Quella domenica, approfittando degli ultime giornate calde, avevo deciso, con mia moglie, di andare a Camogli, una gradevole località della liguria che si trova a solo poco più di un’ora da Milano.Le previsioni meteorologiche promettevano una giornata di sole e quindi avevamo portato anche i costumi per fare il bagno. Un’altra delle ragioni che ci aveva fatto scegliere Camogli, era la deliziosa focaccia al formaggio che in quella località sanno preparare in maniera squisita!Purtroppo, le previsioni del tempo si rivelarono completamente sbagliate. Il cielo nuvoloso prometteva pioggia, ma decidemmo in ogni modo di partire. Probabilmente ci saremmo dovuti accontentare di una passeggiata per le vie di Camogli e di mangiarci la prelibata focaccia.Sfortunatamente, a metà del percorso, un ingorgo causato da un incidente ci bloccò per lungo tempo mandando definitivamente a monte le nostre residue speranze di passare una bella domenica al mare.Adriana iniziò quasi subito a comportarsi in maniera irritante. Se ne stava in silenzio ignorando ogni mio tentativo di conversazione. Sembrava che addossasse a me il fallimento di quella giornata. Cercai conforto in un po’ di musica, ma lei, appena accesi la radio, senza nemmeno chiedermi il permesso, inserii un cd con la sua musica preferita. Protestai, ma Adriana per risposta, alzò ancora di più il volume e abbassando l’inclinazione del sedile si rannicchiò come se volesse dormire. Era un comportamento indisponente e volutamente di sfida, che altre volte aveva tenuto con me–un modo di fare che spesso aveva un chiaro messaggio provocatorio, come per farmi capire che era disponibile ad iniziare quello che noi chiamavamo “il nostro gioco erotico”. Questa volta non sapevo se era effettivamente così, o se in realtà era solo un comportamento antipatico fine a se stesso. Non potevo di certo chiederglielo, certe cose sfumano quando non si è capaci di afferrarle al volo. Mi sembrava strano che quella potesse essere una provocazione di tipo “erotico”, poiché le altre volte che mi aveva “provocato”, lo aveva fatto in casa, con la possibilità di sostenere e di realizzare quel tipo di “gioco” e invece adesso ci trovavamo bloccati in una maledetta colonna, un luogo non proprio indicato per certe fantasie. I progetti per una bella domenica al mare erano comunque sfumati e poiché il suo comportamento, mi aveva irritato parecchio, decisi di darle una lezioncina. Appena arrivai alla prima uscita dell’autostrada, la imboccai e presi velocemente la strada del ritorno. Intanto Adriana si era addormentata abbandonandosi in chissà quale sogno. Quando dormiva il suo viso e le mani diventavano pallide, come se sentisse freddo. Accesi il riscaldamento, mi venne da sorridere pensando che fra poche ore l’avrei riscaldata in ben altro modo! Quando si risvegliò stavo gia entrando nel parcheggio sotterraneo della Rinascente.”Che?–Dove siamo? Che cosa facciamo qui?” disse sollevando il sedile della macchina.”Ho deciso che era meglio tornare a casa. La coda non si sbloccava e quindi–” dissi mentre mi guardavo attorno in cerca di un posto libero.”Come mai alla Rinascente?” mi chiese un po’ sorpresa.”Beh–dal momento che oggi sei così adorabile, ho pensato di farti un regalino””Cosa?” mi disse sospettosa ma sicuramente ignara di quello che l’aspettava.”Voglio regalarti qualcosa di speciale. Qualcosa che rappresenti bene il tuo caratterino”.Queste mie parole avrebbero dovuto preoccuparla, ma lei con noncuranza si mise a ritoccarsi il trucco.Finalmente trovai un parcheggio libero. Scendemmo dalla macchina e ci dirigemmo verso l’ascensore che portava ai vari reparti del grande magazzino. Come tutte le domeniche d’apertura, la Rinascente era affollatissima di gente. Prendemmo l’ascensore assieme ad una decina di persone. Ad ogni piano, l’ascensore si fermava per permettere ai compratori di scendere o salire. Quando giungemmo al piano dedicato all’intimo femminile, lei fece la mossa come per scendere, convinta che quello fosse il reparto dove volessi comprarle il regalo che le avevo promesso. La fermai per un braccio: “Non è questo il reparto giusto”. Lei mi guardò con un’aria interrogativa: “Credevo volessi regalarmi qualcosa da mettermi questa sera” mi disse un po’ delusa, probabilmente si era immaginata qualche indumento intimo sexy. “Proprio così–ma questo non è il settore giusto dove posso trovare quello che cerco”L’ascensore continuò la sua corsa verso i piani alti della Rinascente.Al penultimo piano c’era il reparto dedicato all’abbigliamento neonato e under 14. Quando ci giungemmo la presi sotto braccio e la costrinsi a seguirmi. “Qui?” mi chiese sorpresa.”Si–qui credo che troverò quello che fa al caso tuo” le dissi con un sorriso sarcastico. “Ma è un reparto per bambini–come puoi pensare di trovare qualcosa per me?””Io invece credo che questo sia il posto giusto. Il tuo comportamento d’oggi è stato degno di una “mocciosetta” viziata e poiché questa sera, quando rientreremo a casa, ho intenzione di sculacciarti, voglio che ti metta qualcosa di più adatto”. Le mie parole la stupirono a tal punto che divenne rossa fino alla radice dei capelli. Evidentemente il suo comportamento d’oggi non era stato un pretesto per attirarmi dentro un gioco di tipo erotico, come all’inizio pensavo, ma era proprio dovuto a dei capricci caratteriali. In tutti i modi il suo comportamento d’oggi mi aveva parecchio irritato, decisi quindi di proseguire nel mio proposito.Mi misi a cercare tra la moltissima merce esposta qualcosa che potesse fare al caso mio. Adriana mi seguiva, in silenzio. Conoscevo bene la sua particolare sensibilità emotiva e sapevo che questo gioco avrebbe acceso la miccia delle sue emozioni.Vidi appese una serie di gonnelline scozzesi molto corte. Erano adatte per bambine al massimo di 12 anni e quindi, anche nella massima misura, addosso ad una donna matura e ben dotata, com’era mia moglie, avrebbero potuto coprire ben poco. Presi quella più grande; il tessuto fortunatamente era elasticizzato così che indossata da chi portava almeno tre taglie superiori, non si sarebbe strappata.La mostrai a Adriana “Ecco quello che ti metterai, una bella gonnellina a pieghe!”.Dopo la gonna avevo bisogno di un’altra cosa per completare il mio disegno. Mi guardai attorno fino a che vidi il settore dove vendevano quello che cercavo: un paio di mutandine infantili. Ce n’erano di tutti i tipi, bianche, colorate; quasi tutte erano a fantasia con disegnini buffi tipo orsetti o cuoricini; tutta roba che avrebbe messo in imbarazzo qualsiasi ragazza con più di 13 anni. Mia moglie intanto, se ne stava lì, tra l’incredulo e il rassegnato, consapevole comunque di quello che le sarebbe presto toccato. Scelsi un bel paio di mutandine bianche con degli allegri gattini rosa che ben si abbinavano al color fucsia della gonnellina che avevo in mano. “Ma sono ridicole” mi disse con aria imbarazzata. “Io credo che invece andranno benissimo, anzi, adesso vado alla cassa a pagare e poi te le metti subito, assieme alla gonnellina, naturalmente!”Rimase come stordita: “Ma sei pazzo?! Come puoi immaginare che mi metta una gonna tanto corta qui in mezzo a tutti?! Aspetta almeno che arriviamo a casa” mi disse, forse convinta che stessi scherzando. “E no, cara mia–forse non hai ancora capito quello che t’aspetta. Oggi ti sei comportata in modo insopportabile e questa sera ti toccherà una sculacciata memorabile. Queste cosucce che ti sembrano tanto ridicole, fanno parte della punizione e voglio che te le metta adesso perché voglio che ti senta in una situazione di disagio e imbarazzo qui, davanti a tutti!” le dissi mentre finivo di pagare il conto.”Ma–dai non scherzare. Scusami tanto per oggi, ma–.Prometto che appena arriviamo a casa mi vesto come vuoi–ma adesso non posso–non ridicolizzarmi così–ti prego.” Adesso era davvero preoccupata; si era accorta che ero deciso e che le sue suppliche non sarebbero servite a nulla. Le misi in mano il pacchetto con gli indumenti appena acquistati e le indicai i bagni dove doveva andare a cambiarsi. “Non farmi aspettare molto o aggraverai la tua situazione.” “No–no, no–.non farmi questa. Ti ho chiesto scusa e a casa mi lascerò–ehm.. punire.””Ti lascerai?! Ascoltami bene, mia bella signora. Adesso prendi questa roba e corri a cambiarti e ti consiglio di farlo in fretta perché se continui con questi capricci, non ci metto un secondo a scoprirti il sedere e sculacciarti adesso, di fronte a tutti!” Gli infilai il sacchetto sotto il braccio e dopo averla fatta girare su se stessa le diedi una leggera pacca sul didietro indirizzandola verso i bagni.”Ma–no–ti prego–” s’impuntò un poco, davvero come una bimba capricciosa, ma il mio perentorio “Fila!” detto ad alta voce, la spinse rapidamente verso le toilette. Mentre era occupata a cambiarsi, decisi di finire la lista dei miei acquisti. Non fu molto difficile trovare quello che cercavo, ce n’erano di tutti i tipi e colori; ovviamente scelsi quello più buffo e adatto alla situazione: un bel succhiotto per bebè con l’impugnatura a forma di farfallina. Il colore non poteva che esser rosa. Pagai rapidamente e me lo infilai nella tasca; era proprio la classica ciliegina sulla torta!Ci volle più di mezz’ora prima che si decidesse ad uscire. La gonna doveva essere davvero corta e il giubbino che indossava quel giorno non arrivava nemmeno alla vita e non le poteva nascondere proprio nulla. Quando finalmente di decise ad uscire capii perfettamente erché ci avesse messo così tanto. La gonnellina a pieghe era davvero cortissima e a malapena le copriva l’inguine. Dal dietro poi l’effetto era ancor più impressionante, poiché, il sedere sporgente e piuttosto in carne di mia moglie, teneva sollevata la gonnellina, tanto da lasciar in parte esposte, le sue rotonde natiche. Un mix perfetto di ingenuità e volgarità davvero difficile da sostenere. Adriana era nel completo imbarazzo; non aveva il coraggio di spostarsi dalla parete dove si era appoggiata, così che mi avvicinai e la presi sotto braccio. “Come puoi umiliarmi così?” mi sibilò con voce emozionata. “Non mi sembra poi così grave–qui dentro girano ragazze con minigonne più corta di questa” dissi mentendo spudoratamente. “Ma mi si vedono le mutande! Quasi non potevo uscire. Dai andiamo a casa” disse tirandomi verso l’ascensore. “Ehi–calma. Ci andiamo subito, però prima voglio bermi un caffè”.”Noo! Io così conciata non vengo. Dammi le chiavi che ti aspetto in macchina”.”Nemmeno per sogno. Questo fa parte della tua punizione; piuttosto ti consiglio di smetterla, o devo iniziare a sculacciarti? Con quelle mutandine che spuntano, mi sta venendo una voglia!” La minaccia la smosse subito.Entrammo nell’ascensore che portava all’ultimo piano della Rinascente dove c’era il bar-ristorante; ovviamente era il più affollato! Adriana cercò subito un tavolino libero per potersi sedere, ma erano tutti occupati. “Non siamo fortunati, dovremo consumare il caffè al banco” le dissi sorridendo. Mentre in coda aspettavamo di fare lo scontrino, notavo con la coda dell’occhio che molti uomini la stavano guardando ed alcuni in maniera piuttosto sfacciata. La mini era molto provocante; credo che molti la scambiarono per una prostituta e non si facevano riguardo a tenerle gli occhi incollati al sedere a darsi di gomito. Nessuno si immaginava che quelle belle natiche rotonde che facevano occhiolino dalla mini ben presto sarebbero state sculacciate fino a farle diventare color vermiglio.Bevemmo il caffè al bancone; vedere mia moglie così combattuta tra emozioni così apparentemente contrastanti, mi aveva provocato un desiderio fortissimo.In pochi minuti arrivammo alla macchina e usciti dall’enorme parcheggio ci dirigemmo verso casa. Il breve tragitto lo trascorremmo in completo silenzio. Eravamo entrambi eccitati dalla situazione. Pensai compiaciuto che la nostra sensibilità erotica era perfettamente complementare. La sua era una forma di masochismo molto particolare e sottile: fuori delle emozioni del nostro gioco erotico, mai avrebbe ammesso di provare piacere nel farsi sottomettere, ed io, pur provando piacere nell’assoggettarla ai miei desideri, mai avrei sopportato una donna che mi chiedesse di farlo. Era tutto un affilato gioco di sottintesi che ci trovava in perfetta sintonia.Parcheggiai la macchina sotto casa, sarei sceso più tardi a metterla nel garage. Il portiere di domenica non lavorava e quindi potemmo arrivare all’ascensore senza incontrare nessuno. Meno male, pensai, non volevo che la gente che incontravamo ogni mattina si facesse strane idee sul nostro conto.Entrammo nel nostro appartamento che erano quasi le otto di sera. Ero eccitatissimo ma non volevo essere precipitoso.Non avevo preparato nessun programma particolare; l’avrei sculacciata e poi avremmo fatto l’amore, questo è certo, ma volevo assaporare ogni particolare di questo nostro gioco. Accesi lo stereo; per quello che mi apprestavo a fare era indispensabile. Non volevo che i nostri vicini sentissero il rumore degli sculaccioni che presto sarebbero fioccati sul sedere di mia moglie. Lei intanto, era rimasta come stordita al centro della sala; non si era nemmeno tolta il giubbino ma se ne stava con gli occhi bassi aspettando l’inevitabile punizione. Adesso, nel chiuso della nostra intimità, con quella gonnellina tanto bizzarra e con quell’aria impaurita, sembrava davvero una “mocciosetta” che l’aveva fatto grossa. Prima d’iniziare decisi di dare un ulteriore tocco a questo grazioso quadretto: “Adesso voglio che vai in bagno, ti levi tutto il trucco che hai addosso e poi che ti leghi i capelli con un elastico” le dissi “Ti prego–ti prego–” balbettò lei in pieno conflitto emozionale. Conoscevo perfettamente questa sua reazione; era il momento di dare un’accelerata alla situazione. L’afferrai con decisione per le spalle e la girai verso il bagno e con dei sonori sculaccioni l’accompagnai alla porta. “Adesso fili in bagno–ti levi il trucco SMACK–.ti fai la coda–.SMACK–e poi te ne torni qui da brava a ricevere quello che ti meriti SMACK–” Gli sculaccioni la fecero saltellare goffamente fino in bagno. Nell’attesa mi versai una birra; cominciavo ad avere fame ma prima c’era un appetito più forte da placare. Al solito era molto lenta quand’era al bagno, ma adesso che ero a casa, seduto sulla poltrona, godevo anche di questi momenti d’attesa. Finalmente uscii; era proprio come la volevo. Con il viso pulito, senza trucco, i capelli raccolti in una coda di cavallo, dimostrava molto meno dei suoi 30 anni. Adesso, la gonnellina e le mutandine a fantasia, non stonavano per niente con la sua figura. Se le avessero scattato una foto per pubblicarla su una rivista non ci sarebbe stato bisogno di nessuna didascalia: era l’immagine perfetta di una donna che stava per essere sculacciata.”Vieni qua” le dissi con tono risoluto. “Oggi ti sei comportata in maniera orribile! Come una ragazzina viziata–e lo sai come si puniscono le ragazzine viziate?” Adriana si avvicinò a piccoli passi tenendo la testa bassa. “E allora? Ti ho fatto una domanda, rispondimi? Come credi si debba punire una marmocchia indolente e villana?” “Credo–che–che debba essere –sculacciata.” Le parole le uscivano a fatica a causa della forte tensione emotiva. “Gia, hai proprio ragione, deve essere sculacciata per bene ed è proprio quello che farò. Adesso ti leverò quelle belle mutandine e te le suonerò così a lungo da fartelo diventare viola!” “Noo–ti prego–scusami..no..non sculacciarmi..” Non stava di certo recitando; per quanto nel suo profondo desiderasse essere umiliata, la sua ragione rifiutava disperatamente quest’affronto. L’afferrai per un braccio e me la tirai sopra le ginocchia. La gonna cortissima davvero non nascondeva nulla e il rotondissimo sedere, coperto dalle mutandine con i gattini, era gia pronto per la lezione. Incominciai a suonargliele sopra le mutandine.” E così SMACK–.SMACK–oggi avevi la luna storta–SMACK–SMACK–.vero?””Owww–..owww–..ti pre..go–owww–oww–.nooo per favore–” La sculacciai a lungo sopra le mutandine. Volevo “scaldarglielo” per davvero e non risparmiai né la forza dei colpi né i commenti salaci che davano rilievo alla sua umiliazione. “Viziata–SMACK–SMACK–testona–SMACK SMACK–lunatica–SMACK–SMACK–te l’aggiusto io il caratterino–SMACK–SMACK–viola te lo faccio diventare–SMACK–SMACK.” Picchiavo forte la mano contro quel bersaglio rotondo ed a ogni colpo facevo uscire dalla sua bocca ogni sorta di supplica: ” Owww–che malee–owww–.fermati–owww–.owww–bastaaa–.mi bruciaaa”. Dopo una trentina di colpi era ora di guardare il risultato di tanto esercizio!Afferrai l’elastico delle mutandine e gliele abbassai fino alle ginocchia. Il sedere era di un bel color rosso e contrastava benissimo con la carnagione piuttosto scura di mia moglie. Ripresi a colpirla, questa volta sul sedere nudo.Adesso doveva sentirli proprio bene perché, oltre che a supplicare si mise a dimenarsi ad ogni colpo.”Oooowww–.noooo–.fermatiii–.ooowww–..dio miooo–.owwww–.fermatiiii–.bruciaaaa”. Bruciava, eccome se bruciava; dopo una decina di colpi dovetti fermarmi perché la mano mi scottava. Non volevo lasciar il lavoro a metà e perciò arrotolai un giornale e le diedi gli ultimi colpi con quello.Non tenni il conto dei colpi, però alla fine credo che furono più di 40. Il sedere di Adriana era adesso spettacolarmente rosso. Non so se per il colore o perché si era gonfiato, ma pareva che avesse quasi raddoppiato di volume! La sollevai in piedi e dovetti quasi sostenerla perché la sculacciata l’aveva distrutta. Una volta in piedi cercò di portarsi le mani sul didietro per cercare sollievo ma non glielo permisi. Tenendola per un braccio la condussi in un angolo della stanza. Adriana non faceva più nessuna resistenza e lasciò che la mettessi faccia al muro. “Mani sulla testa–SMACK–subito” dovetti darle un ulteriore sculaccione perché mi capisse. Incrociò le mani sulla testa mentre io gli rimboccavo la gonnellina fissandola nell’elastico. Le mutandine erano ancora abbassate alle ginocchia e quindi stavano perfettamente al posto giusto. Mancava una sola cosa per dare un tocco d’artista a questa bell’immagine di moglie sculacciata. Presi dalla tasca della giacca il succhiotto rosa che avevo comprato e avvicinatomi a Adriana glielo misi davanti agli occhi: “Poiché ti sei comportata come una bambina, voglio trattarti fino in fondo come ti meriti. Adesso te ne stai 20 minuti qui all’angolo senza muoverti e per consolarti del popò che scotta ti tieni questo “ciucio” in bocca per tutto il tempo. Avanti apri la bocca.”Naturalmente aprii la bocca e si tenne il “ciucio” per tutti i venti minuti.La lasciai così sistemata, all’angolo della stanza, e andai in cucina. Ero eccitatissimo ma non volevo interrompere la punizione all’angolo. Quei minuti finali del castigo erano quelli che accrescevano la sua eccitazione e non volevo guastarli. Fra venti minuti avremmo fatto l’amore e sarebbe stato bellissimo. Come le altre volte lo avremmo fatto lì, direttamente sul divano o sul tappeto della sala così eccitati da non poterci muovere dalla stanza. L’avrei penetrata dappertutto, anche in quel sederino che tanto avevo maltrattato. La guardai dalla cucina, mentre, faccia al muro, singhiozzava movendo leggermente le spalle, la mia adorabile “culoncita”. Aprii il frigo e misi del pollo gia preparato nel microonde. Regolai il timer in modo che fosse pronto fra un’ora. Dopo aver fatto l’amore ci assale sempre una fame terribile.
Aggiungi ai Preferiti