Quando ero più giovane, spesso facevo delle scampagnate con i miei parenti tra le montagne, si cercavano dei prati in cui ci si disponeva per fare il consueto pic-nic e poi, verso una certa ora, tutti insieme si andava a cercare funghi buoni per la cena.Durante la giornata, c’era chi giocava a carte e chi prendeva il sole, da solo invece io mi addentravo nel bosco, diciamo in avanscoperta, ma in realtà perché era più forte di me la voglia di immergermi nella natura; la volevo sentire da vicino, volevo sentirne l’odore, volevo viverla, ed il richiamo era tale che mi addentravo parecchio per cercare zone isolate in cui potermi veramente sentire a contatto con essa, se non addirittura sentirmi parte integrante. Cosa intendo con questo? Che alla fine mi trovavo tra ceppi ricoperti di muschio, radure, sottoboschi ricchi di fogliami o aghi di pino e sassi, e dopo essermi liberato dei vestiti, mi sarei seduto, disteso, rotolato, o addirittura strisciato tra tutto quello che c’era intorno, un po’ per sentire la ruvidità e la freschezza della materia che veniva a contatto con il mio corpo e un po’ per sentirmi libero. La sensazione è indescrivibile, è tipo come fare il bagno in mare senza costume, il senso di libertà è forte, ma in montagna è molto meglio.Una volta, durante una mia passeggiata, mi trovai in una piccola radura con un albero abbattuto disteso tra l’erba giusto al centro; sembrava un teatro naturale e la tentazione fu la stessa di sempre e così tolti i vestiti e messi lontano dalla mia vista, mi misi a cavalcioni tra il grosso albero e nudo, completamente nudo, mi abbracciai ad esso, iniziai a dondolarmi, ad avvinghiarmi ed entrare in contatto con il legno, la corteccia e la resina. Ogni angolo del mio corpo doveva venire toccata, accarezzata da quella materia, da quello che in quel momento era per me interessante. Mi rotolavo contro quel corpo duro, prima con la pancia, e poi con la schiena, la corteccia era ruvida e gli aghi pungevano, ma era proprio questo che mi piaceva. Dietro a me, un ramo mi strisciava il sedere, all’inizio era solo sui glutei, poi muovendomi aveva iniziato a posizionarsi in mezzo, tra la fessura. A pensarci non mi dava fastidio, anzi, iniziai a muovermi cercando di sentirlo sempre più forte, sempre più vicino, e più a contatto con il mio buchetto. Con i glutei cercavo di bloccarlo, di trattenerlo, per poi muovermi e farmi accarezzare e pungere sempre li.Ad un certo punto mi venne in mente un’idea strana che non aspettò molto a realizzarsi. Presi dai miei pantaloni il coltellino e con cura iniziai a tagliare il ramo, ma senza staccarlo dall’albero; gli arrotondai il vertice e lo pulii della ruvida corteccia lasciandolo bianco e liscio. Il ramo si presentava così, come una maniglia di legno liscia e bianca, dalla punta arrotondata leggermente curva sul tronco. Senza tanto esitare mi rimisi cavalcioni sul tronco, poi lo riabbracciai e piano piano mi avvicinai al rametto da me con cura lavorato. Il ramo era parallelo al fusto ed ora puntava dritto verso il mio sedere. La sensazione era diversa ma comunque sempre piacevole, il movimento di bacino, dall’alto verso il basso, sempre lento, cercava di sentire la punta del ramo, che da una parte all’altra, accarezzava ora il mio ano. Lo sentivo comunque ancora ruvido, e così mi venne in mente di bagnarlo, e mettendo un po’ di saliva sulle dita, le passai sul buchetto che nei movimenti successivi lo faceva così scivolare meglio ed anzi, un po’ alla volta iniziava anche a cedere alle spinte del ramo. Questo infatti, a poco a poco cercava di farsi spazio, aveva una direzione ed era fisso; nel movimento, l’unico ostacolo era il mio sedere e l’unico varco era il mio buco. La saliva però durava poco, e più volte ho dovuto rifare la stessa applicazione. Mi trovai eccitato, ed il mio pene si era indurito e già aveva fatto fuoriuscire qualcosa. Mi alzai e deciso di me stesso, avvicinai la bocca alla punta del ramo e cercai di umettarlo al meglio facendo scendere più saliva possibile e distribuendola in parti uguali per tutta la lunghezza. In un baleno razionalizzai che stavo leccando un legno, “ma cosa stavo facendo?” Un’ultima bagnata al buchetto e via nella posizione di partenza cercando nei movimenti successivi di spingermi il più possibile contro quella punta di ramo. Lo sentivo, era li che baciava il mio buchetto, si faceva sentire anche lui che spingeva, ma stavolta la saliva aveva fatto il suo effetto e in un attimo sentii entrare la punta, … cavolo! … Mi sono fermato, volevo capire, capire quello che stava succedendo. Devo smettere? Ma perché smettere? Ero intrappolato, stringevo il buchetto che però non si stringeva. Il fiato era spezzato e i movimenti iniziavano ad essere convulsi, ancora un movimento ed ancora un pezzettino mi entrava dentro, ora un centimetro ora un altro e dopo un altro centimetro ancora, ma quanto tempo sarà passato? ormai c’ero, e quasi tutta la lunghezza mi era entrata. Non capivo più niente. Mi sentivo impalato, e lo ero; ad ogni movimento laterale ero bloccato. Stavo tremando.Due erano le direzioni, o avanti o indietro, così cercai di spostarmi lentamente verso avanti come se fosse la via di fuga, e sentii il ramo che faceva attrito, andai avanti ancora un pochino, bene, stavo per uscire, ma subito tornai indietro, ……. “Cosa sto facendo!?” mi sentivo frastornato, ubriaco, sudato, volevo gridare, ma solo qualche verso soffocato è uscito dalla mia bocca, non potevo farmi scoprire. Continuai a cercare la via di fuga, ma all’ultimo mi sentivo portare indietro. Ma ero solo, chi era o cos’era che mi faceva fare questo? Iniziai così a muovermi avanti ed indietro, prima piano, poi sempre più veloce, ed il ritmo stava diventando regolare; l’attrito che sentivo nei primi movimenti se ne era andato, e sentivo che mi piaceva quello che stavo facendo, “ma cosa stavo facendo?” Non ci penso, non ci voglio pensare; ho la bocca aperta, vorrei respirare ma non ci riesco, solo qualche sibilo esce dalla mia bocca, sono praticamente in apnea, mi agito su questo ramo, ….. mi sto facendo penetrare da questo ramo ad una velocità praticamente regolare, vado avanti ed indietro, mi muovo e mi viene da piangere, ma non è per il dolore, non sento dolore, è per l’emozione che in questo momento è fortissima. Non mi spiego nulla, sono in balia di me stesso, e sto cavalcando questo albero. Ancora movimenti convulsi, ancora sussurri, fino a quando non scoppio del piacere ed inizio a bagnare l’albero e l’erba sottostante. Ero Stralunato. …… Mi fermai, sfinito, spossato, ed il buchetto ora sentivo che mi faceva male; lo sentivo caldo, anzi che bruciava, decisi così di togliermi da quella posizione e lentamente mi sfilai dal ramo. Mi tremavano le gambe ed il fiato era ancora spezzato, un pensiero solo mi passava per la testa:- “cosa ho fatto?” Lentamente raggiunsi i vestiti e un po’ alla vota mi rivestii. Era ormai un pezzetto che ero in giro, e forse era meglio tornare in dietro. Un ultimo sguardo al mio albero e poi via. Appena i miei mi videro pensarono che avessi visto un orso o qualcosa del genere, avevo infatti la faccia sfigurata, stanca e sudata. Tornato a casa, mille pensieri e mille dubbi mi avvolsero e tanti me li porto dietro ancora oggi, ma da quel giorno le mie visite al bosco presero un’altra piega che secondo me diventata più completa dal punto di vista del contatto con la natura ed i rami con i quali venni in contatto successivamente, furono sempre più grandi.
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