? Ero riuscito ad accumulare tanto, dentro di me, da essere in grado di farti impazzire di piacere. L’ho fatto. Basta. – – Questa è una tua teoria. – – Perchè? Tu ne sai qualcosa di più? – – No, ma mi sembra assurdo quello che dici. – – Assurdo? Pensa che mi ero quasi convinto che a lungo andare saresti riuscita a capire qualcosa di tutta la faccenda, voglio dire di come stanno veramente le cose. Pensa che fiducia mal ripagata. – – Vuoi smetterla di prendermi in giro? Io volevo cercare di aiutarti. – – O di aiutare te stessa. – – Ti avevo visto così, così… come non ti avevo mai visto. Poi c’è stata quella serata a casa tua, che mi ha fatto capire tante cose su di me, su di te. Avrei voluto che qualcosa, dopo quella sera, cambiasse. Ma tu non hai voluto, e così… – – Senti, c’è stata, effettivamente, una volta in cui tu avresti potuto aiutarmi davvero. Non l’hai fatto. Ora, non ho più bisogno di aiuto. Quella sera ho voluto semplicemente pagare un vecchio debito. Tutto lì. – – Allora non ti rendi conto che per me quella sera è stata davvero importante. – – Certo che me ne rendo conto. Lo è stata anche per me. – – E allora? Perchè fermarsi in questa posizione? Io… – – Perchè non c’è altro da fare. – – Ma si poteva tentare… – – No. Non si poteva tentare niente. Te l’ho detto, ho pagato un debito, a te e a me stesso. Ora basta. Ci sono altre cose, ma ora dipendono esclusivamente da me. – – Sai, per qualche giorno ci ho sperato… – – Io ci ho sperato per mesi. – – Mi dispiace, perdonami. Ma ora era diverso, no? – – Diverso? Solo perchè sei riuscita ad accorgerti come si fa l’amore? – – No. Non solo per quello. Ma anche per quello. Ne ho sentito la forza, capisci? Mi hai fatto sentire la forza del sesso, senza maschere. – – Appunto. E adesso non ho più altro da fare. Me ne vado. – – Ma come puoi vivere così? Cosa conti di fare? – – Oh, senti! Mi sembri la ragazzina che ho mandato al diavolo l’altro giorno. Piantala! – – Tutto quello che adesso vuoi fare è far soffrire qualche ragazza per vendicarti di una cosa che dovresti già aver dimenticato, vero? – – Sono io che decido quando dimenticarmi di qualcosa. E poi non sono tanto sicuro di voler far soffrire l’intero sesso femminile in eterno. Forse un giorno sarò in grado di trovare una situazione più radicale. Non trovi che sia meglio? – Ma di cosa parli? – Non delle cose che tu sai. Ciao, fai buon viaggio. – – Ma senti… -Appesi il ricevitore. Attesi quattro giorni prima di tentare una telefonata.Riconobbi la voce della madre. Falsificando la mia, chiesi di una famiglia assurda. Mi spiegò che avevo sbagliato.Ritentai tre giorni dopo. Nuovamente la voce della madre. Questa volta riappesi senza rispondere.Attesi altri due giorni. Richiamai. Nessuno rispose.Richiamai la sera stessa, alle otto. Niente.Ritentai a mezzanotte. Nessuna risposta.Il giorno dopo, e il giorno dopo ancora richiamai più volte sempre con lo stesso risultato.Capii che potevo andare sul sicuro.Mi recai nella via la sera del terzo giorno, verso le ventitré. Azzeccai la chiave del portone alla terza prova. Salii le scale fino alla porta dinanzi alla quale avevo deposto, ricordai, anni prima dei fiori, in una ricorrenza particolare.Pescai alla seconda prova la chiave giusta, fra le quattro rimanenti. Notai con sollievo che i vicini porta a porta erano anch’essi assenti.Quando fui nella casa, accesi un fiammifero per controllare che tutte le imposte fossero chiuse.Notai che la luce del corridoio, in ogni caso, non avrebbe potuto trapelare all’esterno, e risolvetti di accenderla. Trovai la sua stanza: non era difficile identificarla. Curai di schermare con degli asciugamani le imposte, quindi azionai l’interruttore.Iniziai immediatamente le ricerche, partendo dall’armadio.Il primo cassetto mi riservò la delizia di una serie di mutandine e reggiseni multicolori; cedetti alla voluttà di annusarne qualcuno, ma percepii soltanto odore di bucato.Tutti gli abiti che incontravo man mano che aprivo i cassetti mi erano sconosciuti; tranne la gonna, la riconobbi, che lei indossava quella sera.In uno dei cassetti, in basso, trovai della biancheria sporca: annusai il cavallo ingiallito di uno slip di nylon bianco, riconoscendo con sgomento l’inconfondibile essenza del suo sesso. Proseguii le ricerche: in un altro cassetto, sotto degli indumenti di lana, trovai lettere e cartoline. Dopo un’occhiata le ritenni non importanti e le riposi. Frugai per tutto l’armadio: indumenti, pupazzetti, cartoline, qualche libro, fogli da disegno, acquerelli, tempere, matite, una palla, un orsacchiotto. Mi resi conto che l’armadio non poteva contenere quanto cercavo; rivolsi altrove la mia attenzione.Sopra l’armadio vidi una scatola di cartone, sul tipo di quelle per stivali. Sollevai con delicatezza una sedia, accostandola con cura all’armadio, vi salii in piedi ed afferrai la scatola.Smontato dalla sedia, mi sedetti sul letto ponendomi sulle ginocchia la scatola. L’aprii: erano loro, i diari, i suoi diari.Ne presi uno a caso, sfogliai alcune pagine, lessi una data. Roba vecchia, lei a quindici anni. “17.Marzo.1984 – Massimo. Oggi ha insistito tanto che ci sono stata. Il primo bacio me l’ha dato mentre ballavamo, poi abbiamo continuato a baciarci sulla poltrona. Mi ha toccato il seno, ma per fortuna non ha preteso di infilarmi la mano sotto il pullover… ” No, dovevo cercare avanti. “12.Aprile.1986 – … e così siamo andati un po’ fuori con la cinquecento. Io non capivo dove stavamo andando finchè non ho visto che uscivamo da via Forze Armate. Ha fermato la macchina ai bordi della strada, e subito ha cominciato a baciarmi. Avevo una fifa tremenda che dalle altre macchine che passavano ci potessero vedere. Poi lui ha allungato una mano e il sedile si è abbassato. Una paura… Mi è venuto sopra e ha cominciato a mettermi le mani nel reggiseno, mi ha anche tirato fuori un seno e si è messo a succhiarmelo. Intanto si era sistemato con la pancia sopra la mia e ha cominciato a muoversi. Sentivo il suo coso duro contro là. Volevo che smettesse ma lui mi ha detto che doveva continuare finchè non finiva… ” No, più avanti ancora. “4.Febbraio.1987 – (oh, questo ero io!) …non so cosa mi è successo, ma quando lui mi ha infilato la mano nelle mutandine non sono stata capace di dire niente. Prima si è limitato a toccarmi sopra, ma poi con le dita è andato sotto e ha cominciato a strofinarmi. Mi vergognavo molto, perchè proprio lì mi sentivo tutta bagnata, ma si stava così bene abbracciati sul divano, nella penombra… ” “11.Luglio.1987 – …penso che se lui lo sapesse come minimo mi spaccherebbe la testa. Lo so è stata colpa mia. Fabrizio mi piaceva e poi quella sera era così romantico. Quando ha tentato di baciarmi non ho saputo dire di no. Non volevo seguirlo sulla spiaggia, al buio mi fa un po’ impressione. Però… Meno male che si è accontentato di baciarmi il seno, non avrei voluto fare le corna a lui ancora di più… ” Ancora niente, non è questo che mi interessa.Un altro quaderno. “14.Luglio.1988 – … Oggi è successa davvero grossa. Va bene che prima o poi me l’aspettavo, però non avrei mai immaginato che proprio oggi mi sarei decisa così. Comunque, non è stato come credevo. Io pensavo che oltre al male si dovesse provare subito qualcosa… non so, almeno come quando mi masturbo. Lui dice che le prime volte è un po’ difficile godere. Speriamo che abbia ragione, se no finirà col convincersi sempre di più che sono frigida. E’ successo sul suo divano. Al principio stavamo limonando, e lui mi toccava come al solito, e anch’io lo toccavo. Poi c’è stato un momento che non so cosa mi è successo. Insomma, sono stata io che a un certo punto gli sono salita sopra. Lui ce l’aveva fuori, e io ho spostato le mutandine e me lo sono puntato contro. Lui ha cominciato a spingermelo dentro e mi faceva un male tremendo, e oltretutto faceva fatica a entrare. Poi mi ha detto di spingere anch’io verso di lui, e alla fine ho sentito un bruciore fortissimo, ed è entrato anche se non tutto. Lui però me lo ha tolto subito, e si è infilato un preservativo, poi mi ha ripresa sopra di se e mentre io me la tenevo allargata, me l’ha infilato di nuovo. Un male, anche questa volta! Poi ha cominciato a muoversi e io sentivo che entrava e usciva. Una volta è anche uscito del tutto e abbiamo dovuto rimetterlo dentro di nuovo. Lui si è mosso ancora un po’ e poi ha goduto. Poi era felicissimo, ed ha ammesso che non se lo sarebbe proprio aspettato che io mi decidessi così, insomma è rimasto stupito. Peccato che non sia stato come credevo. Speriamo sia meglio le prossime volte… ” Carina questa, quel pomeriggio me lo ricordavo benissimo anch’io: ma è più avanti, più avanti che cerco. “20.Ottobre.1988 – …anche oggi sono venuti Walter e Giorgio a casa mia per studiare. Se lui immaginasse che ci sono anche loro e che è per quello che posso uscire solo alle quattro e mezza… ” “28.Ottobre.1988 – … così ho finito per parlarne con Walter. Lui dice che è assurdo che io mi trascini dietro una situazione che mi fa star male. Dice che sarebbe meglio che mi decidessi e troncassi tutto… ” “30.Novembre.1988 – … anche oggi abbiamo poi finito col fare l’amore, logicamente. E anche questa volta ho sentito solo il solito dolore fortissimo e nient’altro. Oltretutto lui si comportava in un modo tremendo. Sembrava che l’unica cosa di me che lo interessasse fosse quella che ho fra le gambe. Mi prendeva le grandi labbra e me le tirava fuori dalle mutandine per farmi vedere come erano lunghe, poi mi ha infilato dentro addirittura tre dita per farmi vedere che adesso era larga abbastanza e che era assurdo che io sentissi sempre male… ” Ecco, adesso dovremmo esserci. “6.Dicembre.1988 – … mentre parlava così Walter mi ha afferrato una mano. Sono diventata di tutti i colori, meno male che nessuno ci ha visti. Ha continuato a tenermi la mano, e intanto continuava a dirmi che se mi fossi decisa, lui mi sarebbe stato vicino in ogni caso… ” “15.Dicembre.1988 – … e ormai ho deciso, non posso più continuare a stare con lui, è una situazione senza via d’uscita. Rivoglio la mia libertà, in tutti i sensi, e finchè sto con lui, niente da fare. Certo che mi fa paura il pensiero di dirglielo. Walter ha un bel dire che è la cosa più semplice da fare. Vorrei vedere se dovesse andar lui a dirgli che sono stanca eccetera. Comunque di Walter mi fido. Non è che mi piaccia poi molto, ma almeno mi aiuterà a uscire da questa situazione… ” “24.Dicembre.1988 – … e finalmente ho avuto il coraggio, però non sono stata capace di dirglielo direttamente, ho dovuto fargli un discorso per fargli capire che così non vivo più, che è meglio che lasciamo tornare le cose come erano due anni fa. Lui era sconvolto, e credo che ancora non sia persuaso che faccio sul serio. Mi ha ringraziata del bel regalo di Natale e se n’è andato via mogio mogio come tutte le volte che abbiamo qualche discussione, ma credo che domani tornerà a farsi vivo… ” “… e allora lui e io siamo usciti per la messa di mezzanotte. Mi dispiace di aver notato che a mio padre Walter non piace molto. Quando siamo stati giù al buio, nel cortile, Walter mi ha abbracciata e mi ha detto “adesso puoi”, poi mi ha baciata, prima sulle labbra e poi con la lingua. Abbiamo fatto qualche passo e poi ha di nuovo voluto fermarsi per baciarmi ancora. Forse, in quel momento, ho pensato a lui e mi sono resa conto che in fondo ne sono ancora innamorata e che mi manca… ” Rilessi la frase, mi venne da ridere e chiusi il quaderno. Sfogliai rapidamente le pagine dopo.All’inizio, sembravano quasi le pagine dei suoi quindici anni: biglietti di sale cinematografiche, disegni, cartoline… “… è inutile che continui con lui. Non ci diciamo niente, me lo vedo sempre lì con quella faccia, mi annoia, e poi non gli ho mai voluto veramente bene. Walter non se ne accorge, ma fra poco dovremo trovare per forza una soluzione… ” “… mi ha telefonato, questa sera, per sapere se avevo asciugato tutte le mie lacrime. Gli ho spiegato che non so cosa mi avesse preso… forse il fatto di rivederlo, così mutato, forse il fatto che parlasse con tanta disinvoltura delle donne che ha avuto dopo di me: ho pensato che queste cose prima, quando stavamo insieme, mi avrebbero fatto piangere, e mi sono sentita come se fossimo ancora insieme, e ho pianto… poi, tanto eravamo al telefono, ho avuto anche il coraggio di dirgli quello che è successo con Alberto. E’ strano come mi sentissi imbarazzata e in colpa mentre glielo confessavo. Mi sembrava quasi come se gli stessi confessando di averlo tradito, come se fossimo ancora insieme. Ha voluto sapere i particolari, e sembrava che non gliene importasse niente. Gli ho detto che abbiamo fatto l’amore in macchina tutte e due le volte. Quando gli ho detto che però non ho provato niente, mi è sembrato quasi che fosse soddisfatto di questo, che servisse a dargli ragione sul fatto che io sarei frigida… mi ha detto che se voglio tornare con lui, lui è prontissimo ad accogliermi. Ma io non so cosa fare, ho paura. Dentro di me sento di esserne ancora innamorata ma … e se lui non fosse cambiato? Se lui fosse sempre lo stesso di prima?… ” Evitai di proseguire la lettura degli altri quaderni. Al limite, avrei trovato gradevole cercare qualcosa di relativo a quel nostro ultimo incontro, ma dubitavo di poter leggere indifferente il resoconto di quella serata. Andai comunque a cercare qualche traccia, che pure doveva esistere, del passaggio dell’esimio sig. Fiorelli.Sfogliai le pagine dell’ultimo quaderno. Trovai quella relativa alla morte di Walter. “… pensai per un attimo che, per assurdo, delle persone che Walter conosceva e che conosco anch’io, solo lui sarebbe stato capace di fare una cosa del genere. Ma sarebbe assurdo, oltre che mostruoso, anche se sono sicura che solo lui sarebbe in grado di vendicarsi così, a distanza di tempo, sapendo che uno non se l’aspetta più… ” “… e alla fine non ne ho potuto più. So che magari è solo il frutto della mia immaginazione, ma vedere quella povera donna in quelle condizioni mi ha fatto una pena tremenda. Le ho detto che solo una persona poteva odiare suo figlio, anche se era una faccenda di tanti anni fa. Per farle un esempio di come lui fosse raffinato nelle sue vendette e nelle sue pazzie, le ho raccontato il fatto di quella sua fiamma che abitava in via Ressi: prima tutto amore e poesie, e poi chiamarla puttana davanti a tutti… ” Qualcosa si cominciava ad intravedere. Ma non ancora, non potevo capire il perchè della sicurezza di quel detective. Forse un bluff. Ma non poteva essere così semplice.Perchè allora quella ultima telefonata per sfottermi?Non ce ne sarebbe stato bisogno.O voleva essere un avvertimento? Ma perchè mettermi in guardia?E se fosse stata, invece, una trappola? Una trappola nella quale magari stavo cascando come un idiota proprio in quel momento?No, questo non era possibile. Poteva essere un individuo dal cervello fine, quel Fiorelli, ma non tanto da immaginare una mia visita in quella casa.Eppure, proprio in quella casa avrei potuto trovare la chiave di tutto. Come in effetti.Ma per immaginare una cosa del genere, Fiorelli doveva sapere anche della serata trascorsa da Raffaella in casa mia. O perlomeno avrebbe dovuto essere a conoscenza di un nostro incontro.Tutto questo mi sentivo di escluderlo a priori. No, sarebbe stato assurdo. Lei la conosco. Posso capire che si sia lasciata fregare spifferando certe supposizioni alla vecchia, ma arrivare a farmi una porcheria del genere…E perchè no? Sei sicuro di avere fatto piazza pulita in quel suo cervellino con quel semplice poco di ginnastica sessuale?L’unica cosa certa, comunque, era che mi sarebbe convenuto sparire al più presto possibile da quella casa. E con la massima precauzione. Ringraziai l’intuizione che mi aveva consigliato di portarmi dietro la pistola.Che in caso di trappola avrebbe costituito la prova definitiva della mia colpevolezza.Ma era davvero una trappola?
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